Il complesso e delicato contemperamento tra primari interessi apparentemente confliggenti: la tutela dei beni paesaggistico-culturali e dell’ambiente alla prova della transizione energetica

di Federico MUZZATI

NOTA:la sentenza commentata è in calce al presente articolo

Il TAR Salerno, all’esito di una complessa delibazione, ha rassegnato una pronuncia dal carattere alquanto innovativo, il cui “thema decidendum” afferisce al rapporto sussistente tra le esigenze di conservazione del paesaggio e dei beni culturali, in relazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili.Di talché, sulla scorta di un consolidato orientamento della Corte costituzionale e del Consiglio di Stato, il Collegio è giunto ad affermare che la tutela paesaggistica e dei beni culturali non può essere del tutto “tiranna”, e che, anzi, la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, non solo è un’attività essenziale e di interesse pubblico, ma contribuisce, vieppiù, alla conservazione dello patrimonio storico e artistico.

The Regional Administrative Court of Salerno, at the end of a complex deliberation, issued a rather innovative ruling, whose object refers to the relationship between the need to preserve the landscape and cultural heritage in relation to the production of energy from renewable sources. As a result, on the basis of a consolidated orientation of the Constitutional Court and the State Council, the College has come to affirm that the protection of the landscape and cultural heritage cannot be entirely 'tyrannical', and that, indeed, the production of electricity from renewable sources is not only an essential activity of public interest, but also contributes to the conservation of the country's environmental and historical-artistic heritage.

Il “punctum pruriens” e una concisa genesi dei fatti di causa

La pronuncia de qua 1 trae origine dalla presentazione del ricorso promosso dal Ministero della Cultura 2 avverso il Decreto n. 2 del 3 gennaio 20233, ad opera del quale, la Regione Campania4, in accoglimento dell’istanza presentata dalla Società Grupotec Solar Italia 6 S.r.l., aveva rilasciato il Provvedimento Unico Autorizzatorio Regionale 5 ex art. 27 bis, comma 1, del D.lgs. n. 152/20066, volto a consentire la realizzazione di un impianto fotovoltaico “a terra” 7 in località Migliano8.

In nuce, il progetto consisteva nell’ambiziosa edificazione di un parco fotovoltaico con un elevata potenza di spicco, pari a ben 19,64 MWp, su un area della superficie complessiva di 310.000 mq9, nonché delle relative e susseguenti opere di connessione alla Rete e di servizio, indispensabili per il suo funzionamento.

In buona sostanza, le censure rassegnate dal Ministero, che avversavano e stigmatizzavano la decisione dell’Amministrazione regionale di autorizzare quanto dianzi descritto, “riposavano” sui seguenti “postulati”: in primis , le indicazioni soprintendizie 10 inerenti la valutazione di impatto ambientale e paesaggistico 11 sarebbero state del tutto disattese dalla Regione in sede di Conferenza dei Servizi12.

Pertanto, parte ricorrente, evidenziando come il Provvedimento autorizzatorio fosse affetto, inoltre, anche da gravi vizi procedimentali richiedeva, conseguentemente, che questo venisse dichiarato radicalmente invalido 13 per aperta violazione dell’art. 9 della Costituzione14.

Da ciò emerge che, la tensione (solo) apparentemente dicotomica e insanabile tra due fondamentali valori, la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e culturale da un lato15, e l’ambiente 16 dall’altro (“introdotto” nella Carta costituzionale lo scorso anno17), erompe con forza quale “thema decidendum” e “fil ruoge” del giudizio di cui in commento, richiedendo il raggiungimento di un equo bilanciamento18, apprezzabile ai fini della tutela del preminente interesse pubblico, a cui l’opera dell’Amministrazione è – sempre e necessarimente – teleologicamente orientata.

Valutazioni e procedimenti amministrativi in materia ambientale e paesaggistica: tra spinte “contrapposte” alla semplificazione ed esigenze di tutela effettiva

Una delle prime questioni affrontate dal pronunciamento de quo – al fine di verificare se l’Amministrazione regionale avesse correttamente svolto l’ iter procedimentale di valutazione di impatto ambientale, alla luce del lamentato vizio di carenza di potere in concreto censurato dal ricorrente – inerisce alla ricostruzione normativa sistematica circa le autorizzazioni ambientali e del sottostante modulo procedimentale di cui alla Conferenza di Servizi decisoria ex art. 14 e s.s. della l. n. 241/1990 19 e s.m.i.

Più in particolare, l’attenzione del Collegio, sulla base dei rilievi effettuati dal Ministero, si sofferma sulla valenza, e sulla cogenza, dei pareri endoprocedimentali 20 resi nella suddetta sede, e della loro capacità di condizionare ed incidere sul contenuto del provvedimento finale.

La tesi del M.I.C., volta ad ottenere la caducazione del Provvedimento autorizzatorio regionale, basata sull’assunto secondo il quale il parere vincolante a carattere negativo reso dalla Soprintendenza 21 durante lo svolgimento della Conferenza di Servizi, scolora e viene completamente dequotata dalla più illustre giurisprudenza, tanto dal Giudice Amministrativo, quanto della Suprema Corte di Cassazione22, che all’uopo rammentano stentoreamente come “ il parere negativo opposto da una delle amministrazioni partecipanti, ancorché tenuta a manifestare un parere vincolante, non può produrre l’effetto di impedire la prosecuzione del procedimento, svolgendo semplicemente la funzione di rappresentazione degli interessi di cui detta amministrazione è portatrice, comunque rimessi alla valutazione discrezionale finale dell’autorità decidente, la quale rimane libera di recepire o meno quanto osservato nel parere (…).

Pertanto, il parere negativo espresso dal Ministero della Cultura non potrebbe impedire l’adozione del provvedimento di autorizzazione, laddove l’Amministrazione procedente compia una valutazione discrezionale favorevole all’approvazione del progetto ”.

Appare utile, dunque, compendiare brevemente 23 il funzionamento della Conferenza di Servizi 24 in materia di procedimenti ambientali25, alla luce delle disposizioni, in combinato disposto, contenute all’interno della l. n. 241/1990 e del D.lgs. n. 152/2006, che ben rappresentano – paradigmaticamente – l’inveterata tensione in cui si ritrova da alcuni decenni il settore amministrativo, “compresso” tra spinte contrapposte, volte, da un lato alla semplificazione 26 dell’attività amministrativa, dall’altro, a mantenere e garantire l’efficacia e l’efficienza dell’agire amministrativo.

Il modulo procedimentale di cui alla Conferenza di Servizi decisoria per il rilascio del P.A.U.R., come regolamentato all’interno del Codice dell’ambiente e della l. n. 241/1990, e il valore dei pareri rassegnati in tale sede, è ben inquadrato ed esplicato dalla ricostruzione operata dal TAR, che ha ben avuto modo di porre in chiara evidenza che, il dissenso qualificato espresso dalle Amministrazioni partecipanti27, a tutela di interessi sensibili, forma unicamente l’oggetto di una valutazione ponderale preordinata all’adozione della valutazione finale, che potrà essere eventualmente opposta dinanzi alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Indi per cui, si tratta di contributi espressivi di meri poteri valutativi, esplicati, all’uopo, al fine di instaurare un confronto dialogico tra le Amministrazioni coinvolte, con lo scopo di formare – in maniera ponderata – il contenuto del provvedimento conclusivo28.

Di conseguenza, e per concludere sul punto, si può logicamente inferire come il pronunciamento di segno negativo proveniente da un’Autorità preposta a guarentigia di interessi particolarmente rilevanti, non in alcun modo precludere – radiciter – la valutazione ponderale e discrezionale delle posizioni prevalenti espresse dalle Amministrazioni partecipanti, e, quindi, la conclusione positiva della Conferenza di Servizi, con la valida adozione del provvedimento autorizzatorio richiesto dall’operatore energetico istante29, rassegnato in seguito ad un’ampia valutazione dei valori coinvolti: la tutela del territorio, con particolare favor – domestico e sovranazionale – e la produzione di energia fa fonti rinnovabili30.

La recente “palingenesi” della disciplina di protezione del patrimonio storico, artistico e culturale e il “ trait d’union ” tra ambiente, paesaggio e produzione di energia da fonti rinnovabili

Mentre il primario valore, e la sottostante tutela, dei beni storici, artistici e culturali ha trovato piena cittadinanza costituzionale nell’ordinamento statale31, subitaneamente, per converso, la sensibilità verso le tematiche ambientali 32 e la conservazione degli ecosistemi 33 si è posta solo successivamente34, verso il volgere dello scorso secolo35, in conseguenza di catastrofi ambientali e di un maggior interesse degli Stati e dei singoli, derivante da una duplice – e necessitata – presa di coscienza: l’insostenibilità del consolidato modello di sviluppo economico 36 basato prettamente sullo sfruttamento delle fonti fossili e la loro – sempre maggiore – scarsità (e costosità).

Pertanto, alla luce della ut supra rappresentata situazione di fatto, e in esito a un lungo e “accidentato” percorso, composto da non poche “querelle” dottrinali e giurisprudenziali 37 susseguitesi negli ultimi decenni, si è affermato il bisogno di garantire piena ed ampia tutela alle istanze ed esigenze ambientali, al fine di creare vieppiù, un dualismo sinergico con i valori paesaggistici38.

Sicché, il legislatore, per conformarsi pienamente alle prescrizioni europee contenute nel Next Generation UE, è addivenuto alla piena incorporazione dei valori ambientali, della conservazione degli ecosistemi e della protezione faunistica, all’interno del dettato costituzionale, operando, per la prima volta nella storia, una modifica alla parte dedicata ai principi fondamentali (artt. 1-12)39.

Di talchè, nella seduta dello scorso 8 febbraio 2022, la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva, in seconda deliberazione, la proposta di legge costituzionale recante “Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell’ambiente”.

L’articolo 9, dunque, si arricchisce di un terzo comma che sancisce il dovere per la Repubblica di proteggere e tutelare l’ambiente e gli ecosistemi, con particolare riguardo all’interesse delle “generazioni future”; è evidente, come il riferimento al vocabolo “Repubblica” permetta di comprendere come i suddetti compiti tutelativi spettino allo Stato, alle Regioni e agli Enti pubblici locali (Provincie, Comuni e Città Metropolitane), in piena accordanza con la disposizione costituzionale – riguardante il riparto delle competenze legislative – di cui all’art. 117 della Costituzione.

Oltre ad incidere sull’art. 9, la revisione costituzionale ha interessato anche il titolo III della Costituzione, inerente ai rapporti economici, con la modifica dell’art. 41, che, come noto, è una disposizione cardinale, che permette di legare e “far dialogare correttamente” il diritto con il nevralgico settore dell’economia.

La disposizione, involgente l’iniziativa economica privata e pubblica, e i fini da esse perseguibili, è mutata in un duplice verso, in quanto, in relazione al primo profilo, è stato previsto come l’iniziativa economica privata non possa mai svolgersi in contrasto con i valori ambientali40, mentre, in relazione all’utilitasche l’agire economico pubblico o privato possono concretamente realizzare, è stato sancito che questo possa indirizzarsi non solamente verso “fini sociali”, ma, financo, “ambientali”.

Pertanto, appare di cristallina evidenza come l’ambiente, divenuto così un principio ispiratore e un valore fondamentale del sistema costituzionale, vada a “dirigere” e “coordinare” lo svolgimento delle attività economiche e produttive.

In conclusione, alla luce di tutte le considerazioni sin qui riversate, appare evidente come l intervento legislativo appaia certamente meritorio41, ma non, sicuramente, di portata radicalmente innovativa – omogeneo e completo – in quanto tali valori erano già stati enucleati – e tutelati – in sede pretoria.

DI talché, appare ampiamente condivisibile la posizione espressa da larga parte della dottrina42, che ha rinvenuto e intravisto in tale opera di revisione costituzionale la volontà dell’ordinamento statale di mostrarsi in grado di recepire il cambiamento, adattando i principi costituzionali alle complesse sfide odierne e alla mutevolezza dei tempi.

Dunque, tra indubbi pregi, virtù, e molteplici lacune, si può affermare come il legislatore si sia mostrato maggiormente attento e sensibile a tali temi, avendo fissato un importante punto di partenza, in una proiezione futura e strategica di lungo periodo, in ispecie con l’utilizzo della pregevole formula – seppur vaga e meramente programmatica – “nell’interesse delle future generazioni”.

Brevi riflessioni conclusive

Il Collegio, inserendosi a “piè sospinto” nel solco tracciato dal Consiglio di Stato 43 e dalla Corte costituzionale, ha correttamente ritenuto che interessi di rilevanza primaria, quali la tutela dei beni paesaggistico culturali e del patrimonio storico, debbano necessariamente trovare ampia ed effettiva protezione, e che di ciò se ne debba tenere debitamente conto nei procedimenti decisionali svolti dalle Amministrazioni.

Sicché, in ragione di ciò, ne discende un’ulteriore conseguenza riflessa: tali valori, seppur dotati di un carattere di primazia, non possono in alcun modo essere assurti a “dogmi tirannici”, totalizzanti, non sottoponibili ad un giudizio compositivo di bilanciamento44, quando vengono a “collidere”, ovvero “entrino in contatto” con altri interessi, in ispecie, di pari rango e “status”.

Di talché, appare del tutto autoevidente come la pronuncia de qua risenta della novella normativa di cui agli artt. 9 e 41 della Costituzione, posta in essere dal legislatore costituzionale nell’anno 2022, che ha inserito la tutela dell’ambiente nell’alveo e nel novero dei Principi fondamentali, come si è ut supra descritto45.

Ciò ha permesso di riconoscere piena dignità costituzionale – pari a quella prevista per i beni paesaggistici e culturali – al valore dell’ambiente, inteso nella sua doppia valenza ed accezione, come coniata ed emersa di recente; infatti, all’idea di tutela dell’ambiente si è affiancata una visione più dinamica ed attuale, ossia quella di ambiente quale bene produttivo.

Indi per cui, a livello non solo legislativo, ma financo amministrativo, appare quanto più necessario un equilibrato e costante contemperamento – in esito ad un accurato giudizio di bilanciamento – tra questi due valori, che non sono assolutamente in conflitto tra di loro, ma, alla luce di quanto dianzi detto, si intersecano tra di loro in una sorta di endiadi, al fine di accelerare e garantire un adeguato processo di transizione ecologica ed energetica a benefico di tutti i consociati.

In conclusione, il principio rassegnato dal Collegio salernitano è di assoluta importanza46: la produzione di energia da fonti rinnovabili rappresenta, di fatto, la principale forma di tutela non solo dell’ambiente, ma anche, e di conseguenza, dell’immenso patrimonio storico, artistico e culturale presente all’interno del territorio nazionale47.

1 Dalla quale è scaturito, alla luce dei temi trattati, un discreto “eco mediatico”, in ispecie sui principali quotidiani di informazione; in proposito si v. C. FOSSATI, G. MAZZEI, “Gli impianti di energia green non contrastano con il paesaggio”, in Il Sole 24 Ore, 27 luglio 2023, pag. 28 e J. GILIBERTO, “Il Tar e la frattura ecologista su rinnovabili e paesaggio”, Il Foglio Quotidiano, 9 agosto 2023.

2 D’ora in avanti anche solo “Ministero” o “M.I.C.”.

3 Unitamente ai verbali delle molteplici sedute della Conferenza dei Servizi decisoria che avevano condotto all’adozione di tali determinazioni.

4 Melius: il Dirigente della Direzione Generale per il Ciclo Integrato delle Acque e dei Rifiuti della Regione Campania.

5 Il c.d. P.A.U.R., un istituto di semplificazione normativa in materia di rilascio di autorizzazioni (non solo in materia ambientale) regionali previsto dall’art. 14, comma 4, della l. n. 241/1990, che contiene al suo interno il Provvedimento di Valutazione Ambientale e tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi comunque denominati, necessari alla realizzazione e all’esercizio di progetti sottoposti a procedimenti di V.I.A. di competenza regionale e richiesti dal proponente.

Il rilascio di tale autorizzazione costituisce idoneo titolo a costruire ed esercire l’impianto, in conformità con il progetto approvato, e contiene, inoltre, l’obbligo al ripristino dello status quo ante dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della futura ed eventuale dismissione del sito.

6 Il c.d. Codice dell’ambiente (melius: T.U. ambientale).

7 Un c.d. “parco fotovoltaico”.

8 Una frazione ubicata nella Provincia di Avellino.

9 Mediante l’installazione di 43.645 moduli fotovoltaici in silicio monocristallino, 84 inverter 4 trasformatori per la conversione della corrente, unitamente a 3 cabine di consegna, 1 di utenza e 1 di controllo e monitoraggio, oltre al cavidotto interrato di connessione, composto da 3 linee elettriche, percorrente 5.300 metri di sottosuolo, sino alla cabina di consegna AT/MT di Lacedonia.

10 Particolarmente dissenzienti rispetto al tracciato previsto per l’interramento del cavidotto nel progetto.

11 La c.d. V.I.A. (Valutazione di Impatto Ambientale). Per una disamina completa circa le procedure autorizzative ambientali e i sottostanti istituti di semplificazione dell’attività amministrativa in materia, si v. – ex multis – D. M. TRAINA, “Problematiche applicative e rapporti tra le procedure di VAS, VIA e AIA”, in Federalismi.it, n. 31/2022, pagg. 150 e s.s e V. F. FRACCHIA, “I procedimenti amministrativi in materia ambientale”, in A. CROSETTI, “Diritto dell’ambiente”, Roma, III. ed., 2008, pagg. 265 e s.s.

12 Decisoria.

13 Melius : parafrasando le richieste del Ministero, dichiarare la “nullità strutturale” del P.A.U.R.

14 Rappresentante un principio fondamentale posto a tutela di un valore primario dell’ordinamento (non solo domestico, ma finanche comunitario ed internazionale): la conservazione del patrimonio storico, artistico e culturale

15 Che, prima della recente “svolta ecologista” rappresentava una sorta di inviolabile dogma assoluto, un granitico baluardo fortificato ed “inespugnabile”.

16 E la produzione di energia da fonti rinnovabili quale suo logico corollario, in ispecie durante l’attuale e delicata fase di transizione ecologica ed energetica, stante anche il favor europeo in relazione al ricorso a tali modalità di soddisfacimento del fabbisogno energetico da parte degli Stati membri.

Di talché, tanto la Direttiva CEE n. 2001/77, quanto il D.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, riconoscono agli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili importanza fondamentale, dichiarandoli opere di pubblico interesse, proprio ai fini di tutela dell’ambiente.

Per una compiuta analisi in subiecta materia, si v. – ex tantis – S. GRASSI, “Ambiente e Costituzione”, in Rivista Quadrimestrale di Diritto dell’Ambiente , 3/2017, pagg. 4 e s.s.

17 Mediante una modifica degli articoli 9 (la prima volta che si assiste ad un intervento sui principi fondamentali, dal 1948) e 41, che, oltre a menzionare espressamente l’ambiente, tutelano, finanche, la biodiversità e il mondo animale. Sul punto si v. – ex plurimis – C. CARRARA, C. MARTORANA, “La tutela dell’ambiente entra in Costituzione: e ora?”, in www.legance.it, febbraio 2022 e A. MATTOSCIO, “La tutela ambientale in Costituzione”, in Diritti comparati, 10 marzo 2022.

18 Riguardo a tale questione, il c.d. trilemma “energia, ambiente e beni culturali e paesaggistici”, il Consiglio di Stato, a più riprese, ha avuto modo di evidenziare – claris verbis – come la produzione di energia da fonti rinnovabili sia “un’attività di interesse pubblico che contribuisce anch’essa non solo alla salvaguardia degli interessi ambientali, ma, sia pure indirettamente, anche a quella dei valori paesaggistici”. Cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1201/2016 e Sez. IV, n. 2983/2021.

Mentre, in relazione all’esigenza di bilanciamento tra preminenti principi e diritti fondamentali, che mai possono assumere rilevanza e connotati “tirannici”, ma devono sempre essere proporzionalmente ed equanimemente bilanciati, il Supremo consesso giurisdizionale amministrativo (sent. n. 8167/2022), sulla scorta di una precedente pronuncia della Corte costituzionale (n. 85/2013), ha ben avuto modo di evidenziare come “Negli ordinamenti democratici e pluralisti si richiede un continuo e vicendevole bilanciamento tra principi e diritti fondamentali, senza pretese di assolutezza per nessuno di essi(…). La loro tutela deve essere “sistemica” e perseguita in un rapporto di integrazione reciproca. La primarietà di valori come la tutela del patrimonio culturale o dell’ambiente implica che gli stessi non possono essere interamente sacrificati al cospetto di altri interessi (ancorché costituzionalmente tutelati) e che di essi si tenga necessariamente conto nei complessi processi decisionali pubblici, ma non ne legittima una concezione “totalizzante” come fossero posti alla sommità di un ordine gerarchico assoluto. Il punto di equilibrio, necessariamente mobile e dinamico, deve essere ricercato (…)secondo principi di proporzionalità e ragionevolezza”.

Sul giudizio di ragionevolezza e proporzionalità operato dalla Corte costituzionale, si v. M. CARTABIA, “I principi di ragionevolezza e proporzionalità nella giurisprudenza costituzionale italiana”, in www.cortecostituzionale.it , 12 novembre 2013 e R. BIN, “Diritti e argomenti. Il bilanciamento degli interessi nella giurisprudenza costituzionale”, Milano, 1992.

Sul rapporto tra ambiente, produzione di energia da fonti rinnovabili, pianificazione urbanistica e sfruttamento del paesaggio si v. – ex tantis – M. CRISCI, “Il difficile rapporto tra energie rinnovabili e paesaggio. Verso una nuova concezione della pianificazione ambientale”, in Quotidiano Legale, 6 ottobre 2023.

19 Affianco alle previsioni di cui al D.lgs. n. 152/2006 (c.d. T.U. ambiente).

20 Nel caso di specie resi dalla Soprintendenza.

21 Di Salerno e Avellino.

22 Cfr. TAR Lazio, Roma, Sez. V, n. 11870/2022 e Cass. Civ., SS.UU., n. 2155 del 1°febbraio 2021.

23 Dunque, senza alcuna pretesa di esaustività.

24 Così come profondamente modificata ad opera del D.lgs. n. 127/2016 (c.d. riforma Madia).

25 E rilascio delle autorizzazioni in materia. Per un’approfondita disamina sul tema si v. F. VANETTI, L. UGOLINI, “Riflessioni sull’istituto della Conferenza di Servizi applicato ai procedimenti amministrativi preposti alla tutela dell’ambiente”, in Rivista Giuridica dell’Ambiente, numero 28, gennaio 2022.

26 Al fine di incentivare quanto più lo sviluppo economico del Paese, e, contemporaneamente, ridurre sensibilmente il c.d. “rischio amministrativo”. Per una breve analisi inerente all’endiadi “semplificazione amministrativa – sviluppo”, si v. B. G. MATTARELLA, “La semplificazione amministrativa come strumento di sviluppo economico” in Astrid Rassegna, n. 11/2019, pagg. 1 e s.s.

27 Sul punto si v. Nota redazionale, “Il valore del parere negativo della Soprintendenza in Sede di Conferenza di Servizi”, in Fiscalità dell’Energia , 17 luglio 2023.

28 Di talché, la sentenza di cui in commento, sul punto, afferma proprio come “A siffatta regola di azione è improntata anche la CdS ex art. 27 bis del D.lgs. n. 152/2006, finalizzata al rilascio del P.A.U.R., la quale ha natura decisoria(…). La previsione di un simile strumento mira, infatti, a favorire le iniziative volte alla realizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, semplificando il procedimento autorizzativo e concentrando in un’unica sede l’apporto valutativo di tutte le amministrazioni interessate”.

29 Una simile linea di azione e approccio ermeneutico, pragmatico e acceleratorio, è finanche avvallata dal legislatore domestico che, ex art. 30, comma 2, D.L. n. 77/2021 (governance del PNRR), ha previsto, in materia di rilascio di autorizzazioni ambientali in esito allo svolgimento della Conferenza dei Servizi decisoria, come disciplinata dalla l. n. 241/1990, una sostanziale compressione delle prerogative interdittive esercitabili dall’autorità statale preposta alla tutela paesaggistica, in relazione alla realizzazione di impianti di produzione elettrica generata da fonti rinnovabili, per adeguarsi alle impellenti esigenze dell’attuale processo di transizione ecologica ed energetica di stampo eurounitario.

30 Il principio di diritto enucleato dalla pronuncia in commento, che sancisce chiaramente come la produzione di energia da fonti rinnovabili non contrasti con la tutela dei beni culturali, ma, anzi, la rinforzi e sia funzionale al suo perseguimento, ha portato alla coniazione di un interessante neologismo, derivante dalla crasi tra questi due fondamentali valori, ossia il paesaggio e l’energia prodotta in maniera ecosostenibile. Difatti, oggi giorno, si è soliti inquadrare tale tema con il termine “energyscape”, risultante dall’unione tra “energy” e “landscape”, come evidenziato dalla sentenza de qua, nelle pagine conclusive (pag. 33), ove si chiarifica come “Con la moltiplicazione dei grandi impianti di produzione energetica da fonte rinnovabile è andata via via delineandosi una nuova forma di paesaggio definibile come “paesaggio energetico” (i.e. Energy landscapes – Blaschke et al. 2013; Stremke, 2014) identificato con il neologismo “Energyscapes” (Howard et al., 2013) che integra l’insieme delle combinazioni spazio-temporali della domanda e dell’offerta energetica all’interno di un paesaggio”.

31 Sin dall’entrata in vigore della Costituzione, il 1° gennaio 1948.

32 Tanto dal punto di vista della prevenzione e dell’introduzione di nuove fattispecie in ambito penale, quanto in ambito amministrativo, stante la perdurante difficoltà di incasellare nelle tradizionali categorie giuridiche “un bene” (primario e sistemico) qual è l’ambiente (alla luce della sua interdisciplinarità, “immaterialità” e multidisciplinarietà), e, dunque, individuarne la propria natura giuridica e i più appropriati ed efficaci mezzi e strumenti di tutela, combinati tra di loro in una visione olistica (come tentato, più volte, in via pretoria e dottrinale). All’uopo, sono stati elaborati i seguenti principi (contenuti nel Codice dell’ambiente): prevenzione, precauzione, “chi inquina paga”, corresponsabilità e proporzionalità.

Per ciò che afferisce alla tutela penalistica dell’ambiente (e per un confronto tra le principali teorie costituzionali in materia ambientale) si v. C. RUGA RIVA, “L’ambiente in Costituzione: cambia qualcosa per il penalista?”, in G. DODARO, M. DOVA, C. PECORELLA e C. RUGA RIVA, “Riflessioni sulla giustizia penale. Studi in onore di Domenico Pulitanò”, Torino, 2022, pagg. 185-198,

33 E la produzione di energia da fonti rinnovabili, unitamente alla protezione del sistema faunistico.

34 Poiché queste tematiche hanno iniziato ad essere dibattute solo durante gli anni ’70 dello scorso secolo, i Padri costituenti non hanno inserito alcuna disposizione inerente all’ambiente. Pertanto, la prima volta che si è rinvenuto l’utilizzo del termine “ambiente” all’interno della carta costituzionale risale all’anno 2001, con l’approvazione della legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre, che ha interamente riformato il titolo V, riguardante il rapporto (e il riparto di competenze) tra Stato (ed entri centrali) e Regioni (ed Enti pubblici locali e periferici), all’art. 117, comma 2, lett. s).

35 Infatti, il c.d. Codice dell’ambiente (il D.lgs. n. 152/2006) è stato emanato “solamente” nel 2006. Mentre, il crescente interesse e “preoccupazione” in relazione alla conservazione dell’ambiente si era già posta, da tempo, a livello comunitario, non solo con l’emanazione di atti vincolanti e cogenti, quali direttive, regolamenti, decisioni e pareri, ma anche mediante il ricorso alla soft law (peculiari sono i c.d. libri verdi o bianchi). Emblematica, a livello internazionale, è la dichiarazione di Stoccolma del 1972 dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Oggi, il diritto a vivere in un ambiente salubre è espressamente codificato da tutte le Costituzioni dei principali Stati democratici del mondo, e finanche dalle principali Carte in merito, quale la Carta Europea dei diritti fondamentali dell’uomo (la c.d. Carta di Nizza del 2000). Di talché, l’ambiente non è più visto solo in ottica statalista, quale bene da tutelare, ma, financo, quale diritto inviolabile di ogni singolo individuo.

36 In passato, prettamente occidentale.

37 In particolare, pronunce della Corte costituzionale.

38 Costituendo una sorta di endiadi in cui ambiente e paesaggio si intersecano mutuamente e si proteggono vicendevolmente.

39 Seppur risulta ovvio che, nonostante la loro immutabilità, il loro portato “esegetico” si sia dovuto adattare ai tempi e alle disposizioni europee, evidenziando l’estrema lungimiranza del dettato costituzionale, la sua “modernità” e il suo essere “aperto al futuro”.

40 Oltre che con i valori già presenti, ossia la “salute”, la “sicurezza”, la “dignità” e la “libertà umana”.

41 In quanto, in un’ottica comparatistica, buona parte delle carte costituzionali dei principali Paesi europei contengono, già dai primi anni del secolo corrente, molteplici disposizioni e riferimenti alla materia ambientale, e “a fortiori”, addirittura, allo sviluppo sostenibile, come nel caso di Polonia. Grecia, Portogallo e Svezia.

È pregevole, però, l’aver “costituzionalizzato” tali valori e principi, frutto del portato della preziosa e instancabile opera esegetica ed “equilibratrice” della Corte costituzionale svoltasi negli ultimi decenni.

42 Si v., in particolare – ex multis –, G. SANTINI, “Costituzione e ambiente: la riforma degli artt. 9 e 41”, in Forum di Quaderni Costituzionali, Rassegna , 25 giugno 2021, pag. 460 e s.s.

43 Con la sentenza n. 8167/2022.

44 Sul punto, si segnala la sentenza della Corte costituzionale n. 127/1990, che ben forma un giusto equilibrio tra iniziativa economica privata, inquinamento atmosferico e tutela dell’ambiente.

45 Oltre ad aver sancito la piena compatibilità dell’energia prodotta da fonti rinnovabili con il patrimonio storico, artistico a culturale, ed anzi, aver evidenziato come tale modalità di produzione e conservazione dell’ambiente, non solo non contrasta con la tutela dei beni storici e paesaggistici, ma, anzi, contribuisce alla loro piena tutela e sviluppo.

46 E, a sommesso e modesto parere dello scrivente, quantomai necessitato nell’estrema complessità odierna del reale.

47 Infatti, l’Italia risulta essere “depositaria” di ben 55 siti riconosciuti quali patrimonio dell’umanità da parte dell’Unesco, unitamente ad ulteriori 12 iscritti nella lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale.

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TAR Campania, Salerno, Sez. II, 26 giugno 2023, n.  1556 - Presidente Durante - Estensore Di Popolo – Ministero della Cultura contro Regione Campania e nei confronti di Grupotec Solar Italia 6 S.r.l.
Intercorre un nesso funzionale tra le esigenze di tutela ambientale che riguardano il reperimento di fonti energetiche alternative ed il coinvolgimento dell’iniziativa privata per la realizzazione di tale interesse di natura strategica.
Emblematica in tal senso “è la previsione normativa contenuta nell’art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, recante “Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità”, secondo cui la conformità delle istanze private ai presupposti di legge ed il corredo delle autorizzazioni necessarie implicano – ai fini della realizzazione del sistema alternativo di approvvigionamento energetico – la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza per i progetti attuativi degli interventi”: “la disposizione legislativa che determina tale coinvolgimento è, infatti, il risultato di una scelta politica programmatoria nella quale l’obiettivo di interesse generale, la realizzazione di impianti energetici alternativi, anziché essere affidato esclusivamente alla mano pubblica, viene ritenuto perseguibile attraverso l’iniziativa economica privata, quando non ostino altri interessi di carattere generale (Corte Cost., n. 267/2016)”.
Alla luce della richiamata giurisprudenza costituzionale, scolora la tesi incentrata sulla predicata primarietà (o prevalenza assoluta) dell’interesse alla tutela dei valori paesaggistici e, per converso, sulla predicata cedevolezza (o subvalenza assoluta), rispetto ad esso, degli altri interessi pubblici potenzialmente antagonistici, ivi compreso quello ambientale alla produzione energetica in termini ecosostenibili.
La produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è un’attività di interesse pubblico che contribuisce anch’essa non solo alla salvaguardia degli interessi ambientali, ma, sia pure indirettamente, anche a quella dei valori paesaggistici.

Pubblicato il 26/06/2023

N. 01556/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00695/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 695 del 2023, proposto da
Ministero della Cultura, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Salerno, domiciliataria ex lege in Salerno, corso Vittorio Emanuele, n. 58;

contro

Regione Campania, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Angelo Marzocchella, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Grupotec Solar Italia 6 s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giannalberto Mazzei, Cesare Fossati, Carlo Maria Cosmelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

del decreto dirigenziale n. 2 del 3 gennaio 2023: provvedimento autorizzatorio unico regionale ex art. 27 bis del d.lgs. n. 152/2006 per la realizzazione di un impianto fotovoltaico.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Campania e della Grupotec Solar Italia 6 s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2023 il dott. Olindo Di Popolo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;


Premesso che:

- col ricorso in epigrafe, il Ministero della Cultura (in appresso, Ministero) – Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Avellino e Salerno (in appresso, Soprintendenza di Salerno e Avellino) impugnava, chiedendone l’annullamento, previa sospensione: -- il decreto n. 2 del 3 gennaio 2023, col quale il Dirigente della Direzione Generale per il Ciclo Integrato delle Acque e dei Rifiuti, Valutazioni e Autorizzazioni Ambientali – Staff Tecnico Amministrativo – Valutazioni Ambientali della Regione Campania, in accoglimento dell’istanza presentata il 19 aprile 2021 (prot. n. 209888) dalla Grupotec Solar Italia 6 s.r.l. (in appresso, G. S. I.), aveva rilasciato il provvedimento autorizzatorio unico regionale (PAUR) ex art. 27 bis del d.lgs. n. 152/2006, in riferimento al progetto di realizzazione di un impianto fotovoltaico con potenza di picco pari a 19,64 MWp sull’area ubicata in Scampitella e Lacedonia, località Migliano, e censita in catasto al foglio 14, particelle 23, 164, 167, 263; -- il verbale del 17 novembre 2022, recante la positiva conclusione della Conferenza di servizi (CdS) decisoria ex art. 14 ter della l. n. 241/1990; -- il verbale della CdS del 28 ottobre 2022; -- il decreto n. 223 del 22 novembre 2022, col quale il Dirigente della Direzione Generale per il Ciclo Integrato delle Acque e dei Rifiuti, Valutazioni e Autorizzazioni Ambientali – Staff Tecnico Amministrativo – Valutazioni Ambientali della Regione Campania si era espresso favorevolmente in merito alla valutazione di impatto ambientale (VIA) integrata con la valutazione di incidenza (VI) del suindicato progetto;

- il progetto controverso prevedeva realizzazione di un impianto fotovoltaico “a terra” (c.d. parco fotovoltaico) con potenza di picco pari a 19,64 MWp su un’area di circa mq 310.000, nonché delle relative opere di connessione alla RTN (elettrodotto, cabine di consegna, ecc.) e di servizio (viabilità, recinzioni, ecc.), indispensabili per il suo funzionamento; più in dettaglio, prevedeva: -- l’allestimento di n. 4 sottocampi (e di altrettanti generatori) per n. 43.645 moduli fotovoltaici in silicio monocristallino infissi al suolo tramite ordinari sistemi a pressione, di n. 84 inverter per la conversione della corrente continua generata dai moduli in corrente alternata e di n. 4 trasformatori per la conversione della tensione di corrente da bassa in media, nonché l’installazione di n. 3 cabine di consegna, di n. 1 cabina di utenza e n. 1 cabina di controllo e monitoraggio; -- il tracciato del cavidotto interrato di connessione, composto da n. 3 linee elettriche e prolungantesi per circa m 5.300 fino alla cabina di consegna AT/MT di Lacedonia;

- con riferimento all’area attinta dal suindicato progetto, la Soprintendenza di Salerno e Avellino, nelle note del 10 ottobre 2022, prot. n. 21980-P, e del 21 ottobre 2022, prot. n. 23058-P (trasmesse, in relazione alle riunioni della CdS dell’11 ottobre 2022 e del 28 ottobre 2022), rappresentava la sussistenza di vincoli paesaggistici di fascia di rispetto fluviale, di ordine boschivo e di interesse archeologico ex art. 142, comma 1, lett. c, g ed m, del d.lgs. n. 42/2004, atteso che sia le fasce ripariali del torrente Calaggio, del vallone della Scafa e del vallone Migliano (classificabili anche a guisa di “aree contermini” ai sensi del d.m. 10 settembre 2010), sia la rete stradale di epoca romana risultavano attraversate dal cavidotto di collegamento del parco fotovoltaico alla cabina di consegna AT/MT di Lacedonia ed atteso che a sud ed a est del parco fotovoltaico era rinvenibile un’area boscata (parimenti classificabile anche a guisa di “area contermine” ai sensi del s.m. 10 settembre 2010);

- rilevava, altresì, che: -- le carenze della documentazione esibita dal proponente, non avevano consentito di escludere la sussistenza di “aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici”, salvaguardate dall’art. 142, comma 1, lett. h, del d.lgs. n. 42/2004; -- i ragguagli forniti dai Comun di Lacedonia e Scampitelli non erano stati sufficientemente dettagliati, essendosi limitati a segnalare che la realizzazione del cavidotto interrato sarebbe sottratta al regime abilitativo dell’autorizzazione paesaggistica, siccome riconducibili alla categoria A.15 dell’Allegato A al d.p.r. n. 31/2017; -- nell’area di intervento ricadevano masserie e/o insediamenti significativi di tradizionale architettura rurale, come il “Casone di Tullio”, un tempo adibito anche a fornace, prossimo all’area dell’impianto fotovoltaico, tanto da rientrare nelle "aree contermini" dello stesso, e la non distante “Masseria Petrilli”; -- l’impianto fotovoltaico, ubicato nelle aree interne della valle dell’Ufita, era complessivamente previsto in un contesto prettamente rurale il quale risultava essere nel suo insieme di pregio, risultando preservati i caratteri geo-morfologici originari e l’assetto agricolo del suolo, mediante colture tipiche frammezzate da aree boscate e solcate da più corsi d’acqua ed un rapporto ancora equilibrato tra il costruito ed i territori scoperti, con presenza cospicua e diffusa di immobili ed elementi di pregio archeologico (strade, tratturi, manufatti, ecc.) unitamente a quella altrettanto significativa di masserie isolate (a funzionamento per lo più autonomo) e/o dei nuclei rurali tradizionali; -- l’ambito territoriale in questione, inoltre, risultava ubicato in una zona archeologicamente importante, oggetto di frequentazione antropica dalle fasi più antiche, ed alquanto significativa per gli aspetti paesaggistici e per il pregio della viabilità storica e degli insediamenti architettonici tuttora esistenti;

- sulla scorta dei superiori rilievi, valutava, quindi, sfavorevolmente l’incidenza complessiva dell’impianto fotovoltaico sul patrimonio culturale e paesaggistico proprio del contesto territoriale di relativa localizzazione;

- ciò, segnatamente, in quanto esso: -- interferiva, anche in modo significativo, sia con le libere visuali godibili da alcuni punti percettivi sensibili della zona in considerazione dell’elevata visibilità dello stesso parco fotovoltaico dal territorio circostante e, perciò, dai relativi beni architettonici, paesaggistici ed archeologici (strade, percorsi di vario tipo, centri storici insediamenti rurali, ecc.); -- comprometteva l’immagine complessiva dell’ambito territoriale introducendo nuovi segni estranei alla caratterizzazione fisica dei luoghi caratterizzantisi paesaggisticamente per l’armonia delle componenti naturalistiche con quelle storico-archeologiche ed architettoniche; -- aveva un’eccessiva consistenza, occupando una superficie pari a circa mq 310.000, con l’aggravio dell’effetto cumulativo con gli impianti per la produzione di energia già esistenti la cui presenza avrebbe potuto essere ulteriormente incrementata da altre richieste di autorizzazione di installazione di impianti fotovoltaici e/o eolici nei luoghi (definite e/o in itinere), trattandosi di una zona dove è massiccia la presenza, soprattutto, di aerogeneratori di grande taglia ed a vasta scala (tant’è che la stessa area di intervento figurava delimitata a monte da una serie di pale eoliche collocate lungo la strada sterrata che percorre la collina in direzione est-ovest);

- nelle riunioni della CdS del 28 ottobre 2022 e del 17 novembre 2022, il Rappresentante unico delle amministrazioni statali (RUAS) si pronunciava favorevolmente sull’intervento proposto dalla G. S. I., superando il parere negativo della Soprintendenza di Salerno e Avellino;

- tanto, nel presupposto che, ai sensi dell’art. 12, comma 3 bis, del d.gs. n. 387/2003, «il parere della Soprintendenza, dovendo essere espresso nell’ambito della Conferenza di … soggiace alle specifiche norme che regolano i lavori della medesima Conferenza, artt. 14 e seguenti della legge n. 241/1990, e successive modificazioni»; e «che il medesimo parere non possa ritenersi vincolante, neanche nell’ambito delle valutazioni svolte dal RUAS», così come «confermato dalla previsione normativa di cui all’art. 14 quinquies, comma 1, della legge n. 241/1990, … con la quale anche la Soprintendenza, quale ente preposto alla tutela paesaggistico-territoriale e dei beni culturali, è ricompresa tra le amministrazioni dissenzienti che possono proporre opposizione al Presidente del Consiglio dei Ministri, avverso la determinazione motivata di conclusione della Conferenza» (verbale della CdS del 28 ottobre 2022);

- e tanto, dopo aver annotato che, «mentre la Soprintendenza è dell’avviso che la realizzazione del cavidotto interrato su strada pubblica previsto dal progetto non rientrerebbe nel punto A.15 di cui all’Allegato A del d.p.r. n. 31/2017, per i Comuni di Scampitella e Lacedonia, enti delegati al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica ai sensi della legge regionale 23 febbraio 1982, n. 10, per la realizzazione del cavidotto non è necessario il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in quanto l’intervento rientrerebbe nel punto A.15 di cui all’Allegato A del d.p.r. n. 31/2017»;

- di qui, poi, la conclusione positiva della CdS in merito all’esaminato progetto di realizzazione di un impianto fotovoltaico di potenza nominale pari a 19,64 MWp sull’area ubicata in Scampitella e Lacedonia, località Migliano, sancita dal Responsabile del procedimento nella riunione del 17 novembre 2022, previo parere favorevole sulla VIA-VI, espresso dal Rappresentante unico della Regione Campania (RURC);

- di qui, infine, l’emissione del decreto dirigenziale (D.D.) n. 2 del 3 gennaio 2023, recante il PAUR relativo al progetto anzidetto;

- nell’avversare siffatta determinazione, l’amministrazione ricorrente lamentava, in estrema sintesi, che: a) sarebbero state illegittimamente disattese le controindicazioni soprintendentizie, formulate nelle note del 10 ottobre 2022, prot. n. 21980-P, del 21 ottobre 2022, prot. n. 23058-P, dell’11 novembre 2022, prot. n. 24850-P, e del 16 novembre, prot. n. 25125-P, circa la sussistenza di vincoli paesaggistici gravanti sull’area di intervento (avuto precipuo riguardo al tracciato del cavidotto interrato), circa la localizzazione dell’impianto nelle aree ad esse contermini, circa l’esigenza dello svolgimento di indagini archeologiche preventive, circa l’interferenza con le visuali panoramiche della zona e la compromissione dell’equilibrio storico, architettonico e naturalistico del comparto territoriale di riferimento, circa la rappresentata necessità di soluzioni riduttive e mitigatorie; il che avrebbe comportato la ‘nullità strutturale’ del PAUR, il difetto assoluto di attribuzione o, comunque, la carenza di potere in concreto dell’autorità regionale promanante, stante il contrasto con l’indeclinabile e vincolante parere paesaggistico favorevole da parte della competente autorità tutoria statale, non superabile in sede di CdS tramite il meccanismo delle posizioni prevalenti, in conformità alla previsione dell’art. 26 del d.lgs. n. 42/2004 in materia di VIA inerente a beni culturali e in omaggio alla direttiva ordinamentale di primarietà dell’interesse paesaggistico, tutelato dall’art. 9 Cost., rispetto agli altri interessi pubblici concorrenti; b) in difetto di istruttoria e di motivazione, sarebbe stato precluso l’esercizio della funzione co-decisoria della competente Soprintendenza di Salerno e Avellino, nonostante la sussistenza di vincoli ex art. 142 del d.lgs. n. 42/2004 e di profili di confliggenza dell’intervento con questi ultimi (ovviabili mediante soluzioni riduttive e mitigatorie), stigmatizzata in sede di CdS dal menzionato organo periferico ministeriale, con precipuo riguardo al tracciato del cavidotto interrato, non riconducibile, per le relative caratteristiche impattanti, alla categoria A.15 dell’Allegato A al d.p.r. n. 31/2017; così come, pure in difetto di istruttoria e di motivazione, sarebbero stati pretermessi i rilievi circa le ulteriori criticità del progetto controverso, sollevati, sempre in sede di CdS, dalla medesima Soprintendenza di Salerno e Avellino, sia sotto il profilo della compatibilità paesaggistica dell’assentito parco fotovoltaico col contesto di relativa localizzazione, elettivamente rurale, archeologicamente significativo, nonché già segnato dalla presenza di altri impianti di produzione energetica, sia sotto il profilo dell’insufficienza della documentazione a corredo del progetto, quanto all’individuazione delle urbanizzazioni funzionali all’implementazione della struttura, dei vincoli paesaggistici gravanti sull’area di intervento e delle aree contermini di cui al d.m. 10 settembre 2010; e sarebbero, altresì, pretermesse le indicazioni fornite, in senso riduttivo e mitigatorio, dall’autorità tutoria statale, nell’esercizio delle proprie prerogative di dissenso costruttivo e propositivo;

- l’intimata Regione Campania si costituiva in resistenza;

- costituitasi, altresì, la controinteressata G. S. I., eccepiva l’infondatezza del gravame esperito ex adverso;

- il ricorso veniva chiamato all’udienza del 24 maggio 2023 per la trattazione dell’incidente cautelare;

- nell’udienza cautelare emergeva che la causa era matura per la decisione di merito, essendo integro il contraddittorio, completa l’istruttoria e sussistendo gli altri presupposti di legge;

- le parti venivano sentite, oltre che sulla domanda cautelare, sulla possibilità di definizione del ricorso nel merito e su tutte le questioni di fatto e di diritto che la definizione nel merito pone;

Considerato, innanzitutto, che:

- in materia di fonti energetiche rinnovabili, i principi fondamentali fissati dalla legislazione dello Stato costituiscono attuazione delle direttive comunitarie che manifestano un favor per l’allestimento di tali risorse, ponendo le condizioni per una adeguata diffusione dei relativi impianti produttivi (cfr., ex multis, Corte Cost., n. 106/2020);

- il sistema delineato nell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 è, infatti, espressivo di una norma fondamentale di principio nella materia “energia” e costituisce il punto di equilibrio tra le varie competenze, statali e regionali, che confluiscono nella disciplina della localizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili (cfr. Corte cost., n. 275/2011; n. 224/2012; n. 286/2019);

- nell’ambito di tale sistema, intercorre un nesso funzionale tra le esigenze di tutela ambientale che riguardano il reperimento di fonti energetiche alternative ed il coinvolgimento dell’iniziativa privata per la realizzazione di tale interesse di natura strategica;

- emblematica in tal senso «è la previsione normativa contenuta nell’art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, recante “Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità”, secondo cui la conformità delle istanze private ai presupposti di legge ed il corredo delle autorizzazioni necessarie implicano – ai fini della realizzazione del sistema alternativo di approvvigionamento energetico – la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza per i progetti attuativi degli interventi)»: «la disposizione legislativa che determina tale coinvolgimento è, infatti, il risultato di una scelta di politica programmatoria nella quale l’obiettivo di interesse generale, la realizzazione di impianti energetici alternativi, anziché essere affidato esclusivamente alla mano pubblica, viene ritenuto perseguibile attraverso l’iniziativa economica privata, quando non ostino altri interessi di carattere generale» (Corte Cost., n. 267/2016);

- alla luce della richiamata giurisprudenza costituzionale, scolora la tesi attorea incentrata sulla predicata primarietà (o prevalenza assoluta) dell’interesse alla tutela dei valori paesaggistici e, per converso, sulla predicata cedevolezza (o subvalenza assoluta), rispetto ad esso, degli altri interessi pubblici potenzialmente antagonistici, ivi compreso quello ambientale alla produzione energetica in termini ecosostenibili;

- ed invero, la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è un’attività di interesse pubblico che contribuisce anch’essa non solo alla salvaguardia degli interessi ambientali, ma, sia pure indirettamente, anche a quella dei valori paesaggistici (cfr., Cons. Stato, sez. VI, n. 1201/2016; sez. IV, n. 2983/2021);

Considerato, poi, che:

- ai sensi dell’art. 12, commi 3, 3 bis e 4, del d.lgs. n. 387/2003 (nella versione vigente ratione temporis): «3. La costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, ivi inclusi gli interventi, anche consistenti in demolizione di manufatti o in interventi di ripristino ambientale, occorrenti per la riqualificazione delle aree di insediamento degli impianti, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle province delegate dalla regione, ovvero, per impianti con potenza termica installata pari o superiore ai 300 MW, dal Ministero dello sviluppo economico, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico. A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla Regione o dal Ministero dello sviluppo economico entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione … 3 bis. Il Ministero della cultura partecipa al procedimento unico ai sensi del presente articolo in relazione ai progetti aventi ad oggetto impianti alimentati da fonti rinnovabili, comprese le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli stessi impianti, localizzati in aree sottoposte a tutela, anche in itinere, ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonché nelle aree contermini ai beni sottoposti a tutela ai sensi del medesimo decreto legislativo. 4. L'autorizzazione di cui al comma 3 è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni. Il rilascio dell'autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercire l'impianto in conformità al progetto approvato e deve contenere l'obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell'impianto o, per gli impianti idroelettrici, l'obbligo alla esecuzione di misure di reinserimento e recupero ambientale …»;

- ai sensi dell’art. 27 bis, comma 7, del d.lgs. n. 152/2006, dal quale è retto il qui impugnato PAUR: «… l'autorità competente convoca una conferenza di servizi alla quale partecipano il proponente e tutte le amministrazioni competenti o comunque potenzialmente interessate per il rilascio del provvedimento di VIA e dei titoli abilitativi necessari alla realizzazione e all'esercizio del progetto richiesti dal proponente. La conferenza di servizi è convocata in modalità sincrona e si svolge ai sensi dell'articolo 14 ter della legge 7 agosto 1990, n. 241. Il termine di conclusione della conferenza di servizi è di novanta giorni decorrenti dalla data della prima riunione. La determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi costituisce il provvedimento autorizzatorio unico regionale e comprende, recandone l’indicazione esplicita, il provvedimento di VIA e i titoli abilitativi rilasciati per la realizzazione e l’esercizio del progetto. Nel caso in cui il rilascio di titoli abilitativi settoriali sia compreso nell’ambito di un’autorizzazione unica, le amministrazioni competenti per i singoli atti di assenso partecipano alla conferenza e l’autorizzazione unica confluisce nel provvedimento autorizzatorio unico regionale» (cfr. anche “Indirizzi operativi e procedurali per lo svolgimento della valutazione di impatto ambientale in Regione Campania”, approvati con delibera della Giunta regionale della Campania n. 680 del 7 novembre 2017, recante “Recepimento delle disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale di cui al d.lgs. n. 104/2017 e prime misure organizzative”);

- a tenore del paragrafo 14.6 e 9, delle “Linee guida per il procedimento di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 per l'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio di impianti di produzione di elettricità da fonti rinnovabili nonché linee guida tecniche per gli impianti stessi” (in appresso, “Linee guida”), approvate con d.m. 10 settembre 2010: «6. Entro trenta giorni dal ricevimento dell'istanza, l'amministrazione convoca la conferenza dei servizi che si svolge con le modalità di cui agli articoli 14 e seguenti della legge 241 del 1990 e successive modificazioni ed integrazioni. (…). 9. In attuazione dei principi di integrazione e di azione preventiva in materia ambientale e paesaggistica, il Ministero per i beni e le attività culturali partecipa: a) al procedimento per l'autorizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili localizzati in aree sottoposte a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e smi. recante Codice dei beni culturali e del paesaggio; b) nell'ambito dell'istruttoria di valutazione di impatto ambientale, qualora prescritta per gli impianti eolici con potenza nominale maggiore di 1 MW, anche qualora l'impianto non ricada in area sottoposta a tutela ai sensi del citato decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; c) al procedimento per l'autorizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili localizzati in aree contermini a quelle sottoposte a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante il codice dei beni culturali e del paesaggio; in queste ipotesi il Ministero esercita unicamente in quella sede i poteri previsti dall'articolo 152 di detto decreto; si considerano localizzati in aree contermini gli impianti eolici ricadenti nell'ambito distanziale di cui al punto b del paragrafo 3.1. e al punto e del paragrafo 3.2 dell'allegato 4; per gli altri impianti l'ambito distanziale viene calcolato, con le stesse modalità dei predetti paragrafi, sulla base della massima altezza da terra dell’impianto; d) nei casi in cui, a seguito della comunicazione di cui al punto 13.3, la Soprintendenza verifichi che l'impianto ricade in aree interessate da procedimenti di tutela ovvero da procedure di accertamento della sussistenza di beni archeologici in itinere alla data di presentazione dell'istanza di autorizzazione unica»;

- dal combinato disposto delle norme dianzi riportate si evince l’articolazione di un procedimento improntato a canoni di semplificazione e concentrazione, che si conclude con l’adozione del PAUR all’esito di una CdS decisoria comprendente sia la determinazione di VIA (eventualmente integrata dalla VI) sia gli ulteriori titoli abilitativi necessari alla realizzazione ed all’esercizio del progetto proposto;

- tanto premesso, è incontestabile che il procedimento de quo debba transitare per il modulo della CdS (espressamente richiamato sia dall’art. 12, comma 3, del d.lgs. n. 387/2003 sia dall’art. 27 bis, comma 7, del d.lgs. n. 152/2006) e debba soggiacere alla disciplina dettata dall’art. 14 ter della l. n. 241/1990 (espressamente richiamato dall’art. 27 bis, comma 7, del d.lgs. n. 152/2006);

- in particolare, il citato art. 14 ter della l. n. 241/1990, nella versione vigente ratione temporis (a seguito della sostituzione operata dall’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 127/2016), stabilisce, ai commi 4 e 7, che: «4. Ove alla Conferenza partecipino anche amministrazioni non statali, le amministrazioni statali sono rappresentate da un unico soggetto abilitato ad esprimere definitivamente in modo univoco e vincolante la posizione di tutte le predette amministrazioni, nominato, anche preventivamente per determinate materie o determinati periodi di tempo, dal Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, ove si tratti soltanto di amministrazioni periferiche, dal Prefetto. Ferma restando l'attribuzione del potere di rappresentanza al suddetto soggetto, le singole amministrazioni statali possono comunque intervenire ai lavori della conferenza in funzione di supporto. Le amministrazioni di cui all'articolo 14 quinquies, comma 1, prima della conclusione dei lavori della conferenza, possono esprimere al suddetto rappresentante il proprio dissenso ai fini di cui allo stesso comma. (…). 7. All'esito dell'ultima riunione, e comunque non oltre il termine di cui al comma 2, l'amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione della Conferenza, con gli effetti di cui all'articolo 14 quater, sulla base delle posizioni prevalenti espresse dalle amministrazioni partecipanti alla Conferenza tramite i rispettivi rappresentanti. Si considera acquisito l'assenso senza condizioni delle amministrazioni il cui rappresentante non abbia partecipato alle riunioni ovvero, pur partecipandovi, non abbia espresso ai sensi del comma 3 la propria posizione, ovvero abbia espresso un dissenso non motivato o riferito a questioni che non costituiscono oggetto della Conferenza»;

- il successivo art. 14 quater, pure nella versione vigente ratione temporis (a seguito della sostituzione operata dall’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 127/2016), stabilisce, poi, ai commi 1-3, che: «1. La determinazione motivata di conclusione della Conferenza, adottata dall'amministrazione procedente all'esito della stessa, sostituisce a ogni effetto tutti gli atti di assenso, comunque denominati, di competenza delle amministrazioni e dei gestori di beni o servizi pubblici interessati. 2. Le amministrazioni i cui atti sono sostituiti dalla determinazione motivata di conclusione della Conferenza possono sollecitare con congrua motivazione l'amministrazione procedente ad assumere, previa indizione di una nuova Conferenza, determinazioni in via di autotutela ai sensi dell'articolo 21 nonies. Possono altresì sollecitarla, purché abbiano partecipato, anche per il tramite del rappresentante di cui ai commi 4 e 5 dell'articolo 14 ter, alla Conferenza di servizi o si siano espresse nei termini, ad assumere determinazioni in via di autotutela ai sensi dell'articolo 21 quinquies. 3. In caso di approvazione unanime, la determinazione di cui al comma 1 è immediatamente efficace. In caso di approvazione sulla base delle posizioni prevalenti, l'efficacia della determinazione è sospesa ove siano stati espressi dissensi qualificati ai sensi dell'articolo 14 quinquies e per il periodo utile all'esperimento dei rimedi ivi previsti»;

- il successivo art. 14 quinquies, sempre nella versione vigente ratione temporis (a seguito della sostituzione operata dall’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 127/2016), stabilisce, infine, ai commi 1, 4 e 6, che: «1. Avverso la determinazione motivata di conclusione della conferenza, entro 10 giorni dalla sua comunicazione, le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute e della pubblica incolumità dei cittadini possono proporre opposizione al Presidente del Consiglio dei ministri a condizione che abbiano espresso in modo inequivoco il proprio motivato dissenso prima della conclusione dei lavori della conferenza. Per le amministrazioni statali l'opposizione è proposta dal Ministro competente. (…). 4. La Presidenza del Consiglio dei ministri indice, per una data non posteriore al quindicesimo giorno successivo alla ricezione dell'opposizione, una riunione con la partecipazione delle amministrazioni che hanno espresso il dissenso e delle altre amministrazioni che hanno partecipato alla conferenza. In tale riunione i partecipanti formulano proposte, in attuazione del principio di leale collaborazione, per l'individuazione di una soluzione condivisa, che sostituisca la determinazione motivata di conclusione della conferenza con i medesimi effetti. (…). 6. Qualora all'esito delle riunioni di cui ai commi 4 e 5 sia raggiunta un'intesa tra le amministrazioni partecipanti, l'amministrazione procedente adotta una nuova determinazione motivata di conclusione della conferenza. Qualora all'esito delle suddette riunioni, e comunque non oltre quindici giorni dallo svolgimento della riunione, l'intesa non sia raggiunta, la questione è rimessa al Consiglio dei ministri. La questione è posta, di norma, all'ordine del giorno della prima riunione del Consiglio dei ministri successiva alla scadenza del termine per raggiungere l'intesa. Alla riunione del Consiglio dei ministri possono partecipare i Presidenti delle regioni o delle province autonome interessate. Qualora il Consiglio dei ministri non accolga l'opposizione, la determinazione motivata di conclusione della conferenza acquisisce definitivamente efficacia. Il Consiglio dei ministri può accogliere parzialmente l'opposizione, modificando di conseguenza il contenuto della determinazione di conclusione della conferenza, anche in considerazione degli esiti delle riunioni di cui ai commi 4 e 5»;

- prima della novella introdotta dall’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 127/2016, l’art. 14 quater, comma 3, stabiliva, nella sua previgente, che: «Al di fuori dei casi di cui all'articolo 117, ottavo comma, della Costituzione, e delle infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale, di cui alla parte seconda, titolo terzo, capo quarto del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, nonché dei casi di localizzazione delle opere di interesse statale, ove venga espresso motivato dissenso da parte di un'amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, la questione, in attuazione e nel rispetto del principio di leale collaborazione e dell'articolo 120 della Costituzione, è rimessa dall'amministrazione procedente alla deliberazione del Consiglio dei Ministri, che ha natura di atto di alta amministrazione. Il Consiglio dei Ministri si pronuncia entro sessanta giorni, previa intesa con la Regione o le Regioni e le Province autonome interessate, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali, ovvero previa intesa con la Regione e gli enti locali interessati, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali, motivando un'eventuale decisione in contrasto con il motivato dissenso. Se l'intesa non è raggiunta entro trenta giorni, la deliberazione del Consiglio dei ministri può essere comunque adottata …»;

- in altri termini, in base al regime pro tempore vigente, il dissenso qualificato manifestato in CdS dall’autorità preposta alla tutela di interessi sensibili – tra cui quelli paesaggistici, presidiati dalla Soprintendenza di Salerno e Avellino – non comporta la devoluzione del processo decisionale al Consiglio dei Ministri – come avveniva in base al regime previgente –, ma forma unicamente oggetto della valutazione ponderale delle posizioni prevalenti espresse dalle amministrazioni partecipanti tramite i rispettivi rappresentanti, preordinata all’adozione della determinazione conclusiva, che potrà essere eventualmente opposta dinanzi alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (ovvero – come, appunto, nella specie – direttamente impugnata in sede giurisdizionale) dall’autorità dissenziente, preposta alla tutela di interessi sensibili;

- si tratta di una regola dal contenuto flessibile, che consente di valutare in concreto, in ragione della natura degli interessi coinvolti, l’importanza dell’apporto delle singole autorità e la tipologia degli eventuali dissensi; laddove tali contributi non costituiscono espressione di un potere provvedimentale, ma di un potere valutativo, esercitato in vista di un confronto dialettico, che concorre, per quanto di competenza della singola partecipante, a formare il giudizio complessivo posto a fondamento del provvedimento conclusivo;

- a siffatta regola di azione è improntata anche la CdS ex art. 27 bis del d.lgs. n. 152/2006, finalizzata al rilascio del PAUR, la quale ha natura decisoria, svolgendosi proprio con le modalità di cui all’art. 14 ter della l. n. 241/1990, e sostituendo a tutti gli effetti ogni autorizzazione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti: la previsione di un simile strumento mira, infatti, a favorire le iniziative volte alla realizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, semplificando il procedimento autorizzativo e concentrando in un’unica sede l’apporto valutativo di tutte le amministrazioni interessate;

- in tale prospettiva, il pronunciamento negativo di un’autorità preposta alla tutela di un interesse sensibile non produce – come detto –, in ragione della mera natura qualificata di quest’ultimo, l’effetto di impedire in radice la valutazione ponderale e discrezionale delle posizioni prevalenti espresse dalle amministrazioni partecipanti e, quindi, l’eventuale conclusione positiva della CdS, ma assolve la funzione di patrocinio dei peculiari beni presidiati dall’autorità promanante e, di conseguenza, rimane, in ogni caso, assoggettato a detta valutazione ponderale e discrezionale;

- in questo senso, TAR Lazio, Roma, sez. V, n. 11870/2022 ha osservato che «il parere negativo opposto da una delle amministrazioni partecipanti, ancorché tenuta a manifestare un parere vincolante, non può produrre l'effetto di impedire la prosecuzione del procedimento, svolgendo semplicemente la funzione di rappresentazione degli interessi di cui detta amministrazione è portatrice, comunque rimessi alla valutazione discrezionale finale dell'autorità decidente, la quale rimane libera di recepire o meno quanto osservato nel parere (cfr. anche Cass., sez. un., 1° febbraio 2021, n. 2155) … in altri termini, anche in presenza di pareri negativi l'amministrazione procedente può, sulla scorta di una valutazione discrezionale delle posizioni prevalenti, addivenire ad una determinazione conclusiva dell'iter autorizzativo di segno positivo, rimanendo la stessa libera di recepire o meno quanto espresso dalle amministrazioni in sede di Conferenza di servizi … pertanto, il parere negativo espresso dal Ministero della Cultura non potrebbe impedire l’adozione del provvedimento di autorizzazione, laddove l’amministrazione procedente compia una valutazione discrezionale favorevole all’approvazione del progetto»;

- un simile approccio ermeneutico risulta, peraltro, corroborato dal trend legislativo invalso in sede di disciplina della transizione ecologica e dell’accelerazione del procedimento ambientale e paesaggistico, laddove, all’art. 30, comma 2, del d.l. n. 77/2021 (“Governance del Piano nazionale di rilancio e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snelli-mento delle procedure”), conv. in l. n. 108/2021, si è prevista, con specifico riferimento ai nei procedimenti abilitativi in Conferenza di servizi relativi a impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, nonché in linea con la disposizione dell’art. 12, comma 3 bis, del d.lgs. n. 387/2003, una sostanziale compressione delle prerogative interdittive esercitabili dall’autorità statale preposta alla tutela paesaggistica («Nei procedimenti di autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, localizzati in aree contermini a quelle sottoposte a tutela paesaggistica, il Ministero della cultura si esprime nell’ambito della conferenza di servizi con parere obbligatorio non vincolante. Decorso inutilmente il termine per l’espressione del parere da parte del Ministero della cultura, l’amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione. In tutti i casi di cui al presente comma, il rappresentante del Ministero della cultura non può attivare i rimedi per le amministrazioni dissenzienti di cui all’articolo 14 -quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241»);

- tutto ciò, dunque, a ripudio del propugnato dogma della primarietà assoluta degli interessi sensibili, segnatamente di ordine paesaggistico, e della speculare recessività assoluta degli altri interessi con essi potenzialmente confliggenti, vieppiù, allorquando questi ultimi ricevano dall’ordinamento un livello di valorizzazione e protezione non inferiore rispetto ai primi;

- al riguardo, Cons. Stato, sez. VI, n. 8167/2022 ha statuito che: «Negli ordinamenti democratici e pluralisti si richiede un continuo e vicendevole bilanciamento tra princìpi e diritti fondamentali, senza pretese di assolutezza per nessuno di essi. Così come per i ‘diritti’ (sentenza della Corte costituzionale n. 85 del 2013), anche per gli ‘interessi’ di rango costituzionale (vieppiù quando assegnati alla cura di corpi amministrativi diversi) va ribadito che a nessuno di essi la Carta garantisce una prevalenza assoluta sugli altri. La loro tutela deve essere “sistemica” e perseguita in un rapporto di integrazione reciproca. La primarietà di valori come la tutela del patrimonio culturale o dell’ambiente implica che gli stessi non possono essere interamente sacrificati al cospetto di altri interessi (ancorché costituzionalmente tutelati) e che di essi si tenga necessariamente conto nei complessi processi decisionali pubblici, ma non ne legittima una concezione ‘totalizzante’ come fossero posti alla sommità di un ordine gerarchico assoluto. Il punto di equilibrio, necessariamente mobile e dinamico, deve essere ricercato – dal legislatore nella statuizione delle norme, dall’amministrazione in sede procedimentale, e dal giudice in sede di controllo – secondo principi di proporzionalità e di ragionevolezza. Nel caso di specie, il principio di proporzionalità appare violato, non nella componente della idoneità (al raggiungimento dell’obiettivo prefissato) o della necessarietà (ravvisabile quando non sia disponibile nessun altro mezzo egualmente efficace, ma meno incidente nella sfera giuridica del destinatario), bensì della ‘proporzionalità in senso stretto’. L’ultimo gradino del test di proporzionalità, come è noto, implica che una misura adottata dai pubblici poteri non debba mai essere tale da gravare in maniera eccessiva sul titolare dell’interesse contrapposto, così da risultargli un peso intollerabile. Ebbene, se paragoniamo l’obiettivo perseguito dalla Soprintendenza … ed il mezzo utilizzato ‒ il radicale svuotamento delle possibilità d’uso alternativo del territorio, soprattutto ai fini della produzione di energia eolica ‒ appare evidente quanto sia sbilanciata la ponderazione effettuata. L’interesse pubblico alla tutela del patrimonio culturale non ha, nel caso concreto, il peso e l’urgenza per sacrificare interamente l’interesse ambientale indifferibile della transizione ecologica, la quale comporta la trasformazione del sistema produttivo in un modello più sostenibile che renda meno dannosi per l’ambiente la produzione di energia, la produzione industriale e, in generale, lo stile di vita delle persone. La posizione ‘totalizzante’ così espressa dall’amministrazione dei beni culturali si pone in contrasto con l’indirizzo politico europeo (Direttiva CEE n. 2001/77) e nazionale (d.lgs. 29 dicembre 2003 n. 387) che riconosce agli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili importanza fondamentale, dichiarandoli opere di pubblico interesse proprio ai fini di tutela dell’ambiente: l’art. 12, comma 7, del d.lgs. 29 dicembre 2003 n. 387, in particolare, sancisce la compatibilità degli impianti eolici con le zone agricole, stabilendo che nella loro ubicazione si deve tenere conto “delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale”)»;

Considerato, altresì, che:

- non vale a dequotare i superiori approdi, il tenore dell’art. 26, comma 2, del d.lgs. n. 42/2004, dal quale, a dire di parte ricorrente, dovrebbe inferirsi che il dissenso ministeriale in materia paesaggistica imporrebbe indefettibilmente la conclusione negativa del procedimento di VIA;

- in particolare, la norma richiamata stabilisce, al comma 1, che «per i progetti da sottoporre a valutazione di impatto ambientale, il Ministero si esprime ai sensi della disciplina di cui agli articoli da 23 a 27 bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152» e, al comma 2, che, «qualora prima dell'adozione del provvedimento di valutazione di impatto ambientale risulti che il progetto non è in alcun modo compatibile con le esigenze di protezione dei beni culturali sui quali esso è destinato ad incidere, il Ministero si pronuncia negativamente e, in tal caso, il procedimento di valutazione di impatto ambientale si conclude negativamente»;

- ebbene, la tesi attorea si infrange contro un triplice ordine di obiezioni; e cioè: a) in primis, già a livello sistematico, il citato art. 26 figura collocato nella Parte II del Codice dei beni culturali e del paesaggio, che disciplina i “beni culturali”, mentre i “beni paesaggistici” – quali, appunto, quelli nel caso in esame presidiati dalla Soprintendenza di Salerno e Avellino – sono regolati dalla successiva Parte III; b) inoltre, sul piano letterale, e in omaggio al canone ermeneutico “ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit”, posto che il patrimonio culturale è ripartito dall’art. 2 del d.lgs. n. 42/2004 in “beni culturali” e “beni paesaggistici”, il comma 2 del medesimo art. 26 è da intendersi riferito ai soli progetti incidenti sui “beni culturali”, e non anche ai non menzionati “beni paesaggistici”, laddove ricollega portata preclusiva al pronunciamento ministeriale di irrimediabile incompatibilità «con le esigenze di protezione dei beni culturali», e non anche con le esigenze di protezione dei “beni paesaggistici”; c) infine dal punto di vista logico, se, in base al comma 1, quando si tratta di valutare l’impatto ambientale, il Ministero della Cultura dovrebbe agire in conformità alla disciplina di cui agli artt. 23-27 bis del d.lgs. n. 152/2006, la quale postula bensì l’espressione del parere di competenza, ma senza attribuire ad esso alcun carattere di prevalenza rispetto a quello espresso in campo ambientale, non si comprenderebbe perché, in base al comma 2, il parere del Ministero della Cultura assurga a vero e proprio veto generalizzato (anche al di fuori del perimetro dei “beni culturali” in senso stretto);

- a suffragio della linea interpretativa dianzi tracciata, militano, altresì, le seguenti argomentazioni, elargite da TAR Calabria, Reggio Calabria, n. 624/2020: «Se ci si attestasse solo all'art. 26 …. ne deriverebbe che al MIBAC spetta un potere decisorio di "blocco" in materia di VIA nei casi in cui il progetto incida sui beni culturali e paesaggistici in modo incompatibile con la loro tutela, a prescindere dall'indizione della conferenza dei servizi decisoria che … resta pur sempre al centro della complessa procedura di valutazione di impatto ambientale. Il potere del MIBAC di determinare la conclusione, in senso negativo, della VIA (art. 26, comma 2, del d.lgs. n. 42/2004), che si traduce praticamente in un potere di arresto della realizzazione dell'opera progettata, è invero bilanciato da due disposizioni in materia di procedimento amministrativo che sono di applicazione generalizzata a tutti i settori di attività in cui è previsto il potere di intervento di più amministrazioni pubbliche. La prima è la Conferenza dei servizi, perché l'art. 27 bis, comma 7, del d.lgs. n. 152/2006, richiamato dallo stesso art. 26, prevede per le procedure di VIA di competenza regionale il ricorso obbligatorio alla conferenza decisoria (art. 14 ter l. n. 241/90), convocata in modalità "sincrona", a cui si applicano tutte le disposizioni in materia di determinazioni conclusive della conferenza stessa (artt. 14 quater e 14 quinquies). Nel caso di pronuncia negativa degli organi del MIBAC, tali procedure non si arrestano necessariamente, potendosi concludere con una decisione positiva, assunta in base all'orientamento prevalente ed opponibile dal Ministero davanti al Presidente del Consiglio dei Ministri»;

- «In altri termini – soggiunge, nella medesima direzione, TAR Sicilia, Catania, sez. I, n. 2732/2022 – … ai sensi dell'art. 27 bis d.lgs. n. 152/2006, la sola sede in cui la Soprintendenza poteva manifestare la valutazione di sua competenza era quella della Conferenza di servizi secondo le dinamiche collaborative proprie dello strumento di semplificazione procedimentale previsto dalla legge, conseguendone pertanto l'illegittimità del parere espresso dalla stessa nell'ambito di una fase "preistruttoria" ossia prima e al di fuori di detta sede (per identica soluzione con riferimento all'art. 12 del d.lgs. 29 dicembre 2003 n. 387: cfr. TAR Basilicata, Potenza, 17 gennaio 2015, n. 54; cfr. anche Cons. Stato, sez. V, n. 6273/2018, secondo cui il parere negativo espresso al di fuori della conferenza è illegittimo "per incompetenza alla stregua di un atto adottato da un'Autorità priva di potere in materia"). Ciò è a maggior ragione vero nella fattispecie … in cui l'area … non risulta sottoposta a vincoli archeologici o culturali e pertanto la pronuncia negativa … non poteva avere valenza di arresto procedimentale, ma doveva confluire nella conferenza dei servizi ed essere vagliata dagli organi competenti nella ponderazione con tutti gli interessi coinvolti nella procedura»;

Considerato, quindi, che, alla luce di quanto sopra, i provvedimenti impugnati sono da reputarsi immuni dai denunciati vizi di nullità strutturale, di difetto assoluto di attribuzione e di carenza di potere in concreto;

Considerato, ancora, che neppure è ravvisabile il lamentato deficit istruttorio e motivazionale per le ragioni illustrate in appresso:

- la conclusione positiva della CdS, la determinazione in materia di VIA-VI e l’adozione del PAUR, ad essa susseguenti, si fondano sulla ravvisata prevalenza delle posizioni favorevoli sintetizzate dal RUAS (sulla scorta dei pareri del Comando dei Vigili del Fuoco di Avellino prot. n. 9710 del 20 maggio 2021, del Comando Marittimo Sud di Taranto – MARSUD prot. n. 17735 del 28 maggio 2021, dell’Esercito Italiano – Comando Forze Operative Sud – Ufficio Affari Generali prot. n. 123499 del 20 settembre 2022, dell’Aeronautica Militare – Comando Scuole dell’A.M. – III Regione Aerea – Ufficio Territorio e Patrimonio prot. n. M_D ABA001 REG2022 0035936 del 27 luglio 2022, del Ministero dello Sviluppo Economico – Direzione Generale per le Attività Territoriali – Ispettorato Territoriale della Campania prot. n. 133919 del 28 settembre 2022) e dal RUAR (sulla scorta della VIA-VI favorevolmente esitata dalla Direzione Generale STAFF – Valutazioni Ambientali, dei pareri favorevoli della Direzione Generale per lo Sviluppo economico e le Attività produttive – UOD Energia, efficientamento e risparmio energetico, Green Economy e Bioeconomia e della Direzione Generale Lavori Pubblici e Protezione Civile – UOD Genio Civile di Ariano Irpino), nonché espresse dai Comuni di Scampitella e Lacedonia e dagli svariati organi ed enti coinvolti nel complesso iter abilitativo inerente al progetto de quo (cfr. note dell’ANAS s.p.a. prot. n. 505752 del 6 agosto 2021; prot. n. 476295 dell’8 luglio 2022, prot. n. 623202 del 12 settembre 2022, prot. n. 656853 del 26 settembre 2022, prot. n. 698278 del 10 ottobre 2022, prot. n. 25015 del 19 ottobre 2022 e prot. n. 769038 dell’8 novembre 2022; nota della Direzione Generale per le Politiche agricole, alimentari e forestali della Regione Campania – UOD Servizio Territoriale Provinciale di Avellino prot. n. 431175 del 31 agosto 2021; nota della Direzione Generale Lavori Pubblici e Protezione Civile della Regione Campania – UOD Genio Civile di Ariano Irpino prot. n. 329481 del 24 giugno 2022; nota della Direzione Generale per la Difesa del Suolo e l'Ecosistema della Regione Campania – UOD Gestione delle risorse naturali protette – Tutela e salvaguardia dell’habitat marino e costiero – Parchi e riserve naturali prot. n. 489778 del 6 ottobre 2022; nota dell’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Meridionale prot. n. 21279 del 4 agosto 2022);

- come statuito da Cons. Stato, sez. VI, n. 2983/2021, nell’ambito dell’iter ex artt. 12 del d.lgs. n. 387/2003, 27 bis del d.lgs. n. 152/2006 e 14 ter della l. n. 241/1990, «il giudizio di compatibilità con i valori paesaggistico-territoriali», formulato dall’amministrazione procedente in via di sintesi delle posizioni espresse in sede di CdS, «rappresenta una scelta tecnico-discrezionale che, ancorché opinabile, non può essere per ciò solo sindacata in sede giurisdizionale. Le scelte tecnico-valutative in materia di tutela del bene culturale, discendenti dall’applicazione di cognizioni tecnico-scientifiche proprie di settori caratterizzati da ampi margini di opinabilità, sono infatti sindacabili, in sede giudiziale, esclusivamente sotto i profili della logicità, coerenza e completezza della valutazione, eventualmente anche sotto l’aspetto della correttezza del criterio tecnico e del procedimento applicativo prescelto, fermo restando il limite della relatività delle valutazioni scientifiche. In sede di giurisdizione di legittimità può essere pertanto censurata la sola valutazione che si ponga al di fuori dell’ambito di opinabilità, poiché diversamente il sindacato giudiziale diverrebbe sostitutivo di quello dell’amministrazione attraverso la sovrapposizione di una valutazione alternativa, parimenti opinabile (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 30 novembre 2018, n. 6819). Nella fattispecie, il Ministero … non ha indicato parametri obiettivamente apprezzabili alla stregua dei quali la scelta operata dalla Regione si presti ad essere valutata come manifestamente illogica o irragionevole. Anche la “subvalenza” attribuita alla posizione di dissenso (assoluta e radicale) espressa dalla Soprintendenza, non abbisognava, a ben vedere, di una specifica motivazione. La determinazione conclusiva ed il rilascio dell’autorizzazione unica sono infatti il frutto … di “una valutazione più ampia degli interessi coinvolti”, e, segnatamente, del bilanciamento tra tutela del territorio e il particolare favor riconosciuto alle fonti energetiche rinnovabili dalla disciplina interna e sovranazionale. Deve infatti convenirsi con le parti resistenti che il giudizio di prevalenza non è stato effettuato dalla Regione rispetto ad un mero interesse economico, bensì con riferimento all’interesse pubblico alla realizzazione degli impianti FER»;

- pertanto, il superamento operato dalla procedente Regione Campania – sulla scorta della valutazione tecnico-discrezionale dei concorrenti interessi in gioco, demandatale dall’art. dell’art. 14 ter, comma 7, della l. n. 241/1990 – rispetto al dissenso manifestato dalla Soprintendenza di Salerno e Avellino in merito al progetto proposto dalla G. S. I. risulta insindacabile da questo adito giudice amministrativo, dal momento che non sono ravvisabili, nella specie, macroscopici vizi di illogicità, incoerenza o erroneità, all’orbita propria di questi ultimi non essendo riconducibili il rilievo di ravvisata sussistenza di vincoli paesaggistici sull’area di intervento né le opinabili argomentazioni di incompatibilità articolate dal menzionato organo periferico ministeriale, ritenute subvalenti rispetto agli obiettivi di approvvigionamento energetico da fonti rinnovabili;

Considerato, in ogni caso, che:

- con specifico riguardo ai rilevati vincoli di fascia di rispetto fluviale e di interesse archeologico ex art. 142, comma 1, lett. c ed m, del d.lgs. n. 42/2004, la circostanza che le fasce ripariali del torrente Calaggio, del vallone della Scafa e del vallone Migliano e la rete stradale di epoca romana siano attraversate dal cavidotto di collegamento del parco fotovoltaico alla cabina di consegna AT/MT di Lacedonia non è, in ogni caso, da reputarsi preclusiva dal punto di vista paesaggistico;

- ciò, in quanto – come correttamente illustrato dai Comuni di Scampitella e Lacedonia nelle note del 19 ottobre 2022, prot. n. 5051, e del 21 ottobre 2022, prot. n. 7108 – l’infrastruttura de qua, siccome interrata, deve intendersi riconducibile alla categoria A.15 (“fatte salve le disposizioni di tutela dei beni archeologici nonché le eventuali specifiche prescrizioni paesaggistiche relative alle aree di interesse archeologico di cui all'art. 142, comma 1, lettera m, del Codice, la realizzazione e manutenzione di interventi nel sottosuolo che non comportino la modifica permanente della morfologia del terreno e che non incidano sugli assetti vegetazionali, quali: volumi completamente interrati senza opere in soprasuolo; condotte forzate e reti irrigue, pozzi ed opere di presa e prelievo da falda senza manufatti emergenti in soprasuolo; impianti geotermici al servizio di singoli edifici; serbatoi, cisterne e manufatti consimili nel sottosuolo; tratti di canalizzazioni, tubazioni o cavi interrati per le reti di distribuzione locale di servizi di pubblico interesse o di fognatura senza realizzazione di nuovi manufatti emergenti in soprasuolo o dal piano di campagna; l'allaccio alle infrastrutture a rete”) dell’Allegato A (“Interventi ed opere in aree vincolate esclusi dall'autorizzazione paesaggistica”) al d.p.r. n. 31/2017 e, come tale, sottratta al regime abilitativo dell’autorizzazione paesaggistica;

- trattasi, cioè, di opera, di opera esulante – per la sua ridotta e marginale incidenza sull’assetto territoriale – dal perimetro del sistema co-decisorio asseritamente frustrato dai provvedimenti impugnati, il quale, a tenore del paragrafo 2 della stessa circolare ministeriale applicativa n. 42 del 21 luglio 2017 (prot. n. 21322), richiamata da parte ricorrente a suffragio delle proprie tesi, si rende applicabile alle tipologie di interventi di cui all’Allegato B (“Elenco interventi di lieve entità soggetti a procedimento autorizzatorio semplificato”);

- come illustrato dalla medesima circolare ministeriale applicativa n. 42 del 21 luglio 2017, «è evidente che l’intento del legislatore è quello di agevolare l’attività pubblica e privata eliminando le procedure amministrative per quegli interventi per nulla o scarsamente percepibili dal punto di vista paesaggistico e di semplificarle per quelli di lieve entità e, dunque, con impatto paesaggistico basso … pertanto, se gli interventi previsti nell’allegato B sono di lieve entità e per essi si può procedere con un’autorizzazione semplificata, si evince, da un’immediata deduzione logica, che a maggior ragione devono esserlo – e anzi, quanto a entità, in una misura ancora minore – quelli previsti nell’allegato A, visto che possono essere realizzati senza alcuna autorizzazione»;

- come, inoltre, efficacemente dedotto dalla controinteressata, se, a norma dell’art. 36, comma 3 bis, del d.l. n. 77/2021, «si considerano compresi tra gli interventi di cui alla lettera A.15 dell’allegato A annesso al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2017, n. 31, anche i cavi interrati per il trasporto dell’energia elettrica facenti parte della rete di trasmissione nazionale alle medesime condizioni previste per le reti di distribuzione locale», non si intenderebbe perché non potessero considerarsi tali anche i cavi interrati per il trasporto dell’energia elettrica facenti parte della rete di distribuzione;

- non senza soggiungere, quanto, segnatamente, alla ritenuta rilevanza archeologica del sito, che il tenore della nota soprintendentizia del 10 ottobre 2022, prot. n. 21980-P, si presenta, sul punto, del tutto congetturale ed esplorativo («Questo Ufficio – recita l’atto in parola – … subordina qualunque eventuale autorizzazione all’opera a farsi, ai risultati delle indagini archeologiche preventive, la cui metodologia, standard di documentazione, collocazione e tempi andranno condivisi e concordati con il funzionario responsabile di zona, al fine di verificare la stratigrafia archeologica e la presenza di eventuali preesistenze … Qualora nel corso dei saggi si intercettassero strutture e/o depositi archeologici, la Soprintendenza si riserva, ai fini della tutela archeologica, di richiedere ulteriori approfondimenti, anche in estensione, al fine di verificare l’entità e lo sviluppo planimetrico delle evidenze individuate, e, se necessario, di richiedere particolari misure di protezione e restauro delle strutture individuate e di esprimersi con successivo provvedimento»);

- peraltro, anche a voler postulare, per mera ipotesi, l’assoggettamento del tracciato del cavidotto interrato al regime dell’autorizzazione paesaggistica, tramite la valutazione soprintendentizia rifluita nella sintesi ponderata delle plurime posizioni espresse in sede di CdS sarebbe da reputarsi, comunque, esercitato il potere tutorio in subiecta materia, in conformità allo speciale paradigma enucleato dall’art. 12, comma 3 bis, del d.lgs. n. 387/2003 («Il Ministero della cultura partecipa al procedimento unico ai sensi del presente articolo in relazione ai progetti aventi ad oggetto impianti alimentati da fonti rinnovabili, comprese le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli stessi impianti, localizzati in aree sottoposte a tutela, anche in itinere, ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonché nelle aree contermini ai beni sottoposti a tutela ai sensi del medesimo decreto legislativo»), tenuto conto che, in omaggio ai canoni ordinamentali basici di celerità, economicità, semplificazione ed efficienza dell’agere amministrativo, cui è elettivamente ispirato l’adottato modulo procedimentale ex art. 14 ter della l. n. 241/1990, le autorità partecipanti erano chiamate a pronunciarsi anche sotto tale profilo;

- con specifico riguardo, poi, ai prefigurati vincoli di ordine boschivo e di salvaguardia delle università agrarie e degli usi civici ex art. 142, comma 1, lett. g ed h, del d.lgs. n. 42/2004, asseritamente gravanti (non già sul tracciato del cavidotto interrato, bensì) sull’area di localizzazione del progettato parco fotovoltaico, osserva il Collegio che, a fronte della rappresentazione negativa contenuta nell’elaborato VIA 4 – “Inquadramento vincolistico”, a cura della G. S. I., essi non trovano sufficiente riscontro probatorio nelle produzioni documentali fornite sia in sede procedimentale sia in sede processuale dall’amministrazione ministeriale ricorrente;

- con specifico riguardo, infine, alle rilevate “aree contermini”, fermo restando che, ai sensi del paragrafo 14.9, lett. c, delle “Linee guida” di cui al d.m. 10 settembre 2010, i poteri esercitabili dall’autorità ministeriale sono soltanto quelli prescrittivi ex art. 152 del d.lgs. n. 42/2004, non risulta dimostrato dall’amministrazione ricorrente se sussistano, nella specie, le condizioni distanziali previste dai precedenti paragrafi 3.1 e 3.2, lett. e;

- non solo: a norma dell’art. 30, comma 2, del d.l. n. 77/2021 (vigente ratione temporis), «nei procedimenti di autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, localizzati in aree contermini a quelle sottoposte a tutela paesaggistica, il Ministero della Cultura si esprime nell'ambito della conferenza di servizi con parere obbligatorio non vincolante»;

- in realtà, a dispetto delle proposizioni attoree, nel parere favorevole di VIA-VI allegata al verbale della CdS del 28 ottobre 2022, i profili di compatibilità paesaggistico-archeologica dell’intervento autorizzato col contesto territoriale di riferimento sono stati così analiticamente illustrati in sede di ricognizione dello Studio di impatto ambientale: «Nel paragrafo 7.8 dell’elaborato sono state riportate le analisi sviluppate in relazione agli impatti producibili sul paesaggio. Si riporta, in premessa, che per quanto attiene alle infrastrutture connesse alla produzione di energia elettrica, la maggior parte degli studi inerenti gli impatti paesaggistici è stata declinata sul comparto eolico mentre sono limitati i documenti dedicati ai grandi impianti fotovoltaici (che, per dimensioni fisiche, occupano comunque grandi superfici e rappresentano una forma di trasformazione del territorio, ancorché reversibile). Nel paragrafo si rappresenta che a livello locale le comunità percepiscono le installazioni come impattanti sulle risorse e limitative della qualità della vita e, seppure tali giudizi non trovano sempre riscontro negli studi effettuati, è vero che, rispetto alle fonti fossili, le superfici necessarie per la generazione di energia da fonti rinnovabili necessita, a parità di potenza, di superfici decisamente più significative e, pertanto, l’analisi dell’inter-visibilità e degli impatti paesaggistici costituiscono elementi degni di grande attenzione. Inoltre, è prevedibile che le superfici destinate a produzione, conversione, stoccaggio e trasporto delle energie rinnovabili sono destinate rapidamente a crescere al punto da divenire un utilizzo piuttosto comune delle terre già nel prossimo futuro. Con riferimento a tale tendenza evolutiva, si rappresenta nel paragrafo che “Con la moltiplicazione dei grandi impianti di produzione energetica da fonte rinnovabile è andata via via delineandosi una nuova forma di paesaggio definibile come “paesaggio energetico” (i.e. Energy landscapes – Blaschke et al., 2013; Stremke, 2014) identificato con il neologismo “Energyscapes” (Howard et al., 2013) che integra l’insieme delle combinazioni spazio-temporali della domanda e dell’offerta energetica all’interno di un paesaggio”. Per quanto concerne la qualità del paesaggio, si rappresenta nell’elaborato come “il contesto di riferimento presenta, su mesoscala, i tratti somatici di un paesaggio fortemente influenzato dall’uso agroenergetico e dalla geomorfologia del territorio, in un’alternanza di pieni e vuoti, di bosco e campagna, di selvaggio e di civiltà a spessore variabile: dalla selva inviolata al paesaggio tecnologico il cui filo conduttore sembra votato al reciproco rispetto” e come, in questo contesto, “l’impianto oggetto del presente studio - per forme, dimensioni e colori - si propone a ragionevole rafforzamento della componente agro-energetica”. Si evidenzia, tuttavia, come, al fine di contenere il disturbo percettivo diurno, al fine di una miglior integrazione ambientale di contesto, è stata prevista la realizzazione di interventi di miglioramento boschivo dell’area boscata percorsa da incendi ubicata a sud dell’impianto. Nel paragrafo si opera poi un rimando allo specifico studio, comprensivo di fotosimulazioni, condotto al fine di verificare – dai principali punti di osservazione – eventuali ambiti di maggior impatto paesaggistico. Nelle conclusioni riportate nel paragrafo si rappresenta che tra tutte le risorse territoriali la componente scenico-percettiva del paesaggio è l’unica che presenta una certa vulnerabilità puntuale per effetto della collocazione dei pannelli (anche tenuto conto della morfologia collinare del sito) e che, in proposito, tenuto conto dell’analisi dei margini visivi, l’aspetto percettivo verrà in gran parte mitigato attraverso il miglioramento boschivo dell’area boscata percorsa da incendi presente a sud dell’impianto cui è attribuibile funzione di filtro visivo per i ricettori sensibili di prossimità (veicoli di passaggio sull’autostrada A16 Napoli – Canosa e gran parte dei principali punti di osservazione identificati). Nel paragrafo 7.9 dell’elaborato sono state riportate le analisi sviluppate in relazione agli impatti producibili sulle componenti archeologiche e artistico – culturali. Si riporta nel paragrafo che lo studio archeologico preliminare a firma di tecnico abilitato, costituente elaborato trasmesso unitamente all’istanza presentata, ha permesso di evidenziare come, sebbene le aree di intervento si collochino all’interno di un quadro archeologico sensibile, in cui sono segnalate diverse aree di dispersione di materiali fittili, compatibili con la presenza di impianti rustico-residenziali, appare evidente come l’area direttamente interessata sia sempre stata a destinazione d’uso agricola ed in essa la meccanizzazione può aver contribuito all’intercettazione e alla dispersione/distruzione di possibili reperti. Nel paragrafo si evidenzia come, nondimeno, come forma di attenuazione del rischio è prevista l’esecuzione di sopralluoghi e ricognizioni puntuali finalizzate all’esecuzione di indagini archeologiche preventive propedeutiche alla fase esecutiva»;

- sul piano elettivamente ambientale, strettamente connesso con quello paesaggistico, si è, quindi, considerato che: «sono state previste numerose misure di mitigazione e compensazione degli impatti ambientali producibili: l’opera è stata concepita senza l’uso di materiali cementizi e/o bituminosi (fatto salvo per i soli basamenti dei trasformatori che saranno comunque rimossi a fine vita); le aree di percorrenza interne all’impianto saranno oggetto di scotico preventivo, con accantonamento del terreno vegetale per il successivo riposizionamento, e gli inerti in ingresso saranno separati dal suolo attraverso un geo-tessuto che ne semplificherà anche la rimozione a fine vita; la recinzione perimetrale sarà mascherata da piantumazioni di specie autoctone lungo l'intero suo sviluppo perimetrale e sarà sollevata dal suolo al fine di consentire il passaggio della fauna di piccola e media taglia al fine di consentirne la libera circolazione; durante tutta la vita utile dell’impianto non saranno utilizzate sostanze di origine sintetica (neppure in relazione al mantenimento del verde ed alla pulizia dei pannelli); non è previsto prelievo diretto di volumi d’acqua dagli acquiferi (superficiali o profondi) né per l’effettuazione di eventuali irrigazioni di soccorso, né per il lavaggio dei pannelli; il funzionamento dell’impianto non comporterà la produzione di emissioni acustiche, luminose (fatta salva l’illuminazione automatica di emergenza), inquinanti, polverose o climalteranti; il rischio di sversamenti accidentali sarà ridotto attraverso l’adozione delle comuni buone pratiche di cantiere; i materiali di risulta e gli imballaggi saranno trattati nel rispetto delle leggi in materia, con separazione tra rifiuti riciclabili e non riciclabili; l’esecuzione dei lavori sarà limitata ai soli orari diurni, nel rispetto della legislazione vigente, secondo principi di minor disagio possibile per la popolazione; sono previsti il mantenimento stabile di un prato polifita sull'intera superficie di impianto (in connessione al quale, la sospensione delle lavorazioni agrarie e la sospensione dell’uso di prodotti chimici quali fitofarmaci, pesticidi e concimanti/ammendanti chimici consentiranno al suolo un lungo periodo di riposo utile al re-innesco di dinamiche ecologiche), la realizzazione di interventi di miglioramento dell’area boscata percorsa da incendi posta a sud dell’impianto, la creazione di un'area naturaliforme su di una superficie ubicata a nord-est dell'area di impianto, il mantenimento di alcune zone libere all’interno dell’area di installazione del campo fotovoltaico in cui si procederà alla creazione di microhabitat per le specie faunistiche ed il coinvolgimento di partner locali per la messa a punto di un impianto di apicoltura in prossimità dell'area di impianto»;

Considerato, infine, che:

- il Ministero della Cultura non può fondatamente dolersi dell’asserita obliterazione delle indicazioni fornite, in senso riduttivo e mitigatorio, dal proprio organo periferico, nell’esercizio delle relative prerogative di dissenso costruttivo e propositivo;

- ed invero, sulle indicazioni in parola ha fatto premio l’apprezzamento sintetico-globale compiuto, nell’esercizio del sotteso potere tecnico-discrezionale, dalla procedente amministrazione regionale, anche alla luce delle suindicate soluzioni mitigatorie, apportate dalla G. S. I. nel corso del procedimento autorizzatorio;

Ritenuto, in conclusione, che:

- stante la sua acclarata infondatezza, il ricorso in epigrafe deve essere respinto;

- la complessità della vicenda controversa giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2023 con l'intervento dei magistrati:

Nicola Durante, Presidente

Olindo Di Popolo, Consigliere, Estensore

Laura Zoppo, Referendario