TAR Toscana Sez. II n.1611 del 8 novembre 2016
Ambiente in genere. Estinzione delle contravvenzioni in materia ambientale e prescrizioni impartite con ordinanza del Sindaco

L’articolo 1, comma 9, della legge 68/2015 ha introdotto nel corpo del d.lgs. 152/06 la parte sesta bis ponendo una nuova disciplina per l’estinzione delle contravvenzioni in materia ambientale, basata sull’adempimento alle prescrizioni impartite dalla Polizia Giudiziaria con l’asseverazione dell’ente specializzato nella materia (art. 318 ter, d.lgs. 152/06).la procedura non è applicabile con riferimento all'ordinanza comunale con la quale il Sindaco, al di fuori dell’esercizio di funzioni di polizia giudiziaria, ha impartito prescrizioni che sono indipendenti dall’accertamento dell’illecito, e dettate unicamente dall’intento di tutelare il territorio comunale. Il verbale di polizia giudiziaria costituisce presupposto del provvedimento sindacale impugnato, ma quest’ultimo non detta prescrizioni per estinguere l’illecito ed è stato emanato nell’esercizio di un potere sindacale autonomo che, si ripete, non è riconducibile alle funzioni di polizia giudiziaria, ma a quelle proprie del Sindaco relativamente alla tutela del territori comunale, indipendentemente dall’estinzione dell’illecito accertato.



Pubblicato il 08/11/2016

N. 01611/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00319/2016 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 319 del 2016, proposto da:
Società Podere San Luigi Azienda Agricola s.r.l. in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Elena Cirri C.F. CRRLNE67H42D612H e Stella Rossi C.F. RSSSLL81B41D786I, con domicilio eletto presso la prima in Firenze, borgo Pinti, 80;

contro

il Comune di Subbiano in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Domenico Iaria C.F. RIADNC57T21G702C, con domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via dei Rondinelli 2;
l’Agenzia Regionale Protezione Ambientale della Toscana – A.R.P.A.T. in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Fabio Ciari C.F. CRIFBA64H23H222G, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legale della Regione Toscana in Firenze, piazza dell'Unità Italiana, 1;

per l'annullamento

- dell'ordinanza n. 3/2015/A a firma del Sindaco del Comune di Subbiano, notificata con raccomandata a. r. del 19 dicembre 2015 e successivamente pervenuta, avente ad oggetto "Podere San Luigi Azienda Agricola s.r.l. - ordinanza ai sensi dell'articolo 192 del Decreto Legislativo 3 aprile 2006 n. 152" nonché degli atti ad essa presupposti, consequenziali e comunque connessi, ed in particolare dei seguenti atti richiamati nelle premesse dell'impugnata ordinanza n. 3/2015/A:

- verbale di sopralluogo ambientale n. 427/2015 del 10 luglio 2015 a firma di personale ARPAT- Dipartimento di Arezzo e della Polizia Municipale di Subbiano;

- verbale di annotazione delle attività di Polizia Giudiziaria del 28 agosto 2015 relativo al sopralluogo effettuato in data 10 luglio 2015 da personale ARPAT - Dipartimento di Arezzo e della Polizia Municipale di Subbiano (non conosciuto dalla ricorrente);

- verbale di prescrizioni n. 3/2015 in data 21 agosto 2015 emesso da ARPAT- Dipartimento di Arezzo;

- verbale di sopralluogo ambientale n. 514 del 27 ottobre 2015 di ARPAT - Dipartimento di Arezzo;

- nota ARPAT - Dipartimento di Arezzo assunta al protocollo del Comune di Subbiano in data 11 dicembre 2015 prot. 11901 con allegato rapporto fotografico del verbale 514/2015 del 27 ottobre 2015;

- nota ARPAT - Dipartimento di Arezzo assunta al protocollo del Comune di Subbiano in data 18 dicembre 2015 prot. 12126.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Subbiano e dell’Agenzia Regionale Protezione Ambientale della Toscana – A.R.P.A.T;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 ottobre 2016 il dott. Alessandro Cacciari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il 10 luglio 2015 alcuni agenti dell’Agenzia Regionale Protezione Ambientale della Toscana (nel seguito: “ARPAT”) e della Polizia Municipale del Comune di Subbiano hanno effettuato un sopralluogo presso l’impianto per la produzione di energia elettrica a mezzo di biomassa dell’Azienda ricorrente, al fine di verificare il rispetto delle prescrizioni stabilite con la precedente ordinanza comunale 17 giugno 2013, n. 7. A seguito del sopralluogo ARPAT ha poi notificato all’Azienda stessa il verbale 21 agosto 2015, n. 3, con cui veniva riscontrato l’abbandono e il deposito incontrollato di rifiuti costituiti da residui di materiale insilato non avente più le caratteristiche di quello destinato ad alimentare l’impianto aziendale. Il provvedimento prescriveva di smaltire il materiale e di presentare misure atte ad evitarne il trascinamento da parte delle acque pluviali, per garantire la protezione delle acque di falda e superficiali.

E’ quindi seguita l’emanazione dell’ordinanza sindacale 19 dicembre 2015, n. 3/2015/A, con la quale, a fronte dell’asserito inadempimento alle suddette prescrizioni, il Sindaco del Comune di Subbiano ha ordinato di recuperare e rimuovere la biomassa sparsa sui piazzali e sulle scarpate per avviarla a smaltimento, e di cessare il conferimento di materia prima sulle superfici che non offrono garanzie in ordine alla dispersione dei rifiuti nel suolo e nelle acque superficiali. Il Sindaco, con la richiamata ordinanza, ha anche disposto di presentare un piano di investigazione sull’integrità del suolo dove sono stati stoccati i materiali e, se necessario, un piano di ripristino. L’ordinanza, unitamente ai presupposti verbali di ARPAT, è stata impugnata con il presente ricorso, notificato il 18 febbraio 2016 e depositato il 2 marzo 2016, per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.

Si sono costituiti ARPAT e il Comune di Subbiano chiedendo il rigetto del ricorso.

Con ordinanza 16 marzo 2016, n. 132, è stata parzialmente accolta la domanda cautelare.

All’udienza del 5 ottobre 2016 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. La controversia in esame riguarda la legittimità dell’epigrafata ordinanza sindacale.

1.1 La ricorrente, con primo motivo di gravame, contesta che il materiale riscontrato da ARPAT e dalla Polizia Municipale possa essere qualificato come rifiuto. Essa gestisce infatti un impianto di produzione di energia elettrica a biogas e in base all’art. 185, comma 1, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, il materiale utilizzato per la produzione di energia da biomassa non rientra nel campo di applicazione della parte quarta del medesimo decreto e, pertanto, esulerebbe dalla disciplina applicabile alla gestione dei rifiuti. Nel caso in esame l’Amministrazione avrebbe errato nel qualificare come rifiuti i prodotti cerealicoli, sminuzzati e trinciati, riscontrati in prossimità dei “silo-bag” destinati allo stoccaggio, tanto più che si tratterebbe di una modica quantità di biomassa costituita da prodotti vegetali non trattati chimicamente. Non sarebbe nemmeno dimostrata la pericolosità del materiale reperito, il quale sarebbe accidentalmente caduto al suolo durante le operazioni di stoccaggio e avrebbe valore economico, sicché non potrebbe comunque essere qualificato come materiale inutile di cui il detentore abbia l’intenzione di disfarsi, ex art. 183, comma 1, lett. a) del d.lgs. 152/2006.

Gli atti istruttori poi non darebbero atto della presenza di cumuli o quantitativi consistenti di biomassa sparsa.

La ricorrente contesta inoltre il rilievo di cui al verbale del 28 agosto 2015 e trascritto nell’ordinanza impugnata, secondo il quale i piazzali sarebbero adibiti ad aree di deposito e non avrebbero più destinazione ad uso agricolo. Il Comune avrebbe infatti assentito al loro uso, non avendo comunicato motivi ostativi nei trenta giorni successivi al deposito della P.A.S. n. 7/2014 presentata per la realizzare l’impianto di produzione di energia elettrica. In base alla Legge della Regione Toscana 10 novembre 2014, n. 64, sarebbe riconosciuta destinazione agricola ad ogni struttura realizzata a servizio dell’attività che svolge l’imprenditore agricolo in ambito rurale.

Con secondo motivo la ricorrente lamenta che, avendo disposto di cessare il conferimento di materia prima sulle superfici che non offrono garanzie in ordine alla dispersione dei rifiuti nel suolo e nelle acque superficiali e di presentare un piano di investigazione sull’integrità del suolo stesso, il Sindaco avrebbe esorbitato dalle proprie competenze. Tale potere atterrebbe infatti alla bonifica e al ripristino ambientale, materia che ai sensi degli agli articoli 242 e 244 del d.lgs. 152/2006, sarebbe di competenza provinciale. Il Sindaco, ai sensi dell’art. 192, comma 3, d.lgs. 152/2006, avrebbe solo il potere di disporre con ordinanza il recupero e lo smaltimento dei rifiuti. In ogni caso, la competenza in questione spetterebbe alla dirigenza e non ad un organo politico.

Con terzo motivo si duole che il provvedimento impugnato non sia stato assistito da un’istruttoria sufficiente.

1.2 ARPAT eccepisce difetto di giurisdizione poiché in materia ambientale, con legge 22 maggio 2015, n. 68, è stata introdotta la procedura di estinzione con riferimento a determinati reati contravvenzionali, e l’ordinanza sindacale impugnata si inserirebbe in un meccanismo destinato ad eliminare le conseguenze dannose derivanti dalla violazione accertata, accompagnato dall’effetto estintivo del reato.

Nel merito replica alle deduzioni della ricorrente sottolineando, quanto al primo motivo, che se è vero che i materiali agricoli utilizzati per produrre energia sono esclusi dalla disciplina sui rifiuti, l’esclusione vale fintantoché vengono utilizzati per produrre energia e non già quando siano stati abbandonati, come sarebbe avvenuto nel caso di specie. Non si tratterebbe di quantitativi minimi come dedotto dalla ricorrente e sarebbero stati rinvenuti tre soli silo-bag all’interno dell’impianto, il che smentirebbe la sua tesi secondo la quale si tratterebbe di materiale derivante dalle operazioni di insilamento. Le trasformazioni del terreno operate dalla ricorrente renderebbero evidente la circostanza che i materiali rinvenuti non erano funzionali a fertilizzare i piazzali: il terreno infatti è stato compattato con l’apporto di materiali sabbiosi e detriti rocciosi, con ciò facendo venir meno la sua natura agricola.

Il potere sindacale troverebbe fonte nell’art. 192 del d.lgs. 152/2006 e contesta il difetto di istruttoria dedotto.

1.3 La difesa comunale eccepisce inammissibilità del ricorso in quanto solo nel febbraio 2016 sono stati impugnati i provvedimenti amministrativi lesivi e presupposti all’ordinanza sindacale, i quali sono stati comunicati alla ricorrente fin dall'agosto 2015 con il verbale di prescrizioni n. 3/2015 di ARPAT, notificato il 24-25 agosto 2015. L'ordinanza oggi impugnata, relativamente alla qualificazione dei detriti riscontrati sui piazzali di stoccaggio quale rifiuto, troverebbe presupposto nel predetto verbale di accertamento.

Nel merito replica puntualmente alle deduzioni della ricorrente, evidenziando in particolare che presupposto per la non configurabilità della nozione di rifiuto è la circostanza che i materiali di provenienza agricola (tra cui il digestato ex art. 185, comma 1, lett.f) utilizzato negli impianti per la produzione di energia da biomassa “non danneggiano l'ambiente né mettono in pericolo la salute umana.”. Dal rapporto ISPRA in atti, e già dal provvedimento contenente prescrizioni di ARPAT dell'agosto 2015, emergerebbe invece l'esatto contrario. Sarebbe inapplicabile alla fattispecie il disposto di cui al soprarichiamato art. 185, comma 1, lett. f) del d. lgs. 152/2006 in quanto risulterebbe configurabile, attesi i numerosi controlli effettuati dal 2013 ad oggi, un evidente danno all'ambiente derivante dal percolato e dal relativo ruscellamento nei corsi d'acqua limitrofi all'azienda ricorrente.

3. La trattazione deve logicamente prendere le mosse dall’esame delle eccezioni preliminari formulate dalle resistenti, tra le quali riveste carattere prioritario quella di difetto di giurisdizione. L’eccezione deve essere respinta.

L’articolo 1, comma 9, della legge 68/2015 ha introdotto nel corpo del d.lgs. 152/06 la parte sesta bis ponendo una nuova disciplina per l’estinzione delle contravvenzioni in materia ambientale, basata sull’adempimento alle prescrizioni impartite dalla Polizia Giudiziaria con l’asseverazione dell’ente specializzato nella materia (art. 318 ter, d.lgs. 152/06). Il richiamo della difesa di ARPAT a questa normativa è corretto in linea astratta, ma inconferente nel caso concreto ove si discute della legittimità dell’epigrafata ordinanza comunale con la quale il Sindaco, al di fuori dell’esercizio di funzioni di polizia giudiziaria, ha impartito prescrizioni che sono indipendenti dall’accertamento dell’illecito, e dettate unicamente dall’intento di tutelare il territorio comunale. Il verbale di polizia giudiziaria costituisce presupposto del provvedimento sindacale impugnato, ma quest’ultimo non detta prescrizioni per estinguere l’illecito ed è stato emanato nell’esercizio di un potere sindacale autonomo che, si ripete, non è riconducibile alle funzioni di polizia giudiziaria, come correttamente replica la difesa della ricorrente, ma a quelle proprie del Sindaco relativamente alla tutela del territori comunale, indipendentemente dall’estinzione dell’illecito accertato.

Deve conseguentemente essere respinta anche l’eccezione formulata dalla difesa comunale poiché se il verbale di ARPAT n. 3/2015 è stato assunto quale presupposto per l’emanazione dell’ordinanza impugnata, l’emanazione di questa è conseguita ad una valutazione dei fatti e del pubblico interesse svolta in modo autonomo e con una specifica istruttoria. L’ordinanza de qua non era conseguenza ineluttabile di tale verbale, che segnava l’inizio del procedimento contravvenzionale ma nulla diceva in ordine ai poteri che avrebbero potuto essere esercitati dal Sindaco.

4. Nel merito il ricorso è parzialmente fondato, nei termini che seguono.

4.1 Il primo e il terzo motivo devono essere respinti poiché, come si evince dalla documentazione fotografica dei rilievi svolti da ARPAT e allegata al verbale n. 427 del sopralluogo effettuato il 10 luglio 2015, il materiale si presentava in stato di abbandono e non era stoccato per l’alimentazione della centrale a biomasse. Le foto 7 e 8, contrariamente a quanto dedotto nel ricorso, mostrano la presenza di notevoli quantità di insilato; due foto entrambe numerate con il numero 9 mostrano l’una, residui di insilato sulla scarpata sovrastante il torrente Riomaggio; l’altra, un silobag squarciato con dispersione del materiale sul terreno in notevole quantità, materiale che, ove avesse rivestito interesse per la ricorrente, questa si sarebbe affrettata a raccogliere e conservare.

Non è poi contestata la circostanza che nell’impianto siano stati reperiti solo tre silobag, e la dispersione di materiale in tale quantità non sarebbe potuta derivare accidentalmente da operazioni di insilamento con riferimento a tra soli silobag.

Non appare quindi credibile la tesi sostenuta dalla ricorrente, secondo la quale durante i sopralluoghi sarebbe stata riscontrata una modica quantità di materiale, caduta accidentalmente durante l’inserimento nei contenitori silobag; lo stato dei luoghi mostra invece che trattasi di rifiuti abbandonati come sostenuto nell’ordinanza impugnata e nel rapporto di ARPAT. Il materiale de quo risulta abbandonato sul terreno, e ciò evidenzia l’intenzione della ricorrente di disfarsene e correttamente, quindi, il Sindaco, nell’esercizio delle proprie competenze di cui all’art. 192, comma 3, d.lgs. 152/2006, ha impartito l’ordine di rimuoverlo.

Quanto qui dedotto appare sufficiente ad escludere la sussistenza di vizi nell’istruttoria condotta dalle Amministrazioni intimate, con conseguente reiezione per infondatezza anche del terzo motivo di ricorso.

Quanto poi alla destinazione, agricola o meno, dei piazzali è inconferente il richiamo, contenuto nel ricorso, alla P.A.S. n. 7/2014 poiché la ricorrente in tal modo dà per dimostrato ciò che invece è in discussione, ovvero che il terreno non sia stato trasformato e sia (ancora) adibito ad attività rientranti tra quelle agricole. Non è però contestata l’affermazione di ARPAT, che il terreno è stato compattato con l’apporto di materiali sabbiosi e detriti rocciosi facendo venir meno la possibilità di utilizzarlo a fini agricoli, e la circostanza deve quindi ritenersi acquisita ex art. 64, comma 2, c.p.a. I piazzali risultano adibiti ad aree di deposito ed è così venuta meno la loro destinazione ad uso agricolo, come correttamente sostenuto dalle Amministrazioni intimate.

4.2 Il secondo motivo è invece fondato poiché l’articolo 192 del d.gs. 152/06 attribuisce al Sindaco unicamente il potere di dettare le operazioni necessarie per la rimozione, l’avvio a recupero e lo smaltimento dei rifiuti ed il ripristino dello stato dei luoghi. Nel caso di specie l’ordinanza sindacale ha travalicato detti limiti laddove ha disposto anche altri adempimenti (punti 2 e 3 del provvedimento impugnato), e in particolare di presentare un piano di investigazione sull’integrità del suolo dove sono stati stoccati i materiali nonché, se necessario, anche un piano di ripristino. Trattasi di adempimenti che rientrano nell’attività di bonifica e ripristino ambientale, materia che esula dalle competenze sindacali come correttamente lamenta la ricorrente,

5. In conclusione il ricorso deve essere parzialmente accolto, nei termini e limiti suddetti, e per l’effetto l’ordinanza n. 3/2015/A del Sindaco del Comune di Subbiano deve essere annullata nei punti 2) e 3).

La ricorrente è condannata al pagamento delle spese processuali, nella misura di € 3.000,00 (tremila/00), a favore di ARPAT; spese compensate con il Comune di Subbiano in ragione della reciproca soccombenza.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie parzialmente nei sensi e limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla i punti 2) e 3) dell'ordinanza n. 3/2015/A del Sindaco del Comune di Subbiano.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali nella misura di € 3.000,00 (tremila/00) a favore dell’Agenzia Regionale Protezione Ambientale della Toscana; spese compensate con il Comune di Subbiano.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 5 ottobre 2016 con l'intervento dei magistrati:

Saverio Romano, Presidente

Luigi Viola, Consigliere

Alessandro Cacciari, Consigliere, Estensore

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Alessandro Cacciari        Saverio Romano