Consiglio di Stato Sez. VII n. 5589 del 24 giugno 2024
Urbanistica.Osservazioni formulate dai proprietari interessati dal piano regolatore

Le osservazioni formulate dai proprietari interessati dal piano regolatore costituiscono un mero apporto collaborativo alla formazione degli strumenti urbanistici e non danno luogo a peculiari aspettative; pertanto, il loro rigetto non richiede una dettagliata motivazione, essendo sufficiente che siano state esaminate e ritenute, in modo serio e ragionevole, in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del piano regolatore generale; d'altra parte le scelte effettuate dall'Amministrazione pubblica, nell'adozione degli strumenti urbanistici, costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità, salvo i limiti noti del travisamento di fatto e della manifesta illogicità, sicché anche la destinazione data alle singole aree non necessita di apposita motivazione oltre quella che si può evincere dai criteri generali, di ordine tecnico- discrezionale, seguiti nell'impostazione del piano stesso, essendo sufficiente l'espresso riferimento alla relazione di accompagnamento

Pubblicato il 24/06/2024

N. 05589/2024REG.PROV.COLL.

N. 05790/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5790 del 2020, proposto da
Pedranzini Supermercati S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Paolo Bertacco, Andrea Manzi, Bruno Santamaria, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Andrea Manzi in Roma, via Alberico II, n. 33;

contro

Comune di Grosio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Bruno Bianchi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Vittoria Colonna n. 40;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda) n. 00375/2020, resa tra le parti, con riferimento al ricorso R.G. n. 1937/2017:

l'annullamento

- della Deliberazione n. 24 del 26 maggio 2017 (comunicata in data 8 giugno 2017), mediante la quale il Consiglio comunale ha respinto la proposta di Piano attuativo in variante al PGT presentata dalla odierna ricorrente in data 8/10 marzo 2017 (Doc. 1);

- di ogni altro atto presupposto, consequenziale o comunque connesso.

con riferimento al ricorso R.G. n. 226/2018:

l'annullamento

- della Deliberazione n. 42 del 13 ottobre 2017 (pubblicata dal 26.10.2017 al 10.11.2017), mediante la quale il Consiglio Comunale di Grosio ha approvato la variante puntuale al PGT per la modifica della Scheda d'Ambito n. 16 del Documento di Piano nonché dell'art. 5.2 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano delle Regole (Doc. 1);

- di ogni altro atto presupposto, consequenziale o comunque connesso, ivi compresa la Deliberazione n. 9 del 31 marzo 2017, mediante la quale il Consiglio comunale ha adottato la variante urbanistica puntuale al PGT di cui sopra (Doc. 2).


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Grosio;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 5 giugno 2024 il Cons. Davide Ponte e uditi per le parti gli avvocati Paolo Bertacco, Bruno Santamaria, e l'avvocato Andrea Bianchi su delega di Bruno Bianchi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Pedranzini Supermercati S.r.l. propone appello contro la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia 26 febbraio 2020, n.375, con cui è stata respinta la domanda di annullamento avverso le delibere con cui il Consiglio comunale di Grosio ha respinto la proposta di Piano attuativo in variante del PGT (delibera n. 24 del 26 maggio 2017) e ha approvato la variante puntuale al P.G.T. per la modifica della scheda d'ambito n. 16 del Documento di Piano nonché dell'articolo 5.2 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano delle Regole (delibera n. 42 del 13 ottobre 2017).

In particolare la Pedranzini Supermercati S.r.l., azienda agricola di montagna del territorio valtellinese, operante nel settore della produzione artigianale di prodotti tipici locali e relativa vendita, aveva presentato un progetto che prevedeva l’insediamento di un centro polifunzionale integrato per il turismo e commercio nell’area “artigianale Castello”, con trasformazione e vendita di prodotti tipici aziendali, un impianto di carburante, un info-point turistico nonché un’area attrezzata per la sosta di camper/pullman.

2. Il Comune di Grosio non aveva accolto la proposta in quanto simile progetto comportava un profilo di variante superiore al limite massimo del 20% della SLP complessiva.

3. Il Tribunale adito rigettava il ricorso ritenendo legittimo l’operato del Comune di Grosio in quanto il progetto presentato risultava non conforme alle previsioni operanti nell’area che consentono di insediare funzioni anche commerciali “nella misura massima del 20% della SLP per la vendita dei prodotti dell’azienda qui insediata (spaccio aziendale)”, in parziale deroga al generale divieto di insediamento di grandi e medie strutture di vendita sul territorio comunale ex articolo 5.2 delle N.T.A. del P.d.R. del P.G.T. La deroga risultava funzionale a legittimare l’installazione di uno spaccio aziendale di dimensioni limitate e non tali da stravolgere la destinazione ad attività produttive dell’area.

3.1 Il giudice adito evidenziava, altresì, come la scelta comunale fosse legittima in ragione del perseguimento di interessi attinenti alla tutela dell’ambiente, della vivibilità e dell’ordinato assetto del territorio, imponendo dei limiti all’insediamento di attività commerciali, nonché della discrezionalità appartenente ai Comuni nel compimento delle scelte pianificatorie.

3.2 In ordine alla compatibilità della decisione del Comune con la direttiva 2006/123/CE, il TAR non ravvisava alcuna violazione del principio di libertà di stabilimento poiché le limitazioni agli insediamenti commerciali di media o grande struttura non risultavano sorrette da ragioni meramente economiche quanto dall’esigenza di evitare le ricadute sia sul traffico che sulla necessità di predisposizione di apposite aree di parcheggio che simili strutture comportano, in un’ottica di contemperamento tra interessi diversi e contrapposti.

4. L’attuale appellante interpone formale appello avverso la suddetta sentenza, per i motivi.

Con il primo motivo di appello Pedranzini Supermercati S.r.l. deduce l’erroneità della sentenza nella parte in cui non accoglie la censura sul difetto di istruttoria. Si evidenzia, in particolare, che nella relazione accompagnatoria alla proposta erano stati sviluppati numerosi aspetti, alcuni richiesti dallo stesso Comune, predisponendo uno studio di progetto articolato su diverse tematiche (tra cui anche un’analisi di compatibilità viabilistica e una di compatibilità paesaggistica–ambientale), su cui il Comune di Grosio non ha però condotto alcuna indagine istruttoria

Con il secondo motivo di appello di contesta la valutazione del giudice adito in primo grado in ordine al vizio di istruttoria, nonché alla violazione e errata applicazione delle norme del PGT che regolano lo specifico ambito di trasformazione. Secondo l’appellante, infatti, la pronuncia di primo grado avrebbe omesso di considerare le doglianze presentate rispetto all’erronea applicazione del parametro normativo di riferimento. Si ritiene che se il tecnico comunale avesse svolto l’attività istruttoria in modo completo avrebbe potuto appurare che, contrariamente a quanto statuito nei provvedimenti impugnati, il progetto presentato dalla Perdanzini prevedeva una superficie coperta per 2.516,78 mq, ampiamente inferiore e dunque conforme al limite di SC 2.716,93 mq previsto dal PGT. Risulterebbe, dunque, smentito il profilo di presunta “non conformità” della proposta attuativa della appellante alla normativa pianificatoria evidenziato nella relazione tecnica del Comune.

Con il terzo motivo si contesta la sentenza nella parte in cui non riconosce la violazione del principio del legittimo affidamento ingenerato nell’odierna appellante dal Comune di Grosio circa la positiva conclusione del procedimento urbanistico avviato con la presentazione del Piano Attuativo. Si evidenzia come l’amministrazione comunale fosse da tempo a conoscenza dell’intenzione progettuale dell’appellante che, confortata dagli iniziali riscontri positivi, ha seguito nel dettaglio le indicazioni comunali fin dalla presentazione della prima proposta.

Con il quarto motivo di appello si censura la pronuncia nella parte in cui non ritiene viziati i provvedimenti per violazione della dir. Bolkestein e della libertà di stabilimento e libera concorrenza. Secondo la difesa di parte appellante con la Deliberazione di Consiglio Comunale n. 42/2017, l’Amministrazione ha modificato esclusivamente l’art. 5.2 delle Norme Tecniche del PdR e la Scheda d’Ambito dell’ATR n. 16, prevedendo la possibilità di insediare unicamente esercizi di vicinato e precludendo, così, in via definitiva la possibilità di insediare medie strutture di vendita nell’area di proprietà della società appellante, senza alcun reale e preminente motivo di interesse pubblico.

Con l’ultimo motivo di appello l’appellante ritiene erronea la sentenza gravata anche nella parte in cui ha ritenuto insussistenti le violazioni dei principi che regolano il procedimento amministrativo, ai sensi della Legge n. 241/1990, relativamente all’omessa comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della proposta di Piano Attuativo e alla violazione dei principi che governano l’azione amministrativa (tempistica dell’agire comunale e mancata valutazione dell’interesse pubblico che il progetto presentato mirava a realizzare). In particolare, la valutazione prognostica effettuata dal Tribunale sarebbe frutto di un travisamento dell’art. 21-octies, co. 2, primo periodo, L. 241/1990, che non consente all’interprete di compiere valutazioni in presenza di poteri caratterizzati da discrezionalità tecnica.

5. Il Comune di Grosio si è costituito, insistendo per il rigetto dell’appello e chiedendo la condanna per lite temeraria.

In primo luogo, il Comune appellato ha eccepito la sopravvenuta carenza di interesse al ricorso in ragione dell’intervenuta approvazione, a mezzo della deliberazione del Consiglio comunale n. 21 del 30 aprile 2019, della nuova disciplina urbanistica vigente nel Comune di Grosio, non impugnata dall’odierna appellante.

Rispetto al merito il Comune di Grosio evidenzia l’infondatezza del ricorso, evidenziando la corretta quantificazione della superficie dell’area coperta in progetto, pari a 2.516,78 mq ed eccedente rispetto a quella ammessa, e ribadendo che l’incompatibilità del progetto derivava, in primis, dalla modifica della destinazione delle aree, considerando che la finalità del progetto in variante era quella di insediare una struttura di vendita con annessa residuale componente di trasformazione di prodotti nonostante, come ammesso dalla stessa appellante, l’allora vigente normativa consentiva la funzione commerciale solamente per la vendita dei prodotti dell’azienda principalmente insediata in loco.

6. All’udienza pubblica del 5 giugno 2024, tenuta in modalità da remoto, la causa è stata trattenuta in decisione.

7. Preliminarmente, se per un verso la mancata impugnazione della sopravvenuta disciplina pone seri dubbi sulla permanenza di un interesse attuale, diretto e concreto, alla coltivazione della domanda di annullamento, per un altro verso la semplice prospettazione dell’interesse risarcitorio (affermata a pagina 3 della memoria di replica) impone l’esame del merito (cfr. Adunnaza plenaria n. 8 del 2022).

8. Nel merito l’appello è infondato.

9. In relazione al primo motivo di appello, va ribadito che, in linea generale, il potere comunale di pianificazione è connotato da ampia discrezionalità, ma il suo esercizio è subordinato all'obbligo di effettuare una adeguata, preventiva attività istruttoria in relazione alla portata degli interessi pubblici e privati coinvolti, in sostanza le scelte urbanistiche, ancorché caratterizzate da discrezionalità, devono rivelarsi, alla stregua del sindacato giurisdizionale sulle stesse esercitabile, esenti da vizi di illogicità ed irrazionalità e le stesse devono essere supportate, sia pure con riferimento alle linee-guida che accompagnano la redazione degli strumenti urbanistici, da idonea motivazione(cfr. ad es. Consiglio di Stato , sez. IV , 18/04/2014 , n. 1989).

9.1 Ciò premesso, nel caso di specie la deduzione non risulta accompagnata da alcun elemento specifico di erronea o carente istruttoria tale da dar luogo ad un travisamento di fatto. Piuttosto, la evocata istruttoria avrebbe dovuto riguardare la relazione accompagnatoria al progetto.

9.2 Peraltro, sul versante generale la deduzione avrebbe senso e spazio laddove ci si trovasse di fronte ad una istanza di titolo edilizio, mentre nella specie oggetto di impugnazione è un atto di valenza pianificatoria, proposto in espressa variante al piano generale, rispetto al quale assume rilievo preminente il consolidato principio per cui le osservazioni formulate dai proprietari interessati dal piano regolatore costituiscono un mero apporto collaborativo alla formazione degli strumenti urbanistici e non danno luogo a peculiari aspettative; pertanto, il loro rigetto non richiede una dettagliata motivazione, essendo sufficiente che siano state esaminate e ritenute, in modo serio e ragionevole, in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del piano regolatore generale; d'altra parte le scelte effettuate dall'Amministrazione pubblica, nell'adozione degli strumenti urbanistici, costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità, salvo i limiti noti del travisamento di fatto e della manifesta illogicità, sicché anche la destinazione data alle singole aree non necessita di apposita motivazione oltre quella che si può evincere dai criteri generali, di ordine tecnico- discrezionale, seguiti nell'impostazione del piano stesso, essendo sufficiente l'espresso riferimento alla relazione di accompagnamento (Consiglio di Stato , sez. IV , 15/03/2024 , n. 2535).

9.3 Nel caso di specie la motivazione pianificatoria c’è, nei limiti necessari ai predetti fini di legittimità, né è indicato un elemento di fatto travisato che l’istruttoria avrebbe potuto diversamente chiarire. La deduzione di parte appellante si fonda sul presupposto della mera valenza gestionale del potere di valutazione del progetto di piano attuativo, dimenticando che il progetto è proposto in variante al piano (quindi in difformità dal piano vigente); è quindi logico ed evidente che il potere esercitato abbia natura ed efficacia urbanistica, dovendo quindi sottostare alle conseguenti regole e limiti.

10. Le considerazioni sin qui svolte assumono rilievo preminente anche in relazione alle restanti censure, anche a fronte del limitato interesse residuo predetto.

11. In relazione al secondo ordine di motivi, va ribadita la generale non coerenza al piano vigente, tale da imporre la peraltro richiesta variante.

11.1 Al riguardo va ribadito, in condivisione con la statuizione di prime cure, che il progetto presentato prevede l’insediamento di un centro polifunzionale integrato per il turismo e commercio, con trasformazione e vendita di prodotti tipici aziendali, un impianto di carburante, un info-point turistico nonché un’area attrezzata per la sosta di camper/pullman, comportando un profilo di variante che concerne l’insediamento di slp commerciale pari a 1.190,08 mq., ossia una quantità superiore al limite massimo del 20% della slp complessiva (pari invece a 703,25 mq.).

11.2 Pertanto, va condivisa la valutazione comunale di non conformità alle previsioni operanti nell’area che consentono di insediare funzioni anche commerciali “nella misura massima del 20% della SLP per la vendita dei prodotti dell’azienda qui insediata (spaccio aziendale)”, in parziale deroga al generale divieto di insediamento di grandi e medie strutture di vendita sul territorio comunale ex articolo 5.2 delle N.T.A. del P.d.R. del P.G.T. Si tratta, infatti, di una previsione derogatoria al generale divieto di insediamento di grandi e medie strutture di vendita la cui ratio non è quella di consentire tout court la realizzazione di simili strutture ma esclusivamente di legittimare l’installazione di uno spaccio aziendale di dimensioni comunque limitate e non tali da stravolgere la destinazione ad attività produttive dell’area. Al contrario, il progetto presentato prevede la realizzazione di una struttura di vendita particolarmente ampia, dando vita ad una soluzione progettuale che contrasta con l’intento pianficatorio comunale di non consentire ex se l’insediamento di strutture di vendita di media o grande dimensioni ma solo concedere la possibilità all’insedianda attività produttiva di edificare un contenuto spaccio aziendale per la vendita dei prodotti realizzati.

12. In relazione al terzo motivo di appello, nel ribadire le considerazioni sin qui svolte, va escluso qualsiasi legittimo affidamento, in termini di conseguente invalidità degli atti pianificatori, in capo a soggetti richiedenti l’approvazione di un piano attuativo che necessiti di una previa variante alla pianificazione generale.

12.1 Come noto, in materia urbanistica le situazioni rilevanti in termini di affidamento sono le seguenti: convenzioni di lottizzazione approvate; ovvero accordi di diritto privato intercorsi fra privati ed il Comune; aspettative fondate su giudicati di annullamento di titoli edilizi o di silenzio rifiuto sulla domanda di rilascio di un titolo (cfr. ad es. Consiglio di Stato sez. IV, 02/04/2024, n.3024). Nulla di ciò è rilevabile nella specie.

13. In relazione al quarto motivo, in generale la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che, anche a seguito della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa ai servizi nel mercato interno (c.d. direttiva Bolkestein), recepita in Italia mediante il d.lgs. 26 marzo 2010 n. 59, gli interessati non possono accampare un incondizionato diritto soggettivo all'esercizio dell'iniziativa economica, quali che siano gli interessi in conflitto (cfr. ad es. Consiglio di Stato sez. V, 17/11/2016, n.4794).

13.1 Si è ulteriormente analizzato (Consiglio di Stato, IV Sezione, n. 5394 del 2021, nn. 4810 del 2020, 2762 del 2018, 4810 del 2018, 2026 del 2017, 1494 del 2017) il rapporto tra i limiti imposti dagli atti della pianificazione urbanistica e i principi in materia di liberalizzazione del mercato dei servizi sanciti dalla direttiva 123/2006/CE e dai provvedimenti legislativi che vi hanno dato attuazione, partendo dalla premessa che la disciplina comunitaria della liberalizzazione non può essere intesa in senso assoluto come primazia del diritto di stabilimento delle imprese ad esercitare sempre e comunque l’attività economica, dovendo, anche tale libertà economica, confrontarsi con il potere, demandato alla pubblica amministrazione, di pianificazione urbanistica degli insediamenti, ivi compresi quelli produttivi e commerciali.

13.2 La conclusione a cui si è pervenuti è che la questione involge tipicamente un giudizio sulla proporzionalità delle limitazioni urbanistiche opposte dall’autorità comunale rispetto alle effettive esigenze di tutela dell’ambiente urbano o afferenti all’ordinato assetto del territorio (cfr. Corte giustizia UE, sez. IV, 26 novembre 2015, n. 345; sez. II, 24 marzo 2011, n. 400); esigenze che, per l’appunto, devono essere sempre riconducibili a motivi imperativi di interesse generale e non fondate su ragioni meramente economiche e commerciali, che si pongano quale ostacolo o limitazione al libero esercizio dell’attività di impresa che non deve comunque svolgersi in contrasto con l’utilità sociale (in argomento, proprio in materia di apertura di strutture di vendita e di rapporti fra la direttiva 12 dicembre 2006 n. 2006/123/CE, c.d. Bolkestein, v. Corte cost., 25 febbraio 2016, n. 39; Cons. Stato, Sez. V, 16 aprile 2014, n. 1860; 13 gennaio 2014, n. 70)».

13.3 È pur vero che gli atti della programmazione territoriale sono stati ritenuti dalla giurisprudenza non esenti dalle verifiche prescritte dalla direttiva servizi per il solo fatto di essere adottati nell’esercizio del potere di pianificazione urbanistica, dovendosi verificare se, in concreto, essi perseguano effettivamente finalità di tutela dell’ambiente urbano o siano, comunque, riconducibili all’obiettivo di dare ordine e razionalità all’assetto del territorio, oppure perseguano la regolazione autoritativa dell’offerta sul mercato dei servizi attraverso restrizioni territoriali alla libertà di insediamento delle imprese. Ma in tal caso occorrerebbe una censura specifica, corredata da elementi ben diversi da quelli connessi ad una sola singola iniziativa, di per sé non coerente alla pianificazione vigente, di cui imporrebbe una previa variante.

14. Infine, in relazione al quinto motivo di appello, se per un verso in relazione alla evocata comunicazione ex art. 10 bis assume rilievo preminente la regola di cui all’art. 13 della stessa l. 241 del 1990 (“Le disposizioni contenute nel presente capo non si applicano nei confronti dell’attività della pubblica amministrazione diretta alla emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione”), per un altro verso la valutazione dell’interesse pubblico è stata svolta al Comune, in termini che, per quanto opinabili, rientrano nel merito dell’azione amministrativa. A quest’ultimo proposito va ribadito che le determinazioni assunte in materia di pianificazione urbanistica godono di ampia discrezionalità da parte degli enti (Regione e Comuni) coinvolti nel processo di approvazione e aggiornamento degli atti di pianificazione urbanistica comunale. Il controllo giurisdizionale su tali atti è limitato al riscontro di evidenti elementi di illogicità e irrazionalità (cfr. ad e. Consiglio di Stato sez. VII, 02/01/2024, n.7). e nel caso di specie la motivazione in tema di interesse pubblico appare, nei predetti limiti di sindacato, coerente agli obiettivi perseguiti dall’amministrazione.

15. Alla luce delle considerazioni che precedono l’appello va pertanto respinto

Le spese del presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna parte appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio in favore di parte appellata, liquidate in complessivi euro 4.00000 (quattromila/00), oltre accessori dovuti per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 giugno 2024 con l'intervento dei magistrati:

Marco Lipari, Presidente

Davide Ponte, Consigliere, Estensore

Sergio Zeuli, Consigliere

Carmelina Addesso, Consigliere

Ofelia Fratamico, Consigliere