La particolare azione legislativa della Regione Toscana in tema di ambiente e governo del territorio (Sospetta illegittimità costituzionale della Legge Regione Toscana 21 maggio 2012, n. 21)
di MASSIMO GRISANTI
Con la promulgazione della Legge 21 maggio 2012, n. 21 “Disposizioni urgenti in materia di difesa dal rischio idraulico e tutela dei corsi d’acqua” la Regione Toscana può avere aggiunto un’altra serie di disposizioni controverse in tema di protezione dell’ambiente, di tutela del territorio e della pubblica incolumità.
Ricordiamo preliminarmente quali sono state le occasioni in cui l’azione legislativa e regolamentare regionale ha suscitato più di una perplessità tra gli operatori del settore e nella c.d. società civile:
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Adozione di una riclassificazione sismica (D.G.R. n. 431/2006), all’indomani della sentenza n. 182/2006 della Corte Costituzionale, previa istituzione ex abrupto e al di fuori delle proprie competenze di una nuova zona sismica “3S” con il precipuo scopo di evitare ai dirigenti regionali dei Geni Civili di adottare le doverose e preventive autorizzazioni sismiche (finendo per privatizzare la pubblica incolumità e far “guadagnare” ai dipendenti regionali, di contro, l’estraneità ad eventi delittuosi).
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Adozione di un piano paesaggistico (D.C.R. 21 giugno 2009) in assenza della copianificazione congiunta con il MIBAC e il Minambiente, tanto che è dovuto intervenire direttamente il Ministero ad imporre alla Regione l’intera nuova pianificazione, stante anche la presenza, tra le maglie dello strumento di pianificazione, di una sanatoria paesaggistica entro le fasce vincolate di 150 metri dagli argini o sponde di fiumi e torrenti.
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Promulgazione di una legge regionale, la n. 4/2012, che istituisce il condono edilizio sismico sine die a totale dispregio dei principi fondamentali contenuti nell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 (tanto che il Governo ha fatto immediatamente ricorso alla Corte Costituzionale – per i motivi di impugnazione vedi G.U. serie costituzionale n. 20 del 16/5/2012).
Evidentemente, in Regione Toscana, si stanno preoccupando oltremodo di una sottospecie di “abusivismo” che dal 1985 (legge Galasso) in poi è stato, in qualche forma, agevolato da provvedimenti istituzionali messi in atto in forza della volontà, mai nascosta e sopita, di appropriazione di materie che la Costituzione riservava e continua a riservare, per i principi fondamentali o in via esclusiva, allo Stato.
Ovviamente, non è sufficiente enunciare nelle leggi (L.R.T. n. 1/2005) che si tutelano i beni comuni se poi non si agisce di conseguenza (vedi l’inattuazione della volontà popolare riguardo alla scelta dell’acqua bene pubblico).
Ma veniamo a quest’ultima produzione del legislatore toscano ovverosia la Legge 21 maggio 2012, n. 21.
Sotto un “accattivante” titolo, la Regione Toscana in un sol colpo:
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si impadronisce della funzione legislativa in materia di ambiente, riservata allo Stato, anche per quanto riguarda la regolamentazione.
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si impadronisce della funzione legislativa esclusiva dei principi in materia di governo del territorio, anche questa costituzionalmente riservata allo Stato.
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cancella la legge n. 1150/1942.
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cancella il vincolo idrogeologico su tutti i corsi d’acqua.
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istituisce una sanatoria surrettizia per le opere realizzate dal 1904 ad oggi entro la fascia di 10 metri dai corsi d’acqua (quelli compresi negli elenchi, fino al D.P.R. n. 238/1999, e poi tutti).
Il Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica italiana è già stato invitato a valutare se ricorrano i presupposti per sollevare questione di legittimità costituzionale innanzi alla Consulta.
La sintesi dei motivi è la seguente.
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La Regione ha violato il riparto di competenze stabilito dall’art. 117, comma secondo, lettera s) della Costituzione, in quanto è di tutta evidenza che le disposizioni contenute nell’art. 1 “Tutela dei corsi d’acqua” attengono manifestamente alla materia della tutela dell’ambiente e le disposizioni contenute negli articoli 2 e 3 producono effetti sull’ambiente, ma attengono palesemente alla materia del governo del territorio.
Come ha ricordato la Corte Costituzionale (sentenza n. 70/2011) nel considerato in diritto:
“2.1. – Va, innanzitutto, richiamata la costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui la competenza in tema di tutela dell’ambiente appartiene in via esclusiva allo Stato, e non sono perciò ammesse iniziative delle Regioni di regolamentare nel proprio ambito territoriale la materia (ex plurimis: sentenze n. 127 del 2010 e n. 314 del 2009) pur in assenza della relativa disciplina statale (sentenza n.373 del 2010).”.
Dal momento che la Regione non può disciplinare con regolamento la materia, a fortiori le è inibita la legislazione in difetto di espressa delega da parte della legge statale.
Peraltro, le disposizioni contenute nell’articolo 2 violano manifestamente:
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l’esclusiva competenza regolamentare dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, così come già espressa mediante l’art. 65 del D. Lgs. n. 152/2006 e ss.mm.ii. ed i relativi piani settoriali delle Autorità di Bacino.
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il principio fondamentale della primazia della pianificazione urbanistica contenuto nell’art. 4 della Legge n. 1150/1942, in considerazione del fatto che i piani di Bacino hanno espressamente valore di piani settoriali territoriali (art. 65 D. Lgs. 152/2006) a cui devono conformarsi i piani regionali, provinciali e comunali in materia di governo del territorio.
in quanto consentono la realizzazione di interventi non diversamente localizzabili e - come tali - non previsti nella vigente pianificazione; peraltro mediante il rilascio di titoli abilitativi vincolati o addirittura di SCIA (atto oggettivamente e soggettivamente privato che presuppone la conformità al sistema pianificatorio).
Inoltre, è incredibile, ma i commi 3 e 5 dell’art. 1 della Legge regionale qui gravata contengono una surrettizia sanatoria urbanistico-edilizia, in violazione del principio fondamentale di tipicità della sanatoria urbanistico-edilizia (compreso la c.d. doppia conformità) contenuto nell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001.
Invero:
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al comma 3, è sufficiente migliorare il buon regime delle acque per poter autorizzare la realizzazione degli interventi ivi previsti, senza che sia richiesta la verifica della legittimità del preesistente assetto idraulico al momento della sua realizzazione/esecuzione.
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al comma 5, prevede l’inapplicabilità del divieto di inedificabilità assoluta all’interno di alvei, golene, ecc. (nonché all’interno delle fasce di 10 metri dei corsi d’acqua ricompresi ESCLUSIVAMENTE nel quadro conoscitivo del Piano di Indirizzo Territoriale regionale) ai manufatti e alla manutenzione straordinaria delle costruzioni esistenti già in regola con le disposizioni vigenti, senza in alcun modo precisare se vigenti al momento della loro realizzazione oppure al momento della realizzazione dei previsti interventi di realizzazione di “manufatti e manutenzione straordinaria”.
Si consideri, inoltre, che così come formulato il divieto di edificazione contenuto nell’art. 1, comma 1, della legge regionale qui gravata va a:
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costituire un’interpretazione autentica della portata del vincolo di inedificabilità assoluta contenuto nell’art. 96 del R.D. n. 523/1904 (escludendo così i corsi d’acqua – ormai tutti pubblici all’indomani della Legge n. 36/1994 e del D. Lgs. n. 152/2006 – NON contemplati nel quadro conoscitivo del P.I.T.).
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eliminare il vincolo idrogeologico su tutti i corsi d’acqua imposto ex lege dall’art. 96 del R.D. n. 523/1904 per effetto dell’abrogazione del R.D. n. 1775/1933.
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va a sanare tutti gli interventi realizzati entro la fascia di vincolo di inedificabilità assoluta dei corsi d’acqua NON contemplati nel quadro conoscitivo del P.I.T.
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va ad attribuire, agli aggiornamenti del quadro conoscitivo del P.I.T. ad opera dei paini di assetto idrogeologico (PAI), effetti di svincolo idrogeologico imposti ex lege con l’art. 96 del R.D. n. 523/1904, dal momento che la norma statale del R.D. n. 523/1904 VINCOLA IMMEDIATAMENTE TUTTI I CORSI D’ACQUA lasciando alla regolamentazione locale (o in difetto di essa prescrive immediatamente specifiche distanze) unicamente la fissazione della larghezza delle fasce di rispetto con vincolo di inedificabilità assoluta (e giammai la potestà di escludere taluni corsi d’acqua dal vincolo).
Ma vi è di più.
Anche di recente la Corte Costituzionale (con la sentenza n. 309/2011) era intervenuta per ribadire quanto già statuito con la sentenza n. 303/2003 ovverosia che costituiscono principio fondamentale della materia del governo del territorio le disposizioni della legge statale che stabiliscono i titoli abilitativi alla realizzazione degli interventi edilizi.
E’ incredibile, ma a quanto pare la Regione insiste (nonostante giurisprudenza costituzionale costante) nel voler prendere “con forza” le funzioni legislative sui principi fondamentali, con ciò facendo violando il principio di leale cooperazione con gli Organi e i Poteri dello Stato.
Il comma 7 dell’art. 2 della L.R.T. n. 21/2012, qui gravata, consente di realizzare con mera SCIA (che non si può applicare per interventi per cui è prescritto, ai sensi dell’art. 10 del D.P.R. n. 380/2001, il permesso di costruire o la DIA alternativa) una INDEFINITA categoria di opere di messa in sicurezza di cui NEMMENO UNA, ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001, è consentita con SCIA ai sensi della legge statale.
Il tutto aggravato dal fatto che il successivo comma 8 (della L.R.T. n. 21/2012) richiede al progettista un’asseverazione che, per legge, deve garantire la conformità agli strumenti urbanistici (asseverazione impossibile perché il comma 1 consente di bypassare – attraverso una localizzazione non prevista dai piani regolatori - il principio della primazia della pianificazione contenuto nell’art. 4 della Legge n. 1150/1942, a meno che la Regione non voglia deliberatamente INTACCARE siffatto principio di primazia della pianificazione).
Siffatta impossibilità di asseverazione porta anche a ritenere violata l’eccezione al principio fondamentale della primazia della pianificazione urbanistica contenuto nell’art. 14 del D.P.R. n. 380/2001.
Inoltre la previsione di realizzare con SCIA opere da eseguirsi in zone vincolate sotto il profilo idrogeologico e/o paesaggistico (in quanto alcuna limitazione al campo di applicazione viene prevista dalla L.R.T. n. 21/2012) viola il combinato disposto degli articoli 19 e 29, comma 2-ter della Legge n. 241/1990 e ss.mm.ii. espressione della potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di livelli essenziali delle prestazioni (art. 117, comma secondo, lettera m- della Costituzione), in quanto nell’art. 19 viene espresso il principio inderogabile per la Regione di non consentire mediante SCIA interventi su aree vincolate sotto il profilo idrogeologico (cfr. TAR Molise, n. 92/2012, in ordine all’imposizione del vincolo mediante piani di bacino) e paesaggistico.
Infine - ricordando che le disposizioni contenute nell’art. 94 del D.P.R. n. 380/2001 (autorizzazione per l’inizio dei lavori in zona sismica) attengono tanto alla materia del governo del territorio, quanto alla materia della pubblica incolumità, ma specialmente alla materia di competenza esclusiva della sicurezza delle costruzioni e che costituisce principio fondamentale (vedi sentenza n. 182/2006 della Corte Costituzionale) l’assidua vigilanza delle costruzioni in zona sismica da assicurarsi con il rilascio della preventiva autorizzazione da parte dell’Ufficio regionale del Genio Civile - le disposizioni contenute nell’art. 3 della L.R.T. n. 21/2012, non prevedendo che i lavori non possono iniziare in difetto della preventiva autorizzazione sismica, violano i commi secondo e terzo dell’art. 117 della Costituzione in relazione all’art. 94 del D.P.R. n. 380/2001.
Inoltre le gravate disposizioni violano anche le disposizioni di principio che richiedono l’autorizzazione dell’Autorità competente alla gestione del vincolo idrogeologico (che può essere imposto anche mediante i piani di bacino – cfr. TAR Molise, n. 92/2012).
La previsione di realizzazione di tali interventi mediante SCIA in zona vincolata sotto i profili sismici viola l’art. 117, comma secondo, lettera m) della Costituzione per violazione del combinato disposto degli articoli 19 e 29, comma 2-ter della Legge n. 241/1990 e ss.mm.ii.
Per concludere, il comma 10 dell’art. 3 della L.R.T. n. 21/2012, mediante un artifizio, introduce una sanatoria surrettizia, in violazione dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, per quegli interventi per i quali sia già stato rilasciato il permesso di costruire o presentata la SCIA (interventi illegittimi per tutti i motivi di cui sopra).
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Vedremo cosa ne penserà il Governo.