Cass. Sez. III n. 9856 del 4 marzo 2009 (Ud. 29 gen. 2009)
Pres. Onorato Est. Lombardi Ric. Dell’Onte
Rifiuti. Rifiuti derivanti da attività di manutenzione alle infrastrutture

Alla regola generale che prevede che il deposito temporaneo debba essere effettuato presso il luogo di produzione dei rifiuti, è stata introdotta un\'eccezione dall\'art. 230 del D. Lgs n. 152/06, secondo il cui disposto per i rifiuti derivanti da attività di manutenzione alle infrastrutture effettuata direttamente dal gestore dell\'infrastruttura a rete e degli impianti per l\'erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico il luogo di deposito temporaneo può coincidere con quello di concentramento dei rifiuti, ove gli stessi vengono trasportati per la successiva valutazione tecnica. Finalizzata all\'individuazione del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento. Ne consegue che detta eccezione non trova applicazione nel caso di rifiuti oggettivamente non riutilizzabili.

Con la sentenza impugnata il Tribunale di Urbino ha affermato la colpevolezza di Dell’Onte Pierluigi in ordine al reato di cui agli art. 110 c.p. e 256, comma primo lett. a), del D. Lgs. 152/06, così diversamente qualificato il fatto contestato quale violazione di cui agli art. 110 c.p. e 256, comma secondo, del D.Lgs. n. 152/06.
Il Dell’Onte era stato tratto a giudizio in ordine alla imputazione originariamente contestatagli, perché quale responsabile del servizio fognature e depurazione della ditta Megas S.p.A., aveva effettuato presso l’impianto di depurazione comunale gestito dalla predetta società, in luogo diverso da quello di produzione un deposito incontrollato di rifiuti speciali non pericolosi, delle dimensioni di circa 8 metri cubi, originati dai lavori di manutenzione straordinaria di altri impianti di depurazione limitrofi, gestiti dalla medesima società, in difformità delle condizioni dettate dall’art. 6, lett. m) n. 4), del D. Lgs n. 22/97.
La sentenza ha escluso che nella specie fosse ravvisabile un’ipotesi di deposito controllato di rifiuti, essendo avvenuto il raggruppamento dei predetti materiali in luogo diverso da quello di produzione, ed ha, invece, ritenuto sussistente la fattispecie del deposito preliminare di rifiuti in attesa di una delle operazioni di smaltimento previste dalla legge; deposito preliminare che rientra anche esso tra le attività qualificate come smaltimento dei rifiuti, ai sensi dell’allegato 13 al D. Lgs n. 22/97 ed attualmente al D. Lgs n. 152/06, parte quarta allegato 13, e, pertanto, soggetta alla autorizzazione prescritta ai sensi del citato art. 6 lett. g) ed l) del D. Lgs n. 22/97.
Il giudice di merito ha, altresì, escluso che l’impianto di depurazione presso il quale era avvenuto il raggruppamento dei rifiuti, anche esso gestito dalla società Megas, potesse qualificarsi quale luogo di produzione dei rifiuti stessi, ai sensi dell’art. 230 del D. Lgs n. 152/06, che consente il raggruppamento dei rifiuti provenienti da attività di manutenzione di infrastrutture in uno dei luoghi diversi da quello di produzione indicati dalla nonna.
Sul punto la sentenza ha osservato che il raggruppamento consentito dal citato art. 230 deve essere finalizzato alla individuazione del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere sottoposto da alcun trattamento, mentre, nel caso in esame, i rifiuti di cui alla contestazione risultavano oggettivamente non riutilizzabili.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, che la denuncia per violazione di legge e vizi della motivazione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione dell’art. 51, comma primo lett. a), del D. Lgs n. 22/97 in relazione all’art. 6 lett. m) ed i) del medesimo decreto legislativo, nonché la violazione dell’art. 192 c.p.p. nella valutazione delle risultanze probatorie.
Si osserva, in sintesi, che i materiali depositati dalla ditta Megas all’interno dell’impianto di depurazione di Fossombrone, dalla stessa gestito, provenivano dall’attività di manutenzione effettuata dalla ditta presso altri impianti di depurazione sempre gestiti dalla medesima azienda, rimasti danneggiati a seguito di eventi alluvionali verificatisi nel novembre 2005; che, pertanto, i predetti materiali costituivano rifiuti propri della ditta Megas ed erano stati depositati nell’unico luogo a disposizione dell’azienda, in cui era stato possibile effettuare il deposito controllato degli stessi; che inoltre il deposito temporaneo era stato motivato da una situazione di eccezionale emergenza, in attesa del conferimento dei rifiuti ad un’impresa abilitata allo smaltimento.
Si deduce, quindi, che nella specie doveva essere ravvisata un’ipotesi di deposito controllato di rifiuti e che erroneamente è stata ritenuta dal giudice di merito sussistente un’attività di smaltimento dei rifiuti stessi.
Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia carenza e manifesta illogicità della motivazione della sentenza con riferimento alla esclusione della configurabilità dell’ipotesi di deposito temporaneo ai sensi dell’art. 6 lett. m) ed i) del D. Lgs n. 22/97.
Sulla base dei rilievi già esposti nel precedente motivo di gravame si deduce che il giudice di merito ha illogicamente escluso che l’impianto di depurazione di Fossombrone fosse il luogo di produzione dei rifiuti, considerato, tra l’altro, che i rifiuti derivanti da altri impianti di depurazione non potevano essere depositati temporaneamente presso gli stessi, in quanto ancora danneggiati a seguito dell’alluvione e sprovvisti di luoghi controllati e recintati ove raggruppare i rifiuti.
Con il successivo mezzo di annullamento si denuncia violazione di legge e mancanza o manifesta illogicità della motivazione della sentenza in ordine all’elemento psicologico del reato.
Si deduce che il giudice dì merito non ha valutato, in relazione all’elemento soggettivo del reato, l’eccezionalità dell’evento meteorologico e la buona fede dimostrata dal Dell’Onte e dagli altri imputati nel considerare legittima la collocazione dei rifiuti nel luogo prescelto, in quanto lo stesso presentava tutte le condizioni richieste dalla legge per essere utilizzato quale deposito temporaneo, ai sensi dell’art. 6 lett. m) del D. Lgs n. 22/97; che, peraltro, nella specie non poteva neanche essere stabilito con certezza quale fosse il luogo di produzione di alcuni rifiuti.
Con il quarto mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione degli art. 183, comma primo lett. m), del D. Lgs n. 152/06 in relazione all’art. 230, comma primo, del medesimo decreto legislativo.
Si deduce, in sintesi, che il giudice di merito ha erroneamente escluso che nella specie fosse configurabile l’eccezione prevista dal citato art. 230 nella identificazione del luogo di produzione dei rifiuti, come quello del loro accumulo allorché si tratti di rifiuti provenienti dall’attività di manutenzione di infrastrutture, quali erano quelle gestite dalla ditta Megas che, peraltro i materiali oggetto del raggruppamento provenivano anche dai depuratori, quali cavi, quadri elettrici, parti di impianti ed apparecchiature, sicché risultava sussistente la finalità richiesta dalla norma di procedere ad una valutazione tecnica degli stessi per l’eventuale riutilizzo.
Con l’ultimo motivo si eccepisce infine la violazione degli art. 516 e 521 c.p.p. e la conseguente nullità della sentenza ex art. 522 c.p.p..
Si deduce che l’imputato è stato tratto a giudizio per rispondere del reato di cui all’art. 51, comma secondo, del D. Lgs n. 22/97, per avere depositato in modo incontrollato i rifiuti in un luogo diverso da quello di produzione, mentre non è stata contestata alcuna operazione di smaltimento illegittimo di rifiuti; che, pertanto, l’affermazione di colpevolezza per tale fattispecie di reato ha riguardato un fatto diverso da quello contestato con violazione del principio di correlazione tra imputazione e sentenza di cui alle disposizioni citate.
Il ricorso non è fondato
Preliminarmente, stante il suo carattere pregiudiziale deve essere affermata la manifesta infondatezza dell’ultimo motivo di gravame, con il quale si eccepisce la nullità della sentenza per carenza di correlazione tra imputazione e fatto di cui alla pronuncia di condanna.
Invero, nella specie si tratta esclusivamente della diversa qualificazione giuridica del fatto oggetto dell’imputazione, ex art 521, comma primo, c..p.p., in quanto il fatto accertato corrisponde puntualmente a quanto contestato nel capo di imputazione.
Gli altri motivi di gravame sono infondati.
Con riferimento alla fattispecie di cui si tratta è stato puntualmente precisato da questa Suprema Corte che il deposito di rifiuti speciali, allorché manchi dei requisiti fissati dall’art. 6 lett. m) del D.Lgs. n. 22 del 1997 (ora art. 183 D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152) per essere qualificato quale temporaneo, integra, secondo i casi, l’abbandono o il deposito incontrollato, sanzionato dall’art. 51, comma secondo, del citato D. Lgs. n. 22/97 (ora sostituito dall’art. 256, comma secondo, D. Lgs. 152 del 2006), ovvero un deposito preliminare o stoccaggio, necessitante della prescritta autorizzazione, in quanto configura una forma di gestione dei rifiuti (cfr. sez III, 11 ottobre 2006 n.. 39544, Tresolat ed altro, RV 235703).
Inoltre, costituisce regola generale che il deposito temporaneo di rifiuti deve essere effettuato presso il luogo di produzione dei rifiuti stessi (art. 183, comma primo, lett. m) D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152).
A tale regola è stata introdotta un’eccezione dall’art. 230 del D. Lgs n. 152/06, secondo il cui disposto per i rifiuti derivanti da attività di manutenzione alle infrastrutture effettuata direttamente dal gestore dell’infrastruttura a rete e degli impianti per l’erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico il luogo di deposito temporaneo può coincidere con quello di concentramento dei rifiuti, ove gli stessi vengono trasportati per la successiva valutazione tecnica, finalizzata all’individuazione del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento.
Ne consegue che detta eccezione non trova applicazione nel caso di rifiuti oggettivamente non riutilizzabili. (cfr. sez. III, 8 giugno 2007 n. 33866, Balloi, RW 237217).
Sulla base di tali precisazioni in punto di diritto, rileva la Corte che la sentenza risulta correttamente motivata in ordine alla qualificazione dell’attività posta in essere dall’imputato, consistita nel raggruppamento in un unico luogo dei rifiuti provenienti dagli altri impianti di depurazione, quale deposito preliminare in attesa di una delle operazioni di smaltimento, ai sensi dell’allegato B, lett. D15, del D. Lgs n. 22/97 ed attualmente lett. D15 dell’allegato B alla parte quarta del D. Lgs n. 152/06.
Peraltro, nel caso in esame, l’eccezione in ordine alla individuazione del luogo di produzione dei rifiuti contenuta nell’art. 230, primo comma, del D. Lgs n. 152/06 risulta inapplicabile, non solo in considerazione dell’accertamento di fatto contenuto nella sentenza relativamente alla natura di rifiuti, oggettivamente non riutilizzabili, dei materiali raggruppati presso il depuratore di Fossombrone, ma anche perché in ogni caso non risultavano rispettate le prescrizioni di cui al secondo comma dell’art. 230, ai sensi del cui disposto la valutazione tecnica del gestore della infrastruttura di cui al comma 1 è eseguita non oltre sessanta giorni dalla data di ultimazione dei lavori, mentre nel caso in esame non risulta, né è stato mai dedotto, che sia stata eseguita alcuna verifica in ordine alla riutilizzabilità dei materiali depositati.
Anche la censura in ordine alla carenza dell’elemento psicologico del reato risulta infondata, poiché il giudice di merito ne ha ritenuto la sussistenza, con motivazione corretta, in considerazione della natura anche colposa della violazione di cui si tratta e delle specifiche cognizioni dell’imputato in materia, quale gestore di impianti di depurazione.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali