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T.A.R. UMBRIA - 12 maggio 2005, n. 271
Pres. Lignani, Est. Ungari - H. s.p.a. (Avv.ti de Lorenzo e Sartorio) c. Comune di Nocera Umbra (Avv. Caforio) e Provincia di Perugia (Avv. Minciaroni)
Inquinamento elettromagnetico - Telefonia mobile - Individuazione dei siti di localizzazione e delle caratteristiche degli impianti - Principio di leale collaborazione tra Comuni e gestori.

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L’individuazione dei siti di localizzazione e delle caratteristiche degli impianti di telefonia mobile deve avvenire nel rispetto del principio di leale cooperazione tra Comune e gestori; i gestori, tuttavia, hanno pur sempre l’onere di fornire, nell’ambito del procedimento di elaborazione dei regolamenti, le informazioni sulla funzionalità e sulle esigenze del servizio in loro possesso; tale onere va inteso come onere della prova contraria rispetto all’adeguatezza delle proposte del Comune, ovvero come dimostrazione adeguata della infungibilità funzionale (apprezzabile minor efficacia sotto il profilo tecnico) di un possibile sito, o di un possibile impianto, rispetto alle alternative ipotizzate dal Comune; con la conseguenza che, laddove tali alternative localizzative o realizzative, che consentano di minimizzare i livelli di esposizione sul territorio comunale, presentino un’adeguata efficacia funzionale, quest’ultime, ancorché comportino costi diretti o indiretti maggiori (purché si tratti di tecnologie aziendalmente disponibili - argomentando alla luce dei principi della disciplina comunitaria della tutela ambientale, a partire dalla Direttiva 96/61/CEE, I.P.P.C.), possono legittimamente essere imposte dal Comune mediante lo strumento regolamentare.

Dec.n. 271

depositata il

12 maggio 2005

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale dell'Umbria ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

sul ricorso n. 589/2004, proposto dalla H3G S.P.A., con sede in Trezzano sul Naviglio, in persona del rappresentante legale pro-tempore Vincenzo Novari e del procuratore speciale Giorgio Moroni, rappresentata e difesa dagli avv.ti Ferruccio De Lorenzo e Giuseppe Sartorio e con essi elettivamente domiciliata in Perugia, presso lo studio dell’avv. Glauco Guida, al Viale Centova n. 6;

C O N T R O

- il Comune di Nocera Umbra, in persona del sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Caforio, anche domiciliatario in Perugia, alla Via del Sole n. 8;

- la Provincia di Perugia, in persona del presidente pro-tempore della Giunta provinciale, rappresentato e difeso dall’avv. Massimo Minciaroni ed elettivamente domiciliata in Perugia presso l’Avvocatura provinciale, alla Piazza Italia, n. 11;

per l’annullamento

della nota dell’assessore all’urbanistica prot. 14254 in data 9 agosto 2004, nonché di tutti gli atti ad essa preordinati, connessi o consequenziali, ivi comprese la deliberazione della Giunta comunale n. 127 in data 6 agosto 2004 e la deliberazione della Giunta Provinciale di Perugia n. 149 in data 29 marzo 2004;

e per l’accertamento

della formazione, per silentium, del titolo abilitativo per la realizzazione dell’impianto oggetto della istanza di autorizzazione presentata in data 4 marzo 2004;

Visti il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune e della Provincia intimati;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza del 23 febbraio 2005, data per letta la relazione del Cons. Pierfrancesco Ungari, udite le parti come da verbale.

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto:

FATTO E DIRITTO

1. La società ricorrente è titolare di licenza individuale per la prestazione del servizio pubblico di comunicazioni mobili secondo lo standard UMTS e per l’installazione della relativa rete sul territorio italiano.

In data 4 marzo 2004 ha presentato al Comune di Nocera Umbra una istanza di autorizzazione, ai sensi dell’art. 87 del d.lgs. 259/2003, per la realizzazione di un impianto su un terreno sito in zona C2, via Monte Alago.

In pari data ha trasmesso la documentazione all’A.R.P.A. ai fini della valutazione della conformità ai limiti prescritti dal D.P.C.M. 6 luglio 2003 (il relativo parere favorevole è stato rilasciato con nota prot. 1950 in data 25 marzo 2004).

2. Il Comune di Nocera Umbra ha dapprima richiesto un integrazione documentale in data 3 giugno 2004 (effettuata dalla ricorrente in data 8 giugno 2004) e poi, con nota prot. 14254 in data 9 agosto 2004, ha comunicato alla ricorrente il rigetto dell’istanza di autorizzazione, per contrasto con la deliberazione della Giunta Comunale n. 127 in data 6 agosto 2004.

Va precisato che con detta deliberazione n. 127/2004 è stato emanato un “atto di indirizzo” circa la realizzazione delle infrastrutture di comunicazione elettronica, con il quale, “nelle more di definizione del processo di individuazione da parte di questo Ente, dei siti idonei per l’installazione”, il Comune ha fatto proprie le previsioni delle “Linee Guida per la individuazione delle Aree sensibili all’Inquinamento Elettromagnetico” approvate con la deliberazione della Giunta della Provincia di Perugia n. 149 in data 29 marzo 2004, ed ha deciso di rigettare la suddetta istanza della ricorrente “nonché ogni altra eventuale istanza per analogo o similare intervento che perverrà al protocollo comunale, in contrasto con le Linee Guida …”.

3. La ricorrente impugna la nota di diniego e la deliberazione giuntale presupposta (unitamente alla deliberazione provinciale n. 149/2004), deducendo articolate censure di: violazione e falsa applicazione degli artt. 87 ss. del d.lgs. 259/2003, 8 e 10 della legge 241/1990; violazione del giusto procedimento, eccesso di potere per difetto di istruttoria, difetto di motivazione, mancanza dei presupposti e carenza di potere; violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 4 e 12, della legge 1086/1971, 27, comma 3, del D.P.R. 380/2001; violazione della legge 36/2001, del D.P.C.M. 381/1998 e del D.P.C.M. 8 luglio 2003; violazione dei principi di semplificazione e non aggravamento del procedimento; violazione della legge 1502/1902, degli artt. 31 della legge 1150/1942, 4 della legge 10/1977; incompetenza; violazione del principio della libera concorrenza fra gli operatori del settore delle telecomunicazioni fissato dall’art. 2 del D.P.R. 318/1997, violazione degli artt. 13, comma 4 e 5 del d.lgs. 259/2003, eccesso di potere per disparità di trattamento.

Chiede anche l’accertamento della avvenuta formazione, per silentium, del titolo abilitativo alla realizzazione dell’impianto.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Nocera Umbra e la Provincia di Perugia, controdeducendo puntualmente.

4. Il ricorso è fondato, nei sensi appresso indicati, e pertanto dev’essere accolto.

4.1. Ai sensi dell’articolo 87, comma 9, le istanze di autorizzazione e le denunce di inizio attività previste dai commi precedenti “si intendono accolte qualora, entro novanta giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda, fatta eccezione per il dissenso di cui al comma 8, non sia stato comunicato un provvedimento di diniego”.

Nel caso in esame non risulta che sia intervenuto un dissenso da parte delle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, alla tutela della salute o alla tutela del patrimonio storico-artistico, considerate al comma 8.

La richiesta di integrazione documentale risulta adottata quando il novantesimo giorno dalla presentazione della domanda era già trascorso e quindi il provvedimento tacito si era già formato.

La difesa del Comune sostiene che l’esecuzione spontanea della richiesta da parte della ricorrente ha comportato la rinuncia ad avvalersi del silenzio assenso e con essa una nuova decorrenza del termine.

A parte la eventuale rilevanza del comportamento della ricorrente, alla deliberazione n. 127/2004 (ed alla conseguente nota di comunicazione prot. 14254 in data 9 agosto 2004) può attribuirsi il valore di annullamento implicito del silenzio assenso, in quanto il decorso del termine previsto dalla legge per la formazione del provvedimento tacito non consuma il potere dell’Amministrazione di annullare successivamente l’atto di assenso (cfr., tra le altre, TAR Marche, 28 giugno 2004, n. 782; TAR Puglia, Lecce, II, 25 febbraio 2005, n. 910).

Naturalmente, qualora il potere venga esercitato dopo la formazione del silenzio assenso, l’amministrazione deve procedere secondo le regole dell’autotutela decisoria, dando conto sia della sussistenza dei vizi di legittimità del provvedimento implicito (ciò che comporta l’indicazione dell’insussistenza dei presupposti giuridici e fattuali per la formazione dell’assenso tacito), sia dell’interesse pubblico che giustifica l’annullamento d’ufficio, previa comunicazione dell’avvio del procedimento ai soggetti interessati.

4.2. Il Collegio, peraltro, ritiene di poter prescindere dall’esame delle censure concernenti le violazioni procedimentali, risultando fondate ed assorbenti le censure con le quali viene denunciata l’illegittimità della deliberazione n. 127/2004.

In ordine ai contenuti del potere autorizzatorio dei Comuni dell’installazione degli impianti di telecomunicazione, il Collegio non ravvisa motivi per discostarsi dall’orientamento consolidato del Tribunale (cfr., da ultimo, le sentenze in data 31 agosto 2004, n. 490 e n. 493).

Di seguito, pertanto, si ripropongono, con riferimenti ed adattamenti alle particolarità del caso in esame, le considerazioni già svolte con dette pronunce.

4.3. La considerazione della ratio del Codice delle comunicazioni elettroniche di cui al d.lgs. 259/2003 (cfr. i criteri di semplificazione, tempestività, trasparenza e natura non discriminatoria delle procedure autorizzatorie, indicati dalla relativa disposizione di delega - art. 41 della legge 166/2002, che richiama i principi della legge 443/2001), e dei contenuti delle sue disposizioni (che concernono anche aspetti di carattere strettamente edilizio), conduce a ritenere che i procedimenti autorizzatori ivi previsti (segnatamente, all’articolo 87) assorbano, relativamente alle infrastrutture di comunicazione, ogni altro procedimento di natura edilizia e che quindi i provvedimenti abilitativi sostituiscano quelli previsti dal t.u. di cui al d.P.R. 380/2001.

Perciò, la istanza presentata dalla ricorrente era potenzialmente in grado di determinare gli effetti autorizzatori previsti dall’articolo 87, citato.

4.4. Occorre quindi chiedersi quale spazio residui, in base alla disciplina del Codice di cui al d.lgs. 259/2003, per l’individuazione, da parte di regioni e comuni, di limiti e prescrizioni idonee ad orientare il procedimento autorizzatorio relativo agli impianti disciplinati dal Codice.

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 307/2003, per valutare la legittimità delle disposizioni regionali (tra cui quelle della l.r. Umbria 9/2002), emanate in attuazione della legge quadro sulla protezione dai campi elettromagnetici 36/2001, che individuano aree sensibili ed introducono divieti limitatamente ad alcune selezionate aree, ha valorizzato il concetto di “criterio di localizzazione”; la determinazione di simili criteri, sia pure formulati in negativo, a norma dell’art. 3, comma 1, lettera d), numero 1), e dell’art. 8, comma 1, lettera e), della legge quadro, spetta infatti alle Regioni; al contrario, quando la genericità ed eterogeneità delle previsioni (ad esempio, riferite a categorie di aree e di edifici rispetto a cui viene previsto un vincolo di distanza minima), configurano non già un quadro di prescrizioni o standard urbanistici, bensì un potere amministrativo in contrasto con il principio di legalità sostanziale e tale da poter pregiudicare l’interesse, protetto dalla legislazione nazionale, alla realizzazione delle reti di telecomunicazione, si è in presenza non di un “criterio di localizzazione”, bensì di una “limitazione alla localizzazione”, che rende in concreto impossibile, o comunque estremamente difficile, la realizzazione di una rete completa di infrastrutture per le telecomunicazioni, così da risultare illegittima.

Devono ritenersi pertanto tuttora applicabili le disposizioni della l.r. 9/2002 non colpite dalla pronuncia di incostituzionalità (che ha annullato gli artt. 1, comma 2, in parte qua, 2, 12, comma 1, 13 e 16) e che rispettano il criterio suindicato.

In particolare, per quanto riguarda il potere regolamentare dei comuni, espressamente previsto dall'art. 8, comma 6, della legge 36/2001 (“I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”), ma desumibile anche in base alle disposizioni previgenti, ed esercitatile anche prima che lo Stato e le regioni pongano in essere gli adempimenti di rispettiva competenza, previsti dagli artt. 4 e 8 della legge (cfr., oltre quelle già citate, le sentenze di questo Tribunale n. 423/2001, n. 702/2001 e n. 333/2003), può sottolinearsi che, ai sensi della l.r. 9/2002:

  • i comuni provvedono (art. 7, comma 1, lettera d), alla “individuazione dei siti di installazione per gli impianti di cui al punto a), (vale a dire, gli impianti “radioelettrici, di telefonia mobile e di radiodiffusione”) tenuto conto dei relativi piani di rete e di programmi di sviluppo, fatte salve le competenze dello Stato e delle autorità indipendenti”.
  • i comuni provvedono (art. 7, comma 1, lettera b), alla “individuazione, d’intesa con la provincia competente per territorio, delle aree sensibili di cui all’art. 4” (vale a dire le aree nelle quali, in considerazione dell’alta densità abitativa o della presenza di strutture di tipo assistenziale, sanitario, educativo, devono essere rispettati gli obiettivi di qualità di cui all’art. 3, comma 1, lettera d), della legge 36/2001, e nelle quali i comuni stessi (art. 4, comma 1, lettera b), “… possono prescrivere modificazioni, adeguamenti e la delocalizzazione di … impianti radioelettrici … al fine di garantire la massima tutela ambientale dell’area stessa “ (disposizione, quest’ultima, che ha superato il vaglio di costituzionalità effettuato con la sentenza n. 307/2003).
  • i comuni (art. 4, comma 4) “Possono altresì individuare beni culturali e ambientali, tutelati ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, ovvero dalla pianificazione territoriale e urbanistica, nei quali la installazione degli impianti oggetto della presente legge può essere preclusa”.

4.5. Quanto all’esercizio in concreto di detti poteri comunali, la giurisprudenza di questo Tribunale, prima delle pronunce della Corte Costituzionale citate, aveva già individuato modalità e condizioni c.d. interne (cfr. sentt. citt.).

Tale orientamento, ad avviso del Collegio, merita di essere confermato, in quanto l’impostazione logica che lo sostiene ha trovato una autorevole conferma nelle suddette pronunce.

In sintesi, è sufficiente ribadire che :

a) detto potere regolamentare dei comuni non può riguardare la tutela igienico-sanitaria, esaurientemente assicurata dalla fissazione, ad opera dello Stato, di livelli massimi di esposizione inderogabili; può invece, in quanto riconducibile al generale potere di pianificazione delle utilizzazioni del territorio, essere rivolto (cfr. art. 8, comma 6, cit.) ad assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti, e precipuamente a conseguire fini di tutela sia paesaggistica, ché ambientale, questi ultimi consistenti nella minimizzazione delle esposizioni ai campi elettromagnetici sull'intero territorio comunale;

b) l'esercizio dei poteri di pianificazione urbanistica suindicati, ed in particolar modo la localizzazione dei siti di installazione degli impianti di radiotelefonia mobile, alla luce della qualificazione giuridica e delle caratteristiche delle reti di tale servizio pubblico, non può avvenire con le tecniche tradizionali, ma richiede (in applicazione di un principio desumibile dall'art. 9 della legge 36/2001) la previa valutazione di compatibilità con le esigenze operative del servizio, attraverso un confronto dialettico con i gestori delle reti (i quali sono in possesso delle informazioni e conoscenze tecniche necessarie) e la loro partecipazione propositiva al procedimento. Occorre infatti tener conto che le reti infrastrutturali del servizio pubblico di telefonia mobile presenta caratteristiche funzionali di relativa infungibilità per quanto riguarda la localizzazione degli impianti (numerose stazioni ricestrasmittenti a bassa potenza -le stazioni radio base, appunto- da collocare secondo una struttura reticolare/cellulare che tenga conto delle specifiche caratteristiche demografiche, orografiche, infrastrutturali del territorio); cosicché, in assenza di adeguati elementi conoscitivi al riguardo, il comune è tenuto (pena l’illegittimità della disciplina per difetto di istruttoria e di motivazione) a mettere i gestori del servizio di telefonia mobile in condizione di partecipare al procedimento formativo del regolamento, ed a valutare, alla luce delle finalità suindicate, prima dell'approvazione del regolamento, le osservazioni e proposte da essi prospettate e concretizzanti possibili ipotesi di installazione alternative per siti o caratteristiche degli impianti, con i correlati livelli di esposizione conseguibili;

In concreto, pertanto:

- non può legittimamente introdursi un divieto generalizzato all'installazione di impianti sul territorio comunale, perchè ciò equivarrebbe alla negazione dell'esercizio del servizio pubblico;

- divieti di localizzazioni con riferimento a zone omogenee, previsioni di distanze minime (dai centri abitati, dagli insediamenti produttivi), previsioni di caratteristiche strutturali (altezze massime) o funzionali (potenze massime) degli impianti, possono essere legittimamente introdotti soltanto se ed in quanto: 1) finalizzati ad un corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti (venendo in questo caso in rilievo l'apprezzamento di interessi più propriamente paesaggistici, vale a dire di natura culturale); 2) finalizzati alla minimizzazione delle esposizioni ai campi elettromagnetici sul territorio comunale, sulla base di una concreta rilevazione dei livelli di esposizione presenti nelle diverse aree; 3) compatibili (in entrambi i casi predetti), con una adeguata funzionalità del servizio pubblico di telefonia radiomobile (funzionalità che deve essere riferita alla rete di ogni gestore interessato, per evidenti motivi di tutela della concorrenza e del mercato);

- nei limiti della strumentalità al conseguimento di dette finalità, deve essere valutata anche la legittimità di eventuali previsioni di oneri aggiuntivi (oneri informativi, certificativi, manutentivi relativi agli impianti) posti in capo al gestore dell'impianto.

Può aggiungersi che la stessa sentenza n. 307/2003, citata, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 2 della l.r. 9/2002, che, sotto la rubrica “Principio di giustificazione”, stabilisce che nella pianificazione della localizzazione di nuovi impianti e in sede di rilascio delle autorizzazioni i gestori e i concessionari (salvo che per gli “impianti di competenza del Piano di assegnazione delle frequenze di cui alla legge 31 luglio 1997, n. 249”) sono “tenuti a dimostrare le ragioni obiettive della indispensabilità degli impianti stessi ai fini dell’operatività del servizio”; ciò in quanto la Corte ha ritenuto che richiedere una condizione ulteriore di tenore generico, come la dimostrazione della “indispensabilità” dell’impianto ai fini della operatività del servizio, significa attribuire all’amministrazione autorizzante un largo e indeterminato potere discrezionale che può finire per configurarsi come arbitrio.

Pertanto, alla luce di tale insegnamento, il Collegio ritiene di poter ulteriormente precisare il suddetto orientamento nel senso che:

- l’individuazione dei siti e delle caratteristiche degli impianti, scegliendo tra le alternative possibili, deve avvenire nel pieno rispetto del principio di leale cooperazione tra Comune e gestori; il criterio ordinatore del confronto tra di essi non può risiedere nella suddetta dimostrazione di “indispensabilità funzionale”;

- i gestori, tuttavia, hanno pur sempre l’onere di fornire, nell’ambito del procedimento di elaborazione dei regolamenti in questione, le informazioni sulla funzionalità e sulle esigenze del servizio in loro possesso (altrimenti, difficilmente accessibili dal Comune); tale onere va inteso come onere della prova contraria rispetto all’adeguatezza delle proposte del Comune, ovvero come dimostrazione adeguata della infungibilità funzionale (apprezzabile minor efficacia sotto il profilo tecnico) di un possibile sito, o di un possibile impianto, rispetto alle alternative ipotizzate dal Comune; con la conseguenza che, laddove tali alternative localizzative o realizzative, che consentano di minimizzare i livelli di esposizione sul territorio comunale, presentino un’adeguata efficacia funzionale, quest’ultime, ancorché comportino costi diretti o indiretti maggiori (purché si tratti di tecnologie aziendalmente disponibili – argomentando alla luce dei principi della disciplina comunitaria della tutela ambientale, a partire dalla Direttiva 96/61/CEE, I.P.P.C.), possono legittimamente essere imposte dal Comune mediante lo strumento regolamentare previsto dalla legge.

4.6. Per quanto esposto, è evidente la illegittimità della deliberazione n. 127/2004.

Anzitutto, non è legittimo rigettare le istanze di autorizzazione in corso, nelle more della definizione di una disciplina limitativa (per la quale, peraltro, non viene previsto alcun termine).

Inoltre, in applicazione degli artt. 4 e 7 della l.r. 9/2002, i Comuni hanno la possibilità di individuare aree sensibili, soggette ad un potere conformativo delle installazioni, e siti alternativi preferenziali. Ma tale potere, al fine di non invadere la sfera di competenza statale e pregiudicare interessi - al corretto funzionamento delle reti di telefonia mobile e del mercato degli operatori di tale settore – necessariamente tutelati a livello nazionale, deve avvenire nel rispetto delle condizioni sopraricordate. In questa prospettiva, il Comune di Nocera Umbra, ha omesso di effettuare:

- la ricognizione sul territorio dei livelli di esposizione esistenti e di quelli riconnessi alle diverse localizzazioni della ulteriore sorgente inquinante, necessaria a giustificare ogni misura precauzionale volta a minimizzare le esposizioni;

- la previa individuazione, attraverso il confronto con gli operatori, di siti idonei e compatibili con le esigenze della funzionalità del servizio di telefonia mobile.

In sintesi, non è stata posta in essere quella pianificazione consapevole e partecipata che, secondo l’interpretazione data dal Tribunale alla suindicata normativa statale e regionale, rappresenta l’unico modo di perseguire una composizione razionale della contrapposizione degli interessi pubblici sottesi alle localizzazioni degli impianti, sottraendo le relative decisioni alla mera alternativa tra la prevalenza assoluta dell’uno o dell’altro interesse e dando nel contempo un contenuto concreto ai poteri attribuiti ai comuni in materia.

In assenza di detta pianificazione, le previsioni caratterizzanti delle “linee guida” adottate con la deliberazione n. 127/2004, ed in particolare quella che preclude la localizzazione di nuovi impianti all’interno delle aree sensibili (tali considerando tutte le aree prevalentemente residenziali corrispondenti alle zone omogenee A, B e C di cui al D.M. 1444/1968, e comunque quelle in cui sono presenti strutture di tipo assistenziale, di tipo sanitario o di tipo educativo), finiscono col costituire delle “limitazioni alla localizzazione”, e col risultare del tutto equivalenti, quanto alla struttura logica (di limite-divieto) ed agli effetti sperati, ai “limiti di esposizione”, ai “valori di attenzione” o ai “valori di campo più restrittivi”, che sono riservati alla competenza statale.

Simili previsioni appaiono frutto di una scelta aprioristica, apodittica e non razionale, che non considera i beni tutelati, i livelli di esposizione ai campi elettromagnetici esistenti e quelli concretamente conseguibili, e che tradisce la convinzione che l’allontanamento degli impianti dagli insediamenti abitativi e dalle aree urbanizzate sia di per sé idoneo a risolvere ogni problematica connessa ai campi elettromagnetici. Ma, si ripete, così facendo, viene inibita o compressa incisivamente la possibilità di installare impianti senza che sia stata dimostrata la rispondenza delle limitazioni a concrete esigenze di tutela, nonché compiuta alcuna verifica di compatibilità o alcun tentativo di contemperazione con le esigenze di funzionamento del servizio di telefonia mobile.

4.7. Le considerazioni che precedono conducono all’accoglimento del ricorso, per quanto concerne l’impugnazione della deliberazione n. 127/2004 e della nota di comunicazione, ed il consolidarsi degli effetti della denuncia di inizio attività presentata dalla ricorrente.

4.8. L’impugnazione della deliberazione della Giunta provinciale n. 149/2004 risulta invece inammissibile, posto che l’intento della Provincia (come ha sottolineato la stessa difesa in giudizio) era quello di “fornire ai comuni una base di discussione e di approccio con il problema dell’individuazione e gestione delle cosiddette ‘aree sensibili’ fornendo un quadro riassuntivo della normativa statale e regionale vigente ed indicazioni orientative ai comuni per la predisposizione di un regolamento” (ai sensi dell’art. 8, comma 6, della legge 36/2001); così che le previsioni sulle limitazioni alle installazioni nelle aree sensibili “non assumono efficacia vincolante ma semplicemente propositiva”.

5. Quanto alle spese di giudizio, se ne può disporre l’integrale compensazione tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo dell'Umbria, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, in parte lo accoglie ed in parte lo dichiara inammissibile, nei sensi e limiti indicati in parte motiva e, per l’effetto, annulla gli atti comunali impugnati.

Spese compensate.

Così deciso in Perugia, nella Camera di Consiglio del giorno 23 febbraio 2005 con l'intervento dei magistrati:

Avv. Pier Giorgio Lignani Presidente

Dott. Carlo Luigi Cardoni Consigliere

Dott. Pierfrancesco Ungari Consigliere, estensore.

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

F.to Pierfrancesco F.to Pier Giorgio Lignani

IL SEGRETARIO

F.to Rossella Cardoni