Cass. Sez. III n. 36552 del 27 settembre 2022 (CC 15 giu 2022)
Pres. Andreazza Est. Reynaud Ric. Crugliano ed altri
Urbanistica.Manufatti collocati in strutture ricettive all’aperto
La previsione oggi vigente riferita ai manufatti collocati in strutture ricettive all’aperto non deroga alla necessità che gli interventi di trasformazione del territorio sottratti al regime del permesso di costruire debbano avere natura temporanea, ma specifica nei modi anzidetti questo requisito con riguardo alle tipiche strutture utilizzate dai turisti che fruiscono di quelle aree ricettive.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 18 febbraio 2022, il Tribunale di Crotone ha rigettato l’istanza di riesame proposta dagli odierni ricorrenti avverso il provvedimento con cui il g.i.p., nell’ambito di un’attività ricettiva di campeggio balneare, aveva disposto il sequestro preventivo di terreni e strutture sugli stessi esistenti, in relazione ai reati di lottizzazione abusiva (quanto a 25 case mobili) e di scarico di acque in assenza di autorizzazione (quanto ad una piscina).
2. Avverso detta ordinanza, a mezzo del difensore fiduciario, i ricorrenti, indagati nel procedimento – tutti per il reato di lottizzazione abusiva (Maria Lucrezia Marino e Crugliano Alberto quali proprietari e possessori dei terreni; quest’ultimo anche quale gestore del campeggio sino al 27 agosto 2018; Francesco Crugliano quale proprietario di una casa mobile) ed i soli ricorrenti Crugliano del reato di scarico abusivo (quali imprenditori succedutisi nella gestione del campeggio) – hanno proposto ricorso per cassazione, lamentando violazione di legge quanto al ritenuto fumus di entrambi i reati ipotizzati.
2.1. Con riguardo alla lottizzazione abusiva, si lamenta l’erronea applicazione dell’art. 3, lett. e.5), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (d’ora in avanti, TUE), come modificato dall’art. 10, l. 120/2020, nella parte in cui esclude la necessità del titolo autorizzativo per le unità abitative mobili che siano collocate, anche in via continuativa, in strutture ricettive all’aperto, essendosi erroneamente ritenuti insussistenti i requisiti della precarietà strutturale e funzionale.
Quanto alla precarietà strutturale, si allega trattarsi di opere leggere mobili, non ancorate al suolo, che non possono essere paragonate ad immobili. Quanto alla precarietà funzionale, si lamenta che era stata erroneamente evocata la definizione di “turista” coniata dall’Organizzazione Mondiale del Turismo (WTO), essendosi trascurato che rientrano nella definizione di turismo le attività di viaggio di persone che si trovano in luoghi diversi da quello abituale per un tempo complessivo non superiore ad un anno continuativo.
2.2. Con riguardo al reato di scarico abusivo, si lamenta che la piscina è dotata di impianto di declorazione di cui non poteva escludersi il perfetto funzionamento e che non era mai stato riscontrato alcuno scarico nella rete fognaria, sicché non era stato possibile accertare l’eventuale omissione del preventivo trattamento delle acque.
Con successiva memoria contenente motivi aggiunti, depositata in data 8 aprile u.s., la difesa degli indagati ha in particolare approfondito questa seconda doglianza, lamentando che il giudice del riesame non aveva valutato, né compreso, le doglianze difensive, ma aveva avallato una mera presunzione e determinato, di fatto, l’inversione dell’onere probatorio, travisando anche la fattura depositata, che si riferiva non già all’acquisto del prodotto per la declorazione, bensì dell’impianto di declorazione perfettamente funzionante.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il cumulativo ricorso è infondato e dev’essere rigettato.
2. Quanto al fumus del reato di lottizzazione abusiva, reputa il Collegio che, con articolata motivazione, l’ordinanza impugnata ha correttamente interpretato ed applicato la disposizione normativa di cui si sostiene invece la violazione.
Detta previsione, contenuta nell’art. 3, comma 1, lett. e), TUE, per quanto qui interessa, dispone che costituiscono "interventi di nuova costruzione" – assoggettati al previo rilascio del permesso di costruire ex art. 10, comma 1, lett. a), TUE - «quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti» e che, tra l’altro, «sono comunque da considerarsi tali…e.5) l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulotte, camper, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, ad eccezione di quelli che siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee o delle tende e delle unità abitative mobili con meccanismi di rotazione in funzione, e loro pertinenze e accessori, che siano collocate, anche in via continuativa, in strutture ricettive all'aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti previamente autorizzate sotto il profilo urbanistico, edilizio e, ove previsto, paesaggistico, che non posseggano alcun collegamento di natura permanente al terreno e presentino le caratteristiche dimensionali e tecnico-costruttive previste dalle normative regionali di settore ove esistenti» (la citata lett. e.5 è stata così sostituita dall’art. 10 d.l. 16 luglio 2020, n. 76, recante Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale, conv., con modiff., in l. 11 settembre 2020, n. 120).
La previsione in tal senso “novellata” – dai ricorrenti invocata perché evidentemente ritenuta più favorevole ed in quanto tale da applicarsi quale norma integratrice del precetto penale, ex art. 2, quarto comma, cod. pen. – ha sostituito quella precedentemente vigente e (per lo più) applicabile ratione temporis, vale a dire la disposizione risultante dall’interpolazione operata con l. 28 dicembre 2015, n. 221, secondo cui è comunque da considerarsi intervento di nuova costruzione assoggettato al previo rilascio del permesso di costruire «e.5) l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, ad eccezione di quelli che siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee o siano ricompresi in strutture ricettive all'aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti, previamente autorizzate sotto il profilo urbanistico, edilizio e, ove previsto, paesaggistico, in conformità alle normative regionali di settore».
I ricorrenti, in particolare, sottolineano che la vigente disposizione consentirebbe, nelle strutture ricettive all’aperto ed in assenza di permesso di costruire, l’installazione degli indicati manufatti anche se la stessa sia destinata a permanere “in via continuativa”.
2.1. Reputa il Collegio, per quanto di seguito si dirà, che la tesi sostenuta in ricorso non possa essere condivisa, anche perché la stessa – in contrasto con l’interpretazione sistematica – porterebbe a ritenere consentiti impattanti interventi di stabile trasformazione del territorio in assenza di permesso di costruire e, laddove necessario, di piano di lottizzazione.
L’ordinanza impugnata, in particolare, ha correttamente ritenuto che la novellata previsione non muti le connotazioni che tradizionalmente contraddistinguono la disposizione in parola, pur fatta oggetto, nel tempo, di ripetuti rimaneggiamenti che, anche in relazione a disposizioni dettate per circoscriverne la sfera di applicabilità, hanno originato taluni interventi della Corte costituzionale. Proprio il giudice delle leggi – in decisioni che hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale di disposizioni della legge statale ritenute indebitamente di dettaglio e tali da sostanzialmente annullare gli spazi per l’esercizio della potestà legislativa concorrente attribuita alle regioni in materia di governo del territorio – ha al proposito osservato che «la normativa statale sancisce il principio per cui ogni trasformazione permanente del territorio necessita di titolo abilitativo e ciò anche ove si tratti di strutture mobili allorché esse non abbiano carattere precario. Il discrimine tra necessità o meno di titolo abilitativo è data dal duplice elemento: precarietà oggettiva dell'intervento, in base alle tipologie dei materiali utilizzati, e precarietà funzionale, in quanto caratterizzata dalla temporaneità dello stesso» (Corte cost., sent. 23 giugno 2010, n. 278; Corte cost., sent. 9 giugno 2014, n. 189).
In conformità ai principi che regolano la materia, questa duplice connotazione è certamente tuttora ravvisabile nella formulazione della norma vigente.
Quanto alla “precarietà strutturale” – di regola inconferente rispetto all’indagine circa la non temporanea trasformazione del territorio che necessita del permesso di costruire (Sez. 3, n. 5821 del 15/01/2019, Dule Saimir, Rv. 275697; Sez. 3, n. 966 del 26/11/2014, dep. 2015, Manfredini, Rv. 261636; Sez. 3, n. 22054 del 25/02/2009, Frank, Rv. 243710) – con riguardo alle strutture ricettive all’aperto essa rileva nella misura in cui i manufatti leggeri di cui all’art. 3, comma 1, lett. e.5), TUE, tipici di quelle strutture ricettive, perdono la loro “naturale” connotazione di amovibilità e precarietà, e divengono invece indicatori di una stabile trasformazione del territorio, laddove ne sia modificata la connotazione di agevole spostamento (si pensi alla necessità che conservino “meccanismi di rotazione in funzione”) ovvero presentino “collegamenti di natura permanente al terreno”. La sola verifica dell’una o dell’altra di tali condizioni esclude la sussistenza della fattispecie derogatoria, che – non va dimenticato – ha natura eccezionale rispetto al principio di opposto segno codificato, oggi come ieri, nella prima parte della citata disposizione, laddove l’ipotesi derogatoria qui in esame viene introdotta con le parole: “ad eccezione di”.
Quanto alla “precarietà funzionale” dei manufatti, la disposizione in parola continua a richiederla laddove specifica che gli stessi debbono essere appunto collocati, “anche in via continuativa, in strutture ricettive all'aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti”. Da tale ultima indicazione emerge con evidenza la ratio della previsione che, con riguardo ai manufatti collocati in strutture ricettive all’aperto, attualizza la fondamentale connotazione, propria di tutta la disciplina urbanistica, giusta la quale il più rigoroso controllo sulle attività di modificazione del territorio è richiesto – e presidiato dalla sanzione penale – laddove si tratti di “trasformazione permanente del suolo” (v. anche la previsione di cui all’art. 3, comma 1, lett. e.7, TUE). Se, nella prima parte del disposto dell’ipotesi derogatoria di cui alla lett. e.5 questo requisito è specificato con riguardo al fatto che non costituisce intervento di nuova costruzione, e non è perciò assoggettata al permesso di costruire, l’installazione di manufatti leggeri “diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee” (sul concetto di temporaneità, da interpretarsi come indicativo di qualcosa che ha una durata limitata nel tempo, v., in motivazione, Sez. 3, n. 32735 del 18/09/2020, Santini, n.m.), nella seconda parte della previsione questo stesso requisito è delineato con riferimento al fatto che i particolari moduli considerati siano collocati – anche se “in via continuativa”, vale a dire, con continuità – in strutture ricettive all’aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti. La destinazione specificata e la tipologia dei manufatti leggeri cui la previsione si riferisce (non tutti, ma, significativamente, solo “tende” e “unità abitative mobili con meccanismi di rotazione in funzione”) rende evidente che la “continuità” consentita dalla disposizione quale da ultimo novellata si riferisce a soste e soggiorni turistici che possono anche susseguirsi nel tempo, ma pur sempre contraddistinti, da un lato, dall’alternanza dei soggetti ospitati e, d’altro lato, dal normale avvicendamento e spostamento dei diversi moduli ricettivi amovibili all’interno della struttura. Che l’espresso riferimento al concetto di turismo utilizzato dal legislatore debba essere interpretato in questo senso lo si ricava sia dal significato comune del termine sia dai documenti internazionali, che – diversamente da quanto opinano i ricorrenti – non possono certo ritenersi superati e a cui questa Corte ha sovente fatto richiamo per interpretare la fattispecie in esame, sul punto non modificata (Sez. 3, n. 8970 del 23/01/2019, Scifoni, Rv. 275929; Sez. 4, n. 13496 del 15/02/2017, Chiesa, Rv. 269399; Sez. 3, n. 41479 del 24/09/2013, Valle, Rv. 257734). Diversamente da quanto sostengono i ricorrenti, dunque, la previsione oggi vigente riferita ai manufatti collocati in strutture ricettive all’aperto non deroga alla necessità che gli interventi di trasformazione del territorio sottratti al regime del permesso di costruire debbano avere natura temporanea, ma specifica nei modi anzidetti questo requisito con riguardo alle tipiche strutture utilizzate dai turisti che fruiscono di quelle aree ricettive.
2.3. Del tutto correttamente, pertanto, l’ordinanza impugnata ha ritenuto che alla previsione de qua sia estranea, pur in un’area turistica ricettiva, “la stabile installazione di manufatti formalmente mobili ma trasformati in immobili”, di casette, peraltro concretamente prive del carattere dell’amovibilità, “oggettivamente destinate a soddisfare un bisogno non temporaneo” dei proprietari (parimenti indagati per il medesimo reato), che – attesta il provvedimento impugnato – le avevano acquistate ed affittavano dal gestore del campeggio, con contratti annuali, le piazzole di sosta sulle quali le stesse erano state installate, “stabilmente collegate alle utenze, fissate alle piazzole mediante bullonatura, sorrette da cavalletti in ferro e blocchi di cemento nonché da strutture stabili di supporto”, mai spostate nel corso degli anni tanto da aver realizzato, «in definitiva, il sorgere di uno stabile complesso residenziale contra legem». Come si vede, nel caso di specie, il giudice del merito cautelare, con giudizio di fatto qui non sindacabile, neppure – come noto – nei ristretti termini di logicità della motivazione (cfr. giurisprudenza infra citata), ha attestato uno stabile collegamento al terreno delle strutture e, comunque, l’assenza di meccanismi di rotazione e una destinazione diversa da quella, della sosta e del soggiorno di turisti, tipica delle attività ricettive per le quali soltanto opera la presunzione di temporaneità dettata dalla legge.
3. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
Secondo l’ordinanza, l’attività di indagine aveva consentito di evincere che le acque clorate superflue della piscina e quelle di controlavaggio dei filtri – senza che risultasse un preventivo trattamento di declorazione - venivano scaricate nella condotta fognaria, donde l’impossibilità di assimilarle alle acque reflue domestiche e la conseguente necessità di dotarsi di autorizzazione allo scarico, di cui la struttura imprenditoriale è priva. Se quest’ultima affermazione non è contestata neppure dalla difesa – come non lo è il presupposto normativo che la sorregge, richiamato dai ricorrenti nella memoria contenente motivi aggiunti in conformità alla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 1983 del 07/10/2014, dep. 2015, Perusini, Rv. 261951) – la doglianza impinge in una valutazione di mero fatto e, quanto alla fattura depositata in giudizio dagli indagati, di travisamento probatorio sull’interpretazione di quel documento, non scrutinabile in questa sede con riguardo ad entrambi i richiamati profili. Com’è noto, il ricorso per cassazione proposto contro provvedimenti adottati in sede di impugnazione in materia di sequestri è infatti consentito – a norma dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen. - soltanto per violazione di legge e, quanto alla giustificazione della decisione, costituisce violazione di legge deducibile mediante ricorso per cassazione soltanto l'inesistenza o la mera apparenza della motivazione, ma non anche la sua illogicità manifesta, ai sensi dell'art. 606, comma primo, lettera e), cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, Zaharia, Rv. 269119; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini, Rv. 248129).
4. I ricorsi, complessivamente infondati in relazione al primo motivo, debbono pertanto essere rigettati con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali
Così deciso il 15 giugno 2022.