Cass. Sez. III n. 22853 del 13 giugno 2007 (CC. 29 mar.2007)
Pres. De Maio G. Est.Marmo Ric.Coluzzi.
Urbanistica. Costruzione abusiva - Ordine di demolizione - Natura reale - Avvenuta vendita a terzi dell'immobile in epoca anteriore all'ordine - Rilevanza - Esclusione - Ragioni.

L'esecuzione dell'ordine di demolizione del manufatto abusivo impartito dal giudice a seguito dell'accertata violazione di norme urbanistiche non è esclusa dall'alienazione del manufatto a terzi, anche se intervenuta anteriormente all'ordine medesimo, atteso che l'esistenza del manufatto abusivo continua ad arrecare pregiudizio all'ambiente. (Nell'occasione la Corte ha ulteriormente precisato che il terzo acquirente dell'immobile potrà rivalersi nei confronti del venditore a seguito dell'avvenuta demolizione).

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. DE MAIO Guido - Presidente - del 29/03/2007
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - SENTENZA
Dott. MARMO Margherita - rel. Consigliere - N. 00281
Dott. SENSINI Maria Silvia - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere - N. 035194/2006
ha pronunciato la seguente:



SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COLUZZI LUIGI, N. IL 08/11/1944;
avverso ORDINANZA del 30/07/2006 TRIBUNALE di LATINA;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARMO MARGHERITA;
lette le conclusioni del P.G. che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTO E DIRITTO
Con ordinanza del 30 luglio 2006 il Tribunale di Latina, in funzione di giudice dell'esecuzione, respingeva, all'esito della procedura camerale, l'istanza proposta sotto forma di incidente di esecuzione da Luigi Coluzzi per ottenere la revoca dell'ordine di demolizione dell'immobile dell'istante imposto con sentenza n. 824 del 5 aprile 2001 di condanna per la violazione di norme urbanistiche in zona sottoposta a vincolo paesaggistico.
Proponeva ricorso per cassazione il Coluzzi chiedendo l'annullamento del provvedimento impugnato per i motivi che saranno nel prosieguo analiticamente esaminati.
Tanto premesso il Collegio rileva che il ricorrente, con un unico articolato motivo, lamenta la violazione di legge ed in particolare dell'art. 125 c.p.p. per carenza e genericità della motivazione. Deduce il Coluzzi che il Tribunale di Latina non aveva dato adeguata risposta ai suoi rilievi in ordine alla carenza di legittimazione passiva in relazione all'ordine di demolizione dell'immobile, in quanto da lui venduto ad un terzo soggetto in epoca anteriore all'ordine di demolizione ed aveva omesso di dare la dovuta rilevanza al procedimento di sanatoria in atti.
Il motivo è infondato.
La funzione riparatoria della sanzione della demolizione disposta con sentenza irrevocabile, che ha accertato l'illiceità della realizzazione dell'immobile, comporta che, in assenza di contrari provvedimenti amministrativi validi ed efficaci, essa debba essere eseguibile nei confronti di chiunque abbia acquisito la titolarità del bene che, con la propria permanenza, continua ad arrecare pregiudizio all'ambiente.
Ne consegue che, mentre destinatario dell'ordine è il soggetto che ha eseguito l'abuso, l'ordine va comunque eseguito nei confronti di chiunque abbia acquistato la titolarità del bene.
In proposito questa Corte ha precisato che la demolizione dell'immobile ai sensi della L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 7, non è esclusa dall'alienazione a terzi della proprietà dell'immobile abusivamente edificato. L'eventuale acquirente, (reale o simulato), dell'immobile abusivo subirà le conseguenze della demolizione, allo stesso modo in cui subisce gli effetti dell'acquisizione gratuita del manufatto con la relativa area di sedime al patrimonio indisponibile della comune L. n. 47 del 1985, ex art. 7, comma 3 - e potrà rivalersi, nelle sedi competenti nei confronti del venditore (v. Cass. pen sez. 3^, sent. 5 novembre 1998, Frati; vedi anche Cass. pen. sez. 3^, sent. 24 novembre 1999, Barbadoro per la successione mortis causa).
Inoltre, per giurisprudenza consolidata di questa Corte, la mera pendenza della procedura amministrativa per il rilascio della concessione in sanatoria non comporta la sospensione automatica dell'ordine di demolizione disposto con la sentenza di condanna ai sensi della L. n. 47 del 1985.
Secondo quanto ha infatti precisato questa Corte "in materia edilizia, in sede di esecuzione dell'ordine di demolizione del manufatto abusivo, impartito con la sentenza di condanna, il giudice, al fine di pronunciarsi sulla sospensione dell'esecuzione a seguito dell'avvenuta presentazione della domanda di condono edilizio D.L. 30 settembre 2003, n. 288, ex art. 32, convertito con modificazioni in L. 24 novembre 2003, n. 326, deve accertare la esistenza delle seguenti condizioni: a) la tempestività e proponibilità della domanda; b) la effettiva ultimazione dei lavori entro il termine previsto per l'accesso al condono; c) il tipo di intervento e le dimensioni volumetriche; d) la insussistenza di cause di non condonabilità assoluta; e) l'avvenuto integrale versamento della somma dovuta ai fini dell'oblazione; f) l'eventuale rilascio di un permesso in sanatoria o la sussistenza di un permesso in sanatoria tacito". (Cass. Pen. Sez. 3^, sent. 12 dicembre 2003, n. 3992). Considerato inoltre che la concessione in sanatoria estingue solo il reato urbanistico e non la violazione paesaggistica, la domanda di condono avrebbe dovuto avere come presupposto l'autorizzazione paesaggistica che non risulta neppure richiesta dalla donataria dell'immobile in oggetto, come ha correttamente rilevato il Pubblico Ministero. Va quindi respinto il ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 29 marzo 2007.
Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2007