Cass. Sez. III n. 6268 del 8 febbraio 2019 (Cc 11 ott. 2018)
Pres. Rosi Est. Andronio Ric. Perrone
Ecodelitti.Nozione di inquinamento ambientale

Non assume decisivo rilievo la rubrica dell'articolo 452-bis c.p.  («inquinamento ambientale»),né è di ausilio la definizione di inquinamento contenuta nell'art. 5, comma 1, lettera i-ter), del d.lgs. n. 152 del 2006, perché tale definizione ha portata limitata a quell'ambito; tanto più che, quando lo ha ritenuto necessario a fini definitori, la legge n. 68 del 2015 ha espressamente richiamato il d.lgs. del 2006 o altre disposizioni.


RITENUTO IN FATTO
1. − Con ordinanza del 26 aprile 2018, il Tribunale di Palermo ha rigettato la richiesta di riesame presentata dall’indagato avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip del Tribunale di Termini Imerese il 3 aprile 2018, avente ad oggetto denaro o beni nella disponibilità dello stesso indagato fino alla concorrenza di un milione di euro, in relazione al reato di cui all’art. 452 bis cod. pen., a lui contestato, in concorso con altro soggetto, quale amministratore unico di una società, per avere cagionato abusivamente una compromissione e un deterioramento significativi e misurabili di rilevanti porzioni del suolo e del sottosuolo, svolgendo un’attività di coltivazione di una cava che aveva cagionato una frana di dimensioni pari a 2,5 ha di superficie (157 m di lunghezza e 230 m di larghezza), travolgendo gli edifici di alcune attività commerciali e compromettendo la sicurezza di altri immobili.
2. − Avverso l’ordinanza l’indagato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, deducendo, con unico motivo di doglianza, l’erronea applicazione agli artt. 452 bis e 452 undecies cod. pen. nonché dell’art. 5, comma 1, lettera i-ter), del decreto legislativo n. 152 del 2006. La dedotta violazione di legge consisterebbe nell’avere ritenuto rientrante nella disposizione incriminatrice una condotta che s’era sostanziata esclusivamente nell’innesco di una frana, ma non in inquinamento ambientale, essendo quest’ultimo definito come l’introduzione di sostanze, vibrazioni, calore o rumore o, più in generale, di agenti fisici o chimici, nell’aria, nell’acqua o nel suolo, che potrebbero nuocere alla salute umana o alla qualità dell’ambiente, causare il deterioramento dei beni materiali, oppure danni o perturbazioni a valori ricreativi dell’ambiente o ad altri suoi legittimi usi. E sarebbe pacifico, nel caso di specie, che la frana non aveva introdotto nell’ambiente nessun agente inquinante.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso non è fondato.
La prospettazione difensiva si basa sull’assunto che il delitto di cui all’art. 452 bis cod pen. sia un reato a condotta vincolata, essendo configurabile solo nel caso della introduzione o immissione in un dato ambiente di agenti nocivi ad esso estranei, e richiama, a tal fine, la rubrica della disposizione, la quale fa riferimento all’«inquinamento ambientale». Tale assunto si pone, però, in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte – richiamata dallo stesso ricorrente e fatta propria dal Tribunale del riesame – la quale muove dall’affermazione che la compromissione e il deterioramento, di cui al delitto di inquinamento ambientale previsto dall’art. 452 bis cod. pen., consistono in un’alterazione, significativa e misurabile, dell’originaria consistenza della matrice ambientale o dell’ecosistema, caratterizzata, nel caso della “compromissione”, da una condizione di squilibrio funzionale, incidente sui processi naturali correlati alla specificità della matrice o dell’ecosistema medesimi e, nel caso del “deterioramento”, da una condizione di squilibrio strutturale, connesso al decadimento dello stato o della qualità degli stessi (Sez. 3, n. 15865 del 31/01/2017, Rv. 269489 – 01; Sez. 3, n. 46170 del 21/09/2016, Rv. 268059 – 01). E si è osservato che, per comprendere la portata di tali termini, non assume decisivo rilievo la rubrica dell’articolo («inquinamento ambientale»), né è di ausilio la definizione di inquinamento contenuta nell’art. 5, comma 1, lettera i-ter), del d.lgs. n. 152 del 2006, perché tale definizione ha portata limitata a quell’ambito; tanto più che, quando lo ha ritenuto necessario a fini definitori, la legge n. 68 del 2015 ha espressamente richiamato il d.lgs. del 2006 o altre disposizioni.
4. − Ne consegue il rigetto del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, l’11 ottobre 2018.