Consiglio di Stato Sez. VI  n. 10476 del 29 novembre 2022
Urbanistica.Pertinenza urbanistica

La qualifica di pertinenza urbanistica è applicabile soltanto ad opere di modesta entità e accessorie rispetto ad un'opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia, ma non anche opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all'opera cosiddetta principale e non siano coessenziali alla stessa, tale, cioè, che non ne risulti possibile alcuna diversa utilizzazione economica. Nell'ordinamento statale, infatti, vi è il principio generale per il quale occorre il rilascio della concessione edilizia (o del titolo avente efficacia equivalente), quando si tratti di un "manufatto edilizio": salva una diversa normativa regionale o comunale, ai fini edilizi manca la natura pertinenziale quando sia realizzato un nuovo volume, su un'area diversa ed ulteriore rispetto a quella già occupata dal precedente edificio, ovvero sia realizzata una qualsiasi opera, come una tettoia, che ne alteri la sagoma


Pubblicato il 29/11/2022

N. 10476/2022REG.PROV.COLL.

N. 00372/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 372 del 2021, proposto da
Maria Teresa Pennasilico, rappresentato e difeso dall'avvocato Pasqualino Pavone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Fisciano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Lucrezia Rispoli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Vito Sola in , ;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda) n. 1667/2020, resa tra le parti, concernente ordinanza dirigenziale, settore tecnico del comune di fisciano, n. 121/2020 del 10/07/2020.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Fisciano;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 novembre 2022 il Cons. Davide Ponte e uditi per le parti gli avvocati Gino Bazzani, su dichiarata delega dell'avv. Pasqualino Pavone e Lucrezia Rispoli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con l’appello in esame la parte odierna appellante impugnava la sentenza n. 1667 del 2020 del Tar Salerno, recante rigetto dell’originario gravame, proposto dalla stessa parte al fine di ottenere l’annullamento dell’ordinanza di demolizione n. 121 del 10 luglio 2020, emessa dal Dirigente del Settore Tecnico del Comune di Fisciano concernente la realizzazione sine titulo di una «baracca in lamiera», adiacente ad una vecchia fornace, nell’ambito del compendio immobiliare in proprietà della ricorrente, ubicato in Fisciano, frazione Lancusi, località Bivio Penta, S.S. 88, e censito in catasto al foglio 18, particelle 228, 2117, 2118 e 2120.

Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante formulava i seguenti motivi di appello:

- omesso esame del motivo di ricorso e carenza di motivazione della sentenza in relazione al motivo 1, con cui è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 1, lettera a), dell’art. 3, comma 1, lettera a) del d.p.r. 380/2001 e dell’art. 14 del ruec del comune, eccesso di potere per difetto del presupposto, arbitrarietà, sviamento, difetto di motivazione ed errore di fatto;

- omesso esame del motivo di ricorso e carenza di motivazione della sentenza in relazione al motivo 2, con cui è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 31 del d.p.r. 380/2001, eccesso di potere per difetto assoluto dei presupposti, di istruttoria e di motivazione, travisamento, abnormità, erroneità, illogicità, perplessità, contraddittorietà, arbitrarietà e sviamento;

- violazione e falsa applicazione degli articoli 60, 63, 64, 65, 73 e 74 d.lgs. n. 140/2010 per assenza dei presupposti e dell’interlocuzione con le parti sulla possibile definizione in forma di sentenza breve, con conseguente annullamento con rinvio.

L’amministrazione appellata si costituiva in giudizio chiedendo la declaratoria in parte qua di inammissibilità ed il rigetto dell’appello.

Con ordinanza n. 511 del 2021 veniva respinta la domanda cautelare di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata.

Alla pubblica udienza del 24 novembre 2022 la causa passava in decisione.

DIRITTO

1. Può prescindersi dall’esame dell’eccezione di inammissibilità in parte qua, risultando il gravame infondato nel merito, nei termini già paventato in sede cautelare.

2. Con il primo motivo di appello si lamenta l’errata valutazione del primo ordine di rilievi dedotto in relazione all’errata individuazione del presunto abuso, in quanto non si tratta di una “baracca in lamiera” e ciò che erroneamente si definisce tale non è “adiacente ad una vecchia fornace”, ma è la fornace stessa, c.d. calcara.

2.1 Il motivo è infondato. Se per un verso la sentenza ha espressamente preso in considerazione tali elementi, impostando la stessa motivazione sulla relativa precisazione, per un altro verso l’esame degli atti di causa ed in specie dell’ordinanza impugnata in prime cure, evidenzia con chiarezza la natura, le dimensioni, la collocazione e la consistenza dell’abuso accertato e contestato; le foto dell’abuso al sopralluogo (prodotte sub doc n. 3 del Comune) confortano con chiarezza la piena riferibilità dell’oggetto abusivo individuato e contestato nell’ordinanza n. 121 del 2020, relativo alle strutture recenti, che danno vita alla baracca, solo appoggiate al diverso manufatto “calcara” evocato. Anche la differente consistenza e databilità del materiale appare evidente, dall’ordinanza e dalle foto del relativo sopralluogo.

2.2 Anche le considerazioni concernenti la risalenza dell’intero manufatto ad epoca anteriore a quella di necessità del titolo edilizio si scontrano con le risultanze in fatto, sopra riassunte, nonché coi consolidati principi secondo cui, in linea di diritto, l'onere della prova dell'ultimazione entro una certa data di un'opera edilizia abusiva, allo scopo di dimostrare che essa rientra fra quelle per le quali si può ottenere una sanatoria speciale ovvero fra quelle per cui non era richiesto un titolo ratione temporis, perché realizzate legittimamente senza titolo, incombe sul privato a ciò interessato, unico soggetto ad essere nella disponibilità di documenti e di elementi di prova, in grado di dimostrare con ragionevole certezza l'epoca di realizzazione del manufatto (cfr. ad es. Consiglio di Stato sez. VI 5 marzo 2018 n. 1391).

2.3 Analogamente fa capo al proprietario (o al responsabile dell'abuso) assoggettato a ingiunzione di demolizione l'onere di provare il carattere risalente del manufatto della cui demolizione si tratta con riferimento a epoca anteriore alla c. d. legge "ponte" n. 761 del 1967, con la quale l'obbligo di previa licenza edilizia venne esteso alle costruzioni realizzate al di fuori del perimetro del centro urbano.

2.4 Nel caso di specie, in relazione alla legittimità delle determinazioni amministrative contestate in parte qua, gli elementi proposti da parte appellante sono del tutto insufficienti ai richiamati fini, sia in generale sia rispetto alle relative risultanze specifiche, con particolare riferimento alla ben chiara diversa consistenza e natura, anche dei materiali, della baracca rispetto alla evocata “caldara” preesistente.

2.5 In proposito, va altresì ribadito, con la tradizionale giurisprudenza di questo Consiglio, che le tettoie e i depositi richiedono il titolo edilizio come nuovi manufatti, anche se civilisticamente dovessero essere qualificabili come pertinenze. Quanto alle tettoie, si tratta infatti di modifiche della sagoma di edifici, ovvero di innovazioni dello stato dei luoghi che richiedono uno specifico titolo edilizio (e ciò non solo per la consistenza in sé delle opere, ma anche per prevenire istanze di sanatorie basate su preesistenze). Quanto ai depositi, si tratta di ulteriori volumetrie e di nuove costruzioni (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 5 marzo 2018, n. 1391).

2.6 Va ribadito, quindi, che occorre il titolo edilizio per la realizzazione di nuovi manufatti, quand'anche sotto il profilo civilistico essi si possano qualificare come pertinenze.

La qualifica di pertinenza urbanistica è applicabile soltanto ad opere di modesta entità e accessorie rispetto ad un'opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia, ma non anche opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all'opera cosiddetta principale e non siano coessenziali alla stessa, tale, cioè, che non ne risulti possibile alcuna diversa utilizzazione economica. Nell'ordinamento statale, infatti, vi è il principio generale per il quale occorre il rilascio della concessione edilizia (o del titolo avente efficacia equivalente), quando si tratti di un "manufatto edilizio": salva una diversa normativa regionale o comunale, ai fini edilizi manca la natura pertinenziale quando sia realizzato un nuovo volume, su un'area diversa ed ulteriore rispetto a quella già occupata dal precedente edificio, ovvero sia realizzata una qualsiasi opera, come una tettoia, che ne alteri la sagoma (cfr. in termini Consiglio di Stato sez. VI, 13/03/2017, n.1155).

2.7 Nel caso di specie, l’opera in contestazione, sopra descritta, integra un rilevante nuovo volume, realizzato abusivamente su di un’area diversa ed ulteriore rispetto a quanto già esistente, di caratteristiche volumetriche, realizzative, di collocazione ed ingombro tali da evidenziarne l’autonoma rilevanza predetta.

Né la baracca, di materiale diverso dalla caldara, può qualificarsi in termini di mera manutenzione, risultando all’evidenza un manufatto innovativo, costituente il volume delle dimensioni e della natura ben descritti nell’ordinanza impugnata. Quanto sin qui emerso conferma pertanto anche l’infondatezza del secondo motivo di appello, in relazione alla qualifica dell’abuso accertato.

3. Infine, destituito di fondamento è il terzo motivo di gravame, di carattere processuale, in quanto dal verbale di udienza dinanzi al Tar risulta, in termini facenti fede sino a querela di falso, essere stato formulato il necessario avviso della possibile definizione con sentenza breve, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 60 cod proc amm. (“Sono presenti per le parti gli avv.ti Pennasilico e Rispoli. Reso avviso sull’eventualità di una sentenza in forma semplificata ex art. 60 c.p.a., la causa passa IN DECISIONE”).

4. L’appello va pertanto respinto.

Le spese del presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna parte appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio in favore di parte appellata, liquidate in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori dovuti per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 novembre 2022 con l'intervento dei magistrati:

Giancarlo Montedoro, Presidente

Alessandro Maggio, Consigliere

Stefano Toschei, Consigliere

Davide Ponte, Consigliere, Estensore

Francesco De Luca, Consigliere