TAR Campania (SA), Sez. II, n. 1752, del 6 agosto 2013
Elettrosmog.Annullamento in autotutela autorizzazione SRB

E’ illegittimo l’atto di autotutela con il quale l’amministrazione comunale annulla l’autorizzazione edilizia rilasciata per la realizzazione di un impianto di telefonia cellulare, in quanto il contratto per ottenere il lastrico solare dell’immobile su cui realizzare la stazione di telefonia cellulare assentita, rimasto alla fase di preliminare di vendita, non sarebbe stato convertito in contratto definitivo. Non è sufficiente a giustificare l’esercizio del potere di autotutela la pura e semplice finalità di ripristinare la legalità violata, occorrendo dar conto della sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla rimozione del titolo edilizio e della comparazione tra tale interesse e l’entità del sacrificio imposto all’interesse privato che si è determinato a realizzare l’opera sulla base del titolo in questione (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).

N. 01752/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01399/2001 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1399 del 2001, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Telecom Italia Mobile S.p.A., in persona del legale rappresentante p. t.., rappresentato e difeso dagli avv.ti Fortunato Cacciatore e Giovanni Zucchi, presso quest’ultimo elettivamente domiciliata in Salerno, piazza XXIV Maggio, N°26;

contro

Comune di S. Egidio del Monte Albino, in persona del Sindaco legale rappresentante p,.t., rappresentato e difeso dall'avv. Luigi Anastasio, con il quale elettivamente domicilia in Salerno, via Gen. Amendola N. 36 c/o avv. E. Ricciardi;

e con l'intervento di

ad opponendum:
di Codacons, Coordinamento Associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti di utenti e consumatori, in persona del suo presidente della Campania, prof. Enrico Marchetti, e Massimo D’Alessandro, Francesco Cuomo, Anna Coppola tutti rappresentati e difesi dagli avv.ti Carlo Rienzi del Foro di Roma e Raffaella D'Angelo, presso quest’ultima elettivamente domiciliati in Salerno, via M. Schipa n. 41

per l'annullamento

del provvedimento prot. n.2862 del 19.2.2001, recante annullamento dell’autorizzazione edilizia precedentemente rilasciata alla società ricorrente per la realizzazione di un impianto di telefonia cellulare; nonché, con i motivi aggiunti, notificati l’11 dicembre 2001, depositati il 29 dicembre 2001, per l’annullamento dell’ordinanza datata 15.10.2001 recante intimazione di demolizione dell’impianto di telefonia mobile; di ogni atto connesso.



Visti il ricorso, i motivi aggiunti ed i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di S. Egidio del Monte Albino;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 giugno 2013 il dott. Francesco Gaudieri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1.- Con l’atto notificato il 4.5.2001, depositato il 17.5.2001, la società nominata in epigrafe, premesso di aver ottenuto dal Comune di S. Egidio del Monte Albino l’autorizzazione edilizia n. 40 del 6.11.2000 al fine di installare un impianto per la telefonia cellulare alla via Cimitero n. 1; che, ad avvenuta ultimazione dei lavori, la resistente amministrazione comunale, con l’atto impugnato annullava il titolo assentito assumendo l’avvenuto rilascio dello stesso in carenza dei presupposti legittimanti e segnatamente di un titolo idoneo ad ottenere il rilascio dell’autorizzazione edilizia; impugna il provvedimento in questione per :

- violazione di legge ed eccesso di potere sotto i profili della carenza di istruttoria e del travisamento dei fatti, dal momento che il contratto di locazione sarebbe titolo idoneo ad ottenere la concessione edilizia, attribuendo al conduttore la detenzione e, quindi, la disponibilità dell’immobile : la Tim avrebbe ottenuto in sublocazione il lastrico solare su cui ha installato l’impianto mediante contratto stipulato con la società “Fonderie Calabrese a r.l.” che, a sua volta, aveva ottenuto la detenzione dell’immobile a seguito di contratto stipulato con il sig. Renato Ferraioli in data 29.1.1977.

-violazione dell’art. 3 l. n. 241/90; eccesso di potere, non risultando esternate le ragioni di pubblico interesse sottese all’annullamento dell’atto;

-violazione art. 97 Cost. - Eccesso di potere, essendo mancata la valutazione dei contrapposti interessi, trattandosi di un atto rilasciato a notevole distanza di tempo.

2.- Con i motivi aggiunti, notificati l’11 dicembre 2001, depositati il 29 dicembre 2001, impugna l’ordinanza datata 15.10.2001 recante intimazione di demolizione dell’impianto di telefonia mobile, chiedendone l’annullamento per :

-violazione dell’art. 97 Cost. Eccesso di potere, atteso che l’atto sarebbe stato adottato in presenza di un presupposto erroneo : la resistente amministrazione avrebbe cioè indicato, tra i presupposti utili a giustificare l’impugnata demolizione, l’esistenza di una sentenza del Consiglio di Stato recante reiezione dell’appello proposto dalla TIM avverso l’annullamento dell’autorizzazione edilizia n. 40/2000, laddove, per converso, si sarebbe trattato soltanto di un’ordinanza cautelare recante reiezione dell’appello proposto dalla TIM avverso la sfavorevole determinazione assunta dal Tar in sede cautelare.

-violazione dell’art. 7 l. n. 241/90. Eccesso di potere sotto diversi profili stante la violazione dell’indefettibile modulo partecipativo.

3.- Resiste in giudizio l’intimata amministrazione comunale chiedendo la reiezione della domanda perchè inammissibile ed infondata.

4.- Sono intervenuti ad opponendum il Codacons, Coordinamento Associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti di utenti e consumatori, e Massimo D’Alessandro, Francesco Cuomo, Anna Coppola.

5.- L’istanza di tutela cautelare risulta respinta con ordinanza n. 675/01 del 31.5.2001, confermata in sede di appello da Consiglio di Stato con ordinanza n. 5023/01.

6.- All’udienza del 27 giugno 2013, sulla conclusione delle parti presenti come da verbale di udienza, il Collegio si è riservata la decisione.

DIRITTO

Il ricorso è fondato e merita accoglimento alla stregua delle considerazioni che seguono.

1.- E’ controversa nel presente giudizio la legittimità dell’atto di autotutela, in epigrafe meglio specificato, con il quale la resistente amministrazione comunale si è determinata all’annullamento dell’autorizzazione edilizia n. 40 del 6.11.2000, rilasciata alla ricorrente TIM per la realizzazione di un impianto di telefonia cellulare. Il Comune di S. Egidio del Monte Albino, solo dopo che detto impianto era stato realizzato, ha provveduto al relativo annullamento assumendo, in definitiva, che la società Fonderie Calabrese s.r.l. non avrebbe potuto concedere in locazione alla T.I.M il lastrico solare dell’immobile su cui realizzare la stazione di telefonia cellulare assentita, dal momento che il preliminare di vendita, a suo tempo stipulato con il sig. Renato Ferraioli, non sarebbe giammai stato convertito in contratto definitivo.

2.- Preliminarmente va disattesa l’eccezione di irricevibilità del ricorso per tardività della notifica.

2.a.- La resistente amministrazione assume che la ricorrente avrebbe avuto conoscenza dell’atto impugnato in data 20 febbraio 2001, data in cui sarebbe stato trasmesso a mezzo fax l’atto impugnato, di tal che il ricorso avrebbe dovuto essere proposto entro il 21.4.2001 e non entro il 4 maggio 2001. La ricorrente società obietta, nelle proprie difese, che il provvedimento impugnato sarebbe stato trasmesso ad un numero di fax non meglio identificato, comunque ricadente nel circondario di Napoli (come provato dal prefisso telefonico 081), laddove la sede principale della società risulta essere Torino (prefisso telefonico 011), mentre la sede secondaria risulta Roma (prefisso telefonico 06), per cui l’amministrazione, con il deposito del fax inviato al numero campano, non avrebbe fornito la prova dell’avvenuta conoscenza, da parte della sede legale, in tempo antecedente a quello relativo alla notifica dell’atto.

L’obiezione merita condivisione alla stregua delle considerazioni che seguono.

2.b- E’ pacifico in giurisprudenza che la parte che eccepisce l’eccezione di tardività di un ricorso giurisdizionale deve fornire rigorosi riscontri in ordine alla conoscenza dell’atto gravato in tempi eccedenti al termine decadenziale di impugnazione e, in particolare, dare prova della tardività dell’impugnazione sub specie di una piena conoscenza dell’atto gravato secondo il dato normativo (ex multis Tar Lazio Sez. II ter 18 novembre 2011 n. 9012).

Poiché, nella specie, siffatta prova non è stata fornita dalla resistente amministrazione, anche in presenza delle difese offerte dalla ricorrente società che ha sostanzialmente disconosciuto il numero di fax utilizzato dal Comune per anticipare la conoscenza del provvedimento, l’eccezione deve essere respinta siccome infondata.

3.- Nel merito il ricorso è fondato.

3.a.- Pregiudiziale ed assorbente si rivela la censura contenuta nel secondo motivo di ricorso con la quale la deducente società lamenta la mancanza di “una congrua e puntuale motivazione in ordine all’esistenza di concrete ed attuali ragioni di pubblico interesse alla rimozione dell’atto, del tutto prevalenti rispetto all’interesse del privato, al punto da giustificare il sacrificio e da imporre la modificazione dello stato di fatto”.

3.b.- E’ pacifico in giurisprudenza, anche per una lunga sedimentazione della relativa elaborazione, che il provvedimento di annullamento in autotutela costituisce manifestazione della discrezionalità dell’Amministrazione, nel senso che essa non è obbligata a ritirare gli atti illegittimi o inopportuni in quanto tali, ma deve valutare, di volta in volta, se esista un interesse pubblico alla loro eliminazione diverso dal semplice ristabilimento della legalità violata. Siffatto interesse pubblico non viene esplicitato a priori dalla norma, ma deve essere ricavato dalla stessa Amministrazione, caso per caso, attraverso un’attività di “comparazione tra l'interesse pubblico al ripristino della legalità e gli interessi dei destinatari del provvedimento e dei controinteressati”; il tutto, tenendo nella debita considerazione anche la circostanza che il provvedimento da annullare possa avere prodotto effetti favorevoli, valutandone la rilevanza, e che sia trascorso un apprezzabile lasso di tempo (fattore di stabilizzazione) dal momento della sua emissione.

Tali elementi, infatti, integrano la nozione di “stabilità della situazione venutasi a creare per effetto del provvedimento favorevole” e rappresentano, in quanto tali, un limite all’esercizio del potere di autoannullamento. Pertanto, nella comparazione tra le esigenze sottese a un intempestivo e pregiudizievole annullamento in autotutela dell’atto e quelle sottese alla conservazione di quest’ultimo, l’Amministrazione, in forza dei citati principi giurisprudenziali, è tenuta a optare per la soluzione che meglio contemperi la necessità del ripristino della legittimità e la salvezza degli altri interessi concorrenti.

Siffatta elaborazione giurisprudenziale è stata assunta dal legislatore a norma di principio del’attività procedimentale della Pubblica Amministrazione con l’introduzione del Capo IV-bis della legge n. 241/90 ad opera della legge n. 15/2005; ed infatti, con l’art. 21 nonies, il legislatore ha, per la prima volta, dettato norme in tema di autotutela amministrativa, recependo i principi giurisprudenziali e la prassi amministrativa formatisi in assenza di una disciplina normativa.

Anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 21 nonies, il potere di autotutela amministrativa mediante annullamento è un potere di merito dell’amministrazione, incoercibile da parte del giudice amministrativo (ex multis Cons. St. Sez. VI 15 maggio 2012 n. 2774).

L’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 ha soltanto codificato i presupposti e le forme dell’annullamento d’ufficio, ma non ha modificato la natura del potere, e non lo ha trasformato da discrezionale in obbligatorio, né ha previsto un interesse legittimo dei privati all’autotutela amministrativa.

Il potere di autotutela resta un potere di merito, che si esercita previa valutazione delle ragioni di pubblico interesse, valutazione riservata alla p.a. e insindacabile da parte del giudice.

Secondo pacifica giurisprudenza, la richiesta dei privati, rivolta all’amministrazione, di esercizio dell’autotutela, è una mera denuncia, con funzione sollecitatoria, ma non fa sorgere in capo all’amministrazione alcun obbligo di provvedere [Cons. St, IV, 16 settembre 2008 n. 4362].

3.c.- Trasponendo le menzionate acquisizioni giurisprudenziali al caso in esame, deve convenirsi che l’atto impugnato risulta posto in essere in totale carenza dei presupposti utili all’attività di autotutela della Pubblica Amministrazione, mancando di qualsivoglia motivazione e valutazione in ordine al pubblico interesse ed alla comparazione tra contrapposti interessi, elementi tanto più necessari in presenza di un assenso prestato sulla base di elementi già valutati dall’amministrazione nel corso dell’istruttoria inteso al rilascio dell’atto annullato.

L’atto impugnato, comunque, risulta anche adottato a distanza di mesi dal rilascio dell’atto caducato ed in presenza di un’opera già realizzata, tutti elementi che imponevano una congrua e ponderata motivazione, nei sensi sopra rappresentati.

E’ utile aggiungere che non è sufficiente a giustificare l’esercizio del potere di autotutela la pura e semplice finalità di ripristinare la legalità violata, occorrendo dar conto della sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla rimozione del titolo edilizio e della comparazione tra tale interesse e l’entità del sacrificio imposto all’interesse privato che si è determinato a realizzare l’opera sulla base del titolo in questione (ex multis Cons. St. Sez. V 19 febbraio 2003 n. 899).

Per le suesposte ragioni, la seconda censura è fondata ed il ricorso principale, assorbite le restanti doglianze, merita accoglimento con l’annullamento dell’atto impugnato.

4.-. Le rassegnate conclusioni autorizzano l’accoglimento anche dei motivi aggiunti proposti contro l’ordine di demolizione dell’impianto di telefonia cellulare, radicato essenzialmente all’avvenuto annullamento dell’autorizzazione edilizia n. 40/2000 che, invece, per effetto dell’annullamento giurisdizionale disposto dal Collegio, rivive in toto, privando l’ordine di ripristino dello stato dei luoghi del suo unico presupposto legittimante (ex multis Cons. St. Sez. V 2 novembre 2009 n. 6710).

Può concludersi per l’accoglimento del ricorso e dei motivi aggiunti, con l’annullamento degli atti impugnati, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione.

5.- Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto ed integrato da motivi aggiunti, lo accoglie, nei sensi di cui in motivazione, e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 27 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Antonio Esposito, Presidente

Francesco Gaudieri, Consigliere, Estensore

Anna Maria Verlengia, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 06/08/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)