TAR Lazio (RM), Sez. II-Quarter, n. 8744, del 6 agosto 2014
Beni Ambientali.Aree Protette: inapplicabilità del silenzio assenso al nulla osta ex art. 13 della L. 394/1991

L'istituto del silenzio-assenso è incompatibile con i principi comunitari in materia di valutazione ambientale, che impongono l'esplicitazione delle ragioni di compatibilità, con l'adozione di eventuali prescrizioni correttive, sulla base di un'analisi sintetico-comparativa per definizione incompatibile con il modulo della formazione provvedimentale tacita.  L’incompatibilità trova supporto e conforto, da ultimo, nel c.d. “decreto del fare” (d.l. 21-6-2013 n. 69 convertito nella legge n.98 del 2013) che ha modificato (art.30) la disciplina per il rilascio del permesso di costruire di cui all’art.20 del T.U. edilizia. Sull’argomento, cioè le autorizzazioni preliminari al permesso di costruire su beni vincolati, va posta particolare attenzione, poiché è palese come sia stata eliminata definitivamente dalla materia urbanistica-ambientale la possibilità di connessione fra la disciplina di settore e il procedimento per silentium. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 08744/2014 REG.PROV.COLL.

N. 02809/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2809 del 2014, proposto da: Soc Totola Immobiliare Srl, rappresentato e difeso dall'avv. Roberto Maria Izzo, con domicilio eletto in Roma, via Monte Santo, 68;

contro

- Ente Parco Regionale dei Castelli Romani, in persona del l.r. p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato di Roma;
- Comune di Montecompatri, in persona del l.r. p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Carola Chinappi, con domicilio eletto in Roma, viale Carlo Felice, 63;

per l'annullamento

del provvedimento di rigetto della domanda di nulla osta al Programma Integrato di Intervento in variante al p.r.g. in località Malara nel comune di Monte Compatri ai sensi dell'art. 8 l.r. n. 29/97 - risarcimento danni



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Ente Parco Regionale dei Castelli Romani e del Comune di Montecompatri;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 luglio 2014 il dott. Pietro Morabito e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

I)- La vicenda oggetto della corrente controversia ha come iniziale termine di riferimento i terreni, di proprietà Merelli-Agabiti, siti nel comune di Monte Compatri, accatastati al Fg. 30 p.lle n.618 e da 621 al 629, della superficie complessiva di mq.16.800 destinati nel vigente P.rg. a zona C2 di espansione e con edificabilità residenziale per mc 4240 circa soggetta a previa approvazione di Piano particolareggiato: strumento attuativo (c.d. “Molara”), quest’ultimo, approvato con deliberazione consiliare del 10.9.2009, e che:

- destinava i terreni in questione, per mq 2700 a Verde pubblico, e per mq. 14100 ad area direttamente edificabile con destinazione residenziale ( comparti 20,21,22,23p) per mc 4240,61;

- consentiva il rilascio del relativo permesso di costruire un complesso commerciale-residenziale sulla parte del terreno compresa nei comparti citati.

Di seguito ed in relazione ai terreni accatastati nell’ambito delle p.lle 618-622 e 625 ricadenti nel perimetro del Parco regionale dei Castelli Romani ( e comprendenti la porzione di mq 2700 destinata a Verde pubblico ed un’altra area edificabile di mq.3811,00 ma con diritti edificatori ceduti all’altra parte dei terreni dei Merelli-Agabiti ed utilizzati per realizzare il complesso residenziale di cui sopra si è appena detto), i proprietari presentavano, ai sensi della L.r. n.22/1997, un Programma Integrato di intervento (in variante sia del P.r.g. che del P.P. “Molara”) per la variazione, da verde pubblico a residenziale, della porzione di 2700 mq sopra richiamata e per la realizzazione, fra l’altro, di (ulteriore) complesso residenziale commerciale composto da due fabbricati della consistenza complessiva di mc 5157,91.

Orbene l’odierno contenzioso si insinua nell’ambito della procedura l’approvazione di detto Programma integrato (in ordine al quale l’art.4 della L.r. n.22/1997 cit. prevede apposita delibera di Giunta regionale); e, più in particolare, investe il nulla osta che l’ente di gestione del citato parco regionale ha denegato, sostenendosi da parte ricorrente ( che è la società che ha acquistato dai sigg.ri Merelli-Agabiti i terreni interessati dal Programma e dal nuovo complesso immobiliare) che detto diniego è intervenuto successivamente al decorso del termine di giorni 60 decorrente dalla ricezione della relativa richiesta (05.4.2012) e pertanto ( è intervenuto) allorquando si era formato il silenzio assenso previsto dalla norma dell’art.13 della legge n.394 del 1991 (norma che è richiamata dall’art.28 della l.r. n.29 del 1997). E poiché l’Ente di gestione non ha annullato detto silenzio avvalendosi del potere di autotutela , segue a tanto l’illegittimità dell’atto impugnato. Quest’ultimo, peraltro, è viziato anche perché difettoso sotto i profili istruttorio e motivazionale laddove:

a) non specifica perché le opere previste non sono compatibili con il contesto ambientale;

b) rappresenta che la cubatura eccede quella prevista dallo strumento attuativo senza tener conto che il Programma integrato è in variante al P.r.g.

L’ente di gestione del Parco si è costituito in giudizio per il tramite della Difesa erariale con produzione di memoria e documenti vari.

Si è anche costituito in giudizio il Comune di Monte Compatri propugnando tesi difensiva in adesione a quella prospettata dalla parte ricorrente.

II)- Prima di procedere allo scrutinio delle doglianze azionate è necessario completare il quadro dei fatti di interesse per la definizione dell’odierna controversia. In tale contesto va allora data la necessaria evidenza al fatto che l’area interessata dal Programma:

a) è gravata da vincoli paesaggistici di cui all’art.136 lett. c) e d) del d.lgs n.42 del 2004;

b) è gravata da vincolo archeologico ex art.13 c.3 lett. a) della L.r. n. 24 del 1998;

c) ricade nel P.t.p. ambito n.9 - Castelli Romani - in zona MC 7/2 -Zone compromesse, aree di insediamento diffuso a bassa densità non ordinato - soggette alle prescrizioni di cui all’art.23 delle N.t.a.;

d) ricade nel P.t.p.r. nell’ambito della Tav. “A” - Paesaggio agrario di Continuità;

e) ricade all’interno del perimetro del Parco dei Castelli Romani, il cui Piano di assetto ( adottato nel 2009 ma non ancora approvato) qualifica l’area come Paesaggio agricolo Intercalderico in relazione al quale l’art.32 delle relative N.t.a. prevede: <<1. Si tratta di un paesaggio agricolo degradato e aggredito dalla pressione residenziale, con caratteri di residualità ma con connotazioni paesistiche tradizionali che il Piano intende conservare e riqualificare, anche riducendo la pressione residenziale e incentivando interventi di miglioramento e riqualificazione paesaggistica da parte dei privati. 2. Non è ammessa la costruzione di edifici residenziali se non per le effettive necessità di conduzione di aziende agricole, ai sensi della legge regionale n. 38/99. La dimensione aziendale per la realizzazione di manufatti rurali è fissata, salva diversa dimostrazione sulla base di piano di sviluppo aziendale in 10 ettari di terreno indiviso ricadente nell’ambito della sottozona. L’indice massimo territoriale non può superare 0,001 mc/mq.>> . Inoltre la L.r. n.24 del 1998, riguardante la “Protezione dei Parchi e delle Riserve naturali” all’art.9 c. 5 dispone che nei territori dei Parchi “nelle more dell'approvazione dei piani delle aree naturali protette si applicano sia le misure di salvaguardia previste negli specifici provvedimenti istitutivi o legislativi generali, sia la normativa relativa alle classificazioni per zone delle aree ove prevista dai P.T.P. o dal P.T.P.R.; in caso di contrasto prevale la più restrittiva”;

f) che il Ministero per i Beni e le attività culturali, investito del parere in merito al Programma di cui trattasi, con nota del 06.6.2013 ( citata nell’all. n.21 di parte ricorrente, ma da questa non esibita), dopo aver assunto i pareri delle competenti Soprintendenze, ha ritenuto il Programma stesso “non coerente con le disposizioni di tutela paesaggistica ed archeologica vigenti sulle aree in questione”.

Da ultimo va poi ricordato che - come chiarito nella nota della Regione Lazio dell’11.3.2014 esibita dalla Difesa erariale - il Programma in argomento si << pone in variante sia al P.P. “Molara” che al vigente P.r.g.>> e che detto Programma non risulta ancora approvato dalla Regione ai sensi dell’art.4 della L.r. n.22 del 1997; mentre, e per quanto riguarda il rapporto intercorso tra il Parco e la società ricorrente occorre rammentare:

- che la domanda ed il progetto da sottoporre a nulla osta dell’Ente di gestione sono stati presentati il 5.4.2012;

- che in data 08.8.2012 veniva richiesta dall’Ente l’autorizzazione di cui all’art.146 del d.lgs n.42 del 2004: richiesta alla quale la proprietà replicava che detta autorizzazione non era dovuta “in quanto viene trasmessa contestualmente al parere urbanistico che non può essere emesso se non vengono rilasciati tutti i pareri di competenza” e che erano già trascorsi 60 giorni dalla data di produzione della stessa richiesta;

- che in data 23.10.2012 venivano comunicati dall’ente di gestione i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza: comunicazione alla quale la proprietà replicava il 12.11.2012 affermando che non risultavano esternate le ragioni della non compatibilità del Progetto col contesto ambientale; richiamando la disciplina ( sopra ricordata) paesaggistica prevista dal P.t.p., dal P.t.r. nonché quella prevista dal P.r.g. ; e ribadendo l’intervenuta formazione del silenzio assenso;

- che in data 10.12.2013 veniva adottato il diniego di nulla osta impugnato.

III)- Fermo restando che - nonostante il Programma di intervento in variante del P.r.g. comunale non è stato ancora approvato in sede regionale e nonostante il parere contrario, sopra richiamato, espresso dal Ministero per i Beni culturali ed ambientali - non può non riconoscersi a parte ricorrente l’interesse, attuale, a gravarsi avverso il giudizio di incompatibilità che ha concluso la fase sub-procedimentale che vede protagonista l’Ente di gestione del parco, v’è da rammentare che le doglianze interposte, come sintetizzate al par. I), sono incentrate, con carattere di sostanziale esclusività, sull’intervenuta formazione del silenzio assenso. In tale contesto la ricorrente evoca a supporto le argomentazioni sviluppate dal Cons. St. nella decisione n.65911 del 2008 che ritiene di spessore argomentativo maggiore rispetto a quelle declinate nella successiva decisione dello stesso Consesso n. 5188/2013 che, in fattispecie per molti versi analoga a quella in trattazione, è giunta a conclusioni opposte confermando integralmente la pronuncia di questo Tribunale n. 13241/2007.

Orbene non può non prendersi atto di una significativa oscillazione di pensiero in ordine alla questione se, per effetto dell’art.20 c.4 della legge n.241 del 1990 ( come modificato, prima dalla legge n.80 del 2005, e da ultimo dal c.3 dell’art.9 della legge n.69 del 2009), sia stato, o meno, escluso il ricorso allo strumento del silenzio assenso in materia paesaggistica ed ambientale, consentendo quindi agli enti parco di pronunciarsi espressamente sulla domanda anche oltre il termine di sessanta giorni. Si sono pronunciati nel primo senso, oltre a questo Tribunale con la citata decisione n. 13241/2007 (confermata in appello nel 2013), T.A.R. SA, Sez. II, 25-06-2009, n. 3322; T.A.R. PE, Sez. I Sent., 03-06-2008, n. 539 e Tar LT Sez. I, 03-03-2010, n. 203; mentre nel senso opposto si è determinato il Cons. St. con la decisione (cit.) n.65911 del 2008 cui, di recente, è stata data continuità con la decisione Sez. VI, Sent., 17-06-2014, n. 3047.

Il Collegio ritiene che la tesi accolta nel primo dei due orientamenti meriti condivisione e, inoltre, che, in ogni caso, mancavano, nella fattispecie in esame, i presupposti per potersi ritenere formato il silenzio assenso.

III.1)- Il convincimento della bontà del primo dei due indirizzi esegetici sopra evocati, oltre che nelle argomentazioni spese da questo Tribunale e dal Giudice di appello nel 2013 ( cui è consentito il rinvio), trova supporto e conforto, da ultimo, nel c.d. “decreto del fare” (d.l. 21-6-2013 n. 69 convertito nella legge n.98 del 2013) che ha modificato (art.30) la disciplina per il rilascio del permesso di costruire di cui all’art.20 del T.U. edilizia il cui c. 8 oggi così recita: << Decorso inutilmente il termine per l'adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell'ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-assenso, fatti salvi i casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali, per i quali si applicano le disposizioni di cui al comma 9>>; comma quest’ultimo che dispone <<Qualora l'immobile oggetto dell'intervento sia sottoposto a vincoli ambientali, paesaggistici o culturali, il termine di cui al comma 6 decorre dal rilascio del relativo atto di assenso, il procedimento è concluso con l'adozione di un provvedimento espresso…>>. Ed è su quest'ultimo argomento (e cioè le autorizzazioni preliminari al permesso di costruire su beni vincolati) che va posta particolare attenzione, poiché è palese come sia stata eliminata definitivamente dalla materia urbanistica-ambientale la possibilità di connessione fra la disciplina di settore e il procedimento per silentium. Infatti la Legge dispone come il procedimento, qualunque sia l'autorità preposta alla tutela del vincolo, deve concludersi nei termini, con provvedimento espresso, da adottarsi dopo il rilascio ( e, quindi, non dopo la formazione per silentium) dell’atto di assenso dell’autorità preposta alla tutela dei vincoli ambientali, paesaggistici o culturali.

Ulteriore, pur se indiretta, conferma della sostanziale condivisibilità del primo indirizzo di pensiero è poi data dall’art.146 del d.lgs n.42 del 2004 il quale, al c.11, nel prevedere che “L'autorizzazione paesaggistica è trasmessa, senza indugio, alla soprintendenza che ha reso il parere nel corso del procedimento, nonché, unitamente allo stesso parere, alla regione ovvero agli altri enti pubblici territoriali interessati e, ove esistente, all'ente parco nel cui territorio si trova l'immobile o l'area sottoposti al vincolo”, ovviamente - è lecito dedurre - fa riferimento ad attività provvedimentali dell’ente parco che siano ancora da porre in essere e non considerabili come già definite per silentium (il che renderebbe del tutto inutile la previsione della tempestiva comunicazione dell’autorizzazione all’ente parco).

Peraltro tale ultima norma, abbinata a quella collocata nel c. 4 dello stesso articolo (“L'autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio”), rende evidente come, nel caso di specie, la richiesta avanzata dall’ente parco in data 08.8.2012 era perfettamente lecita; e poiché il silenzio assenso, per pacifica giurisprudenza, non può aver luogo in mancanza di tutta la documentazione prevista per la rituale formazione della volontà dell’Ente stesso, ne segue che - anche volendo aderire all’indirizzo giurisprudenziale patrocinato in gravame - in ogni caso, nella specifica fattispecie in esame, per le ragioni sopra rassegnate, non poteva dirsi formato alcun silenzio assenso. E tanto a prescindere:

- dall’insegnamento, testualmente riportato in Cons. St. Sez. IV, Sent., 29-11-2012, n. 6082 in sintonia al quale << non c'è dubbio che il decorso del termine di legge, se è normativamente equiparato - quoad effectum - all'adozione di un provvedimento positivo, non perciò fa venir in capo all'Amministrazione il potere-dovere di curare l'interesse pubblico, che può tradursi nell'emanazione di atti successivi di segno contrario nell'esercizio, appunto, di una potestà di sostanziale autotutela (secondo quanto evocato, da ultimo, da Cons. Stato, Sez. II, 31 ottobre 2012, parere sull'affare n.4562/2012)>>;

- dall’insegnamento secondo il quale “L'istituto del silenzio-assenso è incompatibile con i principi comunitari in materia di valutazione ambientale, che impongono l'esplicitazione delle ragioni di compatibilità, con l'adozione di eventuali prescrizioni correttive, sulla base di un'analisi sintetico-comparativa per definizione incompatibile con il modulo della formazione provvedimentale tacita” ( in tal senso, ex plurimis, Cons. St., n.4058 del 2008).

Non appaiono persuasive neanche le doglianze avanzate in subordine. Nel provvedimento impugnato sono indicate le fonti alle quali l’ente si è riferito nel determinarsi nel senso dell’incompatibilità del Progetto col contesto ambientale sottoposto a tutela. Orbene l’art.3 della legge n.241 del 1990, consente espressamente che l'obbligo della motivazione del provvedimento amministrativo possa essere (anche) assolto per relationem agli atti dell'istruttoria, a condizione che siano indicati e resi disponibili gli atti cui si fa rinvio. Tale norma è rispettata mediante l'indicazione degli estremi e la messa a disposizione dell'interessato degli atti endoprocedimentali o comunque che dal tenore motivazionale del provvedimento emerga che l'autorità decidente si è basata su di essi (cfr., in tal senso, ex plurimis, Cons. St. 24-03-2014, n. 1420) . Orbene, poiché in nessuna sua parte il gravame fa riferimento all’indisponibilità da parte dell’ente dell’ostensione di tali atti istruttori, né parte ricorrente ha dichiarato di essersi infruttuosamente attivata per l’accesso a tali atti, ne segue che la doglianza così come implementata non merita condivisione.

IV)- Concludendo il ricorso in epigrafe è infondato e deve essere respinto.

Le oscillazioni giuriprudenziali di cui si è data contezza giustificano la compensazione tra le parti delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater), respinge il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2014 con l'intervento dei magistrati:

Eduardo Pugliese, Presidente

Pietro Morabito, Consigliere, Estensore

Stefano Toschei, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 06/08/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)