Pres. Grassi Est. Sarno Ric. Putrone ed altro
Rifiuti. Delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti
1. Relativamente al delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti il legislatore ha evidentemente inteso operare una differenziazione unicamente in relazione ai rifiuti ad alta radioattività, autonomamente menzionati al comma 2, distinguendoli quoad poenam da tutte le altre tipologie. Si deve senz\'altro ritenere che la scelta in questione non comporti profili suscettibili di contrasto con i principi costituzionali. Come più volte affermato dalla giurisprudenza costituzionale sia l\'individuazione delle condotte punibili che la scelta e la quantificazione delle relative sanzioni rientrano, infatti, nella discrezionalità del legislatore, la quale può essere oggetto di censura, nel giudizio di costituzionalità, soltanto ove il suo esercizio ne rappresenti un uso distorto o arbitrario, così da confliggere in modo manifesto con il canone della ragionevolezza.
2. Anche la difformità sostanziale della gestione dei rifiuti rispetto a quanto previsto dalle autorizzazioni concesse integra il requisito dell\' abusività della condotta richiesta per il delitto in questione.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. GRASSI Aldo - Presidente - del 20/11/2007
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - SENTENZA
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - N. 01119
Dott. SARNO Giulio - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere - N. 030565/2007
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
1) PUTRONE ANTONINO N. IL 09/09/1963;
2) GRAFFAGNINO LUIGI N. IL 11/10/1957;
avverso ORDINANZA del 31/05/2007 TRIB. LIBERTÀ di PALERMO;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SARNO GIULIO;
sentite le conclusioni del P.G. Dott. Mario Fraticelli, dichiarare non rivelante la dedotta questione di legittimità costituzionale e rigettare i ricorsi perché infondati;
Udito il difensore Avv. Butti Luciano (Verona).
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nei confronti di Putrone Antonino e Graffagnino Luigi, indagati nella qualità di funzionari dell\'AMIA in ordine ai reati di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, artt. 110 e 53 bis, per lo smaltimento di percolato e di rifiuti ingombranti presso la discarica di Bellolampo, veniva chiesto dal P.M. presso il Tribunale di Palermo la misura cautelare della sospensione dal pubblico servizio ed ufficio a norma degli artt. 287 e 289 c.p.p.; misura che il GIP e la sezione del Riesame del citato tribunale, su impugnazione del P.M., respingevano. Avverso tale decisione il P.M. proponeva ricorso per cassazione deducendo violazione dell\'art. 606 c.p.p., lett. B) ed E). Questa Corte, su conforme richiesta del PG, annullava l\'ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di provenienza, stabilendo i principi di diritto relativi alla nozione giuridica di condotta abusiva di cui al citato art. 53 bis, al concetto di ingente quantità ed al suo parametro di riferimento ed all\'elemento soggettivo del reato.
Con ordinanza 2.3.06 il Tribunale di Palermo rigettava nuovamente l\'appello del PM, negando la chiesta misura.
Avverso tale provvedimento il Procuratore della Repubblica ha nuovamente proposto ricorso per cassazione con il quale denunciava errore di diritto e contraddittorietà della motivazione chiedendo l\'annullamento dell\'ordinanza con nuovo rinvio al tribunale del riesame di Palermo.
La Corte, su conforme conclusione del Procuratore Generale, disponeva nuovamente l\'annullamento con rinvio ribadendo che con il D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 53 bis, il legislatore ha inteso colpire sia la gestione clandestina dell\'attività di smaltimento sia quella svolta in difformità sostanziale dall\'autorizzazione ricevuta; che nel concetto di ingente quantità andavano ricondotte entrambe le attività contestate (ricircolo del percolato e smaltimento di rifiuti ingombranti) e che i vantaggi perseguiti ben potevano essere ravvisati nella diminuzione dei costi di gestione e nel rafforzamento dell\'autorevolezza della direzione dell\'azienda. Con ordinanza del 13.5.2007 il tribunale di Palermo applicava nei confronti di Patrone Antonino e Graffagnino Luigi la misura della sospensione dall\'esercizio del pubblico servizio prestato quali funzionari dell\'AMIA.
Avverso tale decisione propone ricorso per Cassazione il Putrone a mezzo dei difensori avv.ti Butti e Crescimanno ed il Graffagnino per il tramite dell\'avv.to Crescimanno.
Il primo difensore eccepisce:
1. Illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 53 bis, (ora D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 260);
2. Vizio di motivazione non risultando effettuata una verifica attenta sull\'effettiva applicazione della fattispecie di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 53 bis, e mancando l\'indicazione dei motivi che avevano portato il tribunale ad escludere l\'attendibilità delle prove contrarie addotte dalla difesa;
3. Insussistenza delle esigenze cautelari.
Il secondo difensore eccepisce:
1. la violazione dell\'art. 273 c.p.p., e D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 53 bis, per avere il tribunale omesso la valutazione del grado di difformità della condotta contestata rispetto alle modalità di gestione dei rifiuti autorizzate, circa la ricorrenza del requisito dell\'ingente quantitativo e la sussistenza dell\'elemento soggettivo. 2. Insussistenza delle esigenze cautelari.
Con motivo aggiunto l\'avv.to Crescimanno ha dedotto la cessazione del pericolo di reiterazione del reato a seguito del trasferimento dell\'ing. Patrone alla Direzione del Dipartimento Manutenzione Strade a partire dal luglio 2007.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I ricorsi sono infondati e vanno, pertanto, rigettati. In relazione ai motivi dedotti dall\'avv.to Butti per la posizione del Putrone il Collegio rileva quanto segue.
1. Per quanto concerne l\'eccezione di illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 53 bis, - testualmente riprodotto dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 260, - dedotta con il primo motivo, il ricorrente eccepisce l\'inesistenza di un minimo riconoscibile di condotta tipica con specifico riferimento al requisito delle "ingenti quantità di rifiuti"; l\'incertezza connessa al requisito dell\'abusività che comporta una coincidenza tra dolo specifico e dolo generico; la mancata distinzione tra le varie tipologie di rifiuti rilevante nell\'accertamento della effettiva messa in pericolo del bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice ed, infine, che presupposto imprescindibile del reato è l\'esistenza di un pericolo alla sicurezza della vita ed alla integrità fisica di un numero indeterminato di persone, requisito questo su cui non vi è unicità di orientamento nella giurisprudenza di legittimità. Trattasi ad avviso del Collegio di questioni manifestamente infondate e/o comunque irrilevanti rispetto alla fattispecie all\'esame. Iniziando dall\'esame dell\'ultima questione posta dal ricorrente, premesso che come già affermato da questa Corte al reato di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 53 bis, deve riconoscersi natura di pericolo presunto e non di danno (Sez. 3^ 16.12.2005 n. 4503 Rv 233294); che la Corte Costituzionale ha più volte evidenziato che anche per i reati ascritti alla categoria di quelli formali o di pericolo presunto l\'accertamento in concreto dell\'offensività specifica della singola condotta è devoluta in ogni caso al sindacato del Giudice penale e che la mancanza di offensività in concreto lungi dall\'integrare un vizio di legittimità costituzionale implica una valutazione rimessa al giudice (così C. Cost. n. 247/97); occorre evidenziare come la questione sollevata sia del tutto irrilevante nella specie posto che - sebbene contestata in fatto dal ricorrente - l\'ipotesi di accusa ruota comunque intorno all\'esistenza di gravi contaminazioni ambientali non controllabili (come ad esempio a carico delle falde idriche profonde sottostanti secondo quanto precisato a pagg. 15 e ss. dell\'ordinanza del tribunale del riesame, delle acque superficiali nel Vallone Celona, del suolo limitrofo alla discarica, ecc).
Ed anche il precetto di determinatezza e di adeguatezza della sanzione penale non appare in questa sede leso.
Con la disposizione del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 53 bis, il legislatore ha evidentemente inteso operare una differenziazione unicamente in relazione ai rifiuti ad alta radioattività, autonomamente menzionati al comma 2, distinguendoli quoad poenam da tutte le altre tipologie.
Orbene, a prescindere dalle questioni poste dalla norma in questione (peraltro sottratta alla disciplina del D.Lgs. n. 22 del 1997, dall\'art. 8) si deve senz\'altro ritenere che la scelta in questione non comporti profili suscettibili di contrasto con i principi costituzionali.
Come più volte affermato dalla giurisprudenza costituzionale sia l\'individuazione delle condotte punibili che la scelta e la quantificazione delle relative sanzioni rientrano, infatti, nella discrezionalità del legislatore, la quale può essere oggetto di censura, nel giudizio di costituzionalità, soltanto ove il suo esercizio ne rappresenti un uso distorto o arbitrario, così da confliggere in modo manifesto con il canone della ragionevolezza. Ciò è tuttavia da escludere qualora, come nella specie, il consistente margine di adeguamento delle sanzioni renda possibile operare in concreto un trattamento sanzionatorio che tenga conto della pericolosità dei rifiuti trattati.
In relazione alla utilizzazione di formule elastiche nella disposizione in questione, si osserva quanto segue. Per quanto concerne il problema della "ingente quantità questa Corte ha già affermato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, sollevata sotto il profilo della indeterminatezza della previsione legislativa, nella sentenza Sez. 3^ n. 47918 del 12.11.2003 (ric. Rosafio ed altri).
Nell\'occasione si sono già evidenziate le ragioni che hanno reso opportuno evitare aprioristici irrigidimenti normativi dovendo necessariamente il giudizio tenere conto di una serie di variabili concrete quali la tipologia del rifiuto; la sua qualità e le situazioni specifiche di riferimento.
Va peraltro aggiunto in questa sede che, come sostanzialmente evidenziato dallo stesso tribunale di Palermo, la giurisprudenza di legittimità è successivamente intervenuta per definire il concetto di "ingente quantità".
Si è precisato infatti, in relazione ai profili che nella specie più direttamente rilevano, che la nozione di ingente quantitativo deve essere riferita al quantitativo di materiale complessivamente gestito attraverso una pluralità di operazioni anche se queste ultime, considerate singolarmente, potrebbero essere di entità modesta (Sez. 3^ n. 12433 del 15.11.2005 PM in proc. Costa); e, proprio in relazione al caso di specie, la Corte ha nelle precedenti due decisioni puntualizzato che per la nozione di ingente quantità assume rilevanza l\'intero quantitativo dei rifiuti illegittimamente smaltito indipendentemente dalla circostanza che l\'illegittimità derivi da mancanza di autorizzazione (come nella specie per i frigoriferi) o da difformità, come per il ricircolo del percolato, alla stessa.
E dunque tenuto conto delle finalità della norma - evidentemente strumentale al contrasto delle più pericolose attività illecite concernenti i rifiuti -, del quadro normativo di riferimento e degli orientamenti espressi da questa Corte, appare senz\'altro possibile, nell\'ambito di un\'operazione interpretativa non esorbitante dall\'ordinario compito affidato al giudice, definire l\'ambito applicativo della disposizione.
Nè appaiono prospettabili violazioni dei principi costituzionali in relazione alle dedotte incertezze interpretative connesse alla portata del termine "abusivamente" o in ordine all\'elemento soggettivo del reato.
In entrambi i casi si tratta infatti, ancora una volta, di questioni sulle quali la Corte ha oramai assunto un indirizzo sostanzialmente univoco nell\'ambito della ordinaria funzione interpretativa. In merito al requisito della abusività della condotta, l\'interpretazione fornita dalle due decisioni che hanno preceduto il pronunciamento del tribunale di Palermo, secondo cui la nozione di condotta abusiva comprende anche quelle attività che per le modalità concrete in cui si esplicano risultano totalmente difformi da quanto autorizzato, si pone in linea, infatti, con l\'orientamento già affermato da Sez. 5^ 11.10.2006 n. 40330 ric. Pellini, secondo cui sussiste il carattere abusivo dell\'attività organizzata di gestione dei rifiuti - idoneo ad integrare il delitto di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 53 bis, - qualora essa si svolga continuativamente nell\'inosservanza delle prescrizioni delle autorizzazioni, il che si verifica non solo allorché tali autorizzazioni manchino del tutto (cosiddetta attività clandestina), ma anche quando esse siano scadute o palesemente illegittime e comunque non commisurate al tipo di rifiuti ricevuti, aventi diversa natura rispetto a quelli autorizzati.
Ugualmente costante è la giurisprudenza della Corte nel richiedere il dolo specifico per il reato in esame (così Sez. 3^, 6.10.2005 n. 40827 Rv 232349); con l\'ulteriore precisazione che - così come peraltro affermato anche nel provvedimento in esame - l\'ingiusto profitto è configuratale anche nella semplice riduzione dei costi aziendali (Sez. 4^, 2.7.2007 n. 28158 Rv 236907).
2. Destituito di fondamento appare il secondo motivo di ricorso con il quale si contesta la ricorrenza nel caso di specie della previsione del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 53 bis; l\'insussistenza della gravità del quadro indiziario avuto riferimento ai singoli elementi costitutivi della fattispecie, in uno con la mancata indicazione delle ragioni che hanno fatto ritenere non rilevanti gli elementi forniti dalla difesa; e da ultimo, infine, il mancato adeguamento ai principi affermati dalla Corte all\'atto del pregresso annullamento con rinvio in relazione alla valutazione del grado di difformità tra l\'attività autorizzata e quella realizzata, nonché sulla esclusione dalla valutazione per i rifiuti ingombranti. Al riguardo vanno anzitutto richiamate sul piano dei principi generali le considerazioni sopra svolte in ordine agli elementi costitutivi della fattispecie penale in esame.
Si deve ritenere corretta, pertanto, la premessa da cui muove il ragionamento del tribunale del riesame secondo cui anche la difformità sostanziale della gestione dei rifiuti rispetto a quanto previsto dalle autorizzazioni concesse integra il requisito dell\'abusività della condotta.
Quanto agli ulteriori rilievi mossi dal ricorrente osserva il Collegio che il Putrone contesta sulla scorta di una consulenza di parte la sussistenza dell\'asserito danno ambientale connesso al ricircolo del percolato rilevando peraltro che quest\'ultimo non era vietato dalla normativa vigente all\'atto dell\'approvazione dei vari progetti relativi all\'impianto in questione e che anzi era stato successivamente autorizzato nel luglio 2004 "all\'interno del corpo dei rifiuti"; ed obietta anche che non sarebbe stata valutata dai giudici di merito la situazione di palese emergenza - riferita dai testimoni escussi - che aveva determinato il contestato ricircolo, nè correttamente valutato infine il portato delle intercettazioni telefoniche.
Orbene, premesso che la natura di rifiuto del percolato di discarica era già rilevabile anche in passato dal CER (Elenco Europeo dei Rifiuti) - D.Lgs. n. 22 del 1997, allegato D, - che lo classificava con il codice 19 07 02 (percolato di discarica, contenente sostanze pericolose) o con il codice 19 07 03 (percolato di discarica, diverso da quello di alla voce precedente); dal D.Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36, art. 2, relativo all\'attuazione della direttiva 1999/31/CE sulle discariche di rifiuti, che alla lettera m) definisce il percolato quale "...liquido che si origina prevalentemente dall\'infiltrazione di acqua nella massa dei rifiuti o dalla decomposizione degli stessi", ecc, si impongono in questa sede alcune considerazioni in relazione agli ulteriori rilievi dedotti.
Va infatti anzitutto ribadito che le doglianze attinenti al difetto dei gravi indizi di colpevolezza, rilevano soltanto se si traducano in un motivo di annullamento per violazione dell\'obbligo della motivazione secondo le previsioni dell\'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), esulando dalle funzioni della corte di legittimità la valutazione della sussistenza, in concreto, degli indizi e delle esigenze cautelari, (ex plurimis Sez. 3^, n. 1416 del 30/03/2000 Rv. 216074).
Ciò posto osserva il Collegio che il tribunale del riesame ha correttamente e logicamente enunciato gli elementi fattuali di riferimento evidenziando le ragioni per le quali ha ravvisato - seppure nell\'ambito proprio del giudizio cautelare - la ricorrenza dei requisiti richiesti dal D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 53 bis, (l\'abusività della condotta, la sussistenza dell\'ingente quantitativo dei rifiuti e del danno ambientale).
Si tratta di motivazioni che confutano a volte espressamente a volte in fatto gli elementi indicati dalla difesa, peraltro non ritenuti nemmeno decisivi dal GUP che nelle more ha disposto il rinvio a giudizio di entrambi i ricorrenti proprio per il reato in esame. E questa circostanza non può essere trascurata nell\'apprezzare la violazione motivazionale eccepita.
Se è certamente vero che le Sezioni Unite della Corte, risolvendo un contrasto insorto sul punto, hanno affermato che anche dopo le modificazioni alla disciplina dell\'udienza preliminare introdotte dalla L. 16 dicembre 1999, n. 479, al giudice investito della richiesta di riesame di una misura cautelare personale la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza non è preclusa dalla sopravvenienza del rinvio a giudizio dell\'imputato per il reato in ordine al quale tale misura è stata applicata, non risultando alterata la portata della dichiarazione di incostituzionalità dell\'art. 309 c.p.p., intervenuta con sentenza 15 marzo 1996 n. 71 della Corte Costituzionale (Sez. U, n. 39915 del 30/10/2002 Rv. 222602) - ed, infatti, correttamente il tribunale ha proceduto alla verifica del quadro indiziario nonostante il rinvio a giudizio dei ricorrenti -, non si può non considerare che, come pure puntualizzato nella citata sentenza, giurisprudenza di legittimità e costituzionale concordano nell\'affermare che in conseguenza degli interventi innovativi derivanti dalla L. n. 479 del 1999, l\'apprezzamento del merito devoluto all\'udienza preliminare è oramai privo di quei caratteri di "sommarietà" che prima della riforma erano tipici di una delibazione tendenzialmente circoscritta allo stato degli atti". Rimane da osservare che l\'emergenzialità della condotta è stata motivatamente esclusa dal giudice di merito sulla base delle dichiarazioni degli stessi imputati in rapporto alla durata del periodo in cui si è consumato l\'illecito.
Va infine aggiunto che nessun contrasto è prospettabile rispetto ai principi affermati da questa Corte in sede di annullamento delle precedenti ordinanze del riesame essendosi nell\'occasione puntualizzato unicamente che la verifica circa la sussistenza dell\'ingente quantitativo non poteva essere limitata ai soli rifiuti ingombranti.
Inoltre correttamente in questa occasione il tribunale di Palermo, investito in sede di rinvio, ha evidenziato le ragioni per le quali ha ritenuto l\'assoluta illegittimità della condotta ascritta agli odierni ricorrenti con riferimento al ricircolo del percolato. 3. Le esigenze cautelari risultano anch\'esse correttamente motivate in relazione al pericolo di reiterazione del reato desunto dalla personalità dell\'imputato e dalle modalità del fatto. Si sottolinea nell\'ordinanza che la pervicacia dimostrata nella realizzazione delle condotte contestate e l\'esistenza di un capzioso meccanismo che presupponeva la condivisione di strategie di azienda. Si evidenzia, infine, come l\'intervenuta autorizzazione non valga ad escludere il pericolo di analoghe condotte "ascrivibili ad una disinvolta gestione aziendale in aperto contrasto con la normativa anche regolamentare vigente".
In relazione ai motivi dedotti dall\'avv.to Crescimanno nell\'interesse del Graffagnino e del Patrone si rileva quanto segue. 1. In ordine al primo motivo si richiamano le considerazioni già svolte in relazione ai primi due motivi di ricorso dell\'avv.to Butti in relazione alle censure attinenti l\'omessa valutazione da parte del Giudice del riesame del grado di difformità della condotta contestata rispetto alle modalità di gestione dei rifiuti autorizzate e circa la ricorrenza del requisito dell\'ingente quantitativo rapportato all\'elevato numero di comuni serviti dalla discarica ed all\'elevato grado di contaminazione rilevato anche nelle zone più distanti dalle vasche di raccolta.
Correttamente esaminato appare inoltre il profilo relativo alla sussistenza dell\'elemento soggettivo avendo puntualmente indicato l\'ordinanza impugnata i vantaggi derivanti agli imputati dalla condotta contestata.
2. Vanno poi richiamate le considerazioni svolte in relazione al terzo motivo per quanto concerne le esigenze cautelari. Rimane infine da considerare il nuovo motivo dedotto dall\'avv.to Crescimanno con il quale si evidenzia il venir meno del pericolo di reiterazione del reato a seguito del trasferimento dell\'ing. Patrone alla Direzione del Dipartimento Manutenzione Strade a partire dal luglio 2007.
Anche questo motivo non può essere accolto.
Il segnalato trasferimento si pone come elemento sopravvenuto rispetto alla originaria valutazione delle esigenze cautelari. Come tale, tenuto conto delle motivazione addotte nel provvedimento dispositivo della misura sopra menzionate, comporta la necessità di una nuova valutazione di merito circa la permanenza delle esigenze cautelari che esula evidentemente dal giudizio di questa Corte e che rimane autonomamente apprezzabile dal Giudice di merito quale eventuale causa di revoca della misura in atto.
Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna in solido dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento in solido delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 20 novembre 2007.
Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2008