Cass. Sez. III n. 34602 del 24 settembre 2010 (Ud.17 giu 2010)
Pres.De Maio Est.Sarno Ric.Ponzio
Urbanistica. Opere in conglomerato cementizio armato

È configurabile la responsabilità del direttore dei lavori per la contravvenzione di lavori abusivi relativi ad opere in conglomerato cementizio armato (artt. 64 e 71, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) in quanto sussiste a carico del medesimo un onere di vigilanza costante sulla corretta esecuzione dei lavori, collegato al dovere di contestazione delle irregolarità riscontrate e, se del caso, di rinunzia all'incarico. (In motivazione la Corte, nel confermare la sentenza di condanna che aveva ritenuto sussistere l'obbligo del direttore dei lavori di recarsi quotidianamente sul cantiere al fine di vigilare le attività eseguite, ha precisato che questi, oltre ad essere il referente del committente per gli aspetti di carattere tecnico, assume anche la funzione di garante nei confronti del Comune dell'osservanza e del rispetto dei contenuti dei titoli abilitativi all'esecuzione dei lavori).

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                        SEZIONE TERZA PENALE                         
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
Dott. DE MAIO   Guido          -  Presidente   -                     
Dott. SQUASSONI Claudia        -  Consigliere  -                     
Dott. GENTILE   Mario          -  Consigliere  -                     
Dott. FIALE     Aldo           -  Consigliere  -                     
Dott. SARNO     Giulio    -  rel. Consigliere  -                     
ha pronunciato la seguente:                                          
                     sentenza                                        
sul ricorso proposto da: 
1)          P.N. N. IL (OMISSIS); 
avverso   la   sentenza  n.  22/2008  TRIBUNALE  di  LAGONEGRO,   del 
06/10/2009; 
visti gli atti, la sentenza e il ricorso; 
udita  in  PUBBLICA  UDIENZA del 17/06/2010 la  relazione  fatta  dal 
Consigliere Dott. GIULIO SARNO; 
udito  il  P.G. in persona del Dott. D'Ambrosio Vito che ha  concluso 
per il rigetto del ricorso; 
udito il difensore avv. Paneschi Massimo sost. proc.. 

OSSERVA
P.N. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe con la quale
il tribunale di Lagonegro riconosceva l'imputato colpevole del reato di cui
all'art. 110 c.p., D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 64 e 71.
Deduce il ricorrente:
1) la nullità del decreto di citazione a giudizio per la mancata enunciazione
del fatto oggetto di imputazione;
2) la violazione ed erronea applicazione del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 64 e
71 ed il difetto di motivazione rilevandosi che le difformità riscontrate
consistenti nella realizzazione di un quarto muro anzichè dei tre assentiti nel
progetto iniziale, erano state realizzate a sua insaputa e che non aveva alcun
obbligo, così come affermato in sentenza, nella qualità di direttore dei lavori,
di recarsi con scadenza quotidiana nel cantiere al fine di vigilare sulle
attività ivi eseguite.
Il ricorso è infondato e va pertanto rigettato.
In ordine al primo motivo la genericità del riferimento ai muri in cemento
realizzati non fa venire meno la comprensibilità dell'accusa tant'è che lo
stesso imputato si difende rilevando che le irregolarità riguardano uno solo dei
quattro realizzati.
Quanto al secondo motivo il ricorrente eccepisce di avere fornito in
dibattimento esaustiva spiegazione sulla sua estraneità ai fatti affermando di
avere appreso dell'esistenza del quarto muro solo dopo la realizzazione dello
stesso. E aggiunge anche che sul direttore dei lavori non grava alcun obbligo di
recarsi con scadenza quotidiana nei cantieri al fine di vigilare sulle attività
ivi eseguite.
Ciò posto, tralasciando i profili fattuali che esulano dalla cognizione della
corte, si deve anzitutto rilevare che il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 29,
analogamente alla L. n. 47 del 1985, art. 6, prevede al comma 2 che "Il
direttore dei lavori non è responsabile qualora abbia contestato agli altri
soggetti la violazione delle prescrizioni del permesso di costruire, con
esclusione delle varianti in corso d'opera, fornendo al dirigente o responsabile
del competente ufficio comunale contemporanea e motivata comunicazione della
violazione stessa. Nei casi di totale difformità o di variazione essenziale
rispetto al permesso di costruire, il direttore dei lavori deve inoltre
rinunziare all'incarico contestualmente alla comunicazione resa al dirigente. In
caso contrario il dirigente segnala al consiglio dell'ordine professionale di
appartenenza la violazione in cui è incorso il direttore dei lavori, che è
passibile di sospensione dall'albo professionale da tre mesi a due anni".
Da quanto sopra emerge che il Direttore dei Lavori, oltre ad essere il referente
del committente per gli aspetti di carattere tecnico, assume indubbiamente la
funzione di garante nei confronti del Comune dell'osservanza e del rispetto dei
contenuti dei titoli abilitativi all'esecuzione dei lavori.
Ed è evidentemente insito nella funzione di garanzia l'onere di vigilanza
costante sulla corretta esecuzione dei lavori; onere che si collega al dovere di
contestazione delle irregolarità riscontrate e, se del caso, di rinunzia
all'incarico.
E va anche aggiunto che solo le iniziative indicate al D.P.R. n. 380 del 2001,
art. 29, comma 2 consentono a quest'ultimo di elidere la propria responsabilità.
Ora non solo nella specie non vi è traccia di una attiva vigilanza ma nemmeno
risulta - nè il ricorrente lo eccepisce in questa sede - che il P. si sia in
qualche modo attivato dopo avere appreso dell'abuso per rimuoverne gli effetti e
per adottare le iniziative imposte dalla legge.
Appare corretto pertanto il ragionamento del giudice di merito che preso atto
dell'inerzia del direttore rispetto agli obblighi stabiliti dalla legge ha
ritenuto ravvisabile nella specie quantomeno un profilo di negligenza.
E dunque il P., a prescindere dai profili di rilevanza disciplinare, deve
rispondere direttamente del reato in esame quantomeno sotto il profilo della
cooperazione colposa.
Al rigetto del ricorso consegue per la ricorrente l'onere del pagamento delle
spese processuali.

P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 17 giugno 2010.
Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2010