Cass. Sez. III n. 10067 del 6 marzo 2009 (Cc 2 dic.2008)
Pres. Grassi Est. Onorato Ric. P.G. in proc. Guadagno
Urbanistica Omessa statuizione dell\'ordine di demolizione

L\'omessa statuizione dell\'ordine di demolizione del manufatto abusivo o dell\'ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi a spese del condannato è rimediabile mediante il ricorso alla procedura di correzione dell\'errore materiale, in quanto si tratta di sanzioni amministrative accessorie di natura obbligatoria ed a contenuto predeterminato.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. GRASSI Aldo - Presidente - del 02/12/2008
Dott. ONORATO Pierluigi - est. Consigliere - SENTENZA
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - N. 1376
Dott. GENTILE Mario - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere - N. 34641/2008
ha pronunciato la seguente:



SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore generale presso la Corte d\'appello di Napoli, nel processo penale contro:
GUADAGNO Concetta, nata a S. Sebastiano al Vesuvio l\'8.7.1947;
avverso la ordinanza resa il 12.6.2008 dalla Corte d\'appello di Napoli;
Visto il provvedimento denunciato e il ricorso;
Udita la relazione svolta in camera di consiglio dal Consigliere Dott. Pierluigi Onorato;
Udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale BUA Francesco, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Osserva:
FATTO E DIRITTO
1 - Con sentenza del 12.12.2005 la Corte d\'appello di Napoli, parzialmente riformando quella resa in primo grado dal Tribunale di Nola in data 28.1.2005, condannava Concetta Giordano a pena di giustizia siccome responsabile del reato di cui al D.Lgs. n. 490 del 1999, artt. 139 e 146 confermando l\'ordine di demolizione del manufatto abusivo, ma omettendo di disporre anche l\'ordine di riduzione in pristino dello stato dei luoghi.
Il Procuratore generale di Napoli, dovendo procedere alla esecuzione della sentenza, ormai definitiva, e ritenendo di dover eseguire, oltre alla demolizione, anche la riduzione in pristino dello stato dei luoghi, richiedeva alla Corte napoletana, quale giudice della esecuzione, di ordinare il ripristino dei luoghi attraverso la procedura della correzione dell\'errore materiale. La Corte adita, con ordinanza del 12.6.2008, in ossequio alla più recente giurisprudenza di questa Corte suprema, rigettava l\'istanza. 2 - Il Procuratore generale ha proposto ricorso per cassazione, deducendo inosservanza o erronea applicazione degli artt. 130, 547 e 655 e ss. c.p.p..
Dopo aver rilevato l\'esistenza di un contrasto nella giurisprudenza di legittimità, sostiene la maggior ragionevolezza della tesi che riconosce la possibilità di correggere con la procedura di cui all\'art. 130 c.p.p. l\'omissione dell\'ordine di demolizione del manufatto abusivo o dell\'ordine di riduzione in pristino dello stato dei luoghi, trattandosi di atti dovuti e non discrezionali. A sostegno di questa tesi cita anche la recente sentenza n. 7945/2008 delle Sezioni unite di questa Corte, laddove argomenta che la omissione di una statuizione obbligatoria di natura accessoria e a contenuto predeterminato non determina nullità e non attiene a una componente essenziale del provvedimento, onde ad essa può porsi rimedio con la procedura di correzione materiale ex art. 130 c.p.p.. 3 - L\'art. 130 c.p.p. prevede la possibilità di correggere gli errori, omissivi o commissivi, contenuti in un provvedimento giurisdizionale, alla duplice condizione che essi non determinino nullità e che la loro eliminazione non comporti una modificazione essenziale del provvedimento stesso.
Secondo la medesima norma, la competenza a pronunciare la correzione spetta allo stesso giudice che ha emesso il provvedimento o, in caso di impugnazione non inammissibile, al giudice della stessa impugnazione.
Nessuna specifica competenza è prevista per il giudice della esecuzione.
Esaminando la travagliata questione dell\'ambito di correggibilità dei provvedimenti giurisdizionali, la sentenza delle Sezioni unite citata dal pubblico ministero ricorrente afferma il condivisibile principio secondo cui "la omissione di una statuizione obbligatoria di natura accessoria e a contenuto predeterminato non determina nullità e non attiene a una componente essenziale dell\'atto, onde ad essa può porsi rimedio con la procedura di correzione di cui all\'art. 130 c.p.p." (Sez. Un. n. 7945 del 31.1.2008, Boccia, relativa a un caso di sentenza di applicazione della pena concordata ex art. 444 c.p.p. che aveva omesso di condannare l\'imputato al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile che ne aveva fatto richiesta).
In altri termini, secondo il supremo organo nomofilattico, non possono determinare nullità e attenere a componenti essenziali del provvedimento le omissioni di statuizioni imposte dallo stesso ordinamento; in particolare quelle omissioni per cui lo stesso ordinamento prevede specificamente la correggibilità mediante la procedura di cui all\'art. 130 c.p.p., come la omessa statuizione sulle spese (art. 535 c.p.p., comma 4) oppure la insufficienza di motivazione e la mancanza di altri requisiti della sentenza che non comporti nullità (art. 547 c.p.p.).
Nulla dice la sentenza Boccia in ordine a una competenza spettante anche al giudice della esecuzione nella soggetta materia, salvo una breve affermazione incidentale con la quale precisa che analoghe ragioni sistematiche impongono di ritenere correggibili anche "quelle omissioni in ordine alle quali sia previsto un automatico intervento integrativo da parte del giudice della esecuzione, come ad es. nei casi in cui sia mancata (non per scelta consapevole del giudice) la statuizione di pena accessoria obbligatoria o di confisca obbligatoria".
È agevole osservare che gli esempi anzidetti riguardano istituti che sono specificamente attribuiti alla competenza del giudice della esecuzione dall\'art. 676 c.p.p..
Ma è altrettanto doveroso sottolineare che l\'art. 676 c.p.p., in quanto derogatorio al principio generale della irrevocabilità delle sentenze e dei decreti penali definitivi di cui all\'art. 648 c.p.p. (c.d. giudicato formale), è di stretta interpretazione e non può essere applicato al di fuori delle materie in esso specificamente previste.
Seguendo l\'approccio sistematico della sentenza in esame, quindi, si deve concludere che:
a) è possibile la integrazione successiva di statuizioni omesse, quando esse hanno natura obbligatoria e contenuto predeterminato;
b) competente a disporre la integrazione è sia il giudice che ha emesso il provvedimento carente, sia il giudice della impugnazione (quando questa non sia inammissibile), sia anche il giudice della esecuzione, sempre che questi abbia una specifica competenza in ordine alla statuizione omessa.
Orbene, dopo il passaggio in giudicato del provvedimento giurisdizionale, spetta al giudice della esecuzione la competenza a conoscere di tutte le questioni attinenti alla esecuzione del provvedimento stesso (art. 666 c.p.p.), nonché delle questioni specificamente attribuitegli dall\'art. 676 c.p.p., fra le quali soprattutto rilevano per il tema di cui trattasi quelle relative alle pene accessorie, alla confisca e alla restituzione delle cose sequestrate.
In nessun modo però possono rientrare tra queste competenze specifiche, proprio per il divieto di interpretazione analogica, quelle relative ad alcune sanzioni amministrative accessorie, come l\'ordine di demolizione delle opere abusive o l\'ordine di remissione in pristino dopo una condanna, rispettivamente, per reato urbanistico o per reato paesaggistico: sanzioni che, come noto, da una parte sono tipicamente diverse dalle pene accessorie, e dall\'altra divergono strutturalmente e funzionalmente dalla confisca.
In conclusione, si deve affermare il principio di diritto secondo cui in caso di condanna per reato urbanistico che ometta di ordinare la demolizione delle opere abusive, o di condanna per reato paesaggistico che ometta di ordinare la rimessione in pristino dello stato dei luoghi, trattandosi di sanzioni amministrative accessorie a contenuto predeterminato:
a) è possibile rimediare alla omissione attraverso la procedura di correzione dell\'errore materiale ex art. 130 c.p.p.;
b) competente al riguardo è il giudice che ha emesso la sentenza di condanna, nonché il giudice della impugnazione, quando questa non sia inammissibile, ma non il giudice della esecuzione, che non ha una competenza specifica in materia.
Ne deriva che nel caso di specie il ricorso del pubblico ministero è inammissibile.
P.Q.M.
la Corte suprema di cassazione dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2008.
Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2009