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LA DISCIPLINA DEI RIFIUTI IN PORTO
A cura di Cristian ROVITO (*)

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L’entrata in vigore del D.Lgs n. 182 del 24 giugno 2003, costituisce uno strumento normativo attraverso il quale il legislatore, su proposta del Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio, ha dato attuazione alla Direttiva CE n. 59/2000 relativa agli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi ed i residui del carico. Ha introdotto, quindi, una disciplina ad hoc sui rifiuti riferendosi al contesto marittimo e portuale.

L’obiettivo primario che s’intende perseguire è di ridurre gli scarichi in mare, in particolare quelli illeciti, dei rifiuti e dei residui del carico prodotti dalle navi che scalano i porti nazionali. Non ultimo, migliorare la disponibilità e l’utilizzo degli impianti portuali di raccolta dei citati rifiuti e residui.

E’ utile analizzare dapprima la terminologia introdotta dalla norma, poiché, in effetti, l’art. 2 individua opportunamente il concetto di rifiuto prodotto dalla nave, di residuo del carico, di impianto portuale di raccolta nonché di “autorità competente”, sulla cui trattazione risulterà quanto mai essenziale spendere qualche riflessione.

A livello generale, la materia, affonda le sue prime radici nella definizione individuata dal D.Lgs 22/97, quale “legge quadro generale sui rifiuti di ogni natura e composizione, sia solidi che liquidi”; talchè le definizioni fornite dal decreto 182/2003, offrono all’utenza ed alla collettività in stretta sinergia con il sistema “scalo marittimo”, una visione piu’ definita del settore “rifiuti portuali”.

Sebbene il “Decreto Ronchi”, abbia definito come rifiuto “qualsiasi sostanza che rientra nelle categorie riportate nell’allegato A1 e di cui il detentore si disfi, abbia l’intenzione di disfarsi o abbia l’obbligo di disfarsi, è da precisare che fino al 31/12/2005, le acque di lavaggio e quelle di sentina prodotte dalle navi, sono sottratte al regime del decreto in itinere sicché devono essere conferite secondo quanto disposto dall’art. 10 bis della Legge n. 47 del 27/02/2004.

Il rifiuto prodotto dalla nave, costituisce in termini di conditio sine qua non, una categoria piuttosto rappresentativa e materialmente ben definita in cui confluiscono i rifiuti, comprese le acque reflue e i residui diversi dai residui del carico, ivi comprese le acque di sentina, prodotti a bordo di una nave e che rientrano nell’ambito di applicazione degli allegati I, IV e V della Marpol 73/78, nonché i rifiuti associati al carico di cui alle linee guida definite a livello comunitario per l’attuazione dell’allegato V della Marpol 73/78.

Nei residui del carico rientrano i resti di qualsiasi materiale che costituisce il carico contenuto a bordo della nave nella stiva o in cisterne e che permane al termine delle operazioni di scarico o di pulizia. Sono comprese altresì, anche le acque di lavaggio (slop) e le acque di zavorra, se venute a contatto con il carico o i suoi residui; i resti, de quo, comprendono eccedenze di carico – scarico e fuoriuscite.

L’impianto portuale di raccolta è definito come una qualsiasi struttura fissa, galleggiante o mobile collocata all’interno del porto dove possono essere conferiti i rifiuti della nave ed i residui del carico prima che vengano avviati al recupero o allo smaltimento. Infine, con il termine di “autorità competente”, il legislatore, fa riferimento dapprima all’Autorità Portuale ed in via secondaria, laddove la medesima non fosse stata istituita ai sensi della Legge del 20 gennaio 1994 n. 84, all’Autorità Marittima, il cui ruolo, è bene precisarlo, rimane comunque fondamentale, indipendentemente dal fatto che operi o meno in via esclusiva.

Destinatari della norma sono le navi, i pescherecci e le imbarcazioni da diporto, a prescindere dalla loro bandiera, che fanno scalo o che operano in un porto dello stato; per le unità militari da guerra ed ausiliarie e le altre navi possedute o gestite dallo stato, se impiegate solo per servizi statali a fini non commerciali, è prevista una deroga in attesa dell’emanazione del decreto concernente le misure da adottare in considerazione delle specifiche prescrizioni tecniche e delle caratteristiche di ogni classe di unità.

Ogni porto è dotato di impianti e di servizi portuali di raccolta dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui del carico adeguati in relazione alla classificazione dello stesso porto2.

Il soggetto pubblico o privato che intende realizzare un impianto fisso di raccolta, deve dapprima ottenere il rilascio di una concessione demaniale dall’ Autorità Portuale ai sensi dell’art. 18 della Legge 84/94, limitatamente agli scali marittimi ove la stessa sia stata istituita, collocandosi tale struttura nell’ambito portuale così come individuato dal “Piano regolatore portuale”3.

Di contro, le incombenze amministrative dell’atto concessorio ricadranno sull’Autorità Marittima, che esplica la sua funzione amministrativa attraverso il Capo del Compartimento Marittimo o Direttore marittimo, fermo restando che per il rilascio delle concessioni di durata superiore ai 15 anni la competenza ricade sul Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Altro aspetto saliente e giuridicamente fondamentale per il soggetto che intende operare in porto è, altresì, l’autorizzazione rilasciata dalla Regione competente per territorio ai sensi degli artt. 27 e 28 del D.Lgs 22/97, la cui validità è di 5 anni, rinnovabile alla scadenza.

In ultima analisi, in tale nuovo contesto legislativo si colloca anche, ed è bene evidenziarlo sotto un profilo di politica socio - economica moderna in cui si tende a valorizzare, sviluppare ed estendere il concetto di “mercato unico europeo”, l’istituto della “gara ad evidenza pubblica” per l’affidamento dei lavori per la realizzazione degli impianti portuali e del servizio di raccolta dei rifiuti, in conformità alla legislazione nazionale e comunitaria vigente.

Per quanto riguarda il controllo e l’autorizzazione all’espletamento delle operazioni di carico e scarico, trasporto, deposito e maneggio di rifiuti in aree portuali, l’ambito è regolato dal combinato disposto dall’art. 16 della legge 84/94 e dall’art. 28, comma 6, del D.Lgs 22/97; ne consegue, quindi, la subordinazione ad un atto autorizzativo da parte dell’Autorità Portuale o, laddove non istituita, dall’Autorità Marittima.

Mentre nel primo caso le Capitanerie di Porto svolgono attività di controllo e di polizia sotto l’aspetto inerente la “sicurezza della navigazione”, ed in effetti tale compito è riconosciuto anche in seno alla legislazione portuale del 1994 piu’ volte citata; nel secondo, invece, espletano anche funzioni amministrative vere e proprie attraverso, appunto, il rilascio delle autorizzazioni all’esercizio delle operazioni commerciali che, come si è detto, ricomprendono il carico, lo scarico, il trasbordo, deposito e maneggio di merci, materiali e persone in genere svolte in ambito portuale.

L’art. 6 del decreto stabilisce che il comandante di una nave diretta verso uno scalo nazionale deve notificare all’Autorità Marittima riportandoli su di un apposito modulo i seguenti dati4 :

1) nome della nave, indicativo radio, numero IMO;

2) stato di bandiera;

3) ora presunta di arrivo (ETA);

4) ora presunta di partenza (ETD);

5) precedente e successivo porto di scalo;

6) ultimo porto di scalo in cui sono stati conferiti i rifiuti prodotti dalla nave;

7) la dicitura . . . intendete conferire tutti . . /alcuni . ./nessuno dei vostri rifiuti in impianti portuali di raccolta?

8) Tipo e quantitativo di rifiuti e residui da conferire o trattenuti a bordo e percentuale della di stoccaggio della nave;

La notifica deve effettuarsi almeno 24 ore prima dell’arrivo nel porto di scalo, se detto porto è noto; non appena il porto di scalo è noto, qualora conosciuto, a meno di 24 ore dall’arrivo; prima della partenza dal porto di scalo precedente, se la durata del viaggio è inferiore a 24 ore.

Ricevuta la notifica, l’Autorità Marittima trasmetterà le informazioni all’Autorità portuale, ai gestori dell’impianto di raccolta, agli uffici di Sanità Marittima ed agli Uffici Veterinari di porto.

Le navi in servizio di linea con scali frequenti e regolari possono fornire le informazioni di cui sopra cumulativamente all’Autorità Marittima dello scalo di conferimento dei rifiuti.

Ogni nave, prima di lasciare il porto, dovrà conferire i rifiuti prodotti dalla nave all’impianto portuale di raccolta, tuttavia può essere concessa una deroga dall’ Autorità Marittima, dopo aver accertato, con l’ausilio dell’Autorità Sanitaria e del Chimico del porto, che l’unità abbia una capacità di stoccaggio sufficiente per i rifiuti già prodotti e accumulati e per quelli che saranno prodotti fino al momento dell’arrivo nel successivo scalo di conferimento.

Il conferimento dei rifiuti e dei residui ad un impianto di raccolta deve avvenire in conformità alle disposizioni della Convenzione Marpol 73/78.

Le Capitanerie di Porto, ai sensi dell’art. 11, hanno il compito di verificare l’osservanza delle disposizioni relative alla fase del “conferimento”, dando attuazione al D.M. n. 305/03 relativo all’attività di controllo dello stato di approdo5.

L’attività di accertamento ha inizio con un’attenta valutazione del modulo di notifica e della capacità di stoccaggio dei rifiuti a bordo in funzione degli spazi disponibili, della durata del viaggio nonché delle possibilità di successivo conferimento. Ne consegue, quindi, che in un siffatto quadro operativo, il personale della Guardia Costiera, darà priorità ai casi in cui la notifica non sia stata resa, oppure, anche se resa, la stessa risulti palesemente incongrua. Inoltre, è da evidenziare come l’Autorità Marittima, in via del tutto cautelativa, possa non esonerare la nave dall’obbligo di conferire i rifiuti qualora il porto di destinazione sia sconosciuto o vi sia la certezza che il medesimo non sia adeguatamente attrezzato per il conferimento.

L’inosservanza della prescrizione sulla notifica determina l’irrogazione di una sanzione amministrativa nei confronti del comandante della nave trasgredente, da 3000 a 30000 euro. Alla stessa sanzione soggiace quando non ottemperi ai disposti inerenti la fase di conferimento dei rifiuti e dei residui del carico, di cui agli artt. 7 e 10; inoltre, di tale inosservanza ne viene data comunicazione al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Per quanto concerne i pescherecci e le imbarcazioni da diporto, gli importi della sanzione applicabile al comandante inadempiente, variano da un minimo di 103 euro ad un massimo di 500 euro.

Pur essendo state escluse dall’obbligo di notifica i pescherecci e le imbarcazioni da diporto6 rimane fondamentale il ruolo assegnato alle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera – sull’attività di prevenzione, controllo e vigilanza sull’osservanza degli artt. 7 e 10 anche da parte di queste unità. Infatti, il comma 5 dell’art. 14, affida all’Autorità Marittima il compito di definire le procedure di controllo atte ad espletare l’attività cui prima si è fatto riferimento7 (si pensi al potere di regolamentazione esplicabile a mezzo ordinanza).

I compiti che vanno a delinearsi, quindi, si presentano piuttosto complessi e ricchi di particolari caratteri e problematiche tecnico – operative, ai quali si può ottemperare soltanto se si dispone di una grande responsabilità, dedizione e professionalità. Tutte prerogative che da sempre hanno contraddistinto e contraddistinguono gli uomini delle Capitanerie di Porto che si prodigano per la salvaguardia della vita umana in mare, per la sicurezza della navigazione e del personale marittimo e la protezione e salvaguardia dell’ambiente marino.

Cristian ROVITO

1 Previsto dall’art. 6, comma 1, lett. A del Decreto Ronchi: sono riportati il catalogo europeo dei rifiuti ed un indice in cui ogni rifiuto è classificato con un codice di 6 cifre, Codice CER.

2 La legge del 20/01/94, n 84 “riordino della legislazione in materia portuale” ha classificato i porti i due categorie: porti I^ ctg. finalizzati alla difesa militare e alla sicurezza dello stato, porti II^ ctg. ripartiti in tre classi correlate alla rilevanza internazionale I^Cl., nazionale II^Cl., regionale e interregionale III^Cl.

3 Art. 5 della Legge del 20 Gennaio 1994, n. 84

4 Allegato 3 al Decreto 182/03 “Modulo di dichiarazione contenente le informazioni da notificare prima dell’entrata nel porto”;

5 Circolare del Ministro dell’Ambiente e tutela del territorio del 09/03/2004 recante “chiarimenti ed applicazione delle modifiche introdotte con la Legge del 27/02/2004, n. 47”.

6 La legge del 08/07/2003 n. 172 recante “disposizioni per il riordino e il rilancio della nautica da diporto del turismo nautico” classifica le unità da diporto in natanti (unità da diporto a remi e unità di lunghezza pari o inferiore a 10 m), imbarcazioni da diporto (unità da diporto di lunghezza compreso tra 10 e 24 m) e navi da diporto (unità da diporto di lunghezza superiore a 24 m).

7 L’Autorità Marittima definisce le procedure di controllo atte a verificare il rispetto degli articoli 7 e 10 anche da parte dei pescherecci e delle imbarcazioni da diporto omologate per un massimo di dodici passeggeri.

(*) Sottufficiale del Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera –