Consiglio di Stato Sez. VI n. 276 del 8 gennaio 2024
Beni culturali.Vincoli di tutela indiretta

In tema di prescrizioni di tutela indiretta del bene culturale previste dal c.d. Codice dei beni culturali e del paesaggio, l'art. 45 attribuisce all'Amministrazione la funzione di creare le condizioni affinché il valore culturale insito nel bene possa compiutamente esprimersi, senza altra delimitazione spaziale e oggettiva che non quella attinente alla sua causa tipica, che è di "prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l'integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro", secondo criteri di congruenza, ragionevolezza e proporzionalità. Tali criteri sono tra loro strettamente connessi e si specificano nel conseguimento di un punto di equilibrio identificabile nella corretta funzionalità dell'esercizio del potere di vincolo: perciò il potere che si manifesta con l'atto amministrativo deve essere esercitato in modo che sia effettivamente congruo e rapportato allo scopo legale per cui è previsto. Scopo legale che, nel caso del vincolo indiretto, concerne la cosiddetta cornice ambientale di un bene culturale: ne deriva che il limite di legittimità in cui si iscrive l'esercizio di tale funzione deve essere ricercato nell'equilibrio che preservi, da un lato, la cura e l'integrità del bene culturale e, dall'altro, che ne consenta la fruizione e la valorizzazione dinamica. L'imposizione del vincolo indiretto costituisce espressione della discrezionalità tecnica dell'Amministrazione, sindacabile in sede giurisdizionale quando l'istruttoria si riveli insufficiente o errata o la motivazione risulti inadeguata o presenti manifeste incongruenze o illogicità anche per l'insussistenza di un'obiettiva proporzionalità tra l'estensione del vincolo e le effettive esigenze di protezione del bene di interesse storico-artistico, e si basa sull'esigenza che lo stesso sia valorizzato nella sua complessiva prospettiva e cornice ambientale, onde possono essere interessate dai relativi divieti e limitazioni anche immobili non adiacenti a quello tutelato purché allo stesso accomunati dall'appartenenza ad un unitario e inscindibile contesto territoriale. Se è vero, infatti, che l'imposizione dei vincoli è conseguente ad una valutazione ampiamente discrezionale dell'Amministrazione, questa soggiace a precisi limiti enucleabili nel generale concetto di logicità e razionalità dell'azione amministrativa (onde evitare che la vincolatività indiretta, accessoria e strumentale possa trasformarsi in una vincolatività generale e indifferenziata); al principio di proporzionalità (congruità del mezzo rispetto al fine perseguito), alla specifica valutazione dell'interesse pubblico “particolare” perseguito ed alla necessità che nella motivazione provvedimentale sia chiaramente espressa l'impossibilità di scelte alternative meno onerose per il privato gravato del vincolo indiretto. 


Pubblicato il 08/01/2024

N. 00276/2024REG.PROV.COLL.

N. 03949/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3949 del 2020, proposto da
Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Lecce, Brindisi e Taranto, Segretariato Regionale per i Beni e le Attività Culturali per la Puglia, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

Comune Santa Cesarea Terme, Terme di Santa Cesarea s.p.a., non costituiti in giudizio;
Il Villino s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Massimo Camaldo e Alfredo Di Mauro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Comune di Santa Cesarea Terme, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Francesco Galluccio Mezio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Valerio Spigarelli, in Roma, via Mincio n. 4;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia sezione staccata di Lecce (Sezione Prima) n. 354/2020, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Il Villino s.r.l. e del Comune di Santa Cesarea Terme;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 16 ottobre 2023 il Cons. Annamaria Fasano e udito per le parti l’avvocato Cavallo Francesco in sostituzione dell'avv. Galluccio Mezio Francesco, in collegamento da remoto attraverso videoconferenza, con l'utilizzo della piattaforma "Microsoft Teams";

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Le Amministrazioni in epigrafe indicate propongono appello avverso la sentenza n. 354 del 2020 del T.A.R. per la Puglia, che ha accolto il ricorso proposto dal Comune di Santa Cesarea Terme per l’annullamento:

- del decreto ex art. 45 d.lgs. 42 del 2004 D.C.P.C. n. 691 del 21.12.2018, trasmesso al Comune di Santa Cesarea Terme il 24.01.2019, con nota MIBAC-SABAP-LE prot. 0001749 del 23.01.2019, della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Brindisi, Lecce e Taranto, con cui il Segretario Regionale, su parere positivo della Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale della Puglia, ha previsto, “ai sensi dell'art.45 del Decreto Legislativo n°42 del 22/01/2004, a tutela della godibilità, della luce della prospettiva e del decoro”, prescrizioni di tutela indiretta su immobili ricadenti nel territorio del Comune a vantaggio dell'immobile di interesse culturale denominato Villa Sticchi;

- della relativa Relazione storico-artistica della Soprintendenza allegata e di tutte le relazioni e pareri citati nel provvedimento impugnato, nonché ancora, ove occorra, della nota del 16.05.2018 prot.0008988 e della nota del 20.09.2018 prot.0017773 del MIBACT, entrambe di «comunicazione di avvio del procedimento prevista dagli artt. 7 e 8 della legge 7 agosto 1990 n.241».

Il Comune di Cesarea Terme ha proposto, altresì, motivi aggiunti per l’annullamento degli atti presupposti e successivi al decreto ex art. 45 d.lgs. 42 del 2004 D.C.P.C. n. 691 del 21.12.2018, gravato con il ricorso principale.

2. Le premesse in fatto possono essere così sintetizzate.

Con il D.M. del 12.08.1997, il complesso immobiliare denominato Villa Sticchi, situato in località Santa Cesarea Terme (LE), veniva assoggettato a vincolo diretto ai sensi della legge n. 1089 del 1939 e, contestualmente, con il D.M. del 22.12.1997, veniva adottata anche la tutela indiretta.

Tale ultimo provvedimento veniva, a suo tempo, impugnato e, a seguito della sentenza n. 1075 del 2012 del TAR per la Puglia, Sezione Lecce, l’Amministrazione riavviava il procedimento di tutela indiretta. Nell’ambito della rinnovata procedura, l’Amministrazione rivedeva le prescrizioni e il perimetro del vincolo, alla luce delle mutate esigenze di tutela in ragione del moltiplicarsi dei fattori di rischio idonei ad inficiare la prospettiva, la luce e il decoro del bene tutelato.

In particolare, l’intenso proliferare di strutture removibili sul tratto di costa interessato dal provvedimento, induceva l’Amministrazione a considerare la necessità di inibire, sulle particelle corrispondenti alla scogliera, l’apposizione di qualsiasi struttura precaria, anche a carattere stagionale, in quanto le stesse, qualora installate, venivano ritenute in grado di compromettere la prospettiva ed il decoro della Villa, progettata per essere isolata e dominante sulla scogliera sulla quale si erigeva. Secondo l’Amministrazione, dalla lettura della Relazione storico-artistica, allegata al D.M. del 12.08.1997, secondo cui “questa (la Villa) sorge sulla sommità di un rilievo roccioso alto circa 20 metri sul livello del mare” e “l'architettura moresca per un palazzo che sorge quasi in riva al mare su una scogliera rocciosa era certamente la più adatta”, emergeva l’importanza di preservare la scogliera da qualunque tipo di modifica tale da incidere sull’originaria idea progettuale.

Tenuto conto che la citata sentenza del TAR per la Puglia imponeva di comunicare al titolare del bene l’avvio del procedimento finalizzato all’apposizione del vincolo, l’Amministrazione procedeva all’avviso di procedimento, prodromico all’emanazione del provvedimento impugnato, con nota prot. n. 8988 del 16/05/2018. Alla richiesta di pubblicazione nell’albo pretorio comunale, avanzata dalla Soprintendenza con prot. 17773 del 20/09/2018, seguiva l’affissione, giusta nota prot. n. 10491 del 14/12/2018.

Avverso le osservazioni prodotte dal Comune, la Soprintendenza presentava controdeduzioni, con nota prot. 14770 del 31/07/2018 e prot. 22932 del 30/11/2018. Pertanto, visto il parere positivo reso dalla Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale, nella riunione del 13.12.2018, il Segretariato MIBACT per la Puglia emanava il D.P.C.P. n. 691 del 21.12.2018, con cui dettava prescrizioni di tutela indiretta su immobili ricadenti nel territorio del Comune.

Il decreto prescriveva “ai sensi dell’art. 45 del D.L. n. 42 del 22/01/2004, a tutela della godibilità della luce della prospettiva e del decoro …. il divieto di edificabilità, di realizzazione di opere di scavo e/o sterro o di uso a discarica che comportino una condizione permanente di disordine e di degrado ambientale, la manutenzione dell'esistente nel rispetto del decoro del monumento” con riferimento al foglio 31, particella n. 119 mentre, con riguardo alle particelle 606 e 519, “l’inedificabilità assoluta e il divieto di collocazione di qualsivoglia struttura precaria anche a carattere stagionale”.

3. Successivamente, il Comune di Santa Cesarea Terme proponeva ricorso, integrato da motivi aggiunti, dinanzi al Tar per la Puglia, lamentando il difetto di istruttoria e di motivazione del gravato provvedimento di apposizione del vincolo indiretto, il quale era stato adottato a distanza di vent’anni dall’apposizione del vincolo diretto, senza alcun fatto sopravvenuto e senza riguardo all’effettiva incidenza rispetto all’integrità, alla prospettiva, alla luce e al decoro di Villa Sticchi.

Il Comune denunciava la violazione dell’art. 10 della legge n. 241 del 1990, in quanto il decreto si limitava a citare le osservazioni prodotte dagli interessati senza tuttavia riportare le specifiche ragioni ostative all’accoglimento, e la violazione dell’art. 39, comma 2, lett. c) del DPCM 29.08.2014 n. 171, secondo cui le prescrizioni di tutela diretta riguardavano la Commissione regionale per il patrimonio culturale, mentre, nel caso di specie, le stesse erano state assunte dal Segretario Regionale Dirigente del MIBAC per la Puglia, sulla base del solo “parere” della suddetta Commissione del 13.12.2018.

Secondo l’Ente ricorrente, il decreto aveva colpito aree di natura e consistenza diverse, circostanti Villa Sticchi, senza tener conto delle relative specificità, nonché degli strumenti urbanistici restrittivi (PUTT e PPTR) già adottati dal Comune di Cesarea Terme.

4. Con la sentenza n. 354 del 2020, il T.A.R., pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, li accoglieva nei termini di cui in motivazione e, per l’effetto, disponeva l’annullamento, in parte qua, degli atti impugnati.

Secondo il Collegio di prima istanza, il decreto si limitava ad esprimere un generico riferimento alla esigenza di salvaguardare la godibilità della luce, della prospettiva e del decoro, sicchè la necessità del rispetto della c.d. "cornice ambientale" risultava espressa mediante una clausola di stile, utilizzabile per qualsiasi situazione, senza dare sufficientemente conto delle peculiarità del contesto di riferimento e senza consentire di comprendere le ragioni per le quali l'esigenza di tutela sottesa al vincolo indiretto dovesse essere soddisfatta attraverso misure così invasive delle ragioni proprietarie, tanto da comprendere l’impossibilità di collocazione di qualsivoglia struttura precaria e di carattere stagionale.

Gli apprezzamenti tecnico-discrezionali compiuti dall’Amministrazione erano avulsi dal contesto fattuale di riferimento, non essendo stato evidenziato il percorso motivazionale sulla base del quale si era proceduto alla ponderazione dei contrastanti interessi pubblici e privati, nonchè alla verifica delle prescrizioni assolutamente necessarie e proporzionate rispetto alle esigenze di tutela del bene.

Inoltre, il provvedimento non recava alcuna “deliberazione” né alcun ruolo attivo del competente Organo collegiale regionale ex art. 39 D.P.C.M. n. 171/2014, il quale “detta, su proposta delle competenti Soprintendenze di settore, prescrizioni di tutela indiretta ai sensi dell'articolo 45 del Codice”.

5. Con il ricorso in appello, notificato nei termini e nelle forme di rito, il Ministero per i Beni e le Attività culturali, la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Lecce, Brindisi e Taranto, il Segretario Regionale per i Beni e le Attività Culturali per la Puglia hanno chiesto la riforma della suddetta pronuncia, denunciando: “Error in iudicando: erroneità della sentenza per intrinseca illogicità della motivazione; violazione ed erronea applicazione degli artt. 45 e ss. del d.lgs. 42/2004”.

6. Il Comune di Santa Cesarea Terme si è costituito in resistenza, concludendo per il rigetto dell’appello.

7. La società “Il Villino” s.r.l. si è difesa, chiedendo la reiezione del gravame.

8. Questa Sezione, con ordinanza cautelare n. 4240 del 2020, ha respinto l’istanza cautelare proposta in via incidentale dalla parte appellante.

9. All’udienza straordinaria del 16 ottobre 2023 la causa è stata assunta in decisione.

DIRITTO

10. Le Amministrazioni appellanti, con un unico articolato motivo, denunciano l’error in iudicando in cui sarebbe incorso il giudice di prima istanza, il quale avrebbe accolto il ricorso sulla base del presunto difetto di motivazione del provvedimento di apposizione del vincolo indiretto, nonché del difetto di istruttoria del procedimento.

Secondo le ricorrenti, invece, il provvedimento di apposizione del vincolo indicherebbe espressamente le motivazioni per cui si è resa necessaria la sua adozione in relazione all’immobile tutelato, destinatario della dichiarazione di interesse culturale.

Infatti, sarebbero state adottate specifiche prescrizioni a tutela della godibilità, della luce, della prospettiva e del decoro del complesso immobiliare di cui si tratta. Le esponenti deducono, in particolare, che il vincolo indiretto non ha contenuto prescrittivo tipico ma è rimesso all’autonomo apprezzamento dell’Amministrazione nell’esercizio di un potere espressione di discrezionalità tecnica, sindacabile dal giudice solamente ab estrinseco per incongruenza e illogicità tale da far emergere l’inattendibilità o l’irrazionalità della valutazione. Pertanto, l’Amministrazione, al fine di garantire l’ottimale protezione del bene principale, può spingersi fino a prevedere l’inedificabilità assoluta in un ambito territoriale che si estende fino a comprendere ogni immobile, anche non contiguo, la cui manomissione si stimi potenzialmente idonea ad alterare il complesso delle condizioni e caratteristiche fisiche e culturali connotanti lo spazio circostante.

Secondo le appellanti, sarebbe ragionevole e proporzionata la previsione del divieto di apposizione di strutture, anche a carattere precario o stagionale, nella zona circostante Villa Sticchi, di per sé idonee a deturparne la bellezza architettonica. Concludono precisando che la motivazione analitica delle prescrizioni dettate per ciascuna particella si ricava dalla lettura combinata dei provvedimenti impugnati (decreto di apposizione del vincolo indiretto e Relazione storico-artistica), e che l’iter procedimentale di cui all’art. 39, co. 2, lett. c) del D.P.C.M. 29.08.2014, n. 171, sarebbe stato correttamente seguito, come da prassi ormai consolidata.

11. L’appello non è fondato e non può trovare accoglimento.

11.1. In linea di diritto, va ribadito che, in tema di prescrizioni di tutela indiretta del bene culturale previste dal c.d. Codice dei beni culturali e del paesaggio, l'art. 45 attribuisce all'Amministrazione la funzione di creare le condizioni affinché il valore culturale insito nel bene possa compiutamente esprimersi, senza altra delimitazione spaziale e oggettiva che non quella attinente alla sua causa tipica, che è di "prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l'integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro", secondo criteri di congruenza, ragionevolezza e proporzionalità.

Tali criteri sono tra loro strettamente connessi e si specificano nel conseguimento di un punto di equilibrio identificabile nella corretta funzionalità dell'esercizio del potere di vincolo: perciò il potere che si manifesta con l'atto amministrativo deve essere esercitato in modo che sia effettivamente congruo e rapportato allo scopo legale per cui è previsto. Scopo legale che, nel caso del vincolo indiretto, concerne la cosiddetta cornice ambientale di un bene culturale: ne deriva che il limite di legittimità in cui si iscrive l'esercizio di tale funzione deve essere ricercato nell'equilibrio che preservi, da un lato, la cura e l'integrità del bene culturale e, dall'altro, che ne consenta la fruizione e la valorizzazione dinamica (Consiglio di Stato sez. VI 27 luglio 2015 n. 3669; id. 10 maggio 2021 n. 3663). L'imposizione del vincolo indiretto costituisce espressione della discrezionalità tecnica dell'Amministrazione, sindacabile in sede giurisdizionale quando l'istruttoria si riveli insufficiente o errata o la motivazione risulti inadeguata o presenti manifeste incongruenze o illogicità anche per l'insussistenza di un'obiettiva proporzionalità tra l'estensione del vincolo e le effettive esigenze di protezione del bene di interesse storico-artistico, e si basa sull'esigenza che lo stesso sia valorizzato nella sua complessiva prospettiva e cornice ambientale, onde possono essere interessate dai relativi divieti e limitazioni anche immobili non adiacenti a quello tutelato purché allo stesso accomunati dall'appartenenza ad un unitario e inscindibile contesto territoriale.

Se è vero, infatti, che l'imposizione dei vincoli è conseguente ad una valutazione ampiamente discrezionale dell'Amministrazione, questa soggiace a precisi limiti enucleabili nel generale concetto di logicità e razionalità dell'azione amministrativa (onde evitare che la vincolatività indiretta, accessoria e strumentale possa trasformarsi in una vincolatività generale e indifferenziata); al principio di proporzionalità (congruità del mezzo rispetto al fine perseguito), alla specifica valutazione dell'interesse pubblico “particolare” perseguito ed alla necessità che nella motivazione provvedimentale sia chiaramente espressa l'impossibilità di scelte alternative meno onerose per il privato gravato del vincolo indiretto.

11.2. Orbene, come emerge dalla piana lettura del provvedimento impositivo del vincolo e del contenuto della Relazione storico – artistica della Soprintendenza, l’Amministrazione non ha ottemperato all’obbligo di rendere chiare le ragioni per le quali si è resa necessaria la sua adozione in relazione all’immobile tutelato. Nel provvedimento sono indicate una serie di particelle, senza in alcun modo chiarire che inerenza ciascuna di esse ha, o potrebbe avere, con l’immobile Villa Sticchi, e sotto quale profilo eventuali interventi su di esse potrebbero inficiare l’integrità, la prospettiva, la luce e il decoro del bene tutelato.

Ne consegue che l’atto impositivo del vincolo è viziato sotto il profilo motivazionale, atteso che non sono state in alcun modo esplicitate le ragioni delle prescrizioni imposte, con riferimento ad ogni singola particella interessata dal suddetto vincolo, né l’Amministrazione si è premurata di confutare le argomentazioni illustrate dal Comune di Santa Cesarea nelle osservazioni infraprocedimentali presentate a seguito di comunicazione di avvio del procedimento, pur avendo l’obbligo di valutarle e di esplicitare i motivi per i quali le si è ritenute irrilevanti, ciò anche al fine di evidenziare la non manifesta irragionevolezza della scelta effettuata sulla prevalenza di un valore in conflitto con l’altro. Appare evidente, quindi, che le valutazioni tecnico – discrezionali compiute dalle Amministrazioni appellanti non sembrano tenere conto del contesto di riferimento, non essendo chiaro il percorso logico – giuridico che ha condotto all’apposizione del vincolo, né sembra evidente la ponderazione dei contrastanti interessi pubblici e privati coinvolti in relazione alle prescrizioni imposte.

Il Collegio ritiene, pertanto, che la sentenza impugnata non merita censura, avendo il Giudice di prima istanza rilevato che il decreto impugnato si limita ad esprimere un generico riferimento alla esigenza di salvaguardare la godibilità della luce, della prospettiva e del decoro con clausole di stile, utilizzabili in qualsiasi situazione, le quali non danno sufficientemente conto delle peculiarità del contesto di riferimento e ‘non consentono di comprendere le ragioni per le quali l’esigenza di tutela sottesa al vincolo indiretto debba essere soddisfatta attraverso misure così invasive delle ragioni proprietarie, tanto da comprendere l’impossibilità di collocazione di qualsivoglia struttura precaria e di carattere stagionale’, con la conseguenza che ‘il decreto impugnato sconta quindi il rilevato deficit istruttorio e motivazionale’. Pur essendo dirimente il rilevato difetto motivazionale del provvedimento impugnato, va ribadito, altresì, quanto precisato dal Tribunale adito, secondo cui emerge l’assenza del ruolo attivo del componente Organo collegiale regionale ex art. 39 D.P.C.M. n. 171/2014, il quale detta su proposta delle competenti Soprintendenze di settore, prescrizioni di tutela indiretta ai sensi dell’articolo 45 del Codice.

12. In ragioni di siffatti rilievi, l’appello va respinto, e la sentenza impugnata confermata.

13. Le spese di lite del grado seguono il criterio della soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna le Amministrazioni soccombenti al rimborso delle spese di lite del grado che si liquidano in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00) a favore di ciascuna delle parti costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del giorno 16 ottobre 2023 tenuta da remoto ai sensi dell’art. 17, comma 6, d.l. 9.6.2021, n. 80, convertito con modificazioni dalle legge 6.8.2021, n. 113, con l'intervento dei magistrati:

Oreste Mario Caputo, Presidente FF

Giordano Lamberti, Consigliere

Davide Ponte, Consigliere

Roberta Ravasio, Consigliere

Annamaria Fasano, Consigliere, Estensore