Sulla definizione normativa di bosco

di Tommaso MILLEFIORI

 

 

 

(Nota a margine della sentenza del C.d.S., Sez. IV, 18.11.2013, n. 5452)

 

Nel vigente ordinamento il bosco risulta diversamente considerato e disciplinato: come entità economico-produttiva, come strumento di difesa idrogeologica del territorio e come componente della bellezza del paesaggio, cui peraltro corrispondono tutele e competenze differenziate correlate all’imposizione di specifici regimi vincolistici (“vincolo protettivo”, “vincolo idrogeologico” e “vincolo paesaggistico”).

Relativamente al profilo paesaggistico, sovviene il disposto dell’art. 142, co. 1, lett. g), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante un regime di inedificabilità relativa, in base al quale ogni intervento modificativo riguardante i “territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall’art. 2, commi 2 e 6, del D. Lgs. 18.05.2001, n. 227” è sottoposto al preventivo rilascio dell’autorizzazione prevista dall’art. 146 dello stesso decreto legislativo.

Il suddetto art. 2 (rubricato “definizione di bosco e di arboricoltura da legno”) dispone quanto segue: <<1. Agli effetti del presente decreto legislativo e di ogni altra normativa in vigore nel territorio della Repubblica i termini bosco, foresta e selva sono equiparati.

2. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo le regioni stabiliscono per il territorio di loro competenza la definizione di bosco e:

a) i valori minimi di larghezza, estensione e copertura necessari affinché un'area sia considerata bosco;

b) le dimensioni delle radure e dei vuoti che interrompono la continuità del bosco;

c) le fattispecie che per la loro particolare natura non sono da considerarsi bosco.

3. Sono assimilati a bosco:

a) i fondi gravati dall'obbligo di rimboschimento per le finalità di difesa idrogeologica del territorio, qualità dell'aria, salvaguardia del patrimonio idrico, conservazione della biodiversità, protezione del paesaggio e dell'ambiente in generale;

b) le aree forestali temporaneamente prive di copertura arborea e arbustiva a causa di utilizzazioni forestali, avversità biotiche o abiotiche, eventi accidentali, incendi;

c) le radure e tutte le altre superfici d'estensione inferiore a 2000 metri quadrati che interrompono la continuità del bosco non identificabili come pascoli, prati e pascoli arborati.

4. La definizione di cui ai commi 2 e 6 si applica ai fini dell'individuazione dei territori coperti da boschi di cui all'articolo 146, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490.

5. Per arboricoltura da legno si intende la coltivazione di alberi, in terreni non boscati, finalizzata esclusivamente alla produzione di legno e biomassa. La coltivazione è reversibile al termine del ciclo colturale.

6. Nelle more dell'emanazione delle norme regionali di cui al comma 2 e ove non diversamente già definito dalle regioni stesse si considerano bosco i terreni coperti da vegetazione forestale arborea associata o meno a quella arbustiva di origine naturale o artificiale, in qualsiasi stadio di sviluppo, i castagneti, le sugherete e la macchia mediterranea, ed esclusi i giardini pubblici e privati, le alberature stradali, i castagneti da frutto in attualità di coltura e gli impianti di frutticoltura e d'arboricoltura da legno di cui al comma 5 ivi comprese, le formazioni forestali di origine artificiale realizzate su terreni agricoli a seguito dell'adesione a misure agro ambientali promosse nell'ambito delle politiche di sviluppo rurale dell'Unione europea una volta scaduti i relativi vincoli, i terrazzamenti, i paesaggi agrari e pastorali di interesse storico coinvolti da processi di forestazione, naturale o artificiale, oggetto di recupero a fini produttivi. Le suddette formazioni vegetali e i terreni su cui essi sorgono devono avere estensione non inferiore a 2.000 metri quadrati e larghezza media non inferiore a 20 metri e copertura non inferiore al 20 per cento, con misurazione effettuata dalla base esterna dei fusti. È fatta salva la definizione bosco a sughera di cui alla legge 18 luglio 1956, n. 759. Sono altresì assimilati a bosco i fondi gravati dall'obbligo di rimboschimento per le finalità di difesa idrogeologica del territorio, qualità dell'aria, salvaguardia del patrimonio idrico, conservazione della biodiversità, protezione del paesaggio e dell'ambiente in generale, nonché le radure e tutte le altre superfici d'estensione inferiore a 2000 metri quadri che interrompono la continuità del bosco non identificabili come pascoli, prati o pascoli arborati o come tartufaie coltivate>>.

Trattasi all’evidenza di definizione di carattere generale, valevole per qualsiasi settore dell’ordinamento ed in particolare per la normativa ambientale.

Il rinvio all’“emanazione delle norme regionali di cui al comma 2” va poi coordinato con la successiva legge costituzionale 18.10.2001 n. 3, che, attraverso la modifica dell’art. 117 Cost., ha attribuito allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di “tutela dell’ambiente” e ripartito tra Stato e Regioni la competenza legislativa in tema di “valorizzazione dei beni ambientali”; con la conseguenza che, all’esito, le Regioni stesse non hanno più titolo per definire il concetto di bosco al fine della tutela paesaggistica relativamente al territorio di loro competenza e le eventuali precedenti definizioni sono da considerare tacitamente abrogate o comunque non più applicabili.

Al riguardo, è stato esattamente osservato che <<dopo l’entrata in vigore della legge costituzionale 18.10.2001, n. 3, che ha modificato la ripartizione delle competenze regionali tra Stato e Regioni, la definizione della nozione di bosco ai fini della tutela paesaggistica spetta solo allo Stato, che la ha esercitata col citato comma 6, mentre spetterà alle regioni stabilire eventualmente un diverso concetto di bosco per i territori di loro appartenenza, solo per fini diversi, attinenti per esempio allo sviluppo della agricoltura e delle foreste, alla lotta contro  gli incendi boschivi, alla gestione dell’arboricoltura da legno etc.. E’ invece evidente che se le Regioni formulassero una diversa definizione di bosco avente efficacia anche per la individuazione dei territori boschivi protetti dal vincolo paesaggistico finirebbero per interferire sulla estensione della tutela dell’ambiente, che per precisa scelta costituzionale è riservata allo Stato.

Tanto premesso, si deve concludere che la nozione di bosco ai fini dell’individuazione dei territori boschivi protetti dal vincolo paesaggistico, è stata definita nel comma 6 dell’art. 2 del D. Lgs. 18.05.2001 n. 227, e coincide con ogni terreno coperto da vegetazione forestale arborea, associata o meno a quella arbustiva, da castagneti, sugherete o da macchia mediterranea, purché avente estensione non inferiore a 2.000 metri quadrati, larghezza media non inferiore a 20 metri e copertura non inferiore al 20 per cento>> [Cass. Pen., Sez III, 23.01.2007 (c.c. 16.11.2006) n. 1874].

Alla luce di quanto sopra, la definizione normativa generale (ed ormai unitaria) di “bosco” presenta, quindi, prima ancora che una componente dimensionale, una componente naturalistica qualitativa costituita da: 1. “vegetazione forestale” (arborea e/o arbustiva); 2. “i castagneti”; 3. “le sugherete”; 4. “la macchia mediterranea”; onde, non ogni formazione vegetazionale arborea e/o arbustiva può condurre al riconoscimento di un’“area boscata” ma solo quelle formazioni normativamente specificate ed appena elencate e (solo) tra esse quelle dalle caratteristiche dimensionali normativamente definite (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 18.11.2013, n. 5452).

Per l’effetto, il requisito dimensionale è destinato ad assumere rilevanza (ed anche di carattere sussidiario) soltanto in relazione alle suddette categorie vegetazionali, nel cui difetto non può neppure ipotizzarsi alcun “bosco” ai sensi della suddetta disposizione.

In altri termini, gruppi o insiemi di alberi irriducibili alle tipologie vegetazionali innanzi elencate giammai possono condurre all’individuazione di un “bosco”; con conseguente irrilevanza delle relative estensioni.

Nell’ambito, poi, della specifica tipologia della “vegetazione forestale arborea”, sovvengono ulteriori requisiti qualitativi necessari, nel cui difetto resta, ancora una volta, esclusa la riconoscibilità di un bosco ai fini paesaggistici.

Al riguardo, è stato, infatti, esattamente osservato (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 29.03.2013, n. 1851) che la suddetta “vegetazione forestale arborea” costituisce un requisito necessario ma non sufficiente (neppure in presenza del dato dimensionale) ad integrare un bosco ai fini che ci occupano, dovendo la medesima copertura altresì:

- “costituire un sistema vivente complesso (non perciò caratterizzato da una monocoltura artificiale), di apparenza non artefatta (come ad es. se a filari)”;

- “essere tendenzialmente permanente: perciò non solo non destinato all’espianto o alla produzione agricola, ma anche, in virtù del dato naturale, mediamente presumibile come capace di autorigenerarsi perché dotato di risorse tali da consentire il rinnovamento spontaneo”.

In sintesi: “il bosco è un complesso organismo vivente, nel quale le nuove risorse sono in grado di sostituire spontaneamente quelle in via di esaurimento.

Non è quindi sufficiente la presenza di piante, quand’anche numerose, ma non strutturate fino a sviluppare un ecosistema in grado di autorigenerarsi” (cfr. Cons. Stato, sent. ult. cit.).

In applicazione dei suddetti principi, non è stato ritenuto bosco un insieme di 268 piante, prevalentemente di pino domestico, messe a dimora a filari paralleli (cioè in modo innaturale), priva di strato arbustivo ed erbaceo; situazione più prossima, quindi, ai “giardini privati”, a loro volta, espressamente esclusi insieme ai “giardini pubblici” dalla nozione normativa di bosco innanzi riportata.

Avv. Tommaso Millefiori