Cass. Sez. III n.48486 del 4 dicembre 2013 (Ud. 13 nov. 2013)
Pres. Mannino Est. Ramacci Ric. Ciccarelli
Caccia e animali. Introduzione armi in aree protette e trasporto  all'interno dei centri abitati e delle altre zone dove è vietata l'attività venatoria

La previsione dell'art.11 della legge 394\1991, che vieta l'introduzione di armi all'interno delle aree naturali protette, non è stata abrogata o derogata dall'art. 21 lett. g) della legge 157\1992, che vieta il trasporto di armi da sparo per uso venatorio che non siano scariche e in custodia all'interno dei centri abitati e delle altre zone dove è vietata l'attività venatoria e ciò in quanto tale secondo divieto è compatibile con il primo e comunque non regola l'intera materia da quello disciplinato

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Ascoli Piceno, con sentenza del 24.4.2012 ha condannato C.R. alla pena dell'ammenda per il reato di cui alla L. n. 394 del 1991, art. 11, comma 3, lett. f) e art. 30, comma 1, per aver portato, all'interno di un'area protetta, un fucile da caccia con relativo munizionamento (in (OMISSIS)) assolvendolo, ai sensi dell'art. 530 c.p.p., comma 2, per insussistenza del fatto, dal reato di cui alla L. n. 157 del 1992, art. 21, comma 3, lett. b) e g) e art. 30.

Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione.

2. Con un primo motivo di ricorso rileva che erroneamente il giudice avrebbe applicato la L. n. 394 del 1991, avendo dovuto, al contrario, applicare la successiva L. n. 157 del 1992, la quale contemplerebbe la medesima fattispecie senza, tuttavia, prevedere sanzioni, cosicchè la condanna sarebbe intervenuta per una condotta non più punita.

3. Con un secondo motivo di ricorso lamenta che il giudice del merito avrebbe omesso di pronunciarsi in merito alla confisca dell'arma in sequestro.

4. Con un terzo motivo di ricorso osserva che la sentenza, nella parte in cui dispone l'assoluzione dell'imputato "dal reato a lui ascritto" senza alcuna specificazione del relativo capo di imputazione, si porrebbe in evidente contraddizione con la condanna per il precedente capo a), rendendo "credibile" l'assoluzione da tutte le imputazioni ed applicando, conseguentemente, la sospensione condizionale per una sentenza di assoluzione.

Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso.

5. Il procedimento, originariamente inviato alla Settima Sezione Penale di questa Corte sul presupposto della tardività del ricorso, con provvedimento assunto nella camera di consiglio del 5.4.2013 è stato rimesso all'esame di questa Terza Sezione.

In data 28.10.2013 il ricorrente ha depositato "motivi aggiunti", deducendo la manifesta contraddittorietà della sentenza in relazione al terzo motivo di ricorso e la violazione di legge in merito alla concessione d'ufficio della sospensione condizionale della pena.


CONSIDERATO IN DIRITTO

6. Va preliminarmente rilevata la tempestività del ricorso.

Come emerge dagli atti, la sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno è stata depositata il 3.7.2012, entro il termine indicato di giorni 90 che scadeva il 23.7.2012, cosicchè, ai sensi dell'art. 585 c.p.p., comma 2, lett. c) il termine di 45 giorni indicato dal comma 1, lett. c) del medesimo articolo, decorrente da tale data, andava a scadere, tenuto conto anche della sospensione per il periodo feriale, il 22.10.2012.

Il ricorso risulta presentato il 20.10.2012 risulta, pertanto, tempestivo.

Data tale premessa, deve osservarsi che il ricorso è solo in parte fondato.

7. Va detto, con riferimento al primo motivo di ricorso, che la giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di affermare, ripetutamente, che la previsione della L. n. 394 del 1991, art. 11, che vieta l'introduzione di armi all'interno delle aree naturali protette, non è stata abrogata o derogata dalla L. n. 157 del 1992, art. 21, lett. g), che vieta il trasporto di armi da sparo per uso venatorio che non siano scariche e in custodia all'interno dei centri abitati e delle altre zone dove è vietata l'attività venatoria e ciò in quanto tale secondo divieto è compatibile con il primo e comunque non regola l'intera materia da quello disciplinato (Sez. 3^ n. 35393, 16 settembre 2008; Sez. 1^ n. 5977, 22 maggio 2000; Sez. 1^ n. 2919, 9 marzo 2000; Sez. 3^ n. 30, 5 gennaio 2000; Sez. 3^, n. 2652, 7 agosto 1995).

Tali principi sono pienamente condivisi dal Collegio, che non intende pertanto discostarsene.

Ne consegue la manifesta infondatezza del motivo di ricorso.

8. Quanto al secondo motivo di ricorso deve osservarsi che dal provvedimento impugnato risulta che il giudice del merito ha omesso ogni esplicita statuizione in ordine alla destinazione dell'arma in sequestro e del relativo munizionamento, cosicchè la decisione deve essere annullata sul punto con rinvio al giudice competente.

9. Manifestamente infondato risulta, invece, il terzo motivo di ricorso, atteso che la decisione del giudice appare perfettamente comprensibile e immune da manifesta contraddizioni o illogicità, risultando chiaramente dal tenore della motivazione e dallo stesso dispositivo per quale reato è intervenuta la condanna e da quale contestazione l'imputato è stato invece assolto, concretandosi l'omessa indicazione della lettera di riferimento al capo di imputazione nel dispositivo della sentenza in un mera svista del tutto irrilevante.

10. Quanto al motivo nuovo concernente la concessione d'ufficio della sospensione condizionale della pena, si osserva che lo stesso non è ammissibile in quanto concerne questione non dedotta nei motivi principali. Invero, motivi nuovi proposti a sostegno dell'impugnazione devono avere ad oggetto, a pena di inammissibilità, i capi o i punti della decisione impugnata che sono stati enunciati nell'originario atto di gravame, ai sensi dell'art. 581 c.p.p., comma 1, lett. a).


P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla omessa statuizione sulla destinazione delle cose in sequestro con rinvio al Tribunale di Ascoli Piceno. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 13 novembre 2013.