Cass. Sez. III n. 40115 del 11 ottobre 2012 (Ud. 22 mag. 2012)
Pres. Mannino Est. Rosi Ric. Massole ed altri
Urbanistica. Abusi edilizi e buona fede

Nella fattispecie contravvenzionale la eventuale buona fede può rilevare quando consista nella mancata consapevolezza del fatto che derivi da un elemento positivo, estraneo all'agente stesso, consistente in una circostanza che induca alla convinzione della liceità del comportamento tenuto, facendosi carico di tale prova l'imputato, il quale deve anche dimostrare di avere compiuto tutto quanto poteva per osservare la norma violata

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. MANNINO Saverio Felice - Presidente - del 22/05/2012
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - SENTENZA
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 1392
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. ROSI Elisabetta - rel. Consigliere - N. 42739/2010
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) MASSA PIERGIUSEPPE N. IL 21/01/1955;
2) CADDEO ANTONIO N. IL 11/01/1946;
3) PUSCEDDU BRUNO N. IL 31/10/1955;
4) MASSOLE FRANCESCO N. IL 25/05/1943;
avverso la sentenza n. 23/2010 CORTE APPELLO di CAGLIARI, del 11/06/2010;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/05/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ELISABETTA ROSI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. SALZANO Francesco che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
Udito il difensore Avv. Cetroni Gabriella per Massa che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d'Appello di Cagliari, con sentenza emessa l'11 giugno 2010, in riforma della sentenza del Tribunale di Cagliari, sezione distaccata di Iglesias, in data 13 ottobre 2009, ha condannato Massa Piergiuseppe, nella qualità di sindaco, Caddeo Antonio, Pusceddu Bruno e Massole Francesco, nella qualità di assessori comunali, alla pena di mesi sette di arresto ed Euro 6.500 di ammenda ciascuno, per il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44 per avere abusivamente realizzato un fabbricato articolato su due piani fuori terra e altezza superiore ai nove metri, previa demolizione dei locali dell'ex asilo infantile e di dimensioni superiori al preesistente edificio, da destinare a punto di accoglienza, informazione e promozione turistica; fatti accertati in Fluminimaggiore il 14 ottobre 2005.
2. Avverso la sentenza hanno proposto separati ricorsi gli imputati, tramite i loro difensori, chiedendone l'annullamento, esponendo a sostegno i seguenti motivi, di identico tenore: 1) Erronea applicazione della legge penale sostanziale, in quanto non corrisponderebbe al vero che l'opera sia stata realizzata senza il procedimento di validazione di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 7, lett. c poiché la relazione del tecnico progettista Arch. Murgia era stata allegata al progetto, e la stessa equivarebbe, secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, alla validazione del progetto, avendo lo scopo di assicurare la legittimità del titolo edilizio e la qualità della progettazione; 2) Erronea applicazione della legge penale in relazione al D.P.R. n. 390 del 2001, art. 44 in quanto il giudice dell'appello avrebbe erroneamente ritenuto sussistente l'elemento soggettivo, dando per irrilevante il ruolo svolto dal Segretario comunale, che non aveva espresso rilievi al progetto ed il parere favorevole espresso dal Dirigente del settore, responsabile del procedimento, che partecipò alla seduta della Giunta comunale, avendo tali circostanze costituito un errore scusabile per i componenti della stessa Giunta che deliberarono la realizzazione dell'opera.
3. In prossimità dell'udienza, il difensore di Massa ha depositato memoria con la quale ha insistito per l'accoglimento del ricorso. 4. Anche il difensore della parte civile costituita ha depositato memoria ex art. 121 c.p.p., con la quale ha contestato le prospettazioni dei ricorrenti, sulla base del fatto che l'opera realizzata violava macroscopicamente il Piano particolareggiato del centro storico, che consentiva solo interventi di restauro e risanamento conservativo ed ha chiesto il rigetto dei ricorsi. CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso risulta manifestamente infondato. È stato affermato con chiarezza che "in materia di edilizia, anche le opere eseguite dai Comuni sono soggette all'obbligo di conformarsi alle disposizioni urbanistiche vigenti e ai relativi controlli" anche se, per effetto del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 7 e della contestuale abrogazione del D.L. n. 398 del 1993 e successive modifiche, non è necessario per tali opere il previo rilascio del permesso di costruire, al quale è da ritenere equipollente la delibera del consiglio o della giunta comunale accompagnata da un progetto, che sia stato riscontrato conforme alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie (cfr. Sez. 3, n. 18900 del 2/4/2008, dep. 9/5/2008, Vinci e altri, Rv. 239918). Si tratta della cd. validazione del progetto ai sensi del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, art. 47 prevista dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 7.
Orbene nel caso di specie i giudici di merito hanno dato atto dell'illiceità dell'intervento edilizio effettuato, in quanto in evidente difformità allo strumento urbanistico vigente, costituito dal Piano particolareggiato del centro storico che stabiliva che l'area in cui si trovava l'edificio quale zona S1, destinata all'istruzione, e non a quella diversa dell'intervento realizzato;
inoltre l'edificio presentava un altezza ben maggiore a quella consentita (mt., 8,50, anziché 6, 50) ed era stato realizzato a seguito di demolizione di un'antica costruzione, anziché con un intervento di manutenzione e restauro conservativo. I giudici hanno inoltre chiarito il fatto che il procedimento di validazione del progetto non era stato completato, poiché non aveva seguito l'iter previsto dal D.P.R. n. 554 del 1999, essendo stato limitato ad un mero parere tecnico sul progetto. Le censure proposte, pertanto, risultano manifestamente infondate, quanto al preteso completamento dell'iter di validazione, ma comunque anche inconferenti, perché risulta evidente che mai tale iter avrebbe potuto concludersi, atteso lo stridente contrasto dell'opera in corso di realizzazione con gli strumenti urbanistici vigenti risultante dalle emergenze probatorie, essendo principio pacifico che anche l'opera pubblica comunale debba essere conforme alla legislazione ed alla strumentazione urbanistica (così in giurisprudenza sin da Sez. 3, n. 8606 del 7/6/1995, dep. 27/7/1995, Pruneri, Rv. 205821).
2. Anche il secondo motivo di ricorso risulta manifestamente infondato. Va premesso che nella fattispecie contravvenzionale la eventuale buona fede può rilevare quando consista nella mancata consapevolezza del fatto che derivi da un elemento positivo, estraneo all'agente stesso, consistente in una circostanza che induca alla convinzione della liceità del comportamento tenuto, facendosi carico di tale prova l'imputato, il quale deve anche dimostrare di avere compiuto tutto quanto poteva per osservare la norma violata (Cfr., per tutte, Sez. 3, n. 172 del 6/11/2007, dep. 7/1/2008, Picconi, Rv. 238600).
Invece, la procedura prevista per l'opera in questione, pur prevedendo una posizione di garanzia del progettista, il quale attesta la conformità del progetto alle norme vigenti in abito edilizio, paesaggistico e sanitario, non consente di ritenere con ciò esonerati dai propri doveri di controllo i pubblici amministratori responsabili della deliberazione di Giunta, soprattutto in un caso quale quello di specie, in cui le divergenze ed anomalie risultino consistenti ed ictu oculi visibili per la loro macroscopicità (trattandosi di demolizione e nuova edificazione difforme da quella preesistente, non consentita all'interno del centro storico). Pertanto la prospettata tesi dell'errore, a seguito dell'affidamento nella relazione del progettista o per la mera presenza del Segretario comunale alla deliberazione della Giunta comunale, risulta implausibile. (Del resto, il parere di legittimità sulle proposte di deliberazione di Consiglio e di Giunta previsto dalla L. n. 142 del 1990, art. 53 è stato cancellato dalla Legge n. 127/1997 che ha abolito, in capo al Segretario comunale, l'obbligatorietà del parere sulle deliberazioni degli organi comunali nonché la sua responsabilità per l'attività attuativa delle deliberazioni stesse.)
3. Il presente ricorso, in conclusione, va dichiarato inammissibile e l'inammissibilità dell'impugnazione preclude ogni possibilità sia di far valere, sia di rilevare di ufficio, l'eventuale estinzione del reato per prescrizione che possa risultare nelle more del giudizio di cassazione (giurisprudenza consolidata, cfr, per tutte, SSUU n. 23428 del 22/3/2005, Bracale, Rv. 231164). A ciò consegue anche la condanna dei ricorrenti, ciascuno, al pagamento delle spese del procedimento ex art. 616 c.p.p. e al pagamento della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 22 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2012