Cass. Sez. III sent.4326 del 3 febbraio 2006 (ud. 20 dicembre 2005)
Pres. Vitalone Est. Grillo Imp. Fabris
Aria – Violazione dell’articolo 25, comma sesto D.p.r. 203-1988
Il reato di cui all’articolo 25, comma sesto D.p.r. 203-1988 ha natura 
permanente.
 
Svolgimento del processo
A seguito di opposizione a decreto penale, il Tribunale di Vicenza - Sezione di 
Schio, con la decisione indicata in premessa, condannava Fabris Artenio, quale 
legale rappresentante della ditta "Conceria Tre Effe Fratelli Fabris s.p.a.", 
alla pena di € 200,00 di ammenda in ordine al reato, accertato il 12 dicembre 
2000, di cui agli artt. 15 e 25, comma 6, D.P.R. n. 203/1988, per aver 
modificato, ampliandolo, il proprio impianto termico, senza la prescritta 
autorizzazione. 
L'imputato ricorre per cassazione, deducendo erronea applicazione della legge 
penale, mancata valutazione di un punto qualificante del reato, mancanza di 
motivazione in logicità. In particolare lamenta che il giudice si è basato 
soltanto sulla circostanza della installazione di una terza caldaia, senza 
valutare se detta modifica dell'impianto avesse comportato una variazione 
essenziale (qualitativa e/o quantitativa) dello stesso. In secondo luogo il 
ricorrente eccepisce l'intervenuta prescrizione della contravvenzione, dovendosi 
comunque ritenere cessato ogni effetto permanente di essa dalla conoscenza 
avutane dalla P.A. in data 12 dicembre 2000.
All'odierna udienza il P.G. e la difesa concludono come riportato in epigrafe.
Motivi della decisione
Preliminarmente deve affrontarsi il problema della natura (permanente o 
istantanea) della contravvenzione de qua in relazione all'eccepita prescrizione 
di essa.
Sul punto la giurisprudenza è oscillante. Con una prima decisione (Cass. Sez. 
III, 18 dicembre 1997, n. 11836, Pasini) si è affermato che, in tema di 
immissioni nell' atmosfera, la contravvenzione prevista dagli artt. 15 e 25, 
sesto comma, d.p.r. 24 maggio 1988 n. 203 (esecuzione senza autorizzazione di 
una modifica sostanziale di impianto industriale) non integra un reato 
istantaneo, la cui epoca di commissione debba farsi risalire al momento in cui 
avviene la modifica non autorizzata, bensì un reato permanente in cui detta 
modifica costituisce solo il momento iniziale della consumazione che si protrae 
sino alla conclusione del procedimento di controllo ed al rilascio 
dell'autorizzazione (con cui si mira ad accertare la compatibilità di quanto 
eseguito con la salvaguardia dell’interesse protetto), ovvero sino a che 
l'agente non abbia desistito dal comportamento o ripristinato la situazione 
precedente. Questo orientamento ha trovato integrale conferma nella sentenza 
Cass. Sez. III 14 maggio 2002, n. 18198, Pinori.
Con due decisioni intermedie (Cass. Sez. III, 4 maggio 2000, n. 5207, Murri; 6 
aprile 2001, n. 13992, Uva) si è invece affermato che il reato previsto 
dall'art. 15 del D.P.R. n. 203 del 1988 ha natura istantanea, ancorché con 
effetti eventualmente permanenti, nell'ipotesi di utilizzazione dell’impianto 
modificato, con aumento o variazione qualitativa delle relative emissioni, il 
cui momento consumativo va individuato alla data di realizzazione delle 
modifiche, non precedute dalla prescritta preventiva autorizzazione. Nella 
sentenza Uva si è inoltre precisato che gli effetti permanenti, consistenti 
nella mancata conoscenza delle caratteristiche dell'impianto e/o della relativa 
sua ubicazione (cd. informazione ambientale) da parte dell'autorità 
amministrativa, cessano o per ottemperanza tardiva dell'agente oppure per la 
conoscenza che l'amministrazione ne abbia comunque avuto.
Il Collegio condivide il primo dei citati orientamenti, non ravvisando serie 
ragioni per attribuire alla contravvenzione di cui all'art. 25, comma 6, D.P.R. 
n. 203/1988, natura diversa da quella monoliticamente riconosciuta da questa 
corte alla contravvenzione, sotto molti profili ad essa assimilabile, di cui 
all'art. 24, comma 1, dello stesso decreto. Invero come quest'ultima è collegata 
al precetto contenuto nell' art. 6, che sottopone la costruzione di un nuovo 
impianto alla preventiva autorizzazione dell' autorità amministrativa, così la 
contravvenzione in esame è collegata al precetto di cui all'art. 15, che 
prescrive la preventiva autorizzazione per le modifiche sostanziali 
dell'impianto esistente (comportanti variazioni quali-quantitative delle 
emissioni inquinanti) o per il trasferimento dello stesso in diversa località. 
In altri termini il legislatore, sebbene graduando la sanzione penale in 
relazione alle singole fattispecie, ha inteso considerare la modifica 
sostanziale dell' impianto o il suo trasferimento alla stregua della costruzione 
di un nuovo impianto, ancorché meno gravemente, equiparando dette attività con 
la sottoposizione di tutte alla preventiva autorizzazione amministrativa.
Orbene la natura permanente della contravvenzione di cui all' art. 24, comma 1, 
D.P.R. n. 203/1988, come si è detto, è del tutto pacifica (Cass. Sez. III, 21 
dicembre 1994, n. 12710, D'Alessandro; Cass. Sez. III, 15 febbraio 1999, n. 
1918, Busetto; Cass. Sez. III, 5 febbraio 2003, n. 5417, Matilda; Cass. Sez. 
III, 27 maggio 2004, n. 24189), così come lo è quella della contravvenzione 
prevista dal successivo art. 25, comma 1, relativa agli impianti esistenti 
(Cass. Sez. III, 25 luglio 1995, n. 8324, Cascone; Sez. III, 12 dicembre 1995, 
n. 12220, PG/Candeloro; Sez. III, 20 luglio 1996, n. 7300, Simonetti ed altro; 
Sez. III, 18 dicembre 1997, n. 11836, Pasini; Sez. III, 26 novembre 1999, n. 
13534, Cipriani; Sez. III, 7 aprile 2000, n. 4355, Ciccone; Sez. III, 2 aprile 
2001, n. 12819, Motto).
Alla luce delle considerazioni che precedono il reato de quo non è ancora 
prescritto, essendo cessata la permanenza nel caso di specie secondo i principi 
generali – con la pronunzia della sentenza di condanna, giacché non risulta 
dagli atti l’ottemperanza dell’agente al precetto, né la cessazione 
dell’attività dell’azienda in epoca precedente.
Non essendo estinto il reato per prescrizione, la doglianza proposta dal 
ricorrente in ordine alla valutazione dell’entità della modifica apportata 
all’impianto, e cioè se fosse tale da determinare una variazione essenziale 
(qualitativa e/o quantitativa) dello stesso, esula dai poteri di questa Corte di 
legittimità, ritenuto che la motivazione del giudice del merito sul punto si 
presenta adeguata e corretta, in considerazione della non contestata circostanza 
di fatto dell’installazione di una terza caldaia (per l’essicamento di fanghi) 
oltre alle due regolarmente autorizzate (per produzione vapore).
Il ricorso è pertanto inammissibile.
A mente dell’art. 616 c.p.p., a tale declaratoria consegue – nono potendo 
escludersi che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 
giugno 2000, n. 186) – l’onere delle spese del procedimento, nonché del 
versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, equitativamente 
fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di € 500,00.
 
                    



