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Sez. 3, Sentenza n. 4373 del 05/02/2004 (Ud. 12/12/2003 n.02056 ) Rv. 227563
Presidente: Zumbo A. Estensore: Vangelista V. Imputato: Luise. P.M. Cesqui E. (Conf.)
(Rigetta, Trib.Rovigo, 29 aprile 2003).
614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti - Trasporto - Con mezzi diversi da quelli comunicati - Reato di cui all'art. 51 del D.Lgs. n. 22 del 1997, Configurabilità.
CON MOTIVAZIONE

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Massima (Fonte CED Cassazione)

Il trasporto di rifiuti effettuato con mezzi diversi da quelli indicati all'atto dell'iscrizione all'Albo delle imprese che esercitano la gestione dei rifiuti, o comunque inidonei, configura l'ipotesi di reato di cui all'art. 51, commi primo e quarto, del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, atteso che l'iscrizione è strettamente connessa alla categoria di inquadramento ed ai mezzi di trasporto indicati.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. ZUMBO Antonio - Presidente - del 12/12/2003
1. Dott. RAIMONDI Raffaele - Consigliere - SENTENZA
2. Dott. GRILLO Carlo Maria - Consigliere - N. 2056
3. Dott. VANGELISTA Vittorio - Consigliere - REGISTRO GENERALE
4. Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 032439/2003
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Luise Mauro n. ad Adria il 21.10.1960;
avverso la sentenza del Tribunale di Rovigo n. 171/03;
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dott. Vittorio Vangelista;
Udito il Pubblico Ministero in persona del Dott. Cesqui Elisabetta che ha concluso per il rigetto del ricorso;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Luise Mauro ricorre avverso la sentenza n. 171/03, con cui il Tribunale di Rovigo lo condannava, quale legale rappresentante della s.r.l. CO.IM.PO. - impresa esercente attività di raccolta e trasporto di rifiuti speciali non tossici e nocivi per conto terzi - alla pena di euro 5.000,00 di ammenda per aver effettuato un'attività di trasporto di rifiuti speciali non tossici, senza utilizzare un veicolo idoneo ad impedirne la dispersione, lo sgocciolamento e la fuoriuscita, come prescritto del decreto di iscrizione dell'Albo Nazionale delle imprese esercenti servizi di smaltimento rifiuti.
Il ricorrente sostiene che la condotta ascrittagli non integrerebbe gli estremi di cui allo art. 51, 1^ comma, lett. a) e 4^ comma, D.L. 22/97, bensì quelli della violazione amministrativa prevista dall'art. 50 del medesimo D.L.. Si tratterebbe, infatti, di una valvola lasciata aperta per negligenza e per di più, dall'autista del mezzo, la cui disattenzione avrebbe provocato l'immissione dei rifiuti nelle pubbliche acque della fognatura. Il fatto, quindi, non gli potrebbe essere ascritto sotto il profilo dell'elemento psicologico, necessario per ritenere la sussistenza del reato. Il Tribunale, inoltre, avrebbe desunto l'inidoneità del mezzo di trasporto dal solo evento, senza svolgere sul punto alcun altro accertamento.
Il giudicante, infine, avrebbe omesso di dare conto del procedimento logico-giuridico sulla base del quale era giunto a determinare e quantificare la pena.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato e, come tale, deve essere respinto: il trasporto di rifiuti effettuato, invero, con mezzi la cui utilizzazione non è stata comunicata all'atto dell'usucapione nell'albo delle imprese che esercitano la gestione dei rifiuti o, comunque, con mezzi inidonei, deve ritenersi svolto in violazione dei requisiti, delle condizioni e delle prescrizioni richiamate nell'atto abilitativo; conseguentemente, tale comportamento integra la violazione dell'art. 51, commi 1, lett. a) e 4, D.L. 22/97; ciò, in quanto l'iscrizione è strettamente connessa alla categoria di inquadramento ed ai mezzi di trasporto utilizzati (cfr. Cass. 3^, n. 1492/2000).
In tema, poi, di commissurazione della pena, quando questa venga compresa, come nella fattispecie, tra il minimo ed il medio edittale, la motivazione non deve necessariamente svilupparsi in un esame dei singoli criteri elencati nell'art. 133 c.p., essendo sufficiente il riferimento alla necessità di adeguamento al caso concreto (Cass. n. 8156/96), palesata nella espressione "pena equa", con ciò dovendosi intendere, pertanto, adeguatamente assolto l'obbligo della motivazione.
Per completezza va, inoltre, osservato che il ricorso presenta anche un profilo di inammissibilità, laddove il ricorrente prospetta una inammissibile - in sede di legittimità - rilettura delle risultanze processuali in un senso diverso, a sè più favorevole (Cfr. Cass. SS.UU. n. 6402/97).
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Udienza pubblica, il 12 dicembre 2003. Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2004