Cass. Sez. III n. 46210 del 16 dicembre 2008 (Ud. 4 nov. 2008)
Pres. Grassi Est. Squassoni Ric. Milite ed altro
Rifiuti. Responsabilità appartenenti a società in nome collettivo.

In tema di responsabilità penale dei singoli appartenenti ad una società in nome collettivo necessita operare una distinzione. Nel caso in cui vi sia la nomina di un amministratore, costui assume la intera gestione della società (cui sono estranei, salvo deroghe inserite nell\'atto costitutivo, gli altri soci) e risponde delle relative responsabilità penali. Se tale nomina manca, la condotta illecita commissiva va attribuita al singolo socio che l\'ha posta in essere (in conformità al dettato dell\'art.27 Costituzione), mentre quella omissiva è imputabile anche agli altri soci che sono venuti meno ai doveri connessi alla comune conduzione aziendale

Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con sentenza 23 aprile 2007, ha ritenuto Milite Albino Cosimo e Tescione Rosa - nelle loro rispettive qualità di socio ed amministratore di una azienda che svolgeva attività di molitura olive e connesse - responsabili dei reati previsti dagli artt. 59 D.L.vo 152/1999, 51 D.L.vo 22/1997, 650 cp e ha condannato ciascun imputato alla pena di euro duemila di ammenda oltre al risarcimento dei danni nei confronti della parte civile (Comune di Calvi Risorta).
Per giungere a tale conclusione, il Tribunale - basandosi sugli esiti dì due sopralluoghi e sulle prove testimoniali - ha accertato quanto segue: nella azienda degli imputati abusivamente le acque di prelavaggio delle olive (che avrebbero dovuto confluire in una vasca a tenuta) erano scaricate in un fosso, varie sostanze qualificabili come rifiuti (sansa umida, materiali provenienti da attività di ristrutturazione, fogliame, plastica ed altro) erano depositate su di un piazzale privo di manto impermeabilizzato; l’ordine sindacale 40/2002 con il quale veniva ingiunto di cessare la attività aziendale non era stato ottemperato.
Il Giudice ha rilevato come la condotta antidoverosa dovesse essere ascritta ad entrambi gli imputati.
Costoro hanno proposto appello (che deve essere qualificato ricorso per Cassazione a sensi dagli artt. 568 uc. 593 uc cpp). Nei motivi di impugnazione, passano in rassegna le testimonianze dibattimentali al fine di dimostrare come non si sia raggiunta la prova della responsabilità ed, in particolare, deducono:
- che Milite Albino Cosimo deve essere assolto con la formula “per non avere commesso il fatto” perché è socio della azienda agricola e, come tale, “estraneo ad ogni rapporto processuale”;
- che Tescione Rosa non ha avuto conoscenza degli atti processuali, ha avuto la informazione di garanzia dopo il sequestro, non ha ricevuto la notifica del provvedimento del Sindaco 40/2002;
- che manca la prova della inottemperanza allo ordine sindacale;
- che tale provvedimento è stato in modo non rituale acquisito agli atti;
- che è nulla la escussione dibattimentale di Delle Femmine Agostino non inserito nella lista dei testi;
- che ingiustificatamente il Giudice non ha aderito alla richiesta di attivare i poteri ex art.507 cpp;
- che il reato previsto dall’art.650 cp non era continuato;
- che era concedibile la non menzione della condanna.
Esiste anche un motivo concernente Milite Carmine per il quale il Giudice ha dichiarato non doversi procedere per morte dello imputato.
Il Collegio ritiene, innanzi tutto, evidenziare che per i reati, accertati in data 25 novembre 2002, si è maturato il periodo prescrizionale (di anni quattro e mezzo - a sensi degli artt.157, 160 cp - cui devono aggiungersi mesi tre e giorni undici per rinvio del dibattimento a richiesta del Difensore).
L’atto di impugnazione deve essere, comunque, esaminato sia per sondare la praticabilità di un proscioglimento nel merito, sia ai limitati effetti delle disposizioni della sentenza che concernono i capi civili (a sensi dell’art.578 cpp).
La prevalenza di una formula assolutoria sulla prescrizione del reato è possibile per il Milite sussistendo elementi, connotati con il requisito della evidenza, dai quali dedurre la estraneità ai fatti per cui è processo.
In tema di responsabilità penale dei singoli appartenenti ad una società in nome collettivo (tale è quella degli imputati) necessita operare una distinzione.
Nel caso in cui vi sia la nomina di un amministratore, costui assume la intera gestione della società (cui sono estranei, salvo deroghe inserite nell’atto costitutivo, gli altri soci) e risponde delle relative responsabilità penali. Se tale nomina manca, la condotta illecita commissiva va attribuita al singolo socio che l’ha posta in essere (in conformità al dettato dell’art. 27 Costituzione), mentre quella omissiva è imputabile anche agli altri soci che sono venuti meno ai doveri connessi alla comune conduzione aziendale (Cassazione Sezione 3 sentenza 668/1999).
Nel caso in esame, dal certificato della Camera di Commercio, risulta che amministratrice della società fosse la Tescione Rosa alla quale devono essere ascritti (in mancanza di prova del concorso materiale o morale dello imputato) i reati in esame; consegue che la sentenza deve essere annullata senza rinvio , in relazione al Milite, per non avere commesso i fatti.
In merito alla posizione della Tescione, la Corte rileva quanto segue. Sulle eccezioni processuali di nullità, si osserva che quelle concernenti le indagini preliminari sono tardive (perché non proposte in limine litis come richiede l’art. 181 c. 1 cpp); la censura riguardante la mancata conoscenza degli atti processuali è priva della necessaria concretezza dal momento che la ricorrente non precisa quali siano gli atti che non è stata posta in grado di consultare.
Il teste Delle Femmine è stato ritualmente citato a sensi dell’art.195 c. 2 cpp come risulta dal verbale dibattimentale del 14 giugno 2004 (che il Collegio può compulsare essendo stato dedotto un vizio processuale); la norma non richiede che il dichiarante sia inserito nella lista testimoniale, ma prevede che il Giudice dopo la escussione del teste indiretto, se ritiene necessaria la audizione della fonte primaria di conoscenza, ne disponga di ufficio l’esame.
La circostanza che la ordinanza sindacale 40/2002 sia stata acquisita in una udienza successiva alla prima non comporta alcuna sanzione processuale stante il principio secondo il quale nullità ed inutilizzabilità sono tassative.
In merito ai poteri istruttori del Giudice previsti dall’art. 507 cpp, la ricorrente non segnala la ragione per la quale la richiesta integrazione probatoria con la escussione di due testi fosse assolutamente necessaria ai fini del decidere; sul punto, è appena il caso di rilevare come i residuali poteri del Giudice in ordine alle prove siano attivabili sono per supplire carenze istruttorie che incidono in modo determinate sul risultato del processo.
Per quanto concerne le violazioni alla normativa sulle acque e sui rifiuti (di cui ai capi a, b della rubrica), l’atto di ricorso (le cui censure risentono della circostanza che l’impugnazione era stata articolata come appello) riporta parti delle deposizioni testimoniali.
Il contenuto di queste dichiarazioni non è idoneo a scardinare la tenuta logica dello apparato argomentativo della sentenza in esame, né a fornire una interpretazione del compendio probatorio che rappresenti una alternativa sostenibile che contrasti le conclusioni del Tribunale; in sostanza, la imputata chiede una rinnovata ponderazione del materiale istruttorio non ammissibile in questa sede.
Relativamente al reato previsto dall’art. 650 cp (considerato dal Giudice unico e non continuato), si osserva che la ordinanza sindacale, che imponeva la sospensione della attività, è stata correttamente notificata presso la sede aziendale nelle mani di Milite Albino (che, nella sua qualità di socio, era persona facoltizzata a ricevere le notifiche) in data 21 novembre 2002. Il controllo degli agenti, che constatavano il funzionamento della azienda, è del giorno successivo; in tale situazione, il Tribunale non ha approfondito la tesi difensiva sulla mancata, ed incolpevole, conoscenza da parte della imputata della ordinanza sindacale.
Tale rilievo consente alla Corte di ritenere non manifestamente infondato il ricorso ed in applicazione dell’art.129 c. 1 cpp, di annullare senza rinvio la impugnata sentenza perché i reati ascritti alla Tescione sono estinti per prescrizione confermando, limitatamente alla imputata, le statuizioni civili.