Lexambiente - Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell'Ambiente
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Cass. Sez. III n. 42600 del 21 novembre 2024 (UP 12 set 2024)
Pres. Ramacci Rel. Zunica Ric. Federico
Rifiuti.Gestione non autorizzata
In tema di gestione non autorizzata dei rifiuti, il reato di cui all’art. 256 del d. lgs. n. 152 del 2006 è configurabile anche in relazione alle condotte di raccolta e trasporto esercitate in forma ambulante, salva l’applicabilità della deroga di cui all’art. 266, comma quinto, del predetto decreto, per la cui operatività occorre tuttavia non solo che l’agente sia in possesso del titolo abilitativo previsto per il commercio ambulante dal d. lgs. 31 marzo 1998, n. 114, ma anche che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio ma non sono riconducibili, per le loro peculiarità, a categorie autonomamente disciplinate. La natura di rifiuto pericoloso di un veicolo fuori uso (ma lo stesso discorso vale anche per le sue batterie) non necessita di particolari accertamenti, quando risulti, anche solo per le modalità di raccolta e deposito, che lo stesso non è stato sottoposto ad alcuna operazione finalizzata alla rimozione dei liquidi o delle altre componenti pericolose, non avendo peraltro il ricorrente fornito alcun concreto elemento in tal senso.
Consiglio di Stato Sez. III n. 8764 del 4 novembre 2024
Urbanistica.Titoli abilitativi e poteri delle regioni
La materia urbanistica, in cui è compresa anche quella relativa ai titoli abilitativi ad edificare (cfr. Corte cost. 25 settembre 2003, n. 303), rientra nella materia della legislazione concorrente ex art. 117, comma 3, della costituzione. L’art. 2 del d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380 stabilisce infatti che «1. Le regioni esercitano la potestà legislativa concorrente in materia edilizia nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale desumibili dalle disposizioni contenute nel testo unico. … 4. I comuni, nell'ambito della propria autonomia statutaria e normativa di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, disciplinano l'attività edilizia». Il successivo art. 10, comma 1, individua e suddivide in quattro categorie gli interventi che, in quanto idonei a determinare una trasformazione del territorio comunale dal punto di vista urbanistico ed edilizio, richiedono il previo rilascio del permesso di costruire, avendo cura di precisare, nei successivi commi 2 e 3, che le regioni hanno la possibilità di stabilire con proprie leggi, nell’esercizio della potestà legislativa concorrente ad esse riconosciuta dall’art. 117 cost. nella funzione di governo del territorio, e con il solo limite del rispetto dei principi fondamentali riservati alla legislazione statale: a) quali mutamenti dell’uso di immobili o di loro parti, connessi o no a trasformazioni fisiche, e quindi influenti solo sulla destinazione d’uso degli stessi, sono subordinati a permesso di costruire ovvero a denuncia di inizio di attività; b) quali interventi, ulteriori a quelli già elencati nel precedente comma 1, possono essere sottoposti al previo rilascio del permesso di costruire in ragione della loro incidenza sul territorio e sul carico urbanistico.
Contenzioso climatico e giurisdizione
di Giuliano SCARSELLI
Consiglio di Stato Sez. III n. 8792 del 5 novembre 2024
Urbanistica.Onere della prova sulla data di realizzazione del manufatto abusivo
L’onere di provare la data di realizzazione dell’abuso incombe sul privato. Il criterio di riparto dell'onere probatorio tra privato e amministrazione discende dall'applicazione alla specifica materia della repressione degli abusi edilizi del principio di vicinanza della prova: solo il privato può fornire, in quanto ordinariamente ne dispone, inconfutabili atti, documenti o altri elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell'epoca di realizzazione del manufatto, mentre l'Amministrazione non può, di solito, materialmente accertare quale fosse la situazione all'interno dell'intero suo territorio
Consiglio di Stato Sez. IV n. 8838 del 5 novembre 2024
Ambiente in genere.VIA e proroga dei provvedimenti
La proroga rappresenta un istituto di carattere generale, volto a consentire la prosecuzione di un rapporto giuridico oltre la scadenza originariamente prevista. Essa garantisce elasticità ed efficienza all’azione amministrativa, in quanto consente all’Amministrazione di estendere l’efficacia temporale di un atto amministrativo e, quindi, di continuare a perseguire il fine pubblico ad esso sotteso, senza che sia necessario ripercorrere l’intero iter procedimentale e senza dar seguito ad una nuova valutazione dell’interesse pubblico coinvolto. Sebbene tradizionalmente ricompresa nell’esercizio della funzione amministrativa di cui è espressione la determinazione originaria, essa non comporta, dunque, il rilascio di un nuovo atto amministrativo a favore del privato, ma implica una nuova valutazione unicamente riguardo all’opportunità di prolungare l’efficacia del rapporto costituito con il provvedimento originario ed è proprio in questo che si distingue dalla figura diversa della “rinnovazione” dell’atto amministrativo che presuppone la sopravvenuta inefficacia dell’atto iniziale, cui segue una nuova valutazione dell’interesse pubblico o una nuova verifica dei presupposti per l’adozione di un nuovo provvedimento. In altri termini, la proroga costituisce, perciò, un separato atto amministrativo sul piano formale, ma sul piano sostanziale segna solo la prosecuzione del rapporto già pendente, dovendo non a caso intervenire prima che sia scaduto il provvedimento originario. Tali princìpi trovano, del resto, conferma anche nella disciplina della proroga dei provvedimenti di VIA dettata dal Codice dell’Ambiente, che, all’art. 25, comma 5 del d.lgs n. 152/2006, dopo aver disposto che “Il provvedimento di VIA…ha l'efficacia temporale, comunque non inferiore a cinque anni, definita nel provvedimento stesso […]”, prevede che “… Decorsa l'efficacia temporale indicata nel provvedimento di VIA senza che il progetto sia stato realizzato, il procedimento di VIA deve essere reiterato, fatta salva la concessione, su istanza del proponente, di specifica proroga da parte dell'autorità competente”. In particolare, in prossimità della scadenza del termine di efficacia della VIA, l’interessato ha a sua disposizione due opzioni operative ben differenziate: può attivarsi instando, in via preventiva, per la proroga della VIA e conseguire la protrazione della durata del citato documento oppure chiederne la rinnovazione, successivamente alla scadenza del relativo termine di efficacia ed il dettato dell’art. 25 comma 5 citato è chiaro nel prevedere che un nuovo scrutinio sui presupposti per la VIA può aver luogo solo in quest’ultima ipotesi (cfr. “il procedimento di VIA deve essere reiterato…”) e non invece nel caso di proroga, in cui la valutazione amministrativa si focalizza solo sulla sussistenza dei presupposti per prolungare il termine di efficacia della VIA originaria. A tale stregua, la proroga, proprio perché intende solo consentire una prosecuzione del rapporto amministrativo al fine di completare l’attuazione di un certo programma di interessi a suo tempo già autorizzato, comporta non solo un procedimento diverso e semplificato rispetto al procedimento di rinnovazione della VIA, ma anche una valutazione discrezionale da parte dell’Amministrazione competente più circoscritta e limitata alla possibilità di estendere l’efficacia temporale dell’atto originario, alla luce di eventuali modifiche sostanziali del quadro fattuale e giuridico di riferimento.
Tariffe incentivanti per impianti fotovoltaici. La rideterminazione tra autotutela e decadenza (Nota a Cons. Stato, Sez. II, 6 settembre 2024, n. 7461).
di Antonio PERSICO
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