Cass. Sez. III n. 50634 del 3 dicembre 2014 (Ud 4 nov 2014)
Pres. Squassoni Est. Orilia Ric. De Ponte
Rifiuti. Discarica abusiva e compartecipazione agevolatrice del proprietario del terreno

Il principio che esclude la configurabilità in forma omissiva del reato di gestione o realizzazione di discarica abusiva nei confronti del proprietario di un terreno per violazione degli obblighi di controllo non può trovare applicazione nel caso in cui non si tratta di rifiuti depositati da terzi all'insaputa del proprietario ma di detriti scaricati con la piena consapevolezza ed anzi con l'espresso consenso del titolare, trattandosi, in sostanza, di una vera e propria condotta di compartecipazione agevolatrice che giustifica la responsabilità del proprietario

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere sez. distaccata Marcianise, con sentenza 18.4.2012 depositata il 22.8.2012 ha ritenuto D.P.S. responsabile del reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256 per avere, quale titolare di un fondo in (OMISSIS), effettuato una attività di discarica di rifiuti speciali non pericolosi (materiali di risulta e scarti di lavorazione edile) in assenza della prescritta autorizzazione.

2 Contro questa decisione il difensore ha proposto appello, poi trasmesso a questa Suprema Corte (trattandosi di impugnazione contro sentenza di condanna a pena pecuniaria). L'imputato si duole della mancata assoluzione con formula piena o quanto meno ai sensi dell'art. 530 c.p.p., comma 2. Osserva in particolare che i detriti - derivanti dalla demolizione di un fabbricato - furono depositati dal titolare dell'impresa che stava realizzando il muro di recinzione nel fondo di sua proprietà e quindi proveniva da altro cantiere, come dichiarato proprio dal teste Da.. Ha contestato l'affermazione secondo cui egli rivestirebbe una posizione di garanzia quale proprietario del fondo. Osservando che al più essa potrebbe riguardare solo il deposito dei materiali derivanti dalla attività da lui commissionata (realizzazione del muro di cinta) ma non il materiale di risulta proveniente da una diversa demolizione ed utilizzato impropriamente dall'esecutore dei lavori.

Si duole poi della misura della pena chiedendo l'applicazione nel minimo col beneficio della sospensione condizionale.

3. Con successivo atto del 23.11.2012 l'imputato ha proposto personalmente ricorso per cassazione denunziando inosservanza della legge penale in relazione alla mancanza di un espresso obbligo di impedire la realizzazione o il mantenimento dell'evento lesivo ovvero la mancanza o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta responsabilità.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L'impugnazione di sentenza di condanna alla sola pena dell'ammenda, e come tale inappellabile (art. 593 c.p.p., comma 3), va senz'altro qualificata come ricorso per cassazione per il principio del favor impugnationis e di conservazione degli atti processuali (art. 568 c.p.p.). Nel caso di specie, quindi, l'impugnazione proposta dal difensore contro la sentenza del Tribunale - erroneamente diretta alla Corte d'Appello - è stata trasmessa correttamente in Cassazione dalla Corte napoletana.

L'impugnazione è comunque inammissibile perchè proposta per motivi diversi da quelli consentiti dalla legge (art. 606 c.p.p., u.c.):

essa si risolve invero in una censura tipicamente in fatto laddove sollecita una diversa ricostruzione della vicenda sulla scorta delle dichiarazioni del teste Da. (titolare dell'impresa esecutrice).

2. Quanto al tema della posizione di garanzia del proprietario del fondo, la Corte è ben consapevole del principio affermato da Sez. 3, Sentenza n. 49327 del 12/11/2013 Ud. dep. 09/12/2013 Rv. 257294 che esclude la configurabilità in forma omissiva del reato di gestione o realizzazione di discarica abusiva nei confronti del proprietario di un terreno per violazione degli obblighi di controllo, ma ritiene che esso non possa trovare applicazione nel caso di specie, in cui non si tratta di rifiuti depositati da terzi all'insaputa del proprietario (come nel caso esaminato con la citata sentenza), ma di detriti scaricati con la piena consapevolezza ed anzi con l'espresso consenso del titolare, come emerge dalla sentenza impugnata che riporta la dichiarazione dello stesso Da lizzo ("stavamo facendo l'abbattimento di un palazzo ed ho chiesto che portassero un poco di questo materiale sul posto proprio per evitare che i camion scendessero sul terreno"): in sostanza, si è in presenza di una vera e propria condotta di compartecipazione agevolatrice che giustifica la responsabilità del proprietario (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 2477 del 09/10/2007 Ud. dep. 17/01/2008 Rv. 238541): fuori luogo quindi si rivela il richiamo alla giurisprudenza - peraltro ben nota al Collegio - che esclude la posizione di garanzia da parte del committente con riferimento all'attività di smaltimento di rifiuti da parte dell'appaltatore e che viene richiamata nel ricorso per cassazione proposto direttamente dal D.P., precisandosi, anzi che la stessa giurisprudenza, fa "salva l'ipotesi di un diretto concorso nella commissione del reato" (cfr. Sez. 3 sentenza n. 25041/2011).

Per le suddette considerazioni va dichiarato altresì inammissibile per manifesta infondatezza il ricorso depositato personalmente dall'imputato, che è incentrato su tale tema.

4. Inammissibile - perchè priva di specificità - è infine anche la censura sul trattamento sanzionatorio, che si risolve in una richiesta di riduzione della pena per l'avvenuto ripristino ambientale e la quantità e natura dei materiali rinvenuti, laddove il giudice di merito aveva comunque concesso le attenuanti generiche.

Quanto alla sospensione condizionale della pena, la mancanza di espressa richiesta in sede di conclusioni (come si evince dall'epigrafe della sentenza impugnata) esonerava il giudice dall'obbligo di pronunciarsi.

L'inammissibilità del ricorso per cassazione non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 c.p.p. (cass. sez. 3, Sentenza n. 42839 del 08/10/2009 Ud. dep. 10/11/2009; cass. Sez. 4, Sentenza n. 18641 del 20/01/2004 Ud. dep. 22/04/2004; sez. un., Sentenza n. 32 del 22/11/2000 cc. dep. 21/12/2000).

Il tema della prescrizione non può essere affrontato.

Non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sentenza 13.6.2000 n. 186), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecunia ai sensi dell'art. 616 c.p.p. nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 4 novembre 2014.