Consiglio di Stato Sez. VI n. 7625 del 1 settembre 2022  
Demolizione e ricostruzione del manufatto in area vincolata

La demolizione e ricostruzione del manufatto, insistente in area vincolata, con mutamento di sagoma – determinata dall’incremento della pendenza delle falde di copertura – ed aumento volumetrico, si qualifica come nuova costruzione. È dirimente in proposito l’art. 3, comma 1, lett. d) d.P.R. n. 380 del 2001 laddove recita : “Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell'edificio preesistente”.

Pubblicato il 01/09/2022

N. 07625/2022REG.PROV.COLL.

N. 06328/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6328 del 2020, proposto da
Marco Schirru, rappresentato e difeso dall'avvocato Fabio Gatti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Alghero, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Claudio Montalto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Alghero, via La Marmora n. 21;
Regione Autonoma della Sardegna, in persona del presidente pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Roberto Murroni, Giovanni Parisi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Seconda) n. 00828/2019.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Alghero e di Regione Autonoma della Sardegna;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 luglio 2022 il Cons. Oreste Mario Caputo;

udito per la parte ricorrente l’avv. Fabio Gatti

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.È appellata la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna, (sez. seconda) n. 00828/2019, di reiezione dei ricorsi riuniti e motivi aggiunti proposti dal sig. Schirru Marco avverso (con ricorso n. 132/2017) il diniego d’accertamento di conformità, opposto dallo Sportello Unico Edilizia del Comune di Alghero (n. 25 del 19/12/2016 – prot. 75364 del 19/12/2016), e la successiva ordinanza di demolizione (n.99 del 30/01/2018), impugnata con motivi aggiunti, nonché per l’annullamento (con ricorso n. 845/2017) del diniego d’accertamento di conformità e compatibilità paesaggistica opposto dal Servizio Tutela del Paesaggio e Vigilanza province di Sassari – Olbia Tempio della Regione Sardegna (n. 458/15, Prot. 27248/XW22 del 11/07/2017.

Atti aventi ad oggetto l’intervento di demolizione e ricostruzione della casa rurale in proprietà, sita in Alghero (SS), Località Vessus Evangelez (Valverde).

2. Nelle premesse dell’atto introduttivo, il ricorrente ha precisato che:

con denuncia di inizio dell'attività presentata in data 07/05/2014, ha intrapreso opere di ampliamento e ristrutturazione della casa rurale anzidetta, ai sensi dell'art. 3 l.r. Sardegna n. 4 del 23/10/2009 e l.r. Sardegna n. 21/2011;

l'oggetto dell'intervento riguardava l'ampliamento nei limiti del 30% del volume esistente, di un fabbricato costituito da un corpo di fabbrica di dimensioni 4,90 x 8,00 e un'appendice di m 1,50 x 1,50;

con provvedimento n. 296 del 09/09/2014, l'Ufficio autorizzazioni paesaggistiche – Settore V del Comune di Alghero, autorizzava la realizzazione dell'intervento;

mantenendo inalterata la sagoma dell'edificio, la posizione, la volumetria e le dimensioni indicate nel progetto (comprensive quindi del solo premio volumetrico garantito dal “piano casa”), ha dovuto procedere con la demolizione della restante parte del fabbricato e con il suo ripristino, fedelmente al progetto depositato presso il Comune di Alghero;

con rapporto del 02/07/2015, gli organi ispettivi hanno rilevato la totale demolizione del fabbricato, in difformità della DIA n. 2014/053, presentata ai sensi dell'art. 3 della l.r. n. 4/2009 e successiva l.r. 21/2011.

il 16/12/2015, con dichiarazione autocertificativa unica, presentava istanza di accertamento in conformità delle opere e compatibilità paesaggistica, in ordine all'intervento edilizio sopra indicato;

in risposta, lo Sportello unico edilizia del Comune di Alghero, opponeva il diniego, impugnato con il primo ricorso, sulla base della considerazione che l’intervento fosse consistito nella “demolizione e ricostruzione con un incremento volumetrico” del preesistente manufatto, cui ha fatto seguito l’ordinanza di demolizione impugnata con motivi aggiunti;

nel corso del procedimento, il Servizio Tutela del Paesaggio e Vigilanza province di Sassari – Olbia Tempio della Regione Sardegna, a sua volta, ha denegato l’accertamento di conformità e compatibilità paesaggistica sul rilievo che non sussistono “le condizioni di fatto e di diritto per poter procedere all'accertamento della compatibilità paesaggistica ai sensi dell'art. 167 d. lgs. 42/2004 per le opere realizzate abusivamente oggetto della pratica SUAP n. 620 del 16/12/2015”.

3. Avverso gli atti impugnati, il ricorrente ha dedotto una pluralità di motivi compendiabili nelle seguenti censure: il diniego sull’istanza dall'accertamento di conformità non gli ha consentito di terminare i lavori di riqualificazione e ampliamento, come da progetto allegato alla DIA 2014/053, laddove l’amministrazione avrebbe dovuto convertire la DIA in richiesta di permesso di costruire ai sensi dell'art. 5 l.r. Sardegna n. 4/2009.

Sotto il profilo paesaggistico, l’amministrazione regionale non avrebbe tenuto conto che l’ampliamento ha ad oggetto “volumi tecnici”, non ostativi all’accertamento della compatibilità paesaggistica ai sensi dell’art. 167 d.Lgs. 42/2004, come desumibile dalla stessa circolare MIBAC n. 33 del 26 giugno 2009 richiamata dall’amministrazione per fondare il diniego.

4. Il Tar ha respinto il ricorso.

Incentrando il sindacato di legittimità sull’atto presupposto individuato nel nulla osta o accertamento di conformità paesaggistico, i giudici di prime cure hanno ribadito che la sanatoria paesaggistica non è ammissibile poiché con le difformità eseguite “sono state realizzate superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente autorizzati”.

Nel caso di specie, ha aggiunto il Tar, è stata operata una modifica di sagoma dovuta all’incremento della pendenza delle falde di copertura dal 28%, valore previsto nel progetto assentito dal Comune, al 32%, con conseguente creazione di volumi ulteriori.

Mentre, con riguardo alla non rilevanza dei “volumi tecnici”, l’orientamento giurisprudenziale, condiviso nella sentenza appellata, afferma che anche i “volumi tecnici” devono ritenersi rilevanti ai fini paesaggistici allo stesso modo dei volumi residenziali, con la conseguenza che la disposizione legislativa di cui all’art. 167 del D.Lgs. n. 42/2004 deve essere interpretata nel senso del divieto di creazione di nuovi volumi di qualsiasi natura, ivi compresi i c.d. “volumi tecnici”.

5. Appella la sentenza il sig. Schirru Marco. Resistono il Comune di Alghero e la Regione Sardegna.

6. Disposta con ordinanza istruttoria (n. 190/2022) verificazione delle opere, inevaso l’incombente istruttorio, alla pubblica udienza del 7 luglio 2022 la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.

7. In limine va precisato che gli atti prodotti in giudizio – complessivamente valutati alla stregua della dialettica processuale scaturente dalle memorie di replica più volte formulate e scambiate dalle parti – consentono di delibare le questioni giuridiche sottese ai fatti dedotti in causa, prescindendo dalla relazione di verificazione non depositata dall’Agenzia del Territorio di Sassari. Si intende quindi, re melius perpensa, che la causa sia matura per la decisione, sì da giustificare, in conformità al principio di ragionevole durata del processo (cfr. art. 2, comma 2, c.p.a.), la revoca ex artt. 19, 39 c.p.a. e 177c.p.c., dell’ordinanza istruttoria con la quale è stata disposta la verificazione.

Il ricorrente appellante ha dedotto cinque motivi d’appello (anche se il quarto è meramente riepilogativo delle precedenti censure) sussunti dalle seguenti rubriche:

I) Error in iudicando: violazione ed erronea interpretazione dell'art. 167 d. lgs.vo 42/04 anche alle luce della Circolare MIBAC 16721 del 13/09/2010 e dell'art. 2, Allegato A, p. 31, d.P.R. 13 febbraio 2017, n. 31

II) Error in iudicando: violazione ed erronea interpretazione dell'art. 5 l.r.Sardegna n. 4/2009 (Primo Piano Casa).

III) Error in procedendo: omessa pronuncia su fatti decisivi della controversia, in particolare sul primo motivo di impugnazione del ricorso di cui al procedimento R.G. 132/2017;

IV) Violazione e falsa applicazione l.r. Sardegna n. 23/85 (art. 16), dell'art. 83 del p.p.r. vigente. Eccesso di potere per arbitrarietà dell'azione della pubblica amministrazione, disparità di trattamento e carenza di motivazione. Violazione dell’art. 14 l. 241/90.

8. L’appello è infondato.

8.1 Per economia di decisione ed intelligenza delle questioni in esame è necessario muovere dalla disciplina normativa entro cui s’inscrive la vicenda dedotta in causa.

Il terreno di proprietà dell'appellante è collocato in zona E – agricola.

L’area di sedime ricade all'interno del perimetro di zona vincolata ai sensi Decreto Ministeriale 4 luglio 1966 “Dichiarazione di notevole interesse pubblico della zona panoramica del Comune di Alghero” ed è, conseguentemente, assoggettata al vincolo ex art. 143, comma 1° lettera b), d.lgs. n. 42 del 2004 .

L’area è, inoltre, ricompresa nella fascia di rispetto del Rio Carrabuffas di cui all’ulteriore vincolo paesaggistico ai sensi dell'art. 143, comma 1°, lettera c) e dell'art. 142, comma 1°, lettera c) d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (“i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua [...], e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna”).

La disciplina urbanistica è conformata dall'art. 83 del Piano Paesaggistico Regionale di cui alla l.r. n. 8 del 2004: le nuove costruzioni in agro sono consentite ai soli imprenditori agricoli, previa verifica della connessione tra edificazione e conduzione agricola e zootecnica del fondo, con lotto minimo per unità abitativa pari a tre ettari.

A sua volta, l’art. 5 l.r. n. 4 del 2009, in forza del quale è stato autorizzato l’intervento del ricorrente, nel rispetto della disciplina paesaggistica e urbanistica appena richiamata, consente di poter rinnovare il patrimonio edilizio ad uso residenziale e di quello destinato a servizi connessi alla residenza, turistico-ricettivo e produttivo esistente, mediante interventi di demolizione e ricostruzione, alla condizione che le costruzioni “necessitino di essere adeguate in relazione ai requisiti qualitativi, architettonici, energetici, tecnologici, di sicurezza strutturale ed a quelli necessari a garantire l’accessibilità dell’edificio alle persone disabili”.

Coerentemente alla finalità di adeguamento tecnico-architettonico perseguito, la norma (cfr. comma 4° dell'art. 5 l.r. cit.) tipizza il procedimento istruttoria per il rilascio del relativo titolo abilitativo: “I requisiti di cui ai commi 1, 2, 3 e 5 sono dichiarati nel progetto allegato alla richiesta di concessione edilizia e successivamente attestati dal direttore dei lavori che produce, in allegato alla comunicazione di fine lavori, le certificazioni di conformità e di regolare esecuzione delle opere con idonea documentazione tecnica e fotografica, nonché la certificazione energetica ai sensi del decreto ministeriale 26 giugno 2009”.

Per quel che qui più rileva, la disciplina richiamata prevede che il requisito della mancanza di “sicurezza strutturale” sia comunicato al Comune affinché possa accertare che l’esecuzione delle opere d’adeguamento strutturale allo standard di sicurezza richiesto sia necessaria ed adeguata, per poi rilasciare – va sottolineato: in vista di perseguire lo scopo d’adeguamento – il titolo edilizio.

Il ricorrente-appellante, autorizzato in forza di denuncia di inizio di attività a svolgere lavori di ristrutturazione con ampliamento volumetrico della casa rurale di sua proprietà sita nell'agro di Alghero, ha demolito ex abrupto il manufatto preesistente; l’ha poi ricostruito, mutandone la sagome ed aumentando il volume.

L’accertamento di conformità al fine di sanare le opere è stato presentato dopo l’ispezione dei luoghi, in epoca successiva l’integrale demolizione e ricostruzione dell’edificio.

Negli atti istruttori propedeutici al diniego d’accertamento impugnato con il primo ricorso (sub. R.G. n. 132/2017), si dà correttamente atto che l'intervento è da qualificarsi come demolizione e ricostruzione con incremento volumetrico, e, richiamando gli artt.83 del vigente P.P.R. e 16 l.r. n.23/85 – sulla necessaria doppia conformità delle opere con gli strumenti urbanistici adottati al momento della realizzazione dell’opera ovverosia a quelli approvati al momento della presentazione della domanda, non posseduta dall’intervento – si motiva il diniego d’accertamento di conformità.

8.2 Venendo più specificamente ai motivi d’appello.

La (censurata) mancata riconversione della DIA – presentata ai sensi dell’articolo 3 l.r. n. 4/2009, quale intervento di ristrutturazione con incremento volumetrico – in una richiesta di permesso di costruire ai sensi dell'art. 5 della L.R. Sardegna n. 4/2009 è imputabile al fatto del ricorrente.

Non è stata prodotta alcuna documentazione fotografica sullo stato pericolante del fabbricato preesistente e sull'assenza di fondamenta idonee a dimostrarlo; nessun elemento probatorio, finanche indiziario, attesta la necessità congiunturale di demolire hic et inde il manufatto, sì da precludere ogni accertamento a riguardo da parte del Comune.

Viceversa, l’unica rappresentazione iconografica in atti ha ad oggetto la nuova opera, pressoché ultimata.

Sicché, non messo in grado di operare alcuna verifica, anche a posteriori, sulle condizioni di fatto e di diritto per l’esercizio della potestà autorizzativa, il Comune di Alghero, presone atto, non ha potuto – di fatto – promuovere il procedimento per la conversione del titolo.

In ogni caso, anche a voler accedere alla prospettazione sulla (possibile) verifica ex post della mancanza di fondamenta del fabbricato che ne ha causato la demolizione, il ricorrente – anche in considerazione della disciplina derogatoria in forza della quale aveva conseguito il titolo edilizio – avrebbe dovuto presentare un’istanza di variante in corso d’opera ex art. 7 ter l.r. 23/1985, nello stato di fatto contingente, cronologicamente anteriore la completa demolizione del manufatto rurale.

Quanto alla qualificazione giuridica dell’intervento, la demolizione e ricostruzione del manufatto, insistente in area vincolata, con mutamento di sagoma – determinata dall’incremento della pendenza delle falde di copertura – ed aumento volumetrico, si qualifica come nuova costruzione.

È dirimente in proposito l’art. 3, comma 1, lett. d) d.P.R. n. 380 del 2001 laddove recita : “Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell'edificio preesistente”.

9. Con riguardo al profilo paesaggistico, va innanzitutto precisato che il procedimento di sanatoria paesaggistica s’era già concluso con l'adozione del provvedimento di diniego del SUAP del Comune di Alghero n. 25 del 19.12.2016.

L’atto regionale impugnato è confermativo dell’originario diniego.

Nondimeno, in quanto contenente nuove valutazioni – ancorché coincidenti con quelle rese dal SUAP del Comune di Alghero – la sua impugnazione, di cui al secondo ricorso (sub. R.G. 845/2017), contrariamente da quanto eccepito dalla Regione, è da ritersi ammissibile.

Sul motivo denunciante l’errata risoluzione della questione sulla natura ostativa o meno dei volumi tecnici al fine di conseguire la sanatoria paesaggistica, va data continuità all’indirizzo giurisprudenziale della Sezione a mente del quale “il divieto d’incremento dei volumi esistenti, imposto a tutela del paesaggio, rende impossibile realizzare ogni nuova fabbrica che dia luogo a volumi, senza che sia possibile distinguere tra un volume tecnico ed un altro tipo di volume, donde, in tal caso, il divieto di rilascio di autorizzazioni paesaggistiche in sanatoria ai sensi dell'art. 167, comma 4, d.lgs. 42/2004 (cfr., Cons. Stato, sez. VI, 28 marzo 2019, 2056; Id., sez.VI, 19 settembre 2018 n. 5463; Id., sez. VI, 12 giugno 2019 n. 3925; Id., sez. VI, 11 giugno 2019 n. 3916; Id., sez. VI, 3 giugno 2019 n. 3732; Id., sez. VI, 23 aprile 2019 n. 2577).

In ordine al motivo d’appello sulla reale consistenza strutturale delle difformità rispetto a quanto autorizzato, le modifiche prospettiche sul lato est e sul lato sud e la diversa inclinazione della falda di copertura che passa dal 28% al 34% comportano il mutamento della sagoma.

In aggiunta, il ricorrente ha realizzato una baracca assenza dell’autorizzazione, divenuta oggetto della valutazione compiuta dal Servizio tutela paesaggistica (cfr., nota regionale 458 n. 27248 dell'11.07.2017).

Mentre con riguardo all’esatta quantificazione dell’aumento volumetrico, la relativa censura non è stata specificamente dedotta nei motivi d’impugnazione proposti in prime cure.

Ad analoga conclusione deve giungersi con riguardo al motivo denunciante la legittimità del procedimento di conferenza di servizi.

Il Servizio tutela del paesaggio regionale non è stato convocato alla conferenza di servizi sicché, in sua assenza, non è dato ipotizzare il silenzio assenso, sul quale il ricorrente radica la censura.

Da ultimo, alla derogabilità del Piano Paesaggistico Regionale ad opera del Piano Casa, patrocinata dal ricorrente, osta il fatto che l’immobile di proprietà dell'appellante ricade all'interno del perimetro d'area vincolata.

10. Conclusivamente, l’appello deve essere respinto.

11. Sussistono giustificati motivi, individuabili nella parziale novità delle questioni dedotte in causa, per compensare fra tutte le parti le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese del grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2022 con l'intervento dei magistrati:

Hadrian Simonetti, Presidente FF

Oreste Mario Caputo, Consigliere, Estensore

Stefano Toschei, Consigliere

Francesco De Luca, Consigliere

Thomas Mathà, Consigliere