TAR Friuli V.G. Sez. I sent. 837 del 17 dicembre 2009
Rifiuti. Bonifiche siti inquinati e responsabilità

Alla luce delle coordinate normative di cui al D.Lgs. n. 152/2006, che l’Amministrazione è tenuta ad accertare la responsabilità dell’inquinamento e, in caso di accertamento infruttuoso, è la stessa Amministrazione che dovrà procedere alla bonifica, per poi operare il recupero delle somme a carico del proprietario del fondo incolpevole, ma salvaguardando in questo caso l’apporto partecipativo di queste ultime, in specie per quanto riguarda le modalità dell’intervento e fermo restando, comunque, che a carico del suddetto proprietario il recupero degli oneri della bonifica potrà avvenire solo nel limite dell’arricchimento di valore che il disinquinamento avrà apportato al fondo. Sotto quest’ultimo profilo il diritto dell’amministrazione al recupero delle somme va ricondotto nell’alveo delle azioni di ingiustificato arricchimento, rispetto alle quali la azione in parola si differenzia essenzialmente per l’esistenza di particolari forme di garanzia (onere reale e privilegio speciale immobiliare) che assicurano il recupero dei costi di intervento.
N. 00837/2009 REG.SEN.
N. 00323/2007 REG.RIC.
N. 00049/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 323 del 2007, proposto da:
Eni Spa, rappresentato e difeso dagli avv. Stefano Grassi, Federico Rosati, con domicilio eletto presso Federico Rosati Avv. in Trieste, via Donota 3;


contro


Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Trieste, piazza Dalmazia 3; Ministero della Salute, Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Agenzia del Demanio, Ispesl - Istituto Superiore Prevenzione e Sicurezza Sul Lavoro, Agenzia per la Protezione dell'Ambiente e Per i Servizi Tecnici - Apat, Enea - Ente Per Le Nuove Tecnologie, L'Energia e L'Ambiente, Icram - Istituto Centrale per la Ricerca Scientifica e Tecnologica Applicata al Mare, Iss - Istituto Superiore di Sanita', Regione Friuli-Venezia Giulia, Provincia di Trieste, Comune di Trieste, Autorita' Portuale di Trieste, Capitaneria di Porto di Trieste, Reparto Ambientale Marino del Corpo delle Capitanerie di Porto, Asl 101 - Triestina, Arpa Friuli-Venezia Giulia - Trieste, Laboratorio Chimico Merceologico della Camera di Commercio di Trieste, Comune di Muggia, Comune di San Dorligo della Valle;

nei confronti di

Associazione Industriali della Provincia di Trieste, Foster Wheeler Italiana Srl, Autamarocchi Spa, Petroltecnica Srl, Movest Spa, Sviluppo Italia Spa, Sviluppo Italia Aree Produttive Spa; Bic Sviluppo Italia - Friuli Venezia Giulia Spa, rappresentato e difeso dall'avv. Gianni Zgagliardich, con domicilio eletto presso Gianni Zgagliardich Avv. in Trieste, via Filzi 8;


Sul ricorso numero di registro generale 49 del 2008, proposto da:
Eni Spa, rappresentato e difeso dagli avv. Stefano Grassi, Federico Rosati, con domicilio eletto presso Federico Rosati Avv. in Trieste, via Donota 3;


contro


Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Trieste, piazza Dalmazia 3; Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio Direzione Gen. Qualita' Vita Gen. Qualita' Vita, Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio -Divisione Ix, Ministero della Salute, Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti -Uff. Genio Civile Opere Marittime, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Agenzia del Demanio, Ispesl - Istituto Superiore Prevenzione e Sicurezza Sul Lavoro, Agenzia per la Protezione dell'Ambiente e Per i Servizi Tecnici (Apat), Enea - Ente Per Le Nuove Tecnologie, L'Energia e L'Ambiente, Icram-Ist. Centrale per la Ricerca Scientifica e Tecnologica Applicata al Mare, Iss - Istituto Superiore di Sanita', Regione Friuli-Venezia Giulia, Provincia di Trieste, Comune di Trieste, Autorita' Portuale di Trieste, Capitaneria di Porto di Trieste, Ram - Reparto Ambientale Marino del Corpo delle Capitanerie di Porto, Asl 101 - Triestina, Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) - Friuli Venezia Giulia -Dipartimento Provinciale di Trieste, Laboratorio Chimico Merceologico della Cciaa di Trieste, Comune di Muggia, Comune di San Dorligo della Valle;

nei confronti di

Associazione Industriali della Provincia di Trieste, Foster Wheeler Italiana Srl, Autamarocchi Spa, Petroltecnica Srl, Movest Spa, Sviluppo Italia Spa, Sviluppo Italia Aree Produttive Spa; Sviluppo Italia-Friuli Venezia Giulia Spa, rappresentato e difeso dall'avv. Gianni Zgagliardich, con domicilio eletto presso Gianni Zgagliardich Avv. in Trieste, via Filzi 8;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

quanto al ricorso n. 323 del 2007:

-del decreto prot. n. 3606-bis/QDV/DI/B dd. 7 maggio 2007;
-del decreto prot. n. 3605-bis/QDV//DI/B dd. 7 maggio 2007;
-di tutti gli atti, i provvedimenti ed i comportamenti presupposti, connessi e conseguenti, ivi inclusi, in quanto occorrer possa:
-la nota del Dirigente della Divisione IX della Direzione generale per la qualità della vita del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Prot. 12063/QDV/DI dd. 16 maggio 2007;
-dei verbali e delle prescrizioni di cui alle Conferenze di servizi tenutesi in sede decisoria nelle sedute dd. 13 ottobre 2005, del 22 novembre 2005, del 13 marzo 2006, del 7 settembre 2006, del 31 ottobre 2006 e del 14 febbraio 2007", relative al sito di interesse nazionale di Trieste ed i relativi allegati, ivi inclusi, in particolare: la nota ISS prot. 37936 I.A. 12 del 5 dicembre 2003; la nota ISS prot. 049759 IA.12 del 17 dicembre 2002; la nota ISS prot. 024711 IA/12 del 25 luglio 2002; la nota ISS prot. 57058 IA del 6 febbraio 2001; la nota dell'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente del F.V.G., prot. n. 5832/06/TS/SA/PA/12 del 10 novembre 2006, nonchè gli allegati pareri istruttori; la nota APAT novembre prot. n. 31613 del 2006, l'allegata nota tecnica APAT; i verbali delle conferenze di servizi sia decisorie che istruttorie presupposti e conseguenti alle sedute decisorie del 13 ottobre 2005, del 22 novembre 2005, del 13 marzo 2006, del 7 settembre 2006, del 31 ottobre 2006 e del 14 febbraio 2007,tra cui in particolare, i verbali o comunque le determinazioni e/o conclusioni di cui alle conferenze di servizi istruttorie convocate in data 27 aprile 2005 e 30 ottobre 2006..

quanto al ricorso n. 49 del 2008:

del decreto dd. 7 novembre 2007 e di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti, inclusi il verbale e le determinazioni assunte dalla Conferenza di servizi nella seduta dd. 26 luglio 2007; dei verbali e documenti preparatori delle conferenze di servizi istruttorie presupposti e conseguenti alla Conferenza di servizi dd. 26 luglio 2007, in particolare del verbale o comunque determinazioni e/o conclusioni raggiunte dalla conferenza di servizi istruttoria dd. 21 maggio 2007..


Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Bic Sviluppo Italia - Friuli Venezia Giulia Spa;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Sviluppo Italia-Friuli Venezia Giulia Spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 ottobre 2009 il dott. Vincenzo Farina e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO


Con un primo ricorso, rubricato al n. 323/07, la società ENI S.P.A. ha chiesto l’annullamento:

- del decreto prot. n. 3606-bis/QDV/DI/IB del 7 maggio 2007 del Direttore generale per la qualità della vita del Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, trasmesso alla Società con nota prot. 11615/QDV/D del 10 maggio 2007, ad oggetto “decreto contenente il provvedimento finale di adozione, ex att. 14 ter legge 7 agosto 1990, n. 241, delle determinazioni conclusive delle Conferenze di servizi decisorie relative al sito di bonifica di interesse nazionale di “Trieste” del 13 ottobre 2005, del 22 novembre 2005, deI 13 marzo 02006, del 7 settembre 2006 e del 31 ottobre 2006”;

- del decreto prot. n. 3605-bis/QDV/DI/B del 7 maggio 2007 del Direttore generale per la qualità della vita del Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, trasmesso alla Società con nota prot. 11628/QDV/DI del 10 maggio 2007, ad oggetto “decreto contenente il provvedimento finale di adozione, ex art. 14 ter legge 7 agosto 1990, n. 241, delle determinazioni conclusive della Conferenza di servizi decisoria relativa al sito di bonifica di interesse nazionale di “Trieste” del 14 febbraio 2007”;

- di tutti gli atti, i procedimenti ed i comportamenti presupposti, connessi e conseguenti, ivi inclusi, in quanto occorrer possa:

- la nota del Dirigente della Divisione IX della Direzione generale per la qualità della vita del Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare prot. 12063/QDV/DI del 16 maggio 2007, ad oggetto “decreti direttoriali concernenti i provvedimenti finali di adozione, ex art. 14 ter legge 7 agosto 1990, n. 241, delle determinazioni conclusive delle Conferenze di servizi decisorie relative al sito di bonifica di interesse nazionale di “Trieste” del 13 ottobre 2005, del 22 novembre 2005, del 13 marzo 2006, deI 7 settembre 2006, del 31 ottobre 2006 e del 14 febbraio 2007”, con cui è stato comunicato il numero di protocollo dei decreti citati, precedentemente non menzionato;

- i verbali e le prescrizioni di cui alle Conferenze di servizi tenutesi in sede decisoria nelle sedute deI 13 ottobre 2005, del 22 novembre 2005, del 13 marzo 2006, del 7 settembre 2006, del 31 ottobre 2006 e del 14 febbraio 2007, relative al sito di interesse nazionale di Trieste ed i relativi allegati, ivi inclusi, in particolare,: la nota ISS prot. 37936 LA. 12 del 5 dicembre 2003, ad oggetto “richiesta parere in relazione a verifica analitica sulla presenza nei suoli di idrocarburi pesanti’; la nota ISS prot. 049759 lA. 12 del 17 dicembre 2002 ad oggetto “problemi inerenti la presenza nei suoli e nelle acque di Piombo Tetraetile”; la nota ISS prot. 024711 JA/12 del 25 luglio 2002, ad oggetto “decreto 25 ottobre 1999, n, 471, relativo alla messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale di siti inquinati”; la nota ISS prot. 57058 IA/12 del 6 febbraio 2001 ad oggetto “Limiti accettabili nel suolo e nelle acque sotterranee di inquinanti organici ed inorganici non indicati nel D.M. n. 471 del 1999; la nota dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente del Friuli Venezia Giulia, Dip. Prov. Trieste, prot. n. 5832/06/TS/SA/PA/12 del 10 novembre 2006 ad oggetto “CdS dd 30/10/2006 — Trasmissione pareri istruttori predisposti dal Dipartimento Provinciale di Trieste e rapporti di prova delle analisi di validazione”, nonché gli allegati pareri istruttori; la nota APAT novembre prot. n. 31613 del 2006 ad oggetto “trasmissione nota tecnica”, nonché l’allegata nota tecnica APAT “Proposta di integrazione del ‘Protocollo Operativo’ per il campionamento e l’analisi dei siti contaminati Fondo scavo e pareti — Novembre 2006”;

- i verbali delle conferenze di servizi sia decisorie che istruttorie presupposti e conseguenti alle sedute decisorie del 13 ottobre 2005, del 22 novembre 2005, del 13 marzo 2006, del 7 settembre 2006, del 31 ottobre 2006 e del 14 febbraio 2007, tra cui, in particolare, i verbali (ove redatti) o comunque le determinazioni e/o conclusioni di cui alle conferenze di servizi istruttorie convocate in data 27 aprile 2005 e 30 ottobre 2006.

La ricorrente società Eni S.p.A., Divisione Refining and Marketing, premette di essere conduttrice di due aree incluse nel sito di “Trieste”, dichiarato sito di bonifica di interesse nazionale con decreto ministeriale 18 settembre 2001, n. 468, recante il “Programma nazionale bonifica e ripristino ambientale” e successivamente perimetrato con decreto ministeriale 24 febbraio 2003: si tratta, in particolare, dell’ex punto vendita per la distribuzione di carburaranti marchio “AGIP” n. 4060 “Riva Cadomosto” (oggi dismesso) e del punto vendita a marchio “AGIP” n. 51672 “Valmaura sud”.

L’area sulla quale sorgeva l’ex punto vendita “Riva Cadomosto”, situato a Trieste, sul canale marittimo lungo la Riva Cadomosto – prosegue la deducente - era occupata dalla società Autamarocchi S.p.A. in forza di concessione dell’Autorità Portuale di Trieste n. 606/A del 1998 e da questa adibita a stazione di servizio per la distribuzione di carburante per le imbarcazioni da diporto marchio Agip in forza di contratto di cessione gratuita dell’uso di apparecchi e attrezzature per la distribuzione di prodotti petroliferi stipulato con la ricorrente nel marzo 1997 e da questa disdettato nel mese di aprile 1998. L’impianto è stato definitivamente disattivato nel 2001; nei giorni 25 e 26 novembre 2003, nell’ambito delle attività di dismissione del punto vendita, hanno avuto luogo le operazioni di estrazione delle cisterne interrate, contenute all’interno di vasche di contenimento, che hanno comportato la disattivazione, lo svuotamento, la bonifica e la successiva rimozione delle tubazioni e dei serbatoi interrati; durante le operazioni, svolte in presenza di tecnici funzionari dell’ARPA Friuli Venezia Giulia — Dipartimento Provinciale di Trieste sono state rinvenute evidenze di contaminazione da idrocarburi nei terreni di riempimento delle vasche in cemento armato che avevano contenuto i serbatoi rimossi. I terreni di riempimento (per un totale di 43.920 kg) sono stati, pertanto, rimossi e conferiti in idoneo impianto di smaltimento autorizzato. A seguito delle operazioni di scavo, si è proceduto ad esaminare i serbatoi interrati e le vasche di cemento armato che li contenevano: queste ultime, risultate perfettamente integre, sono state lasciate in sito, d’accordo con i rappresentanti dell’ARPA Friuli Venezia Giulia. Gli scavi sono stati riempiti con terreno da riporto.

A conclusione delle attività – continua l’istante - Foster Wheeler Italiana, ditta specializzata incaricata dalla ricorrente, provvedeva a certificare la qualità ambientale del sito; nel “Rapporto tecnico di accertamento della qualità ambientale” del febbraio 2005, la ditta specializzata concludeva “escludendo la necessità di bonifica del sito al fine del rilascio di una presa d‘atto della conformità dell‘area alla destinazione d ‘uso commerciale, prevista dagli strumenti urbanistici”.

Il Rapporto veniva trasmesso al Ministero dell’ambiente ed esaminato dal conferenza di servizi decisoria del 27 aprile 2005: in tale sede, le Amministrazioni procedenti chiedevano nondimeno “la presentazione di un Piano di Caratterizzazione ai sensi del d.m. n. 471 del 1999 entro 30 giorni” dal ricevimento del verbale. Nel giugno 2005, la ricorrente presentava dunque tempestivamente, a mezzo di altra ditta specializzata (Petroltecnica s r I), subentrata a Foster Wheeler Italiana s. r. l., il Piano della caratterizzazione ai sensi del d.m. n. 471 del 1999, volto all’accertamento mediante gli opportuni prelievi ed analisi di campioni di terreno e di acque, dell’assenza di contaminazione del sottosuolo della stazione carburanti: i parametri da ricercare, nella fase di investigazione, venivano limitati a quelli astrattamente riconducibili all’attività esercitata dal punto vendita (idrocarburi e BTEX, etc.).

Il Piano di caratterizzazione, discusso in sede di conferenza di servizi istruttoria il giorno 29 luglio 2005, veniva approvato dalla Conferenza di servizi nella sedi decisoria del 13 ottobre 2005.

Gli esiti delle indagini, validati dai tecnici dell’ARPA Friuli Venezia Giulia dimostravano la piena conformità dei terreni alle concentrazioni limite applicabili di alla tabella 1 dell’allegato 1 al d.m. n. 471 del 1999 (oggi, “Concentrazioni Soglia Rischio”), ed il superamento, per i campioni di acqua prelevati, dei limiti di cui alla tabella 2 per alcuni parametri non riconducibili all’attività esercitata in passato dal punto vendita.

Pertanto, con nota prot. 1748/06/RC del 18 agosto 2006, la ricorrente trasmetteva alle Amministrazioni procedenti la relazione tecnica descrittiva del piano di investigazione iniziale, con richiesta di stralcio dell’area e la sua restituzione agli legittimi: nelle conclusioni della relazione, predisposta dalla ditta specializzata incaricata Petroltecnica s.r.l., si precisa, inoltre, che “la contaminazione da metalli e IPA nelle acque sotterranee risulta peraltro presente in direzione del Porto di Trieste, come si evince dal Capitolo 4 “concentrazioni e criticità ambientali rilevate sulla base di studi/indagini già eseguite” e dalle Figure 3.3.8-1 “superamenti terreni” e 3.3.8-2 “superamenti acque sotterranee” del redatto da Sviluppo Italia Aree Produttive S.p.A. Pertanto si chiede alle competenti PPAA lo stralcio della posizione di ENI S.p.A. Divisione Refining and Marketing in quanto alla stessa non è attribuibile la contaminazione presente nel sottosuolo dell‘ex P. V. AGIP n. 4060 ubicato nel Comune di Trieste in Riva Cadamosto”. (cap. 7, pag. 18)

Alla conferenza di servizi istruttoria deI 30 ottobre 2006, la ricorrente ribadiva la richiesta lo stralcio dell’area e la sua restituzione agli usi legittimi.

Tale richiesta, unitamente agli esiti delle indagini effettuate, riportati nella “Relazione tecnica descrittiva del piano di investigazione iniziale” trasmessa il 18 agosto 2006, è stata esaminata solo alla conferenza di servizi decisoria del 14 febbraio 2007, il cui verbale è stato “approvato” dal decreto direttoriale del 7 maggio 2007 (atti impugnati con il presente ricorso).

La conferenza di servizi del 14 febbraio 2007 – puntualizza la ricorrente - ha in effetti “preso atto” del “Piano di Investigazione Iniziale” e della “richiesta di stralcio dell’area”, se non che, in modo del tutto apodittico e contraddittorio, ha richiesto all’Azienda di attivare, entro 20 giorni dalla data di ricevimento del verbale, “idonei interventi di messa in sicurezza di emergenza delle acque di falda, attesa la contaminazione riscontrata da Arsenico nel PM4 (valore riscontrato 669.0 pg/i contro una CLA di 10 pg/i) e da Manganese (valore riscontrato 225.0 pg/I contro una CLA di 50ug/l)”; inoltre, la conferenza di servizi ha considerato le vasche interrate di cemento armato che contenevano i serbatoi rimossi (che, dopo essere state esaminate in contraddittorio con l’ARPA Friuli Venezia Giulia erano state concordemente lasciate sul posto), come “rifiuti”, chiedendo di provvedere alla loro “la rimozione” ed al successivo “controllo del fondo e delle pareti dello scavo in accordo con gli enti di controllo”.

La conferenza ha inoltre dettato alcune prescrizioni sulle metodiche analitiche utilizzate, richiedendo di riportare “i dati analitici sia in termini di concentrazione riferita al totale (comprensivo dello scheletro e privo della frazione maggior di 2 cm, da scartare in campo) che in termini di concentrazione riferita al passante ai 2 mm, per poter valutare eventuali differenze sostanziali: tali procedure potranno essere soggette a breve, ad ulteriori modifiche a seguito della revisione del d.lgs. n. 152 del 2006”.

Infine, in merito agli interventi di scavo già effettuati, la conferenza di servizi ha richiesto alla ricorrente di “fornire le caratteristiche dei terreni utilizzati per il riempimento degli scavi che dovrebbero essere terreni vergini di cava. Nel caso in cui sia stato riutilizzato terreno di scavo è necessario fornire i seguenti elementi:

i) analisi di conformità dei terreni ai limiti di colonna B tab, I allegato 5 Parte Quarta Titolo V del d. lgs. n. 152/06, nel caso di destinazione d’uso dell‘area a fini industriali/commerciali;

ii) le risultanze dell‘eluato ottenuto nel test di cessione, che utilizzi eluente acqua deionizzata satura di C02, di durata 24 ore, realizzato sulla frazione > 2 mm, devono essere conformi ai limiti della Tabella acque sotterranee della vigente normativa in materia di bonifica”.

La medesima conferenza di servizi decisoria del 14 febbraio 2007 – ricorda ancora la deducente - ha esaminato il Piano di caratterizzazione del punto vendita AGIP n. 51672 denominato “Valmaura sud” (punto 7 dell’ordine del giorno, pag. 32 e ss.): l’area oggetto del piano di caratterizzazione, anch’essa compresa nel perimetro del Sito di interesse nazionale di Trieste, è situata lungo la Strada Statale n. 202 nel Comune di Trieste ed è adibita alla distribuzione di carburante per autotrazione. La conferenza di servizi ha approvato, con prescrizioni, il Piano di Caratterizzazione presentato: tra le prescrizioni impartite, le amministrazioni procedenti hanno richiesto:

a) di estendere la lista degli analiti da indagare nei suoli e nelle acque di falda “con la ricerca almeno dei seguenti ulteriori parametri: alfatici clorurati cancerogeni e non, alifatici alogenati cancerogeni” (prescrizioni nn. 2 e 12, pag. 35-36);

b) di riportare “i dati analitici sia in termini di concentrazione riferita al totale (comprensivo dello scheletro e privo della frazione maggior di 2 cm, da scartare in campo) che in termini di concentrazione riferita al passante ai 2 mm, per poter valutare eventuali differenze sostanziali. Si osserva, infatti, che tali procedure potranno essere soggette a breve, ad ulteriori modifiche a seguito della revisione del d.lgs. n. 152 del 2006”(prescrizione n. 4, pag. 35);

c) “per quanto riguarda l‘MTBE, la concentrazione massima accettabile, in base al parere ISS prot. n. 57058 IA.2 dei 06/02/01 è di 250 mg/kg per i terreni ad uso industriale e di 10 ug/i per le acque di falda. Allegato al presente verbale sotto la lettera L onde costituirne parte integrante e sostanziale” (prescrizione n. 7, pag. 35);

d) “per quanto riguarda il Piombo tetraetile, la concentrazione massima accettabile, in base al parere ISS prot. n. 049759 lA. 12 del 2001 è di 0.068 mg/kg per i terreni ad uso industriale e di 0.1 ug/I per le acque di falda. Allegato al presente verbale sotto la lettera L onde costituirne parte integrante e sostanziale” (prescrizione n. 7, pag. 35).

Ciò posto, la ricorrente ricorda che con i due decreti impugnati con il presente ricorso (nn. 3605-bis e 3606- bis/QDV/DJIB del 7 maggio 2007) il Direttore generale per la qualità della vita del Ministero dell’ambiente ha inteso “approvare e considerare come definitive” sia le prescrizioni stabilite nei verbali delle precedenti sedute del 13 ottobre 2005, del 22 novembre 2005, del 13 marzo 2006, del 7 settembre 2006 e del 31 ottobre 2006 (decreto prot. n. 3606-bis/QDV/DJJB) sia quelle di cui al verbale dell’ultima Conferenza di servizi decisoria del 14 febbraio 2007, sopra richiamate (decreto prot. n. 3605- bis/QDVIDI!B).

A sostegno del gravame la ricorrente ha dedotto nove mezzi, con i quali ha denunciato l’illegittimità degli atti impugnati sotto svariati profili di incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere.

Il secondo ricorso, rubricato al n. 49/08, è volto all’annullamento:

- del decreto prot. n. 4109/dV/DI del 7 novembre 2007 del Direttore generale per la qualità della vita del Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, trasmesso alla Società con nota prot. 28998/QdV/DI del 7 novembre 2007, ad oggetto “decreto contenente il provvedimento finale di adozione, ex art. 14 ter legge 7 agosto 1990, n. 241, delle determinazioni conclusive della Conferenza di servizi decisoria relative al sito di bonifica di interesse nazionale di “Trieste” del 26 luglio 2007”;

- di tutti gli atti, i provvedimenti ed i comportamenti presupposti, connessi e conseguenti, ivi inclusi, in quanto occorrer possa: il verbale e le determinazioni assunte dalla Conferenza di servizi tenutasi in sede decisoria nella seduta del 26 luglio 2007, relative al sito di interesse nazionale di Trieste ed i relativi allegati;

- dei verbali e i documenti preparatori delle conferenze di servizi istruttorie presupposti e conseguenti alla Conferenza di servizi del 26 luglio 2007 tra cui, in particolare, il verbale (ove redatto) o comunque le determinazioni e/o conclusioni raggiunte dalla conferenza di servizi istruttoria convocata presso il Ministero dell’ambiente in data 21 maggio 2007.

La ricorrente società, dopo aver ripercorso brevemente i passaggi essenziali della vicenda, ricorda che con l’impugnato decreto prot. n. 4109/dV/DI del 7 novembre 2007 il Direttore generale per la qualità della vita del Ministero dell’ambiente ha inteso “approvare e considerare come definitive” le determinazioni assunte dall’ultima Conferenza di servizi decisoria del 26 luglio 2007: il verbale della nuova conferenza di servizi decisoria del 26 luglio 2007 – sottolinea l’istante - si pone come atto consequenziale rispetto ai precedenti e ripropone alcune delle prescrizioni già impugnate, con particolare riferimento ai limiti per i parametro MTBE e Piombo tetraetile in acque sotterranee (cfr. pag. 32), all’integrazione della lista degli analiti da ricercare (p. 32), alla rimozione delle vasche in cemento nell’area Valmaura sud (p. 33-34), alle metodiche analitiche (p. 34) e alla richiesta di interventi di MISE per le acque di falda (p. 34); con riferimento agli interventi attivati, inoltre, la Conferenza di servizi del 26 luglio 2007 ha richiesto alla Società di “emungere le acque di falda in continuo e non con il sistema di “spurgo periodico”. Quindi – prosegue la deducente - sulla base della erronea equiparazione delle acque di falda emunte a “rifiuti liquidi”, la Conferenza di servizi ha richiesto che queste siano conferite “in impianti di trattamento autorizzati ai sensi dell’art. 208 Titolo 1 Parte IV del d.lgs n. 152/06 a trattare rifiuti identificati dal codice CER appartenenti alla famiglia 19.13” (pag. 36, sub 1 e 2). Al decimo punto dell’ordine del giorno del verbale del 26 luglio 2007, la Conferenza di servizi ha, poi, preso atto del documento “Studio sui livelli naturali di arsenico boro ferro e manganese” trasmesso da ARPA il 16 febbraio 2007; in particolare, il dott. Mascazzini ha affermato, sulla base dello studio esaminato, che le concentrazioni di manganese (e — limitatamente alle acque provenienti dall’alta valle del rio Ospo — anche di ferro) che vengono riscontrate nelle zone pianeggianti della provincia di Trieste “possono essere considerati valori naturali non attribuibili a situazioni di inquinamento bensì ad un processo di solubilizzazione che si instaura in particolari condizioni atossiche-riducenti nel sistema acque suolo”.

Sulla base di tali conclusioni, la Conferenza di servizi ha pertanto demandato all’ARPA di determinare i valori massimi di concentrazione del fondo naturale per il Ferro, Manganese e Boro “sulla base di analisi di campioni prelevati in aree non antropizzate a monte del Sito di interesse nazionale in numero tale da poter applicare la teoria statistica e comunque non inferiore a 20, così come previsto dal documento APAT — ISS relativo alla determinazione del fondo naturale”.

Le conclusioni dell’ARPA – puntualizza la ricorrente - confermano l’illegittimità e la contraddittorietà della richiesta di interventi d’urgenza sulla falda, giustificate in relazione a superamenti (in particolare, il manganese) che non solo non sono attribuibili all’attività svolta dalla Società e comunque non sufficienti a richiedere l’adozione di interventi emergenziali, ma che l’Amministrazione stessa riconduce, sulla base dei dati ARPA, ai valori del fondo naturale; inoltre, al primo punto dell’ordine del giorno, dopo aver “evidenziato l’opportunità” della stipula di un Accordo di programma tra soggetti pubblici — con la possibilità di adesione da parte dei privati - per la realizzazione degli interventi di MISE e bonifica, la Conferenza di servizi ha deliberato di richiedere, entro 10 giorni dalla data di ricevimento del verbale, l’attivazione di idonee misure di messa in sicurezza di emergenza delle acque di falda risultate contaminate ed ha minacciato, in caso di inadempienza delle aziende interessate, l’attivazione dei “poteri sostituitivi in danno ai sensi dell’art. 252 comma 5 della Parte Quarta, Titolo V del d.lgs n. 152 del 2006”; la Conferenza di servizi ha poi deliberato di procedere attraverso I’APAT “all’accertamento ed alla quantificazione del danno ambientale cagionato dalla mancata attivazione degli interventi di messa in sicurezza di emergenza ad oggi prescritti” ed ha infine dato mandato all’Avvocatura distrettuale dello Stato di Trieste di promuovere nei confronti di ciascuna Società “ogni iniziativa ritenuta opportuna a tutelare la pretesa erariale dell’Amministrazione in relazione agli obblighi di risarcimento del danno ambientale derivato e derivante dalla fuoriuscita a inquinanti dai terreni e dalle falde sottostanti la proprietà sia alla rivalsa dai costi sostenuti per la messa in sicurezza e la bonifica della medesima” e di attivare altresì “le procedure per l’iscrizione dell’ipoteca legale sulla proprietà a garanzia dei crediti che saranno azionati”.

A sostegno del gravame la ricorrente ha dedotto sette mezzi, con i quali ha denunciato l’illegittimità degli atti impugnati sotto svariati profili di incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere.

I gravami sono stati introitati dal Collegio e sono passati in decisione nella pubblica udienza del 28.10. 2009.

Evidenti ragioni di connessione inducono il Collegio a riunire i due ricorsi, rubricati ai nn. 323/07 e 49/08, onde deciderli con unica sentenza.

In rito, la società Bic Sviluppo Italia s.p.a. va estromessa dai due giudizi, conformemente alle richieste formulate dalla medesima società e basate sulla sua estraneità alla vicenda.

Ciò posto ed entrando nel merito dei due gravami, va premesso che il Tribunale, con le ordinanze nn. 2/2009 e 13/2009 (reiterate), ha ritenuto indispensabile acquisire dall’intimato Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare copia dei verbali di alcune conferenze di servizi decisorie ed istruttorie (rispettivamente: 1) copia delle conferenze di servizi istruttorie del 21.5.2005 e del 30.10.2006, compresi gli eventuali allegati; 2) copie dei verbali delle impugnate conferenze di servizi decisorie del 22.11.2005, 7.9.2006 e 31.10.2006, compresi gli eventuali allegati).

Il Ministero ha ottemperato alle richieste istruttorie.

Ragioni di economia processuale inducono il Collegio ad esaminare congiuntamente tutti i mezzi dedotti con i due gravami.

Il nucleo argomentativo centrale e (logicamente) prioritario ed assorbente di entrambi i gravami rispetto alle altre censure dedotte, contenuto già nella surriferita ricostruzione in fatto della vicenda e ripreso nei singoli motivi, ruota essenzialmente intorno alla asserzione della mancanza di una specifica responsabilità in capo alla ricorrente in relazione alla rilevata situazione di inquinamento: responsabilità che, invece, l’Autorità procedente avrebbe dovuto ricercare ed accertare mediante una appropriata attività istruttoria, trasfusa, poi, in provvedimenti assistiti – sul punto - da un rigoroso bagaglio motivazionale.

La predetta Autorità - si duole la ricorrente – ha pretermesso l’indagine in parola, nonchè l’assunzione dei provvedimenti consequenziali, in palese violazione del quadro normativo di riferimento e dei principi tradizionali in tema di motivazione, ora trasfusi nella legge n. 241 del 1990.

Questa censura, di carattere – ripetesi – prioritario, centrale ed assorbente perché involge ab imis l’operato del Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare nella vicenda in esame, introdotta in via generale dalla ricorrente (e della quale si è detto sopra), tale da condurre (se ritenuta fondata) alla caducazione dei provvedimenti adottati dal Ministero, è stata riprodotta in entrambi i ricorsi anche in relazione a talune specifiche determinazioni adottate con i provvedimenti impugnati.

La censura merita ingresso.

Ed invero, dalla documentazione versata al processo, e, in particolare, dai verbali delle varie Conferenze di servizi, qui impugnati, non risulta che siano stati disposti dal Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare appositi accertamenti al fine di individuare il soggetto responsabile (o i soggetti responsabili) della situazione di inquinamento, né, tampoco, che siano stati effusi precisi ragguagli sul punto.

La società ricorrente – ripetesi - nega in entrambi i ricorsi che possa esserle attribuita una siffatta responsabilità, che legittimerebbe la imposizione a suo carico di misure di recupero ambientale, anche in via emergenziale.

Il Collegio ritiene che in linea di principio siano illegittime quelle determinazioni amministrative che pongono in tutto o in parte a carico del proprietario o del detentore di un fondo i costi e gli oneri, anche procedurali, di bonifica dei suoli o dell’ambiente dai danni derivanti dall’inquinamento; a meno che non venga accertata rigorosamente la responsabilità dei soggetti suindicati, anche in relazione alla specifica attività svolta.

Va soggiunto che in tema di inquinamento c.d. “diffuso”, ossia in quei casi in cui detto accertamento non sia possibile o risulti oltremodo difficoltoso, la bonifica resta a carico della Pubblica amministrazione ed i relativi vantaggi dei privati proprietari o detentori dei fondi bonificati, in termini di aumento di valore del fondo, potranno costituire giusta causa di recupero delle corrispondenti somme, nei limiti ordinari delle azioni di arricchimento.

Venendo alle specifiche previsioni ordinamentali, è a dire che l’obbligo di bonifica è posto in capo al responsabile dell’inquinamento, che le Autorità amministrative hanno l’onere di ricercare ed individuare (v. gli artt. 242 e 244 del D.Lgs. n. 152/2006), mentre il proprietario non responsabile dell’inquinamento o altri soggetti interessati hanno una mera “facoltà” di effettuare interventi di bonifica (art. 245 D.Lgs. n. 152/2006); nel caso di mancata individuazione del responsabile o di assenza di interventi volontari, le opere di bonifica saranno realizzate dalle Amministrazioni competenti (art. 250 decreto cit.), salvo, a fronte delle spese da esse sostenute, l’esistenza di un privilegio speciale immobiliare sul fondo, a tutela del credito per la bonifica e la qualificazione degli interventi relativi come onere reale sul fondo stesso, onere destinato pertanto a trasmettersi unitamente alla proprietà del terreno (art. 253 decreto cit.).

In particolare, l’art. 245 del D.Lgs. n. 152/2006 stabilisce che: “Le procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale disciplinate dal presente titolo possono essere comunque attivate su iniziativa degli interessati non responsabili”, ma sono comunque fatti salvi gli obblighi del responsabile dell’inquinamento a norma dell’art. 242.

In base a quest’ultima disposizione, le “procedure operative ed amministrative” sono radicate in capo al responsabile dell’inquinamento, sul quale incombono precisi obblighi di intervento e comunicazione, che ovviamente presuppongono il nesso causale tra l’inquinamento e la condotta dell’agente, commissiva od omissiva.

Infine, il richiamato art. 250 del D.Lgs. n. 152/2006 prevede che, qualora il responsabile non sia stato individuato o comunque non provveda e non provvedano neppure i proprietari incolpevoli (questi ultimi a titolo volontario, come previsto dall’art. 245 sopra riportato), provvede l’Amministrazione alla bonifica ed al recupero del sito inquinato: la P.A. competente è individuata nel livello territoriale proporzionato alla tipologia ed all’estensione dell’inquinamento, secondo il principio di sussidiarietà (e quindi, provvederà, a seconda dei casi, il Comune o la Provincia, oppure interverrà il Ministero per i siti di interesse nazionale).

Pertanto, è dato trarre la conclusione, alla luce delle coordinate normative di cui al D.Lgs. n. 152/2006, che l’Amministrazione è tenuta ad accertare la responsabilità dell’inquinamento e, in caso di accertamento infruttuoso, è la stessa Amministrazione che dovrà procedere alla bonifica, per poi operare il recupero delle somme a carico del proprietario del fondo incolpevole, ma salvaguardando in questo caso l’apporto partecipativo di queste ultime, in specie per quanto riguarda le modalità dell’intervento e fermo restando, comunque, che a carico del suddetto proprietario il recupero degli oneri della bonifica potrà avvenire solo nel limite dell’arricchimento di valore che il disinquinamento avrà apportato al fondo.

Sotto quest’ultimo profilo il diritto dell’amministrazione al recupero delle somme va ricondotto nell’alveo delle azioni di ingiustificato arricchimento, rispetto alle quali la azione in parola si differenzia essenzialmente per l’esistenza di particolari forme di garanzia (onere reale e privilegio speciale immobiliare) che assicurano il recupero dei costi di intervento.

A questo punto non sembra superfluo soffermarsi brevemente sulla natura della responsabilità per l’inquinamento ambientale.

Il D.Lgs. n. 152/2006 ha operato una scelta precisa in favore della riconduzione della responsabilità per i danni all’ambiente nel paradigma della “tradizionale” responsabilità extracontrattuale soggettiva (c.d. “responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c.), con esclusione di una qualsivoglia forma di responsabilità oggettiva: il D. Lgs. n. 152 del 2006, all’art. 311, comma 2, disciplina, infatti, la responsabilità per danni all’ambiente, prevedendo che “chiunque realizzando un fatto illecito, o omettendo attività o comportamenti doverosi, con violazione di legge, di regolamento, o di provvedimento amministrativo, con negligenza, imperizia, imprudenza o violazione di norme tecniche, arrechi danno all'ambiente, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte, è obbligato al ripristino della precedente situazione e, in mancanza, al risarcimento per equivalente patrimoniale nei confronti dello Stato”.

La disposizione di cui all’art. 311, dunque, definisce in modo paradigmatico la responsabilità per la situazione di inquinamento, accedendo ad un concetto di responsabilità di natura soggettiva.

Svolti questi brevi cenni sulla responsabilità da inquinamento, il Collegio osserva che a carico del proprietario dell’area inquinata non responsabile della contaminazione non incombe, dunque, alcun obbligo di porre in essere gli interventi ambientali in questione, avendo solo la facoltà di eseguirli al fine di evitare l’espropriazione del terreno interessato, gravato, per l’appunto, da onere reale, al pari delle spese sostenute per gli interventi di recupero ambientale assistite anche da privilegio speciale immobiliare.

L’imposizione dell’onere reale sui terreni oggetto di intervento di bonifica presuppone non solo il pieno coinvolgimento del proprietario incolpevole nel procedimento, ma, prima ancora, che sia stato compiuto ogni possibile sforzo per identificare il responsabile della contaminazione e imporgli l’intervento di ripristino e/o il relativo costo: di tali presupposti deve sussistere nel relativo provvedimento adeguata illustrazione e corrispondente obbligo motivazionale.

I suesposti postulati in tema di responsabilità da inquinamento sono, peraltro, correlati al principio comunitario, espressamente richiamato dall’art. 239 del D.Lgs. n. 152/2006, secondo cui “chi inquina paga”.

Ordunque, il provvedimento impositivo della messa in sicurezza e bonifica va notificato al proprietario al fine di renderlo edotto del suindicato onere reale (che egli ha facoltà di assolvere per liberare l’area dal relativo vincolo), ma non può imporre misure di bonifica senza un adeguato accertamento della responsabilità, o corresponsabilità, del proprietario per l’inquinamento del sito.

E’ d’uopo ricordare, in questo contesto, che gli interventi di messa in sicurezza sono finalizzati non tanto alla diminuzione del livello di inquinamento dell’area interessata (obiettivo questo che va perseguito attraverso l’attivazione delle opere di bonifica) quanto a scongiurare che la contaminazione in atto si espanda nel terreno o nella falda in attesa dell’esecuzione di interventi definitivi di bonifica del sito (Cfr., sull’intera tematica in argomento, e, in particolare, sullo specifico profilo della responsabilità da inquinamento, tra le tante, Cons. St., II, 21 novembre 2007, n. 65; VI, 5 settembre 2005, n. 4525; T.A.R. Toscana, II, 30 maggio 2008, n. 1541; T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 28 gennaio 2008, n. 89; T.A.R. Sicilia, Catania, 20 luglio 2007, n. 1254).

Il carattere assorbente della censura riguardante la responsabilità della contaminazione, sotto i profili della mancanza di una apposita istruttoria e di correlati referti motivazionali, in spregio alla normativa surriferita ed all’art. 3 della legge n. 241 del 1990, esime il Collegio dal prendere in esame le altre censure, che restano assorbite.

In conclusione, il ricorso rubricato al n. 323/07 va in parte accolto, con conseguente annullamento dei gravati verbali delle conferenze di servizi e dei relativi decreti di approvazione in parte qua, vale a dire nelle parti relative alla società ricorrente.

Il medesimo ricorso va, invece, dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse nelle parti in cui sono stati impugnati gli altri atti sopra indicati, posto che l’annullamento giurisdizionale dei verbali in parola fa, chiaramente, venir meno l’interesse all’annullamento di questi ulteriori atti.

Il ricorso n. 49/08 va accolto, con conseguente annullamento:

1) del gravato verbale della conferenza di servizi decisoria del 26.7.2007 e del relativo decreto di approvazione del 7.11.2007 in parte qua, vale a dire nelle parti relative alla società ricorrente;

2) del gravato verbale della conferenza di servizi istruttoria del 21 maggio 2007 in parte qua, vale a dire nelle parti relative alla società ricorrente.

Le spese dei due giudizi riuniti seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.


P.Q.M.


il Tribunale amministrativo regionale del Friuli - Venezia Giulia, definitivamente pronunziando sui ricorsi rubricati ai nn. 323/07 e 49/08 in premessa, respinta ogni contraria istanza ed eccezione,
riunisce i due ricorsi; accoglie in parte, come in motivazione, il ricorso rubricato al n. 323/07 e, per l’effetto, annulla gli atti meglio specificati in motivazione; accoglie il ricorso rubricato al n. 49/08 e, per l’effetto, annulla gli atti meglio specificati in motivazione .
Dichiara in parte improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse il ricorso n. 323/07, come in motivazione.
Estromette dai due giudizi la società Bic Sviluppo Italia s.p.a.
Condanna l’Amministrazione intimata al rimborso delle spese e competenze giudiziali nei confronti della ricorrente, che liquida in complessivi euro 5000 (cinquemila), oltre agli accessori di legge.
Condanna l’Amministrazione soccombente alla rifusione dei contributi unificati alla parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 6-bis, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 28 ottobre 2009 con l'intervento dei Magistrati:

Saverio Corasaniti, Presidente
Oria Settesoldi, Consigliere
Vincenzo Farina, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/12/2009