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Cass. Sez. III sent.15556 del 31 marzo 2006 (ud. 21 febbraio 2006)
Pres. Lupo Est. Ianniello Ric. Davito
Aria – Emissione di odori e applicabilità dell’articolo 674 c.p.

La percezione di un determinato odore costituisce il risultato della liberazione da una determinata materia (nella fattispecie, deiezioni animali) di prodotti volatili, come tali percepibili anche all’olfatto e definibili, secondo il linguaggio comune, anche come gas. Nel reato di cui all’articolo 674 c.p. il superamento del limite di normale tollerabilità delle emissioni può desumersi anche dal carattere abusivo dell’attività da cui origina l’emissione, dalle reiterate denunce e segnalazioni da parte dei vicini e dai ripetuti accertamenti dell’autorità preposta ai controlli.

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Svolgimento del processo

Con sentenza del 25 febbraio 2005, il G.I.P. presso il Tribunale di Tori­no, a seguito di opposizione a decreto penale di condanna e successivo giudizio abbreviato, ha condannato Giovanni Pietro Davito Bava alla pena di euro 200,00 di ammenda, riconoscendolo colpevole del reato di cui all'art. 674 c.p., per avere provocato, quale proprietario di fabbricati e manufatti adibiti abusivamente (per mancanza del parere igienico sanitario favorevole a tale uso, del resto non consentito dalle norme urbanistiche e quindi a seguito di un unilaterale cambio di destinazione d'uso dei bassi fabbricati di sua proprietà, senza concessione edilizia e situati in zona che non ammette la destinazione rurale) all'allevamento e al ricovero di bovini, l'emissione di gas dall'odore di stallatico, prodotto dallo stallaggio degli animali e dal deposito delle loro deiezioni, in luoghi privati ma di comune o di altrui uso, vale a dire nei vani scale e nei locali di civile abitazione delle case limitrofe, site in strada Ponte Picca n. l, Case Pioletti nn. 4, 5, 6 e l7 nei Comune di Corio (TO), molestando e offendendo gli occupanti di tali abitazioni. Dal l988 al 4 febbraio 2002.

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l'imputato personalmente, deducendo l’erronea applicazione dell'art. 674 c.p., per aver ricondotto l'odore di stallatico alla nozione di gas, vapori e fumo, considerati dalla norma incriminatrice.

Deduce inoltre che il giudice ha errato nei ritenere che il reato in questione sia ipotizzabile anche quando le emissioni non superino i limiti di normale tollerabilità, non motivando in ordine alla intensità dell'odore; infatti la norma richiede che le emissioni avvengano in ispregio alla normativa vigente. Del resto anche art. 844 c.c. parla di superamento della normale tollerabilità e non di qualsiasi immissione di fumo, calore etc., per cui il diritto penale non potrebbe considerare più gravemente fatti che per il diritto civile non costituiscono illecito.

Con un ulteriore motivo di ricorso, la difesa dell'imputato censura la sentenza impugnata per la motivazione ritenuta apparente in ordine alla penale responsabilità dell’imputato, affermata sulla base di mere ipotesi non sufficientemente riscontrate.

Con memoria contenente motivi nuovi ai sensi dell'art. 585, comma 4°, c.p.p., la difesa dell'imputato sviluppa ulteriormente gli argomenti svolti a sostegno delle censure mosse alla sentenza impugnata.

 

Motivi della decisione

Il ricorso non appare fondato.

Con un primo motivo la difesa del ricorrente censura l'equiparazione fatta dalla sentenza impugnata tra odore di stallatico e gas, al fine di ricondurre le emissioni del primo alla fattispecie di cui alla seconda parte dell'art. 674 c.p., riferita esclusivamente alle emissioni di gas, vapori e fumo atti a creare molestia alle persone.

Al riguardo, va ricordato che la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. 14 gennaio 2000 n. 407) riconduce l'emissione di odori molesti alla fat­tispecie considerata. Del resto, la percezione di un determinate odore costituisce il risultato della liberazione da una determinata materia (nel caso in esame le deiezioni animali) di prodotti volatili, come tali percepibili anche all'olfatto e definibili, secondo il linguaggio comune, anche come gas.

Con un secondo e un terzo motivo, il ricorrente lamenta la mancata mo­tivazione della sentenza impugnata quanto al superamento della normale tollerabilità degli odori denunciati e quanto alla valutazione delle prove poste a ba­se dell'affermazione della colpevolezza dell'imputato.

In proposito va premesso che il reato in esame costituisce un reato di pericolo, essendo sufficiente per la sua realizzazione l’attitudine dell'emissione di gas etc. ad offendere o molestare le persone (Cass. 21 marzo 1998 n. 3531), laddove per molestia deve intendersi la situazione di disturbo della tranquillità e della quiete, con impatto negativo sulle normali attività della persona (Cass. 22 gennaio 1996 n. 678).

L'antigiuridicità penale dell'emissione molesta consegue poi al fatto che questa avvenga "nei casi non consentiti dalla legge".

Al riguardo, costituisce giurisprudenza da ultimo prevalente di questa Corte, quantomeno a partire dal 2000, l'affermazione secondo la quale laddove esistano precisi limiti tabellari di tollerabilità delle emissioni (come nel caso della normativa speciale in materia ambientale, con riferimento all’inquinamento atmosferico, a quello idrico o a quello elettromagnetico), si presumono consentite quelle che abbiano le caratteristiche qualitative e quan­titative ammesse dal legislatore speciale; nel caso invece in cui non esista una specifica valutazione normativa operata preventivamente, la valutazione di tollerabilità consentita andrà operata alla luce dei principi che ispirano le specifiche leggi di settore (Cass. 18 giugno 2004 n. 38297).

Sul piano considerato, questa Corte ha affermato, per quanto qui interessa, che il parametro di legalità in parola deve individuarsi nel contenuto del provvedimento amministrativo di autorizzazione all'esercizio di una determinata attività e nei casi in cui non sia richiesta l'autorizzazione, si deve aver ri­guardo al criterio della stretta tollerabilità e non a quello della normale tollera­bilità di cui all'art. 844 cod. civ. (Cass. 26 maggio 2005 n. l9898), anch'esso comunque condizionato, come quello della normale tollerabilità, dalla situazione ambientale e dalle altre circostanze che caratterizzano l’emissione mole­sta.

Nel caso in esame, risulta dalla sentenza impugnata che l'attività esercitata dall'imputato e che ha dato luogo all'emissione contestata (ricovero di bovini) era abusiva, per difetto del parere igienico sanitario favorevole a tale uso e soprattutto perchè esclusa dalle norme urbanistiche.

Il che può non significare ancora che si tratti di attività il cui divieto incida direttamente anche agli effetti considerati dall'art. 674 c.p., ma costituisce comunque circostanza idonea ad evidenziare che nella località in questione l’attitudine offensiva di emissioni derivanti dall’allevamento e ricovero di animali deve ritenersi massima, proprio perchè la disciplina della zona non ammette destinazioni rurali, con le connesse possibili emissioni moleste.

Risulta inoltre dalla sentenza che da anni alcuni cittadini residenti in abitazioni vicine al luogo in cui l'imputato svolgeva attività di allevamento del bestiame avevano segnalato al Comune e alla locale A.S.L. la presenza di tale allevamento recante disturbo alla quiete pubblica per la presenza di insetti e odori di stallatico.

A seguito di un ultimo esposto, la A.S.L. n. 6 aveva effettuato due sopralluoghi, rilevando in una delle due occasioni la presenza degli animali nei locali di proprietà dell’imputato e riferendo che dall’allevamento si sprigionava un odore di stallatico facilmente percepibile anche dai fabbricati limitrofi ubicati a pochi metri di distanza.

La sentenza omette effettivamente, come rilevato dal ricorrente, di precisare se le emissioni determinavano una molestia esorbitante i limiti di tollerabilità e non esamina alcune testimonianze riferite dalla difesa a sostegno del mancato superamento di tale limite.

Peraltro, a giudizio del collegio, l'avvenuto superamento del limite può agevolmente essere desunto proprio da tutte le circostanze evidenziate dalla sentenza e sopra riferite, dal carattere abusivo delle attività da cui originava l'emissione di odori, alle reiterate denunce e segnalazioni da parte dei vicini di casa e fino agli accertamenti compiuti dalla A.S.L. di Ciriè; mentre, a fronte delle circostanze rilevate, è stato implicitamente ritenuto dal giudice di merito non significativo di un disturbo solo occasionale, come dedotto dal ricorrente, il fatto che in uno dei due sopralluoghi i locali adibiti a stalla erano vuoti, per­ché gli animali erano al pascolo e correttamente non sono state prese in consi-derazione le generiche affermazioni di un testimone riportate nel ricorso, secondo le quali questi da ultimo avvertirebbe meno la presenza degli odori e convivrebbe con la problematica.

Così integrato l’apparato argomentativo della sentenza impugnata, non costituente vizio di motivazione della stessa, il ricorso va ritenuto infondato e va respinto, con le conseguenze di cui all'art. 616 c.p.p,