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Sez. 3, Ordinanza n. 3370 del 12/01/2005 Cc. (dep. 02/02/2005 ) Rv. 230971
Presidente: Grassi A. Estensore: Grillo C. Relatore: Grillo C. Imputato: P.M. in proc. Sarracino ed altro. P.M. Salzano F. (Diff.)
(Annulla con rinvio, Trib. Napoli, 15 Luglio 2004)
PRODUZIONE, COMMERCIO E CONSUMO - IN GENERE - Immissione sul mercato di prodotti pericolosi - Reato di cui all'art. 10 D.Lgs. n. 115 del 1995 - Nuove disposizioni di cui al D.Lgs. n. 172 del 2004 - Continuità normativa - Sussistenza.

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Massima (Fonte CED Cassazione)
L'immissione sul mercato di prodotti pericolosi, già prevista come reato dall'art. 10, D.Lgs. 17 marzo 1995 n. 115 (concernente l'attuazione della direttiva 92/59/CEE relativa alla sicurezza dei prodotti), configura il reato di cui all'art. 11, comma secondo, D.Lgs. 21 maggio 2004 n. 172, che ha abrogato il citato D.Lgs. n. 115, ponendosi, peraltro, in continuità con la previgente normativa.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. GRASSI Aldo - Presidente - del 12/01/2005
Dott. MANCINI Franco - Consigliere - SENTENZA
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - N. 9
Dott. GRILLO Carlo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. VANGELISTA Vittorio - Consigliere - N. 30941/2004
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli;
avverso l'ordinanza del 15-16/7/2004 pronunciata dal Tribunale di Napoli;
nel procedimento contro:
SARRACINO FABRIZIO, nato a Napoli il 10/1/1963;
LACIRIGNOIA EMILIO, nato a Fasano il 6/3/1954;
Sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Carlo M. Grillo;
sentite le conclusioni del P.M., in persona del S. Procuratore Generale Dott. F. Salzano, con le quali chiede il rigetto del ricorso;
sentito il difensore del Lacirignola, avv. M. Krogh, che conclude per l'inammissibilità del ricorso;
La Corte osserva:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Con provvedimento 28/6/2004, il G.I.P. presso il Tribunale di Napoli, su richiesta del P.M., disponeva il sequestro preventivo degli antifurto per autovettura denominati BLINDOCAR e BLOCK SHAFT a cagione della loro pericolosità, ipotizzando nei confronti di Sarracino Fabrizio, legale rappresentante della Tecnogen s.r.l. produttrice dell'antifurto BLINDOCAR, e di Lacirignola Emilio, legale rappresentante della Block Shaft s.r.l. produttrice dell'omonimo antifurto, il reato continuato di cui all'art. 10 d.l.vo n. 115/1995, per aver immesso sul mercato prodotti pericolosi.
Di detta ordinanza chiedevano il riesame i menzionati indagati e il Tribunale di Napoli, con il provvedimento indicato in premessa, l'annullava per insussistenza sia del fumus del reato ipotizzato che delle esigenze cautelari.
Sotto il primo profilo, il Tribunale rilevava che il giudizio di pericolosità degli apparati de quibus era stato formulato dal CT del PM, sulla cui professionalità peraltro non si avevano "elementi di valutazione", che doveva ritenersi smentito sia perché non risultavano essere state adottate iniziative di sorta da parte degli organi amministrativi deputati al controllo, sia perché nessun incidente si era verificato a causa di essi nelle regioni Campania e Puglia, nel periodo 1999/2003, come era emerso da un'indagine specifica della Guardia di Finanza; inoltre rilevavano i giudici del merito che la valutazione di pericolosità effettuata dal CT era generica e non quella specifica richiesta dalla legge. Per quanto concerne le esigenze cautelari, secondo il Tribunale, esse non potevano ravvisarsi perché la legge prevede una complessa procedura di controllo dei prodotti, caratterizzata dal contraddittorio, nell'ambito della quale la P.A. può disporre prescrizioni al produttore per eliminare i fattori di rischio. Avverso detto provvedimento proponeva ricorso il P.M. e ne chiedeva l'annullamento, deducendo violazione di legge e specificamente degli artt. 10 d.l.vo n. 115/1995 e 321 c.p.p., ed evidenziando analiticamente tutti gli aspetti di pericolosità dei prodotti in questione, sotto il profilo sia della sicurezza attiva che di quella passiva; secondo il ricorrente, poi, l'ordinanza impugnata è solo apparentemente motivata, in violazione quindi dell'art. 125, comma 3^, c.p.p., in quanto forni-sce risposte incongrue e non corrette in relazione alle specifiche situazioni di pericolo ipotizzate. All'odierna udienza camerale il P.G. ed il difensore del Lacirignola concludono come sopra riportato.
Il ricorso merita accoglimento.
Deve ricordarsi preliminarmente che, in tema di sequestro preventivo, la verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare, da parte del Tribunale del riesame e di questa Corte, non può tradursi in anticipata decisione della questione di merito, dovendosi limitare alla verifica della compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale ipotizzata, mediante una valutazione prioritaria dell'antigiuridicità penale del fatto (SS.UU., 7 novembre 1992, Midolini), ne' sono estensibili alle misure cautelari reali le condizioni generali per l'applicabilità di quelle personali, indicate nell'art. 273 c.p.p., per cui è preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza, alla gravità di essi ed alla colpevolezza dell'indagato (SS.UU., 23 aprile 1993, Gifuni).
Tanto premesso, per quanto concerne la sussistenza del rumus delicti s'impone una ulteriore precisazione: l'1/8/2004, e cioè poco dopo l'esecuzione del sequestro de quo è entrato in vigore il d.l.vo 21 maggio 2004, n. 172, che ha espressamente abrogato (all'art. 12) il d.l.vo n. 115/1995, per cui deve tenersi conto di tale novatio legis nel verificare l'astratta configurabilità del reato ipotizzato. Ebbene, ritiene il Collegio che tra i due decreti legislativi, benché diversamente articolati, vi sia sicuramente continuità normativa; in particolare le condotte penalmente vietate dal decreto del '95 continuano ad esserlo ai sensi del nuovo decreto, che anzi le individua piu' specificamente, comminando in complesso sanzioni più gravi. Nulla cambia, quindi, per quanto concerne la fattispecie in esame.
Il reato ipotizzato è ora previsto, dunque, dall'art. 11, comma 2^, d.l.vo n. 172/2004.
In ordine alla sussistenza del fumus delicti, il P.M. ha dedotto una serie di argomentazioni di carattere tecnico che, ad avviso del Collegio, non sono state proprio prese in considerazione dal Tribunale, essendosi i giudici limitati a manifestare dubbi, con malcelata ironia ("...tale ing. Filippo Moscarini..."), sulla professionalità del CT scelto dalla Procura, senza però specificarne i motivi, e a definire "empiriche" le valutazioni effettuate dallo stesso, ma ancora una volta senza spiegarne le ragioni, anzi tentando di farlo con considerazioni risibili, quali quelle che la legge prevede rigorosi controlli amministrativi sui prodotti posti in commercio e che, in diversi anni, erano stati accertati solo due incidenti che avevano visto coinvolte autovetture dotate dei bloccasterzi in questione. Ritiene il Collegio che tale motivazione sia solo apparente, come pure quella relativa alla sussistenza delle esigenze cautelari, che sostanzialmente ad essa si collega, secondo cui la prevista attivazione delle procedure di controllo sui prodotti commercializzati escluderebbe qualsiasi possibilità di periculum.
Non trovano dunque risposta nel gravato provvedimento, lo si ripete, le analitiche argomentazioni del P.M. relative alla concreta pericolosità degli antifurto in questione, almeno per quanto dallo stesso accertato, attraverso il proprio CT, nella fase delle indagini preliminari. Ad esempio, che per il loro funzionamento (e perciò anche per la disattivazione) deve farsi ricorso ad una chiave diversa da quella di avviamento del motore, col rischio di partenze del veicolo col bloccasterzo innestato; che la loro installazione sul piantone dello sterzo avviene senza approvazione della casa costruttrice del veicolo e senza omologazione alcuna, o addirittura su altro piantone non originale montato in sostituzione del primo, la qual cosa potrebbe pregiudicare il previsto collassamento dello sterzo in caso di incidente o usurare in modo non calcolato diversi organi meccanici; che non sarebbe neppure escluso l'inserimento accidentale dell'antifurto durante la guida, con evidenti rilevanti conseguenze.
Dunque il Tribunale, nuovamente valutando le considerazioni in fatto prospettate dal P.M., dovrà spiegare se, allo stato delle indagini, sia ipotizzabile il reato de quo, alla luce delle definizioni di "prodotto pericoloso" e "prodotto sicuro" fornite dall'art. 2 del recente d.l.vo n. 172/2004; parimenti, con riferimento alla sussistenza del periculum, i giudici del riesame dovranno valutare l'eventuale concreto rischio connesso all'ulteriore utilizzo dei congegni in questione, essendo sostanzialmente una non motivazione quella secondo cui l'espressa previsione - ad opera del d.l.vo 115/1995 (ed ora anche del nuovo decreto) - di una procedura di controllo, da parte dell'autorità amministrativa, dei prodotti immessi sul mercato eliminerebbe qualsiasi rischio e quindi la stessa necessità della misura cautelare. In tal modo, infatti, si da per scontata l'effettuazione di una serie di controlli, che - come dimostra proprio la fattispecie in esame - può anche mancare, subordinando in definitiva ad una pregiudiziale tecnico- amministrativa l'azione penale, pure in quelle situazioni emergenziali che invece la richiederebbero.
P.Q.M.
La Corte annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli per nuovo esame.
Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2005.
Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2005