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Sez. 3, Sentenza n. 21024 del 05/05/2004 (Ud. 25/02/2004 n.00369 ) Rv. 229225
Presidente: Rizzo AS. Estensore: Onorato P. Imputato: Eoli. P.M. Passacantando G. (Conf.)
(Rigetta, App.Brescia, 19 febbraio 2003).
SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Deposito temporaneo - Condizioni.
CON MOTIVAZIONE

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Massima (fonte CED Cassazione)
In tema di smaltimento dei rifiuti è lecita l'operazione di "deposito temporaneo" di rifiuti, da intendersi come raggruppamento di rifiuti effettuato nel luogo della loro produzione, prima della raccolta, ai sensi e sotto le condizioni, anche di temporaneità, previste dall'art.6 lett. m) del D.Lgs. n. 22 del 1997; in caso di mancato rispetto di una delle citate condizioni, il deposito temporaneo va qualificato come "deposito preliminare", o stoccaggio, attività per la quale sono necessarie l'autorizzazione, o la comunicazione in procedura semplificata, previste dal citato D.Lgs.

In tema di deposito di rifiuti, si ha deposito temporaneo, come tale lecito, quando i rifiuti sono raggruppati, in via temporanea ed alle condizioni previste dalla legge, nel luogo della loro produzione; si ha deposito preliminare o stoccaggio, che richiede l'autorizzazione o la comunicazione in procedura semplificata, quando non sono rispettate le condizioni previste dall'art. 6 lett. m) del D.Lgs. n. 22 del 1997 per il deposito temporaneo di rifiuti; si ha invece deposito in controllato o abbandono di rifiuti, quando il raggruppamento di essi viene effettuato in luogo diverso da quello in cui i rifiuti sono prodotti, e fuori della sfera di controllo del produttore: tale ultima condotta è sanzionata penalmente, se posta in essere da soggetti titolari di impresa o da responsabili di enti, mentre è sanzionata in via amministrativa, quando sia effettuata da persone fisiche diverse da quelle precedentemente indicate.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. RIZZO Aldo - Presidente - del 25/02/2004
Dott. ONORATO Pierluigi - est. Consigliere - SENTENZA
Dott. PICCIALLI Luigi - Consigliere - N. 368
Dott. VANGELISTA Vittorio - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. NOVARESE Francesco - Consigliere - N. 18287/2003
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
EOLI Oreste, nato a Castel Goffredo (MN) il 1.9.1939;
avverso la sentenza resa il 19.2.2003 dalla corte d'appello di Brescia.
Vista la sentenza denunciata e il ricorso;
Udita la relazione svolta in udienza dal Consigliere Dott. Pierluigi Onorato;
Udito il Pubblico Ministero in persona del sostituto procuratore generale Dott. Passacantando Guglielmo, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
Udito il difensore dell'imputato, avv. Filippo Capuzzi, che ha insistito per l'annullamento della sentenza impugnata. Osserva:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 - Con sentenza del 19.2.2003 la corte d'appello "di Brescia ha integralmente confermato quella resa il 3.7.2001 dal tribunale di Mantova, che aveva dichiarato Oreste Eoli colpevole del reato di cui all'art. 51, comma 2, D.Lgs. 5.2.1997 n. 22, condannandolo alla pena di lire 3.400.000 di ammenda, col beneficio della non menzione. Più esattamente l'Eoli era imputato, quale legale rappresentante della Manifattura Egeo s.r.l., per aver esercitato, senza autorizzazione, un deposito temporaneo di rifiuti non pericolosi, derivanti dalla attività di produzione di calze e collants della società, per una volumetria superiore a 20 me. e per un periodo superiore a tre mesi: in Marcarla sino al settembre 1999. 2 - I difensori dell'Eoli hanno presentato ricorso per Cassazione, deducendo tre motivi a sostegno.
Col primo denunciano violazione e falsa applicazione dell'art. 51, comma 2, in relazione agli artt. 6 lett. m), 14, 28 e 50 del D.Lgs. 22/1997.
Sostengono che è illegittimo e contrario alle direttive comunitarie equiparare il deposito temporaneo irregolare alle ipotesi di gestione o stoccaggio o deposito preliminare finalizzati allo smaltimento dei rifiuti, per le quali è prevista l'autorizzazione disciplinata dall'art. 28 succitato.
Col secondo motivo lamentano violazione del principio di tassatività della legge penale (artt. 1 c.p. e 25 Cost), perché la disposizione dell'art. 6 lett. m) è priva di specifica sanzione e l'applicazione ad essa del trattamento penale previsto dall'art. 51 comma 2 per l'abbandono o il deposito incontrollato dei rifiuti configura una interpretazione in malam partem non consentita dal principio invocato.
Col terzo motivo deducono violazione e falsa applicazione della direttiva comunitaria 75/442, modificata dalla direttiva 91/156/CEE, che detta nozioni di deposito temporaneo irregolare e deposito preliminare diverse da quelle adottate dalla sentenza impugnata. MOTIVI DELLA DECISIONE
3 - In linea di fatto è stato accertato che Oreste Eoli, quale presidente del c.d.a. della Manifattura Egeo S.r.l., aveva depositato in un'area di pertinenza aziendale rifiuti non pericolosi provenienti dal ciclo produttivo dell'azienda per un peso complessivo di kg. 17.140, e per un volume sicuramente superiore a 20 mc; e che il deposito era durato almeno dal 9.3.1999 al settembre 1999, quando era stato smaltito presso una discarica per mezzo di una ditta specializzata (v. soprattutto sentenza di primo grado). In tal modo l'Eoli ha superato i limiti imposti per il deposito temporaneo dall'art. 6 lett. m) n. 3 D.Lgs. 22/1997, posto che i rifiuti sono rimasti depositati nel luogo di produzione oltre i tre mesi previsti dalla legge prima di essere avviati al regolare smaltimento. Così facendo l'imputato ha effettuato una operazione di deposito preliminare, che, come tutte le altre operazioni di smaltimento dei rifiuti, è soggetta ad autorizzazione o comunicazione, e che, se esercitata senza titolo abilitativo, è penalmente sanzionata dall'art. 51 comma 1 D.Lgs. 22/1997.
Per conseguenza, il fatto contestato all'imputato va meglio qualificato come violazione dell'art. 51, comma 1, D.Lgs, 22/1997, per la quale è prevista la stessa sanzione penale comminata per la violazione del comma 2 dello stesso art. 51, contestata nell'originaria rubrica.
4 - Invero, la disciplina sui rifiuti introdotta dal D.Lgs. 22/1997 definisce esattamente lo smaltimento dei rifiuti - per il quale è necessario attivare una procedura di autorizzazione più o meno semplificata - come un'attività che comprende una delle operazioni pratiche elencate nell'Allegato "B". Questo elenco include quattordici operazioni, che vanno dalla discarica sul suolo, al lagunaggio, all'immersione, all'incenerimento etc, oltre al deposito preliminare dei rifiuti in attesa di una delle operazioni predette. Anche questo deposito preliminare, o stoccaggio, quindi, è un'operazione di smaltimento che va debitamente autorizzata (v. art, 6 lett. g) ed l), nonché capo 4^ e 5^ del titolo 1^ del citato decreto).
Dalla nozione di deposito preliminare però è espressamente escluso il deposito temporaneo, inteso come raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti, purché siano rispettate alcune condizioni dettate dalla lettera m) dell'art. 6 in relazione alla qualità dei rifiuti, al tempo di giacenza, alla quantità dell'accumulo, alla omogeneità dei tipi di rifiuti accumulati, nonché all'imballaggio e alla etichettatura per i rifiuti pericolosi. Il legislatore evidentemente considera che i rifiuti temporaneamente raggruppati nel luogo in cui sono prodotti, quando siano rispettate le condizioni predette, non escano dalla sfera di controllò del produttore e non costituiscano un rischio per l'ambiente, tale da richiedere il preventivo controllo della pubblica autorità.
Se però una di queste condizioni non è rispettata, ad esempio perché il periodo di giacenza si prolunga oltre il tempo determinato dalla legge in relazione alla quantità, ovverosia perché i rifiuti non sono avviati allo smaltimento con la periodicità prescritta, il deposito da "temporaneo" diventa "preliminare", cioè entra nella sfera pericolosa dello smaltimento, qualificandosi come stoccaggio preparatorio in vista e in attesa di una delle altre operazioni finali di smaltimento elencate dalla legge, quali la discarica, il lagunaggio, l'incenerimento etc. La legge richiede perciò che l'operazione sia previamente controllata dall'autorità amministrativa, attraverso un'autorizzazione rilasciata dalla regione ai sensi dell'art. 28, o attraverso una procedura semplificata di comunicazione alla provincia territorialmente competente ai sensi degli artt 31 e 32 D.Lgs. 22/1997.
In conclusione, il deposito temporaneo è consentito, ma solo nella misura in cui non si configuri come un deposito preliminare, cioè come un'operazione di smaltimento, per la quale è necessario munirsi previamente di un titolo abilitativo.
Orbene, il deposito preliminare in assenza di titolo abilitativo è penalmente sanzionato come contravvenzione ex art. 51, comma 1. (In tal senso cfr. Cass. Sez. 3, sent. 07140 del 19/06/2000, Eterno, rv. 216977, secondo cui "il deposito temporaneo di rifiuti ai sensi dell'art. 6, punto m), del D.Lgs 5 febbraio 1997 n. 22 è legittimo soltanto ove sussistano alcune precise condizioni temporanee quantitative e qualitative; in assenza di tali condizioni, il deposito di rifiuti nel luogo in cui sono stati prodotti è equiparabile giuridicamente all'attività di gestione di rifiuti non autorizzata, prevista come reato dall'art. 51 del D.Lgs. 22.) 4.1 - Diversa ancora è la nozione di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti, perché in tal caso il deposito è effettuato in luogo diverso da quello in cui i rifiuti sono prodotti e fuori dalla sfera di controllo del produttore.
Proprio per queste sue caratteristiche l'abbandono dei rifiuti è vietato in modo assoluto, con obbligo del contravventore di procedere alla rimozione e al ripristino dello stato dei luoghi ai sensi dell'art. 14. La contravvenzione è inoltre assoggettata a sanzione amministrativa pecuniaria ex art. 50.
Peraltro, il legislatore prevede che l'abbandono o deposito incontrollato possa assumere il carattere di un'attività di gestione dei rifiuti (cioè di raccolta, trasporto, recupero o smaltimento), quando esso è effettuato da titolari di imprese o da responsabili di enti; e in tal caso commina la sanzione penale ai sensi dell'art. 51, comma 2. (Cass. Sez. 3^, sent. 20780 del 28/05/2002, Brustia, rv. 221883, Cass. Sez. 3^, n. 31128 del 10.8.2001, P.M. in proc. Migliozzi, rv. 220104, nonché Cass. Sez. 3^, sent. 09057 del 26/02/2003, Costa, rv. 224172, hanno statuito che il deposito temporaneo, in assenza delle condizioni previste dalla lettera m) dell'art. 6, configura il reato di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti, sanzionato dall'art. 51, comma 2. La conclusione sembra però appropriata solo nei casi in cui si tratti di deposito effettuato da titolari di impresa o da responsabili di enti in luogo diverso da quello di produzione dei rifiuti, e cioè nei casi in cui non si tratti propriamente di un deposito temporaneo irregolare, che è pur sempre effettuato nel luogo di produzione).
4.2 - In conclusione, il D.Lgs. 22/1997 contempla tre nozioni di deposito di rifiuti: il deposito temporaneo (controllato ed effettuato nel luogo di produzione), che è ammesso nel rispetto delle condizioni prescritte dalla lett. m) dell'art. 6; il deposito preliminare o stoccaggio, che è una fase iniziale dell'attività di smaltimento, come tale assoggettato alle procedure di abilitazione di cui ai capi 4^ e 5^ del titolo 1^; il deposito incontrollato o abbandono, che è vietato e sanzionato penalmente se effettuato da titolari di impresa o da responsabili di enti, ovvero sanzionato in via amministrativa se effettuato da persone fisiche diverse dai soggetti predetti.
Queste nozioni specifiche esauriscono la categoria generale del deposito di rifiuti, sicché ogni effettivo deposito, a seconda delle sue concrete caratteristiche oggettive e soggettive, dovrà necessariamente sussumersi in una delle tre nozioni. 5 - Così precisata la portata e la rado della disciplina legislativa, risulta evidente l'infondatezza delle censure formulate dal ricorrente.
5.1 - Anzitutto è inesatto sostenere che tale disciplina sia contraria o comunque incompatibile rispetto a quella comunitaria. Infatti la direttiva 75/442/CEE, come modificata dalla direttiva 91/156/CEE, che ha ricevuto attuazione nazionale proprio col D.Lgs. 22/1997, da una parte ha definito nello stesso modo la nozione di smaltimento dei rifiuti, comprendendovi anche il deposito preliminare; dall'altra ha espressamente escluso dalla sfera del deposito preliminare il deposito temporaneo dei rifiuti, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti (Allegato 2^ A, lett. D15). Inoltre la direttiva ha lasciato agli Stati nazionali la facoltà di adottare le misure ritenute necessarie, ivi comprese le sanzioni amministrative e penali, per assicurare che il recupero e lo smaltimento dei rifiuti avvenga senza rischi per la salute dell'uomo e per la integrità dell'ambiente (art. 4, nonché artt. 8 e 9). Per questo aspetto, quindi, il legislatore nazionale, nell'esercizio del suo limitato potere discrezionale, è rimasto sicuramente nell'ambito della direttiva comunitaria. Questa conclusione è d'altronde confermata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia europea, la quale ha esplicitamente statuito che "La nozione di 'deposito temporaneò si distingue da quella di 'deposito preliminar e' di rifiuti e non rientra nella nozione di 'operazione di gestione' ai sensi dell'art. 1 della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975 n. 75/442/CEE, lett. d), relativa ai rifiuti, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991 n. 91/156/CEE. Le competenti autorità nazionali sono tenute, per quanto riguarda le operazioni di deposito temporaneo, a vegliare al rispetto degli obblighi risultanti dall'art. 4 della direttiva n. 75/442/CEE 1975. (Cause riunite 175/98, 177/98, sent. del 05-10-1999, Domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), dal Pretore di Udine nei procedimenti penali dinanzi ad esso pendenti a carico di Paolo Lirussi e Francesca Bizzaro).
5.2 - In secondo luogo non può ravvisarsi nella disciplina nazionale sopra riassunta alcuna violazione del principio di tassatività della legge penale.
Infatti, proprio perché il deposito che non rispetta i requisiti tassativamente prescritti nella lett. m) dell'art. 6 D.Lgs. 22/1997, assume necessariamente o il carattere di deposito preliminare o quello di deposito incontrollato, è chiaro e preciso il trattamento sanzionatorio che ne deriva: e cioè la sanzione penale di cui al primo comma dell'art. 51 per l'attività di deposito preliminare di rifiuti (nel luogo in cui sono prodotti) svolta in assenza del titolo abilitativo prescritto; la (uguale) sanzione penale di cui al secondo comma dell'art. 51 per il deposito incontrollato di rifiuti (in luogo diverso da quello in cui sono prodotti) effettuato da titolari di imprese o da responsabili di enti; la sanzione amministrativa di cui all'art. 50 per il deposito incontrollato effettuato da persone fisiche diverse dai titolari di impresa o responsabili di enti. 6 - Il ricorso va pertanto rigettato. Consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente alle spese processuali. Considerato il contenuto dell'impugnazione, non si ritiene di comminare anche la sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende. P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 25 febbraio 2004.
Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2004