Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1260, del 4 marzo 2013
Elettrosmog.Legittimità diffida del Sindaco dal continuare l’esercizio delle trasmissioni radiotelevisive in condizioni di superamento dei valori di attenzione

E’ vero che l’art. 9 della legge 22 febbraio 2001, n. 36 (legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici) affida alle regioni l’adozione dei piani di risanamento ambientale al fine di adeguare, in modo graduale, gli impianti radioelettrici già esistenti alla data della entrata in vigore della legge ai limiti di esposizione, ai valori di attenzione ed agli obiettivi di qualità stabiliti secondo le norme della stessa legge; e che, inoltre, la realizzazione del piano è controllata dalle regioni, che possono prevedere anche la delocalizzazione degli impianti di radiodiffusione in siti conformi alla pianificazione in materia e degli impianti di diversa tipologia in siti idonei. Non è neppure dubbio che, conformemente a tale previsione legislativa, l’art. 10 della legge della Regione Abruzzo 13 dicembre 2004, n. 45 (Norme per la tutela della salute e la salvaguardia dell'ambiente dall'inquinamento elettromagnetico) ha previsto in capo alla Regione l’adozione dei piani di risanamento e dei provvedimenti eventuali di delocalizzazione degli impianti. Tale potere pianificatorio conferito alle regioni, e i connessi poteri di vigilanza sulla attuazione dei piani di risanamento ambientale e, da ultimo, di delocalizzazione degli impianti, non hanno effetto privativo sulle ordinarie competenze comunali, come desumibili dalla legislazione generale per quanto riguarda l’adozione di ordinanze contingibili ed urgenti a tutela della salute cittadini e, per ciò che riguarda la specifica materia dell’inquinamento elettromagnetico, dalle disposizioni normative del settore. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 01260/2013REG.PROV.COLL.

N. 03116/2010 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3116 del 2010, proposto da: 
Rai Way s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe De Vergottini e Cesare Caturani, con domicilio eletto presso lo studio legale del primo difensore in Roma, via A. Bertoloni, 44;

contro

Comune di Pescara, in persona del sindaco e legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Paola Di Marco, con domicilio eletto presso Quirino D'Angelo in Roma, via Paolo Emilio n. 34; 
Agenzia Regionale per la Tutela dell'Ambiente (Arta) dell’Abruzzo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Ministero dello sviluppo economico, Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in persona dei rispettivi rappresentanti, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domiciliano in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
Radio California s.r.l., non costituita in questo grado di giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. ABRUZZO - SEZ. STACCATA DI PESCARA: SEZIONE I n. 71/2009, resa tra le parti, concernente adeguamento impianti per riduzione valori campi elettromagnetici - risarcimento danni



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Pescara, dell’Agenzia per l’Ambiente dell’Abruzzo (Arta), del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 febbraio 2013 il consigliere di Stato Giulio Castriota Scanderbeg e uditi per le parti l’avvocato Giovanni de Vergottini, per delega dell’avvocato Giuseppe de Vergottini, l’avvocato Pappalepore per delega dell’avvocato Di Marco, e l’avvocato dello Stato Maddalo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

Rai Way s.p.a. impugna la sentenza del Tribunale amministrativo regionale dell’Abruzzo – sezione di Pescara - 11 febbraio 2009, n. 71 che ha respinto il suo ricorso avverso l’ordinanza del sindaco di Pescara n. 239 del 21 marzo 2008 (nonché avverso gli atti presupposti e conseguenti) recante la diffida ad essa società, nonché ad altre emittenti private, dal continuare l’esercizio delle trasmissioni dall’impianto sito in Pescara al colle San Silvestro in condizioni di superamento dei valori di attenzione rilevati in un unico punto di misurazione, con l’ordine conseguenziale di adeguamento immediato degli impianti.

La società appellante torna a riproporre in questo grado la censura, disattesa in primo grado, di difetto di competenza in capo al sindaco di Pescara ad adottare provvedimenti, quali quello in prime cure gravato, funzionali alla riduzione, nei limiti di cui al d.P.C.M. 8 luglio 2003 (recante la fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) generati dagli elettrodotti.), delle emissioni elettromagnetiche provenienti da impianti di trasmissione collocati sullo stesso sito, trattandosi di competenze facenti capo alla Regione in base alla disciplina normativa applicabile nella materia.

Inoltre, l’appellante si duole dell’erroneità della sentenza nella parte in cui avrebbe mancato di rilevare l’omessa o quantomeno insufficiente istruttoria a base dell’atto gravato; l’appellante osserva che l’istruttoria procedimentale propedeutica all’adozione dell’atto gravato, svoltasi non in contraddittorio con le parti interessate, avrebbe omesso di verificare che il superamento dei valori di attenzione non sarebbe ascrivibile al proprio impianto, ma piuttosto agli impianti delle altre società emittenti dallo stesso sito. Conclude l’appellante per l’accoglimento, con l’appello, del ricorso di primo grado, con il consequenziale annullamento degli atti in quella sede impugnati.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Pescara, il Ministero dello sviluppo economico ed il Ministero dell’Ambiente per resistere al ricorso e per chiederne la reiezione.

All’udienza del 5 febbraio 2013 la causa è stata trattenuta per la sentenza.

L’appello è infondato e va respinto.

Anzitutto il Collegio prende atto della dichiarazione resa dal difensore della società appellante, nella memoria conclusiva del 14 gennaio 2013, in ordine alla persistenza dell’interesse, materiale e morale, alla definizione del giudizio con una decisione sul merito della causa, nonostante la disattivazione (avvenuta il 23 novembre 2012) dell’impianto di trasmissione già oggetto del provvedimento impugnato in primo grado. Non par dubbio che l’interesse all’impugnazione ed alla caducazione del provvedimento di riduzione in pristino possa ancora riconoscersi come sussistente in capo all’odierna appellante, anche in vista della prospettata azione risarcitoria che la appellante potrebbe proporre in via autonoma in ipotesi di favorevole conclusione del presente giudizio.

Osserva tuttavia il Collegio che le censure d’appello non sono meritevoli di condivisione.

Con il primo motivo la società appellante torna a prospettare la questione dell’incompetenza del sindaco ad adottare provvedimenti di riduzione a conformità degli impianti radiotelevisivi, ritenendo peraltro insussistenti nella specie le condizioni per l’adozione da parte del sindaco di un’ordinanza contingibile ed urgente ai sensi dell’art. 54 d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (recante il Testo unico sugli enti locali). Ad avviso dell’appellante, l’art. 9 della legge 22 febbraio 2001, n. 36 (Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici) e l’art. 10 della legge della Regione Abruzzo 13 dicembre 2004, n. 45 individuano la Regione quale soggetto istituzionale competente ad adottare i piani di risanamento ambientale e i connessi provvedimenti di riduzione a conformità degli impianti, di tal che sarebbe sicuramente da escludere una concorrente competenza comunale nella materia.

La censura non appare condivisibile.

E’ vero che l’art. 9 della legge 22 febbraio 2001, n. 36 (legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici) affida alle regioni l’adozione dei piani di risanamento ambientale al fine di adeguare, in modo graduale, gli impianti radioelettrici già esistenti alla data della entrata in vigore della legge ai limiti di esposizione, ai valori di attenzione ed agli obiettivi di qualità stabiliti secondo le norme della stessa legge; e che, inoltre, la realizzazione del piano è controllata dalle regioni, che possono prevedere anche la delocalizzazione degli impianti di radiodiffusione in siti conformi alla pianificazione in materia e degli impianti di diversa tipologia in siti idonei. Non è neppure dubbio che, conformemente a tale previsione legislativa, l’art. 10 della legge della Regione Abruzzo 13 dicembre 2004, n. 45 (Norme per la tutela della salute e la salvaguardia dell'ambiente dall'inquinamento elettromagnetico) ha previsto in capo alla Regione l’adozione dei piani di risanamento e dei provvedimenti eventuali di delocalizzazione degli impianti.

Non ritiene il Collegio che detto potere pianificatorio delle regioni, e i connessi poteri di vigilanza sulla attuazione dei piani di risanamento ambientale e, da ultimo, di delocalizzazione degli impianti, abbiano effetto privativo sulle ordinarie competenze comunali, come desumibili dalla legislazione generale per quanto riguarda l’adozione di ordinanze contingibili ed urgenti a tutela della salute cittadini e, per ciò che riguarda la specifica materia dell’inquinamento elettromagnetico, dalle disposizioni normative del settore.

Già in base alla normativa nazionale (art. 14 della legge n. 36 del 2001), le amministrazioni provinciali e comunali sono affidatarie di funzioni di controllo e vigilanza sanitaria e ambientale per l'attuazione della legge e, inoltre, le sanzioni della sospensione o della revoca del titolo autorizzatorio alla localizzazione dell’impianto sono affidate (art.15 l.cit.) alla stessa autorità competente a rilasciarlo.

Ora, l’art. 9 della legge regionale dell’Abruzzo n. 45 del 2004 intesta all’autorità comunale, previa acquisizione del parere dell’Agenzia regionale per la tutela ambientale e dell’Azienda sanitaria locale, il rilascio dell’autorizzazione all’installazione degli impianti per l’emittenza radio e televisiva “nel rispetto dei limiti di esposizione ai campi elettromagnetici individuati dal d.m. n. 381 del 1998 e dal d.P.C.M. 8 luglio 2003”. Non par dubbio che laddove sussista un espresso potere autorizzatorio condizionato al rispetto di alcuni parametri normativi, lì deve sussistere (come si desume dal citato art. 15) il simmetrico potere di ritirare il titolo autorizzatorio o di sospenderlo, ove emerga la violazione delle condizioni legali di esercizio.

Nel caso di specie va considerato che il provvedimento sindacale impugnato ha un contenuto meno restrittivo di quello di sospensione o revoca del titolo autorizzatorio, nel senso che il contenuto proprio dell’atto gravato è solo una diffida al rispetto dei parametri legali che il sindaco, quale capo dell’Amministrazione comunale, aveva il certo potere di adottare, ferme restando le attribuzioni degli altri enti ed in particolare della Regione Abruzzo (tant’è che, dopo il provvedimento sindacale, è stato il Presidente della Giunta regionale dell’Abruzzo, con ordinanze n. 1 del 24 giugno 2008 e n. 2 del 1° luglio 2008, ad imporre la delocalizzazione degli impianti, ai sensi del citato art. 10 l.r. n. 45 del 2004).

Nemmeno merita condivisione, sul punto, l’osservazione della società appellante secondo cui anche il recente l’art. 14 del d.-l. 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito con modifiche dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221) confermerebbe che, per la irrogazione delle sanzioni amministrative sul superamento dei limiti di esposizione e dei valori di attenzione stabiliti dal d.P.C.M. 8 luglio 2003, la legge avrebbe intestato il potere sanzionatorio in capo alle sole regioni. Osserva il Collegio che l’atto impugnato in primo grado non risulta adottato, come già si è detto, dal sindaco di Pescara nell’esercizio di un potere sanzionatorio, ma rappresenta piuttosto estrinsecazione degli ordinari poteri di gestione del titolo autorizzatorio sull’impianto.

Inoltre, poiché nel caso di specie il sindaco di Pescara non ha esercitato – come correttamente rilevato dai giudici di primo grado - i poteri straordinari che legittimano l’adozione delle ordinanze contingibili e urgenti, ma gli ordinari poteri di vigilanza sul corretto funzionamento degli impianti autorizzati nell’ambito di quel territorio, il Collegio ritiene che l’esercizio di detti poteri, in quanto correlati ad una sicura base normativa, non necessitasse una motivazione diffusa riguardo alle condizioni applicative, essendo sufficiente il richiamo ai dati istruttori in ordine al superamento in loco dei valori-soglia di cui al citato d.P.C.M. 8 luglio 2003.

Alla luce di quanto detto sono superati i rilievi dell’appellante in ordine all’inesistenza delle condizioni di esercizio del potere di ordinanza dell’art. 54 d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, avendo il sindaco agito, quale capo della Amministrazione comunale, in base ai poteri ordinari che l’ordinamento attribuisce ai Comuni in questa materia. In ogni caso, anche se all’ordinanza impugnata in primo grado si attribuisse la qualità propria del provvedimento contingibile ed urgente, ai sensi del citato art. 54, la conclusione, in ordine alla sua piena legittimità, non potrebbe essere diversa.

Non par dubbio infatti: a) che l’ordinanza sia stata adottata a tutela della salute dei cittadini dopo che reiterate campagne di rilevamento da parte dell’agenzia regionale per l’ambiente avevano rilevato il superamento dei valori di attenzione; b) le disposizioni del d.P.C.M. 8 luglio 2003 hanno palese carattere precauzionale, ma il superamento dei parametri precauzionali, in tema di tutela dell’ambiente e della salute umana legittima - essendo quello di precauzione un principio generale dell’azione ambientale insieme a quello di azione preventiva (cfr. art. 3-ter d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152) - l’intervento dell’autorità in funzione della riconduzione delle emissioni nei limiti stabiliti ovvero, qualora a tanto non si provveda, alla delocalizzazione degli impianti.

Sorte non diversa il Collegio ritiene vada riservata alla censura di difetto di istruttoria per inattendibilità delle campagne di rilevazione che avrebbero attestato il superamento dei valori-limite imposti dal d.P.C.M. 8 luglio 2003 (all. C). Risulta invero che la campagna dei rilevamenti effettuata dall’ARTA anche con il coinvolgimento, a mezzo di un “tavolo tecnico”, dei soggetti pubblici interessati è stata accurata e ben condotta, e non emergono elementi che inducano a rinnovare le operazioni accertative, come pure prospettato dall’odierna appellante con conseguente richiesta di consulenza tecnica d’ufficio. Peraltro, la circostanza che, in relazione all’impianto in titolarità dell’appellante, i valori soglia siano stati superati solo in misura minima (0,633 V/m a fronte del valore legale di 0,6 V/m, in tal senso cfr. memoria conclusiva di Rai Way spa del 14 gennaio 2013, pag. 4) non rappresenta un utile argomento per far luogo alla rinnovazione delle operazioni di misurazione, tanto più che la legittimità dell’ordine di riduzione in conformità ha riguardato una pluralità di impianti posti nello stesso sito e che, nella prospettiva di un rischio per la salute umana, rileva il superamento complessivo dei valori di attenzione nel sito ove sono allocate di tutte le emittenti, correttamente considerate unitariamente in virtù del principio di “localizzazione comune degli impianti” (di cui all’art. 2, comma 6, lett. a), della legge 31 luglio 1997, n. 249). Nemmeno ha pregio il rilievo, genericamente dedotto, secondo cui alcuni impianti emittenti dallo stesso sito sarebbero abusivi e che quindi le autorità avrebbero potuto imporre la riduzione in conformità ai soggetti legittimamente esercenti soltanto dopo aver ripristinato la legalità in ordine ai titoli di legittimazione all’esercizio. Sono mancate sul punto più specifiche indicazioni atte a dimostrare l’attendibilità del dato fattuale, comunque non incidente sulla legittimità della diffida sindacale alla riduzione delle emissioni, adottata in via d’urgenza a tutela della salute umana.

Non appare da ultimo fondato il motivo di violazione dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241 per omissione della comunicazione di avvio del procedimento. In particolare, la società appellante non ha motivo di lamentare di non essere stata avvertita in via preventiva del compimento delle rilevazioni tecniche dell’intensità delle emissioni, da parte della competente agenzia regionale, in quanto quegli accertamenti avevano natura ispettiva e carattere di urgenza; onde a ragione non sono state effettuate le comunicazioni preventive agli interessati, che avrebbero potuto frustrare le finalità dell’accertamento sull’effettivo grado di inquinamento elettromagnetico del sito.

Inoltre, mette conto evidenziare che le risultanze degli accertamenti sono state comunicate alla società ricorrente, che ha pertanto potuto svolgere la sua difesa sia in fase procedimentale che in sede processuale, senza tuttavia addurre elementi istruttori capaci di mettere in dubbio l’attendibilità delle campagne di rilevazione. Il che rende immune, anche sotto tal profilo della ipotizzata carenza istruttoria, l’atto in primo grado impugnato dai vizi dedotti in ricorso.

In definitiva, per le suesposte ragioni, l’appello va respinto e va confermata la impugnata sentenza.

Le spese del presente grado di giudizio possono essere compensate tra le parti, ricorrendo giusti motivi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull'appello (RG n. 3116/2010), come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 febbraio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini, Presidente

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere, Estensore

Andrea Pannone, Consigliere

Silvia La Guardia, Consigliere

Claudio Boccia, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 04/03/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)