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Sez. 3, Sentenzan. 20678 del 04/05/2004 (Ud. 11/03/2004 n.00328 ) Rv. 228916
Presidente: Savignano G. Estensore: Vangelista V. Imputato: Rea. P.M. Esposito V. (Conf.)
(Rigetta, Trib.Lib.Foggia, 29 ottobre 2003).
CACCIA - ESERCIZIO - IN GENERE - Contenuto del divieto dell'attività venatoria di cui all'art. 18 legge n. 157 del 1992 - Disciplina dettata dalla Regioni - Disciplina statale - Applicazione residuale - Carattere generale del divieto - Limitazione dei destinatari ai soli non residenti - Ammissibilità.
CON MOTIVAZIONE


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Massima (Fonte CED Cassazione)

Il contenuto del divieto dell'attività venatoria, come enunciato nell'art. 18 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), va individuato facendo ricorso alla legge regionale, poiché il comma primo della citata disposizione attribuisce alle Regioni il potere di stabilire il calendario dell'intera annata venatoria ed in questa materia la legge statale ha uno spazio di applicazione residuale, secondo quanto stabilito dall'art. 117 Cost. Inoltre il contenuto generale del divieto, in base al combinato disposto tra l'art. 18 e l'art. 30, lett. a) della citata legge, non cessa di essere tale anche nel caso in cui la legislazione regionale individui i destinatari di esso solo nei soggetti non residenti nella Regione stessa, con la finalità di tutelare la fauna dagli abbattimenti eccessivi.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. SAVIGNANO Giuseppe - Presidente - del 11/03/2004
Dott. ZUMBO Antonio - Consigliere - SENTENZA
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - N. 328
Dott. GRILLO Carlo Maria - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. VANGELISTA Vittorio - Consigliere - N. 47577/2003
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Rea Agostino n. a Casalnuovo di Napoli il 5.8.1948;
avverso la ordinanza del Tribunale del Riesame di Foggia in data 29.10.03;
visti gli atti, ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Vittorio Vangelista;
Udito il Pubblico Ministero nella persona del Dott. Vitaliano Esposito che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Rea Agostino ricorre avverso l'ordinanza in data 29.10.2003 del Tribunale di Foggia, che rigettava la richiesta di riesame del provvedimento di convalida di sequestro probatorio di un fucile automatico "Benelli" e di quattro cartucce, emesso dal P.M. presso il medesimo Tribunale nell'ambito del procedimento penale per cui il ricorrente è indagato per il reato p. e p. dall'art. 30, lett. A), L. 157/92, in relazione all'art. 18 della stessa legge. In data 14 settembre 2003, gli agenti della polizia faunistica ambientale di Foggia, durante una perlustrazione nell'agro del Comune di Candela, loc. Porta Fissa, accertavano che il ricorrente, non residente nella Regione Puglia, esercitava la caccia in violazione dell'art. 1 del Calendario venatorio della Regione Puglia relativo all'annata 2003/2004, il quale prevedeva l'apertura della stagione venatoria, per i non residenti, alla terza domenica di settembre e la chiusura al 31 gennaio 2004.
Il Tribunale del Riesame aveva assunto la decisione, opinando che, nella fattispecie, dovesse applicare la normativa regionale, richiamata dalla L. 157/92, sull'assunto che tale legge avesse la funzione di legge-quadro, le cui disposizioni di carattere generale intanto avrebbero operato in quanto non vi fosse una disciplina specifica apprestata dalla singola regione; pertanto, il Rea, avrebbe posto in essere l'"esercizio venatorio" in un periodo che, seppur non vietato dalla L. 157/92, lo era, però, in riferimento al Calendario della Regione Puglia, approvato per l'anno 2003/2004, che interdiceva la caccia ai non residenti fino alla terza settimana di settembre, configurandosi, così, la condotta sanzionata penalmente dall'art. 30, lett. A) della citata legge statale.
Il ricorrente lamenta errata applicazione e violazione dell'art. 30, lett. A), L. 157/92, in quanto il fatto contestato non sarebbe previsti come reato da questa disposizione normativa, che sanziona penalmente l'esercizio della caccia solo in periodo di divieto generale, intercorrente tra la data di chiusura e quella di apertura fissate dallo art. 18 (31 gennaio - 1^ settembre), con riferimento, però a ciascuna specie animale cacciabile; il divieto generale di caccia a tutte le specie animali, così stabilito, non potrebbe essere derogato, secondo l'assunto difensivo, dalle amministrazioni regionali. In forza del principio, infatti, per cui la fonte del potere punitivo risiede nella sola legislazione statale, le Regioni non hanno alcun potere di introdurre nuove fattispecie di reato e la violazione della legge regionale non può essere, pertanto, penalmente sanzionata al di fuori delle ipotesi espressamente previste dalla L. 157/92, ma costituirà, in tal caso, semplice illecito, soggetto a sanzione amministrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato e, come tale, deve essere respinto: al riguardo, infatti, correttamente il giudice del riesame ha ritenuto che la legge statale in oggetto abbia uno spazio di applicazione residuale rispetto alla legge regionale, in ciò richiamando l'art. 117 della Costituzione, il quale stabilisce che la Regione emana, in materia, fra l'altro, di caccia, norme legislative nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, sempreché le norme stesse non siano in contrasto con lo interesse nazionale e con quello di altre Regioni.
Il contenuto del divieto dell'"attività venatoria", del resto, come enunciato nell'art. 18, L. 157/92, va individuato nella legge regionale, posto che il 4^ comma di detto articolo attribuisce alle regioni il potere di pubblicare il calendario dell'"intera" annata venatoria. Le norme regionali afferenti all'individuazione dei periodi cacciabili hanno, pertanto, valenza equiparata a quella statale: con riferimento al caso in esame, infatti, emerge dall'art. 30, lett. A), L. 157/92 che la contravvenzione si perfeziona esercitando la caccia in periodo di divieto generale intercorrente tra la data di chiusura e quella di apertura fissata dall'art. 18 della stessa legge (31 gennaio - 1^ settembre), norma, quest'ultima, che prevede, come sopra accennato, il potere delle regioni di pubblicare un calendario nel rispetto di quanto stabilito ai commi 1 - 2 - 3 e, quindi, di modificare i termini di cui al comma 1 per determinate specie cacciabili, in relazione alle situazioni ambientali delle diverse realtà territoriali. Le regioni autorizzano le modifiche previo parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, ma i termini devono essere, comunque, contenuti tra il 1^ settembre ed il 31 gennaio, nel rispetto dell'arco temporale massimo indicato al comma 1.
Ne consegue che il divieto "generale" di caccia non è sempre quello stabilito dalla legge statale, ove la regione, come nella fattispecie, abbia diversamente disposto nel calendario dell'intera annata venatoria nell'osservanza di quanto la legge le consente. Il carattere generale del divieto, poi, non cessa di essere tale quando, come nel presente caso, esso sia diretto ai soli non residenti nella regione, tutelandosi, in tal modo, la fauna da abbattimenti eccessivi.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 11 marzo 2004.
Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2004