Cass.Civ. Sez.III n.18195 del 25 agosto 2014 (ud.26 giug.2014)
Pres.Berruti Est. Armano Ric.Autostrade Italia
Rumore.Danno da rumore

Ai fini della valutazione del superamento della soglia di rumore «tollerabile», la Pubblica amministrazione soggiace agli stessi criteri stabiliti dal codice civile per regolare i rapporti tra i privati (segnalazione di F.Callea)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di appello di Firenze, con sentenza depositata il 12 febbraio 2008, ha confermato la decisione di primo grado che, in relazione ad un procedimento di cognizione ordinaria iniziato dopo un procedimento cautelare, ha dato atto che gli interventi effettuati dalla società Autostrade per l'Italia s.p.a., con la costruzione di una idonea barriera fono-assorbente, avevano ricondotto le immissioni di rumore entro il limite della normale tollerabilità, ed ha confermato la condanna la risarcimento dei danni nella misura di L. 10 milioni per ciascuno dei nove danneggiati.

Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la Società Autostrade per l'Italia con due motivi illustrati da memoria.

Gli intimati non hanno presentato difese, ma hanno conferito procura per la discussione orale della causa.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si denunzia violazione falsa applicazione dell'art. 844 c.c., nonchè del D.P.C.M. 14 novembre 1997, artt. 3, 4 e 5, ex art. 360 c.p.c., n. 3.

Viene formulato il seguente quesito di diritto: dica la Suprema Corte se - in presenza di immissioni rumorose prodotte da traffico veicolare di un'infrastruttura autostradale e impattanti sull'immobile posto nella fascia di rispetto autostradale - desumere il superamento della normale tollerabilità attraverso l'applicazione del criterio cosiddetto comparativo differenziale dei 3 decibel rispetto al rumore di fondo, costituisca violazione e falsa applicazione dell'art. 844 c.c., attese le previsioni nel D.M.C.P. 14 novembre 1997, artt. 3, 4 e 5, e attesa la diversità di una fattispecie del genere rispetto a quelle ove vengono in rilievo sorgenti disturbanti fisse.

2. Il motivo è infondato.

La Corte di appello ha affermato che la mancanza di una specifica normativa applicabile ad un determinato settore, soprattutto quelli in espansione, molto frequente nel nostro ordinamento, è risolta con il ricorso al procedimento analogico; che proprio perchè gli artt. 2 e 32 Cost., individuano il diritto alla salute quale diritto fondamentale dell'individuo e l'art. 844 c.c., disciplina le immissioni anche rumorose nei rapporti tra privati, esprimendo il principio di riferimento della normale tollerabilità, non vi sono ostacoli all'applicabilitàdel criterio comparativo differenziale per determinare la soglia dell'intollerabilità anche nei rapporti tra i privati ed i concessionari della pubblica amministrazione, che comunque sono tenuti ad osservare gli standard ambientali; che perciò l'art. 844 c.c., quale norma che disciplina in generale le immissioni, detta un parametro di riferimento che può essere utilmente applicato analogicamente anche ai rapporti con il concessionario della pubblica amministrazione.

3. La corte di merito ha fatto corretta applicazione delle norme vigenti in materia di immissioni ed a tutela del diritto fondamentale della salute, costituzionalmente protetto.

Ha posto in rilievo che la norma dell'art. 844 c.c., che prevede come principio guida in materia il criterio della normale tollerabilità delle immissioni, ben si coordina come il cosiddetto criterio comparativo, che assume come punto di riferimento il rumore di fondo della zona e che consiste nel confrontare il livello medio del rumore di fondo con quello del rumore rilevato nel luogo soggetto alle immissioni, al fine di controllare se sussista un superamento non tollerabile del livello medio di rumore, che viene fissato in tre decibel superiore la rumore di fondo.

4. L'applicazione della suddetta normativa non è condizionata dalla sorgente fissa o meno della immissioni, attenendo la qualità della sorgente rumorosa all'accertamento della sua normale tollerabilità, che è un accertamento in fatto non più rivalutabile in questa sede di legittimità.

5. Con il secondo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2059 e 2697 c.c..

Viene formulato il seguente quesito diritto; dica la Suprema Corte se in presenza di un accertamento sulla inesistenza di lesione all'integrità psicofisica di coloro che si ritengono danneggiati e in mancanza di denuncia da parte dei medesimi di pregiudizi di tipo esistenziale conseguenti alla lesioni di diritti inviolabili della persona diversa dal diritto alla salute - riconoscere la risarcibilità di un danno non patrimoniale costituisca violazione falsa applicazione degli artt. 2043 e 2059 c.c., posti a fondamento dell'illecito civile extra contrattuale; dica inoltre la Suprema Corte se riconoscere la risarcibilità del danno temporaneo alla salute in mancanza di un accertamento giudiziale e in mancanza di allegazione da parte dei richiedenti degli elementi necessari a consentire il ricorso alla prova presuntiva, costituisca violazione falsa applicazione dell'art. 2697 c.c., che pone a carico del danneggiato l'onere della prova.

6. Il motivo è inammissibile per inidonea formulazione del quesito di diritto in quanto non riporta esattamente la fattispecie concreta oggetto della decisione, non censura adeguatamente la motivazione della Corte di merito, contiene deduzioni di fatto che non risultano accertate nel presente procedimento, non indica le norme erroneamente applicate e quelle effettivamente applicabili nella fattispecie e richiede una nuova valutazione in fatto dell'accertamento del danno operata dalla Corte d'appello, sorretta da motivazione logica non contraddittoria conforme alla legge.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente il pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 6.000,00 oltre Euro 200,00 per gli esborsi, spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 26 giugno 2014.
Depositato in Cancelleria il 25 agosto 2014