Cass. Sez. III n. 39860 del 1 dicembre 2006 (cc. 17 ott. 2006)
Pres. papa Est. Squassoni Ric. Pompili
Urbanistica. Modifica destinazione d'uso

I1 mutamento di uso, attuato dopo la ultimazione di un fabbricato e durante la sua esistenza, configura una ipotesi di ristrutturazione edilizia ( secondo la definizione fornita dall'art.3 c.1 lett d TU 380-2001) in quanto l'esecuzione dei lavori, anche se di modesta entità, comporta la creazione di un "organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente"

Camera di consiglio del 17.10.2006
SENTENZA N. 00995/2006
REG. GENERALE n. 026721/2006


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE


Composta dagli III. mi Signori

Dott. PAPA ENRICO                                                   Presidente
1. Dott. TARDINO VINCENZO LUIGI                                 Consigliere
2. Dott. SQUASSONI CLAUDIA                                       Consigliere
3. Dott. GENTILE MARIO                                                Consigliere
4. Dott. SARNO GIULIO                                                  Consigliere

ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto da:


1) POMPILI FRANCESCO                                  N. IL 07/07/1943


avverso ORDINANZA del 27/04/2006


TRIB. LIBERTA'                              di ROMA


sentita la relazione fatta del consigliere SQUASSONI CLAUDIA

sentite le conclusione del P.G. Dr. G. V. che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Udito il difensore avv. Vitale Salvatore di Roma


MOTIVI DELLA DECISIONE


Con ordinanza 27 aprile 2006, il Tribunale di Roma ha respinto la richiesta di riesame di un sequestro probatorio che grava su un locale ove erano in corso lavori di mutamento di uso da commerciale ad abitativo.


Per giungere a tale conclusione, i Giudici hanno disatteso la prospettazione della difesa circa il difetto di motivazione del decreto di sequestro evidenziando come il provvedimento contenesse l’indicazione della norma vìolata, della condotta antigiuridica, del vincolo pertinenziale del bene e delle necessità istruttorie.


Nel merito, il Tribunale ha puntualizzato le emergenze probatorie dalle quali ha tratto il convincimento che non si trattasse di mera ristrutturazione del locale commerciale, come sostenuto dalla difesa, ma della trasformazione dello stesso in abitazione.


Infine, i Giudici hanno concluso per la persistente necessità di mantenere inalterato l’attuale stato dei luoghi al fine di procedere alle verifiche di natura tecnica già disposte dal Pubblico Ministero.


Per l’annullamento della ordinanza, ricorre in Cassazione l’indagato Pompili Francesco deducendo difetto di motivazione e violazione di legge, in particolare, rilevando:


- che il decreto di sequestro era immotivato e consistente in uno prestampato utilizzabile per qualunque violazione edilizia;


-che le indagini predisposte dal Pubblico Ministero (acquisizioni di informazioni e documenti) possono essere effettuate senza il vincolo del bene.


Le censure non sono meritevoli di accoglimento.

Deve precisarsi (anche se il tema non è trattato nei motivi di ricorso) come, avendo come riferimento la ricostruzione del fatto riportata nel provvedimento in esame, sia esatta la conclusione del Tribunale sulla ipotizzabilità del contestato illecito. Il mutamento di uso, attuato dopo la ultimazione di un fabbricato e durante la sua esistenza, configura una ipotesi di ristrutturazione edilizia (secondo la definizione fornita dall’art. 3 cd lett. d TU 380/2001) in quanto l’esecuzione dei lavori, anche se di modesta entità, comporta la creazione di un “organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente”. Per quanto concerne la nullità del decreto di sequestro, si rileva come la relativa censura sia già stata sottoposta al vaglio del Giudice di merito e correttamente, confutata; il provvedimento conteneva tutti i requisiti necessari per la sua giuridica esistenza in quanto precisava la norma di legge violata, descriveva in sunto la condotta antigiuridica ed evidenziava la strumentalità probatoria del bene vincolato (per procedere a verifiche, anche, di natura tecnica).

Pertanto, la censura dello indagato (che, tra l’altro, non prende in considerazione, da motivazione del Tribunale e, quindi, non è in sintonia con la stessa) è inesatta e in fatto ed inconsistente anche avendo come riferimento la sentenza 5876/2004 delle Sezioni Unte che il ricorrente cita; la decisione chiarisce che, pure relativamente al corpo del reato, il Pubblico Ministero deve evidenziare le necessità probatorie del sequestro ed una tale motivazione - particolarmente accurata e completa- si riscontra nel decreto in esame.

Da ultimo, il ricorrente segnala la non necessità del sequestro dal momento che le indagini predisposte dal Pubblico Ministero, acquisizioni cartolari, possono essere effettuate senza il vincolo del bene.

Sul punto, è appena il caso di ricordare come il sequestro, anche del corpus delicti, deve essere revocato quando sono venute meno le finalità probatorie con conseguente obbligo di restituzione del bene all’avente diritto; tale circostanza non si è verificata nel caso in esame.

Il rilievo che il Pubblico Ministero non abbia ancora disposto la verifica tecnica, alla cui esecuzione era preordinato il sequestro, non significa che l’indagine non sia più necessaria. Inoltre, la documentazione , che l’organo della accusa sta acquisendo, è relativa allo immobile per cui si procede e, pertanto, la eventuale modifica dello stato dei luoghi, possibile nel caso di libera disponibilità del bene, può rendere impraticabile il controllo tra quanto risulta cartolarmente e quanto è stato realizzato.


PQM


La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Roma 17 settembre 2006


L' estensore              Il presidente
Claudia Squassoni                    Enrico Papa