Cass. Sez. III n. 24980 del 8 luglio 2025 (UP 3 apr 2025)
Pres. Ramacci Est. Aceto Ric. Masciulli
Urbanistica.La doppia conformità riguarda anche le norme tecniche

La doppia conformità imposta dall'art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001 deve riguardare non solo la disciplina urbanistica, ma anche quella edilizia, dovendosi intendere per "disciplina edilizia" l'insieme delle norme tecniche comprese nella parte seconda del d.P.R. n. 380 del 2001, quelle contenute nei regolamenti edilizi comunali di cui all'art. 4 d.P.R. n. 380 del 2001 (che disciplinano, a loro volta, le modalità costruttive, con particolare riguardo al rispetto delle normative tecnico-estetiche, igienico-sanitarie, di sicurezza e vivibilità degli immobili e delle pertinenze degli stessi) e, più in generale, le norme di fonte primaria e/o secondaria che regolamentano, con efficacia cogente, l'attività costruttiva condizionando il rilascio del permesso di costruire (art. 12 d.P.R. n. 380 del 2001), imponendo l'acquisizione, in fase istruttoria, non solo dei «documenti previsti dalla parte II» del d.P.R. n. 380 del 2001, ma anche della dichiarazione del progettista abilitato «che asseveri la conformità del progetto agli strumenti urbanistici approvati ed adottati, ai regolamenti edilizi vigenti, e alle altre normativa di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia e, in particolare, alle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, alle norme relative all'efficienza energetica» (art. 20, comma 1, d.P.R. n. 380, cit.).

RITENUTO IN FATTO

                1. Giovanni Masciulli ricorre per l’annullamento della sentenza del 10 aprile 2024 della Corte di appello di Lecce, Sez. dist. di Taranto, che ha confermato la condanna alla pena di quattro mesi di arresto e 18.000 euro di ammenda irrogata con sentenza dell’11 aprile 2023 del Tribunale di Taranto per i reati di cui agli artt. 44, lett. c), 64 e 71 d.P.R. n. 380 del 2001, 181, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004, per aver realizzato, in assenza di permesso di costruire e del nulla osta dell’autorità preposta al vincolo paesaggistico, una cisterna interrata di raccolta delle acque piovane estesa 18,30 mq. con cordolo realizzato con blocchetti di calcestruzzo, un piazzale antistante l’abitazione esteso 85 mq., un locale interrato ad uso deposito di mq. 28,06 realizzato con muri portanti in blocchetti di calcestruzzo e solaio in latero-cemento con cordolo perimetrale in cemento armato e pavimento in cemento, un viale di accesso al locale, un impianto di trattamento delle acque reflue; il tutto senza il progetto esecutivo redatto da un tecnico abilitato e senza la direzione di questi, trattandosi di opere realizzate in conglomerato di cemento armato. I fatti sono contestati come accertati in Martina Franca il 21 maggio 2018.
                    1.1. Con unico motivo deduce il travisamento (per omissione) della prova, in particolare della richiesta di permesso di costruire in sanatoria del 20 febbraio 2024, presentata al Comune di Martina Franca e della quale non v’è menzione alcuna nel testo della motivazione, avendo la Corte di appello fatto riferimento ad una precedente richiesta depositata il 6 maggio 2019 e rigettata. 


CONSIDERATO IN DIRITTO

            2. Il ricorso è inammissibile.

            3. Il ricorrente deduce il travisamento, per omissione, della domanda di permesso di costruire in sanatoria presentata il 20 febbraio 2024.
                3.1. Il travisamento è configurabile quando si introduce nella motivazione una informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia; il relativo vizio ha natura decisiva solo se l'errore accertato sia idoneo a disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio (Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014, Del Gaudio, Rv. 258774; Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano, Rv. 257499). Il vizio è perciò decisivo quando la frattura logica tra la premessa fattuale del ragionamento e la conclusione che ne viene tratta è irreparabile. Come ben spiegato da Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano, non massimata sul punto, il travisamento della prova sussiste quando emerge che la sua lettura sia affetta da errore "revocatorio", per omissione, invenzione o falsificazione. In questo caso, difatti, la difformità cade sul significante (sul documento) e non sul significato (sul documentato).
                3.2. Orbene, il vizio dedotto non è decisivo.
                3.3. Non lo è, in primo luogo, perché - come pure ben osservato dal Procuratore generale - ad oggi il ricorrente non risulta aver conseguito il permesso di costruire in sanatoria.
                3.4. Non lo è, in secondo luogo, perché le opere oggetto di contestazione (e di condanna) non sono suscettibili di sanatoria ai sensi dell’art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001.
                3.5. Secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, conforme al tenore letterale e alla “ratio” dell’art. 36, d.P.R. n. 380 del 2001 (e prima ancora dell’art. 13, legge n. 47 del 1985), non sono legittimi, e pertanto sono inidonei ad estinguere il reato di cui all'art. 44 lett. b) del d.P.R. n. 380 del 2001, i provvedimenti amministrativi di sanatoria di immobile abusivo che subordinano gli effetti del beneficio alla esecuzione di specifici interventi finalizzati a ricondurre l'immobile stesso nell'alveo di conformità agli strumenti urbanistici, atteso che detta subordinazione è ontologicamente contrastante con la "ratio" della sanatoria, collegabile alla già avvenuta esecuzione delle opere e alla loro conformità agli strumenti urbanistici (Sez. 3, n. 51013 del 05/11/2015, Carratù, Rv. 266034; Sez. 3, n. 7405 del 15/01/2015, Bonarota, Rv. 262422; Sez. 3, n. 19587 del 27/04/2011, Montini, Rv. 250477; Sez. 3, n. 41567 del 04/10/2007, Rubechi, Rv. 238020).
                3.6. È lo stesso ricorrente a sostenere che la domanda di permesso di costruire in sanatoria prevedeva la demolizione di alcune opere e il ripristino di altre, in tal modo introducendo un’informazione decisiva di segno contrario a quella indicata come omessa.
                3.7. Inoltre, va ricordato (e deve essere ribadito) che, in tema di sanatoria ex art. 36 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, di opere realizzate in area vincolata, il rilascio postumo del permesso di costruire, in assenza di autorizzazione paesaggistica, non ha efficacia sanante neanche in relazione al solo profilo urbanistico dell'intervento già realizzato (Sez. 3, n. 5750 del 02/02/2023, Rv. 284314 - 01; Sez. 3, n. 16715 del 12/03/2024, Carrato, non mass.; Sez. 3, n. 49310 del 23/11/2023, Della Porta, non mass.)
                3.8. Va altresì ricordato il principio secondo il quale il rispetto del requisito della conformità delle opere sia alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della realizzazione che a quella vigente al momento della presentazione della domanda di regolarizzazione (cd. "doppia conformità”), richiesto ai fini del rilascio del permesso di costruire in sanatoria ex artt. 36 e 45 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, è da ritenersi escluso nel caso di edificazioni eseguite in assenza del preventivo ottenimento dell'autorizzazione sismica (Sez. 3, n. 2357 del 14/12/2022, dep. 2023, Casà, Rv. 284058 - 01; Sez. 3, n. 14645 del 13/03/2024, Erbasecca, non mass.; Sez. 3, n. 11999 del 06/03/2024, Virga, non mass. sul punto; Sez. 3, n. 7720 del 30/03/2023, Amendola, non mass.).
                3.9. Tale principio deve essere esteso non solo alle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso e a struttura metallica realizzate in violazione degli artt. 64, commi 2, 3 e 4, e 65 d.P.R. n. 380 del 2001 ma, più in generale, alle opere realizzate in violazione della "disciplina edilizia" vigente sia al momento della realizzazione dell'abuso che a quello della presentazione della domanda di permesso di costruire in sanatoria.
                3.10. Ciò per due motivi: 
(i) quanto alle opere in conglomerato cementizio e a struttura metallica, perché i reati di cui agli artt. 71 e 72 d.P.R. n. 380 del 2001 non sono, al pari di quelli che sanzionano l'abusiva realizzazione delle opere in zone sismiche, in alcun modo sanabili (Sez. 3, n. 54707 del 13/11/2018, Cardella, Rv. 274212 - 01, che ha escluso che il deposito "in sanatoria" degli elaborati progettuali estingua la contravvenzione in materia di costruzioni in cemento armato, che punisce l'omesso deposito preventivo degli stessi; Sez. 3, n. 38953 del 04/07/2017, Rizzo, Rv. 270792 - 01; Sez. F, n. 44015 del 04/09/2014, Conforti, Rv. 261099 - 01; Sez. 3, n. 11271 del 17/02/2010, Braccolino, Rv. 246462 - 01); 
(ii) perché, più in generale, la doppia conformità imposta dall'art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001 deve riguardare non solo la disciplina urbanistica, ma anche quella edilizia, dovendosi intendere per "disciplina edilizia" l'insieme delle norme tecniche comprese nella parte seconda del d.P.R. n. 380 del 2001, quelle contenute nei regolamenti edilizi comunali di cui all'art. 4 d.P.R. n. 380 del 2001 (che disciplinano, a loro volta, le modalità costruttive, con particolare riguardo al rispetto delle normative tecnico-estetiche, igienico-sanitarie, di sicurezza e vivibilità degli immobili e delle pertinenze degli stessi) e, più in generale, le norme di fonte primaria e/o secondaria che regolamentano, con efficacia cogente, l'attività costruttiva condizionando il rilascio del permesso di costruire (art. 12 d.P.R. n. 380 del 2001), imponendo l'acquisizione, in fase istruttoria, non solo dei «documenti previsti dalla parte II» del d.P.R. n. 380 del 2001, ma anche della dichiarazione del progettista abilitato «che asseveri la conformità del progetto agli strumenti urbanistici approvati ed adottati, ai regolamenti edilizi vigenti, e alle altre normativa di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia e, in particolare, alle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, alle norme relative all'efficienza energetica» (art. 20, comma 1, d.P.R. n. 380, cit.).
6.5.Per queste ragioni il permesso di costruire in sanatoria non può essere rilasciato ai sensi dell'art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001 se non ricorrono le medesime condizioni che avrebbero consentito il rilascio del permesso di costruire a titolo originario; altrimenti ragionando, limitando cioè la verifica della "doppia conformità" alla sola disciplina urbanistica e negligendo la “conformità edilizia", l'abuso edilizio si imporrebbe come fatto compiuto assurdamente premiante nella parte in cui esclude dalla sua legittimazione la compiuta verifica della conformità dell'opera all'intera disciplina edilizia vigente sia al momento della sua realizzazione che a quello della presentazione della domanda di sanatoria.

7. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso (che osta alla rilevazione della prescrizione maturata successivamente alla sentenza impugnata) consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., essendo essa ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l'onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente nella misura di € 3.000,00. Il Collegio intende in tal modo esercitare la facoltà, introdotta dall’art. 1, comma 64, legge n. 103 del 2017, di aumentare, oltre il massimo edittale, la sanzione prevista dall’art. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilità del ricorso considerate le ragioni della inammissibilità stessa come sopra indicate.


P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 03/04/2025.