Consiglio di Stato Sez. VII n. 11622 del 29 dicembre 2022
Urbanistica.Proprietario ed acquisizione gratuita del bene e dell'area di sedime

Sia l'acquisizione gratuita del bene e dell'area di sedime, sia le sanzioni pecuniarie, previste in caso di inottemperanza all'ordine di demolizione, possono lasciare indenne il proprietario, che sia rimasto estraneo all'esecuzione delle opere prive di titolo abilitativo - e che non abbia la disponibilità delle stesse - ferma restando, tuttavia, una presunzione di corresponsabilità a carico del medesimo. Detto proprietario infatti, nel rispetto dei doveri di diligente amministrazione, correttezza e vigilanza nella gestione dei beni immobiliari, di cui abbia la titolarità, è tenuto ad adoperarsi, con i mezzi previsti dall'ordinamento, per impedire la realizzazione di abusi edilizi, o per agevolarne la rimozione, soprattutto dopo essere stato preavvertito dell'avvio del procedimento sanzionatorio

Pubblicato il 29/12/2022

N. 11622/2022REG.PROV.COLL.

N. 03108/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3108 del 2018, proposto da:
Bianca Como e Clelia Como, rappresentate e difese dall'avv. Paolo Di Martino, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, Riviera di Chiaia, 180;

contro

Comune di Giugliano in Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Riccardo Marone, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luigi Napolitano in Roma, via Girolamo Da Carpi, 6;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Seconda) n. 4701/2017.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Giugliano in Campania;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il Cons. Laura Marzano;

Nessuno presente per le parti nell'udienza straordinaria del giorno 2 dicembre 2022;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Le appellanti hanno impugnato la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sez. II, n. 4701 del 10 ottobre 2017, con cui è stato respinto il ricorso proposto per l’annullamento dell’ordinanza dirigenziale del Comune di Giugliano in Campania, n. 20 del 12 maggio 2016, recante ingiunzione di demolizione ai sensi dell’art. 31 DPR 6 giugno 2001, n. 380.

Il TAR, in sintesi, ha respinto il ricorso quanto all’ordinanza di demolizione ritenendo corretta la notifica di tale ingiunzione anche alle proprietarie, sebbene non responsabili; ha poi ritenuto inammissibili l’impugnazione della relazione dei tecnici comunali del 13 aprile 2016, trattandosi di atto endoprocedimentale, e l’impugnazione della comunicazione di reato della Polizia municipale del 24 luglio 2015, per difetto di giurisdizione.

La parte appellante tratteggia come segue le vicende che hanno interessato il terreno in questione.

La particella n. 56, censita in catasto dei terreni al foglio 27, sita in Giugliano in Campania (NA), in zona ASI, dal 2005 è stata inclusa da parte del Commissario di governo per l’emergenza dei rifiuti in Campania (Commissario) tra le zone interessate da un progetto di integrazione e miglioramento delle infrastrutture di collegamento all’impianto di combustibile derivato dai rifiuti (CDR) di Giugliano; pertanto, il 17 luglio 2006, il Commissario si immetteva nel possesso del bene uti dominus e le ricorrenti ne perdevano la disponibilità.

Sebbene le appellanti avessero accettato l’indennità proposta e avessero aderito alla cessione volontaria del bene, tale procedimento non si perfezionava, tanto che le appellanti, in data 17 novembre 2018, tramettevano al Commissario atto di diffida e messa in mora per il perfezionamento del procedimento di cessione dei beni occupati.

Nelle more, tuttavia, le stesse si avvedevano della presenza di insediamenti abusivi di nomadi sul suolo in oggetto e sporgevano querela/denunzia presso la locale Stazione dei Carabinieri.

Nel 2016, il Comune, appreso dell’insediamento nomade, notificava alle ricorrenti ordinanza n. 20 del 12 maggio 2016, di demolizione delle opere abusivamente realizzate, la cui impugnazione è stata respinta dal TAR.

L’appello è affidato ad un unico articolato motivo con cui si denuncia la violazione dell’art. 31 DPR 380/2001.

In sintesi le appellanti lamentano che il TAR si sia limitato alla stretta interpretazione del dato letterale dell’art. 31 DPR n. 380/2001 senza tener conto del fatto che esse avevano perduto la materiale e giuridica disponibilità del bene, in forza della disposta occupazione di urgenza ed immissione in possesso, cui è seguita la cantierizzazione.

La realizzazione dell’insediamento abusivo nell’anno 2007, di cui sono responsabili i componenti della comunità nomade locale, dunque, è avvenuta nel periodo in cui il fondo era nella disponibilità del Commissario.

La sentenza avrebbe errato, dunque, nel valorizzare la relazione giuridica formale tra il fondo e le appellanti sulla base del decreto di restituzione del bene, adottato della Presidenza del Consiglio dei ministri, n. 140 del 2010: allo stesso, infatti, non ha fatto seguito alcuna restituzione materiale del bene, non avendo le appellanti mai ricevuto alcun avviso di convocazione, prodromico alla materiale restituzione, come invece annunciato nel testo del decreto in parola, sicchè il Commissario ne avrebbe conservato il possesso.

Sostengono che, diversamente da quanto affermato in sentenza, il “proprietario”, cui l’art. 31 DPR n. 380/2001 si riferisce, può essere legittimamente interessato dall’ordinanza di ingiunzione solo se sia in grado di esercitare i poteri e le facoltà proprie del diritto di proprietà.

L’ordinanza, dunque, sarebbe illegittima poiché rivolta a chi non potrebbe esercitare più alcun potere o facoltà sul bene, né ex ante di vigilanza e controllo, né ex post di rimozione dell’abuso.

Le appellanti rappresentano che solo il Commissario avrebbe potuto e dovuto custodire il bene e ripristinarlo mediante demolizione delle opere abusive. Invece lo stesso, all’opposto, avrebbe contribuito, con la sua condotta, allo stato di abbandono del fondo e, malgrado ciò, proprio in ragione della realizzazione dell’insediamento abusivo da parte di componenti della comunità nomade, non avrebbe proseguito i lavori.

Il Comune si è costituito nel presente grado di giudizio chiedendo la reiezione dell’appello.

All’udienza straordinaria del 2 dicembre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

2. Oggetto del giudizio è una ordinanza di demolizione di opere abusive, realizzate da un soggetto ben individuato e nominativamente indicato nel provvedimento quale autore dell’abuso, su un fondo di proprietà della parte appellante ma sottratta alla sua materiale e giuridica disponibilità in forza di un procedimento preordinato all’esproprio (cui era seguita l’immissione in possesso in favore del Commissario per l’emergenza rifiuti), mai concluso con la (pur convenuta) cessione volontaria.

Così inquadrato il thema decidendum, il Collegio ritiene che la sentenza impugnata sia da confermare, pur con le precisazioni che seguiranno.

Il TAR ha correttamente fatto applicazione della norma di cui all’art. 31, commi 2 e 3, del DPR n. 380/2001 a tenore della quale destinatari della sanzione demolitoria, in forma non alternativa ma congiunta, sono il proprietario ed il responsabile dell’abuso anche nel caso in cui il proprietario non abbia la disponibilità materiale dell’area oggetto di intervento abusivo, bastando ai fini demolitori, che sia individuata la sola relazione giuridica formale di titolarità del bene.

Ne discende che l’ordinanza di demolizione può legittimamente essere emanata, come nella specie, nei confronti del proprietario dell’immobile oggetto di intervento abusivo, sebbene non responsabile della relativa esecuzione, trattandosi di illecito permanente sanzionato in via ripristinatoria, a prescindere dall’accertamento del dolo o della colpa del soggetto interessato, nonché del suo stato di buona fede rispetto alla commissione dell’illecito.

Il TAR ha pure precisato, però, che la condizione di estraneità o di buona fede soggettiva al momento della commissione dell’illecito potrebbe assumere rilievo ai fini della successiva acquisizione gratuita al patrimonio comunale, ferma restando la possibilità del proprietario di avvalersi, ricorrendone i presupposti, degli ordinari rimedi civilistici (e penalistici) contro il terzo responsabile dell’abuso aggiungendo che, secondo giurisprudenza consolidata (Cons. Stato, Sez. VI, 29 gennaio 2016, n. 358) «l’acquisizione gratuita del bene e dell’area di sedime, peraltro nella specie non ancora formalmente intervenuta, può lasciare indenne il proprietario estraneo all’esecuzione delle opere abusive solo quando questi, nel rispetto dei doveri di diligente amministrazione, correttezza e vigilanza nella gestione dei beni immobiliari di cui è titolare, si sia adoperato con i mezzi previsti dall’ordinamento … per impedire la realizzazione degli abusi edilizi o per agevolarne la rimozione».

A tale proposito il primo giudice ha precisato che «per l’occasione non potranno non essere valorizzate dall’amministrazione comunale le svariate denunce penali sporte dalle ricorrenti fino al recentissimo passato (luglio 2016)».

Va precisato che, secondo condivisibile giurisprudenza, sia l'acquisizione gratuita del bene e dell'area di sedime, sia le sanzioni pecuniarie, previste in caso di inottemperanza all'ordine di demolizione, possono lasciare indenne il proprietario, che sia rimasto estraneo all'esecuzione delle opere prive di titolo abilitativo - e che non abbia la disponibilità delle stesse - ferma restando, tuttavia, una presunzione di corresponsabilità a carico del medesimo. Detto proprietario infatti, nel rispetto dei doveri di diligente amministrazione, correttezza e vigilanza nella gestione dei beni immobiliari, di cui abbia la titolarità, è tenuto ad adoperarsi, con i mezzi previsti dall'ordinamento, per impedire la realizzazione di abusi edilizi, o per agevolarne la rimozione, soprattutto dopo essere stato preavvertito dell'avvio del procedimento sanzionatorio (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 30 marzo 2015 n. 1650).

Osserva il Collegio che, nel caso di specie, le proprietarie appellanti, pur non avendo più la materiale e giuridica disponibilità del bene (stante l’intervenuto decreto n. 14467 del 6 giugno 2006, di occupazione dell’area, adottato dal Commissario), hanno comunque vigilato e si sono tempestivamente attivate, denunciando la realizzazione degli abusi ben prima che iniziasse il procedimento sanzionatorio.

Al contrario, risulta per tabulas dal decreto n. 140 del 2014 di restituzione delle aree ai proprietari, adottato dall’Unità tecnica amministrativa della Presidenza del Consiglio dei Ministri il 2 aprile 2014, che «a seguito dell’occupazione abusiva da parte di ignoti esponenti di popolazioni nomadi, dopo la cantierizzazione delle opere, non era stato possibile procedere alla prosecuzione dei lavori».

Dunque l’amministrazione preposta alla gestione straordinaria per l’emergenza rifiuti in Campania, non solo non ha vigilato impedendo l’occupazione abusiva dei terreni ad opera di comunità nomadi ma, dopo aver rilevato tale occupazione, non si è attivata per ordinarne lo sgombro ma ha preferito non proseguire i lavori e “liberarsi” delle aree ormai da tempo occupate, restituendole ai proprietari con il citato decreto.

Tale decreto, impugnato dinanzi al TAR Lazio con ricorso iscritto al n. R.G. 10048/2014, conserva allo stato ancora validità ed efficacia sicchè l’ordinanza di demolizione risulta “formalmente corretta”.

Ciò posto, sebbene non possa condividersi l’assunto delle appellanti secondo cui il “proprietario”, cui si riferisce l’art. 31 DPR n. 380/2001, potrebbe essere interessato dall’ordinanza di ingiunzione solo se sia in grado di esercitare i poteri e le facoltà proprie del diritto di proprietà, nel caso di specie l’amministrazione comunale dovrà necessariamente tener conto di tutte le suesposte circostanze sia in occasione dell'acquisizione gratuita del bene e dell'area di sedime, sia in occasione della irrogazione delle sanzioni pecuniarie, previste in caso di inottemperanza all'ordine di demolizione, dovendo lasciare indenni le proprietarie odierne appellanti, rimaste estranee all'esecuzione delle opere prive di titolo abilitativo, effettuata nel periodo in cui non avevano la disponibilità dell’area, risultando provato che, rispettando i doveri di diligente amministrazione, correttezza e vigilanza nella gestione dei beni immobiliari, le stesse si sono adoperate denunciando alla pubblica autorità gli abusi edilizi realizzati da terzi, non appena scoperti.

Conclusivamente l’appello deve essere respinto e la sentenza impugnata deve essere confermata con la diversa motivazione conformativa che precede.

3. Le spese del presente grado di giudizio possono essere compensate in considerazione della particolarità delle questioni trattate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge confermando la sentenza con parziale diversa motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2022, con l'intervento dei magistrati:

Marco Lipari, Presidente

Fabio Franconiero, Consigliere

Sergio Zeuli, Consigliere

Laura Marzano, Consigliere, Estensore

Rosaria Maria Castorina, Consigliere