Cass. Sez. III n. 18459 del 16 maggio 2025 (UP 3 apr 2025)
Pres. Ramacci Est. Noviello Ric. Bastone
Beni ambientali.Opere a ridotto impatto paesaggistico
La previsione, con il DPR 31 del 2017, allegato A, di specifiche ipotesi sottratte alla autorizzazione paesaggistica, è stabilita in conformità con l'articolo 149 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, ovvero nel quadro della ratio di tale ultima previsione che esclude dal novero della necessaria autorizzazione predetta solo quegli interventi che non pregiudichino l’assetto del paesaggio. La assenza di stabile installazione ovvero di precarietà integra solo un elemento descrittivo e ulteriore, nient’affatto di per sé dirimente, che connota opere di ridotto impatto paesaggistico quali quelle disciplinate nel caso n. 17 della allegato A del DPR in parola.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Palermo confermava la sentenza del tribunale di Agrigento del 16.10.2023, con cui Maggiore Carmela era stata condannata in ordine a reati ex artt. 54 e 1161 cod. nav. nonché 110 cod. pen. 44 lett. c) DPR 380/01 e 181 Dlgs. 42/04.
2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso Maggiore Carmela mediante il suo difensore, deducendo plurimi motivi di impugnazione.
3. Con il primo motivo deduce in rubrica, il vizio di violazione di legge in ordine agli artt. 181 del Dlgs. 42/04 e 51 e 1161 cod. nav. Si osserva in particolare che sarebbe stato realizzato solo un accumulo di pietre amovibili e il montacarichi, pure contestato, sarebbe stato precario siccome destinato ad essere rimosso; quindi non vi era opera in muratura né ancorata al suolo e il montacarichi serviva al posizionamento degli ombrelloni. Si contesta poi quanto desunto dalla Corte di appello, attraverso la visione delle foto, nel senso che dimostrerebbero l'alterazione dei luoghi.
4. Con il secondo motivo deduce il vizio di violazione di legge contestando il giudizio di equivalenza delle attenuanti generiche rispetto alla recidiva e sostenendone la prevalenza per errata contestazione e applicazione della recidiva. Si contesta il giudizio della Corte di appello per cui, posta in premessa la erronea contestazione della recidiva, il primo giudice non avrebbe considerato la recidiva in sede di determinazione della pena laddove invece lo stesso avrebbe ritenuto le generiche equivalenti alla recidiva.
5. Con il terzo motivo deduce il vizio di violazione di legge in sede di dosimetria della pena e la mancata applicazione della fattispecie ex art. 131 bis cod. pen. Sarebbe eccessiva e sproporzionata la pena applicata a fronte di un reato comune che non avrebbe cagionato danni a terzi e di modesto allarme. Non sarebbe poi motivata la mancata applicazione dell’art. 131 bis prima citato.
6.Il primo motivo è inammissibile perché, a fronte di una accertata realizzazione di un muretto con piazzola, opera da reputare unitariamente, oltre che di un correlato montacarichi, si propone una rivalutazione del merito sebbene sia noto che l'epilogo decisorio non può essere invalidato da prospettazioni alternative che si risolvano in una "mirata rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell'autonoma assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perché illustrati come maggiormente plausibili o perché assertivamente dotati di una migliore capacità esplicativa, nel contesto in cui la condotta delittuosa si è in concreto realizzata (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Bosco, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507).
La Corte ha spiegato, con motivazione non “manifestamente” illogica, l’emersione di un montacarichi non autorizzato da alcun titolo e di un muretto e annessa piazzola e, a fronte di censure invero limitate al solo profilo paesaggistico, la estraneità di tale complessivo intervento rispetto a quelli rivendicati dalla difesa: rivendicati sempre essenzialmente sul piano paesaggistico, ai sensi del DPR 31/2017, laddove le disposizioni citate – escludenti, si badi bene, la necessità della autorizzazione paesaggistica e non incidenti sul piano edilizio - ricollegano gli interventi contemplati ivi a date finalità di uso, non rinvenibili nel caso concreto, e in un quadro cronologicamente limitato. Caratteristiche tutte, queste, non emergenti obiettivamente dalla sentenza né tantomeno da atti allegati dalla difesa. Inoltre, la decisione appare in linea con la pronunce di questa Corte per cui, a seguito dell'entrata in vigore del d.P.R. 13 febbraio 2017, n. 31, non è soggetta ad autorizzazione paesaggistica la sola realizzazione su aree vincolate di interventi precari o facilmente amovibili - quale non appare né è descritta in tal senso la creazione, senza limiti di tempo (in assenza anche di un titolo autorizzativo per un occupazione limitata nel tempo), di un muro e di una annessa piazzola in area di particolare pregio paesaggistico -, anche in caso di occupazione temporanea del suolo, con installazione di manufatti senza opere murarie o di fondazione, per un periodo inferiore a 120 giorni (Sez. 3, n. 15125 del 24/10/2017, dep. 2018, P.m. in proc. moretti, Rv. 272587 - 01).
Va altresì ricordato, e ciò appare in linea con la decisione qui contestata, quanto alla applicabilità nei singoli casi del decreto in esame, che l'accertamento in fatto, della riconducibilità degli interventi eseguiti in area sottoposta a vincolo paesaggistico nel novero di quelli non soggetti ad autorizzazione, di cui all'allegato A al d.P.R. 13 febbraio 2017, n. 31, o di quelli di lieve entità sottoposti a procedimento autorizzatorio semplificato, di cui all'allegato B del citato d.P.R., deve essere condotto attenendosi ad un'interpretazione logico-sistematica di carattere finalistico delle disposizioni regolamentari, valevole a determinare l'applicazione delle disposizioni derogatorie previste dal decreto in oggetto ai soli interventi di lieve entità, tali essendo quelli che, per tipologia, caratteristiche e contesto in cui si inseriscono, non sono idonei a pregiudicare i valori paesaggistici tutelati dal vincolo. (in tal senso Sez. 3 - n. 36545 del 14/09/2022 Ud. (dep. 27/09/2022 ) Rv. 284312 – 01).
Tanto trova conforto nella lettura della disciplina relativa alla adozione del DPR n.13 del 2017 in questione. A partire dall’art. 12, comma 2 del d.l. n. 83 del 2014 e successive modifiche ed integrazioni, ai sensi del quale “con regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, su proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, d'intesa con la Conferenza unificata, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono dettate disposizioni modificative e integrative al regolamento di cui all'articolo 146, comma 9, quarto periodo, del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, e successive modificazioni, al fine di ampliare e precisare le ipotesi di interventi di lieve entità, nonché allo scopo di operare ulteriori semplificazioni procedimentali, ferme, comunque, le esclusioni di cui agli articoli 19, comma 1, e 20, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni”. Con il medesimo regolamento sono altresì individuate: “a) le tipologie di interventi per i quali l'autorizzazione paesaggistica non è richiesta, ai sensi dell'articolo 149 del medesimo Codice dei beni culturali e del paesaggio, sia nell'ambito degli interventi di lieve entità già compresi nell'allegato 1 al suddetto regolamento di cui all'articolo 146, comma 9, quarto periodo, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, sia mediante definizione di ulteriori interventi minori privi di rilevanza paesaggistica; b) le tipologie di intervento di lieve entità che possano essere regolate anche tramite accordi di collaborazione tra il Ministero, le Regioni e gli enti locali, ai sensi dell' articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, con specifico riguardo alle materie che coinvolgono competenze proprie delle autonomie territoriali”.
In altri termini, la previsione, tra l’altro e per quanto qui di specifico interesse, con il DPR 31 del 2017, allegato A, di specifiche ipotesi sottratte alla autorizzazione paesaggistica, è stabilita in conformità con l'articolo 149 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, ovvero nel quadro della ratio di tale ultima previsione che esclude dal novero della necessaria autorizzazione predetta solo quegli interventi che non pregiudichino l’assetto del paesaggio.
Ritornando allora al caso concreto, questa corte ha già precisato (con sentenza non massimata, n. 50766 del 2023) che la disposizione di cui al punto A17 dell’allegato A al DPR 13 del 2017 annovera “installazioni esterne poste a corredo di attività economiche quali esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, attività commerciali, turistico-ricettive, sportive o del tempo libero, costituite da elementi facilmente amovibili quali tende, pedane, paratie laterali frangivento, manufatti ornamentali, elementi ombreggianti o altre strutture leggere di copertura, e prive di parti in muratura o strutture stabilmente ancorate al suolo”. Una lettura coordinata con il Dlgs. 42/04 e le relative elaborazioni dottrinali e giurisprudenziali deve portare a ricondurre nella predetta previsione ( e ciò deve ritenersi anche per l’analoga fattispecie di cui alla lettera A.16 del DPR citato), in sostanza, strutture che oltre ad essere al servizio di date attività commerciali risultino altresì e necessariamente di ridotto impatto per caratteristiche di materiali e struttura, con assenza inoltre di muratura e di stabile collegamento al suolo. Ciò che significa che il profilo essenziale degli interventi così previsti attiene pur sempre allo scarso impatto dell’opera come tale, e la ulteriore precisazione della facile amovibilità o dello stabile collegamento al suolo devono intendersi come conseguenza della suddetta caratteristica di fondo, e non come requisiti che da soli e in quanto tali possano sottrarre al campo di operatività della autorizzazione paesaggistica gli interventi in parola. Ciò perché costituisce acquisizione consolidata della giurisprudenza di legittimità, che va qui ribadita, quella per cui il reato di pericolo di cui all'art. 181, comma 1, del d.lgs 24 febbraio 2004, n. 42 è configurabile anche nel caso di realizzazione di manufatti precari o facilmente amovibili, essendo assoggettabile ad autorizzazione ogni intervento modificativo, con esclusione delle sole condotte che si palesino inidonee, anche in astratto, a compromettere i valori del paesaggio. (Sez. 3, n. 39429 del 12/06/2018 Ud. (dep. 03/09/2018 ) Rv. 273903 – 01)
Con riguardo al caso in esame, va ribadito dunque che la assenza di stabile installazione ovvero di precarietà integra solo un elemento descrittivo e ulteriore, nient’affatto di per sé dirimente, che connota opere di ridotto impatto paesaggistico quali quelle disciplinate nel caso n. 17 della allegato A del DPR in parola. Giova a tale ultimo riguardo rammentare, peraltro, che nel contesto in esame conserva rilievo il generale principio giurisprudenziale per cui è stabile e inamovibile anche il manufatto non infisso o incorporato al suolo, ma che, per la sua forza di gravità, s'immedesima con il terreno sottostante con caratteristiche di stabilità e di inamovibilità e con capacità di trasformare in modo durevole l'area occupata, che viene in tal modo utilizzata definitivamente escludendo così una assoluta e contingente precarietà del manufatto (Sez. 3, n. 8609 del 24/05/1983 Ud. (dep. 20/10/1983 ) Rv. 160762 – 01). Nel caso in esame peraltro si fa riferimento a ipotesi di cui alle lettere A.16 e 17 che, come rilevato in sentenza, laddove si valorizza il dato letterale, non contemplano opere in muratura.
Va aggiunto che nessuna specifica censura è altresì proposta per la distinta ipotesi, pure ritenuta sussistente, di cui all’art. 44 del DPR 380/01. Oltre che in ordine alla occupazione arbitraria.
E quanto alla tesi per cui le foto fornirebbero una rappresentazione diversa da quella colta dalla Corte di appello, si tratta di una mera unilaterale affermazione valutativa, inammissibile in questa sede, tanto più in assenza di una deduzione specifica di un vizio motivazionale per travisamento della prova, e della assenza di ogni correlata allegazione al riguardo.
7. Il secondo motivo appare invece fondato, atteso che il primo giudice diversamente da quanto sostenuto in sentenza, laddove peraltro si è riconosciuta la erroneità della recidiva contestata siccome inerente a contravvenzioni, ha bilanciato in maniera equivalente la predetta aggravante con le attenuanti generiche e in sede di dosimetria non ha ritenuto alcuna di tali circostanze. Tale rilievo va considerato nel quadro della prescrizione, che non risulta ancora in scadenza. Infatti è noto che secondo l’informazione provvisoria n. 19/2024 diramata dalla Suprema Corte, all’esito dell’udienza del 12 dicembre 2024, le Sezioni unite hanno stabilito, quanto al regime applicabile in tema di prescrizione, che «per i reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019 si applica la disciplina di cui alla legge n. 103 del 2017. Per i reati commessi a partire dall’1 gennaio 2020 trova applicazione la disciplina di cui alla legge n. 134 del 2021». In altri termini la disciplina della sospensione del corso della prescrizione di cui all’art. 159, commi secondo, terzo e quarto, cod. pen., nel testo introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 continua ad essere applicabile, dopo l’introduzione dell’art. 2, comma 1, a), della legge 27 novembre 2021, n. 134, in relazione ai reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019. Laddove nel caso in esame i fatti risalgono al 12.5.2019 e a partire da tale data devono calcolarsi il decorso della prescrizione ordinaria di 5 anni oltre ai periodi di sospensione aggiuntiva susseguenti alle due sentenze di merito ex art. 159 come novellato con la citata legge n. 102 del 2017. E quindi calcolando il periodo che va dal termine di cui all'art. 544 cod. proc. pen. per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di primo grado (ossia nel caso di specie dal 17.11.2023) sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il grado successivo (ossia l'otto maggio 2024, per complessivi 5 mesi e 21 giorni) assieme a quello compreso dal termine previsto dall'art. 544 cod. proc. pen. per il deposito della motivazione della sentenza di secondo grado (ossia nel caso di specie dal 6.8.2024) sino alla pronunzia del dispositivo della sentenza definitiva, attuale (con decorso di 5 mesi e 27 giorni).
8. Quanto al terzo motivo esso è a-specifico perché non si confronta con la argomentazione della Corte, che valorizza, quanto alla fattispecie ex art. 131 bis c.p. citato e alla sua esclusione, il dato ostativo, incontestato, della abitualità della condotta. Né si confronta con la motivazione in punto di pena laddove si illustrano compiutamente le ragioni della impossibilità di una riduzione della pena come comminata, a fronte sia delle modalità del fatto reputate non di scarsa offensività trattandosi di interventi in area demaniale e in zona particolarmente vulnerabile quale la spiaggia di Lampedusa, sia della personalità della ricorrente, già autrice di condotte analoghe. Coerente è poi il rilievo per cui la eliminazione di quanto realizzato non può ascriversi a merito della ricorrente trattandosi di attività dovuta, come tale non valutabile positivamente ai fini della fattispecie qui in esame. Va qui ribadito che in tema di causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, la condotta dell'imputato successiva alla commissione del reato, ove sia meramente anticipatoria di un effetto necessitato dalla legge, non può giustificare, di per sé sola, l'applicabilità dell'esimente agli effetti dell'art. 131-bis, comma primo, cod. pen., come novellato dall'art. 1, comma 1, lett. c), n. 1), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, potendo essere valorizzata solo come ulteriore criterio, accanto tutti quelli di cui all'art. 133, comma primo, cod. pen., nell'ambito del giudizio complessivo sull'entità dell'offesa. (Fattispecie relativa al reato di realizzazione e gestione di discarica abusiva in cui i ricorrenti avevano dedotto la circostanza dell'aver provveduto, "post factum", alla bonifica dello stato dei luoghi effettuata a mezzo ditta specializzata). (Sez. 3, n. 46231 del 14/11/2024, Nesca, Rv. 287336 - 01).
9. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene che la sentenza impugnata debba essere annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio con riguardo alla valutazione dell'entità della diminuzione conseguente alle riconosciute attenuanti generiche, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della corte di appello di Palermo. Consegue altresì la dichiarazione di inammissibilità nel resto del ricorso e visto l'art. 624 cod. proc. pen. la irrevocabilità della sentenza in ordine alla affermazione della penale responsabilità dell'imputato.
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della corte di appello di Palermo. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto. Visto l'art. 624 cod. proc. pen. dichiara la irrevocabilità della sentenza in ordine alla affermazione della penale responsabilità dell'imputato.
Così deciso il 03/04/2025