Cass. Sez. III n. 22026 del 9 giugno 2010 (Cc. 29 apr. 2010)
Pres. Onorato Est. Lombardi Ric. Grisetti
Rifiuti. Trasporto e terzo proprietario del mezzo

In caso di trasporto non autorizzato di rifiuti, il terzo proprietario del mezzo adoperato per il trasporto, estraneo alla commissione del reato, per evitare la confisca ed ottenere la restituzione del mezzo deve provare la sua buona fede, ovvero di non essere stato a conoscenza dell’uso illecito o che tale uso non era collegabile ad un proprio comportamento negligente. Incombe, quindi, sul terzo proprietario, che chiede la restituzione del bene, la dimostrazione rigorosa del presupposto della sua buona fede, che giustifica la mancata confisca.

 

UDIENZA del 29/04/20010

SENTENZA N. 687

REG. GENERALE N. 501/2010


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli ill.mi Signori:


Presidente                  Dott. Pierluigi Onorato
Consigliere                 Dott. Alfredo Teresi
Alfredo Maria Lombardi

Luigi Marini
Santi Gazzara


ha pronunciato la seguente:


SENTENZA


- Sul ricorso proposto dall'Avv. Antonio Piccolo, difensore di fiducia di Grisetti Gioi, n. a Cesena il 21.6.1984, avverso l'ordinanza in data 19.10.2009 del Tribunale di Macerata, con la quale è stato rigettato l'appello avverso il diniego di restituzione di un automezzo.

- Udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Alfredo Maria Lombardi;
- Visti gli atti, la ordinanza denunziata ed il ricorso;
- Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale dott. Giuseppe Volpe, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;


CONSIDERATO IN FATTO E DIRITTO


Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Macerata ha rigettato l'appello proposto da Grisetti Gioi avverso il provvedimento del G.I.P. del medesimo Tribunale in data 3.9.2009, che aveva respinto la richiesta di revoca del sequestro di un automezzo; sequestro disposto in relazione al reato di cui all'art. 256 del D. Lgs n. 152/2006.


Il Tribunale della libertà ha osservato che risulta incontestabile il fumus del reato oggetto di indagine, in quanto l'indagato, Marigliano Raffaele, è stato sorpreso alla guida dell'autocarro mentre trasportava rifiuti speciali, costituiti da rottami ferrosi e non ferrosi.


L'ordinanza ha altresì affermato che nella specie sussistono le esigenze cautelari connesse al pericolo che l'automezzo venga ulteriormente impiegato per la commissione di analoghe condotte illecite, non risultando, tra l'altro, che lo stesso sia stato adoperato contro la volontà del proprietario; che, inoltre, l'affermazione dell'appellante, secondo la quale egli avrebbe ignorato l'uso che l'indagato intendeva fare del mezzo di trasporto, costituisce una mera asserzione, inidonea a far venir meno l'obbligo di confisca dell'autocarro.


Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il difensore del Grisetti, che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.


Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione delle norme che disciplinano l'onere della prova.


Si deduce, in sintesi, che l'affermazione del Tribunale della libertà, secondo la quale il Grisetti non è riuscito a provare la sua buona fede, è errata, in quanto fondata su un'illegittima inversione del'onere della prova, essendo stato poto a carico del terzo proprietario l'onere di provare che egli non era consapevole dell'uso che sarebbe stato fatto del mezzo di trasporto.


Si deduce inoltre che nel caso in esame non si versa in un'ipotesi certa di confisca obbligatoria, essendo la misura di sicurezza patrimoniale legata all'accertamento che il terzo proprietario fosse consapevole dell'uso illecito dell'automezzo. Si contesta, infine, la sussistenza del pericolo di reiterazione del reato, essendosi trattato di un episodio del tutto occasionale.


Con il successivo ed ultimo mezzo di annullamento si denunciano vizi di motivazione dell'ordinanza.


Si deduce genericamente sul punto che la motivazione del provvedimento risulta in contrasto con gli atti processuali cui fa riferimento.


Il ricorso non è fondato.


E' stato reiteratamente affermato da questa Suprema Corte, in tema di gestione di rifiuti, che in caso di trasporto non autorizzato, il terzo proprietario del mezzo adoperato per il trasporto, estraneo alla commissione del reato, per evitare la confisca ed ottenere la restituzione del mezzo deve provare la sua buona fede, ovvero di non essere stato a conoscenza dell'uso illecito o che tale uso non era collegabile ad un proprio comportamento negligente. (cfr. sez. III, 2 luglio 2008 n. 26529, Torre, RV 240551; conf. sez. III, 12 dicembre 2008 n. 46012, Castellano, RV 241771; sez. III, 3 agosto 2004 n. 33281, Datola, RV 229010).
Incombe, quindi, sul terzo proprietario, che chiede la restituzione del bene, la dimostrazione rigorosa del presupposto della sua buona fede, che giustifica la mancata confisca.
E' agevole, poi, osservare che nel caso in esame non si versa in ipotesi di inversione dell'onere della prova, non consentita in materia penale, in quanto la dimostrazione richiesta al terzo proprietario non riguarda l'accertamento della responsabilità penale.


Peraltro, l'accertamento della consapevolezza dell'uso illecito del mezzo di trasporto, che deve essere provata dalla pubblica accusa, comporterebbe la corresponsabilità del proprietario nella commissione del reato.

E', invece, onere del proprietario, anche se estraneo al reato, fornire la prova necessaria a contrastare l'obbligo previsto dalla legge di confisca dei mezzi utilizzati per il trasporto illecito di rifiuti.


Va anche osservato che, nel caso in esame, il rigetto della richiesta di restituzione dell'autocarro è stata altresì fondata sul pericolo di reiterazione della commissione del reato, esigenza cautelare con riferimento alla quale la censura del ricorrente è del tutto generica.


Il secondo motivo di ricorso è inammissibile, non essendo consentita, ai sensi dell'art. 325 c.p.p., l'impugnazione dei provvedimenti in materia di misure cautelari reali per vizi di motivazione, che peraltro sono denunciati con formulazione assolutamente generica.


Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.


Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.


P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 29.4.2010.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA il  9 GIU. 2010