Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 39, del 9 gennaio 2014
Urbanistica.Condono l. 326 del 2003, nozione di strutture realizzate

Secondo la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, la nozione di “strutture realizzate”, necessitanti di lavori di completamento funzionale, postula che i manufatti abbiano acquistato una fisionomia tale da renderne riconoscibile il disegno progettuale e la destinazionee debbano solo essere completati ai fini della loro funzionalità, pertanto, l’art. 43 comma 5, l. 28 febbraio 1985, n. 47, nella parte in cui prevede il completamento di opere, va inteso nel senso che deve trattarsi di semplici lavori strutturalmente necessari alla funzionalità di quanto già edificato e non anche di integrazione delle dette opere con interventi edilizi che danno luogo di per sé a nuove strutture. Infatti, la norma non impiega la dizione di costruzioni o opere “ultimate”, cioè un manufatto completo almeno al rustico, privo solo delle finiture, ma la diversa nozione di “strutture realizzate”. Quindi, si deve ritenere che la realizzazione delle strutture può dirsi verificata anche se difettano le tamponature esterne, nei termini in cui questo risultato consenta comunque di percepire la concreta fisionomia del manufatto e la sua destinazione: cioè di identificare nei tratti essenziali l’opera da straordinariamente sanare e completare. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00039/2014REG.PROV.COLL.

N. 02126/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2126 del 2013, proposto da: 
Longobardi Antonietta, rappresentata e difesa dall'avv. Carlo Sarro, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via della Scrofa 14;

contro

Comune di Santa Maria la Carità;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZIONE VII, n. 04102/2012, resa tra le parti, concernente demolizione di opere edilizie abusive e ripristino dello stato dei luoghi



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 dicembre 2013 il Cons. Fabio Franconiero e uditi per le parti l’avvocato Napolitano per delega di Sarro;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1. La sig.ra Antonietta Longobardi ha impugnato davanti al Tribunale amministrativo regionale della Campania (Napoli) il diniego di sanatoria straordinaria, richiesto ai sensi del d.-l. 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici), convertito con modificazioni dalla l. 24 novembre 2003, n. 326, e la conseguente ordinanza di demolizione, emessi in suo danno dal Comune di Santa Maria La Carità, in relazione all’immobile sito in via Cupa San Marco n. 33/B1 di detto Comune, e consistente nel “primo piano di un fabbricato adibito a civile abitazione di superficie utile di mq. 130,00 di cui mq. 49,00 di superficie non residenziale”.

Il diniego è basato sul presupposto che tale porzione dell’immobile non era stata ancora ultimata al 31 marzo 2003 e che non poteva ritenersi applicabile al caso di specie l’art. 43, comma 5, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), giacché gli ulteriori interventi eseguiti successivamente alla tale data non potevano qualificarsi come opere di completamento funzionale del fabbricato.

2. Il giudice adito respingeva il ricorso.

Secondo la sentenza, la ricorrente aveva innanzitutto omesso di attivare la procedura prevista dall’art. 35, comma 13, della citata l. n. 47 del 1985, e cioè di presentare “una specifica “notifica” al Comune circa l’intendimento di completare i lavori, seguita da apposita “perizia giurata”. Non ricorrevano inoltre “i requisiti sostanziali”, consistenti nell’ “irrilevanza” o, comunque, nella “marginalità” dei lavori di completamento necessari ad ultimare l’edificio. Difettando tale presupposto, la ricorrente non poteva invocare nemmeno la sanatoria di cui all’art. 43, comma 5, l. n. 47 del 1985, visto che di questa possono beneficiare solo le opere “necessariamente comprensive delle tamponature esterne che realizzino in concreto i volumi rendendoli individuabili ed esattamente calcolabili”.

3. Nel presente appello l’originaria ricorrente premette in fatto che alla data del 31 marzo 2013 l’immobile oggetto dell’istanza di condono doveva considerarsi opera già esistente ed autonomamente individuabile quanto a sagoma e volumetria, in quanto completa del reticolo di travi con i relativi solai interpiano e di copertura, mentre la relativa ultimazione era stata impedita dal sequestro penale in allora disposto dall’autorità giudiziaria. Precisa al riguardo, quindi, che la mancanza delle tamponature non esclude l’applicabilità della sanatoria.

Osserva inoltre che la sentenza è errata in diritto nella parte in cui non ha ritenuto integrato il presupposto della speciale sanatoria di cui al detto art. 43, comma 5. Soggiunge che è parimenti errato il riferimento all’art. 35, comma 13, ed alla conseguente necessità di notificare all’amministrazione comunale i lavori di completamento ivi prevista, visto che tale fattispecie non è stata addotta a sostegno del diniego di sanatoria impugnato.

4. Benché ritualmente evocata in giudizio, l’amministrazione non si è costituita nello stesso.

DIRITTO

1. L’appello è fondato.

1.1 Premesso che la sig.ra Longobardi ha presentato domanda di condono ai sensi dell’art. 32 del d.-l. 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici), convertito con modificazioni dalla l. 24 novembre 2003, n. 326, l’art. 43, comma 5, l. 28 febbraio 1985, n. 47, collocato al Capo V della legge stessa, e pertanto compreso nel rinvio operato dal comma 25 del citato art. 32, prevede, per quanto qui rileva: “Possono ottenere la sanatoria le opere non ultimate per effetto di provvedimenti amministrativi o giurisdizionali limitatamente alle strutture realizzate e ai lavori che siano strettamente necessari alla loro funzionalità”.

Va ancora premesso in fatto, che al 31 marzo 2003, data prevista dalla disposizione citata, l’edificazione realizzata dall’odierna appellante, già sottoposta a sequestro penale, era formata dal reticolo di travi con i relativi solai interpiano e di copertura.

La circostanza non risulta contestata, mentre si controverte se tale sopraelevazione possa essere considerata una struttura realizzata al momento dell’istanza di sanatoria ai sensi dell’art. 43, comma 5, predetto.

1.2 A quest’ultimo riguardo, secondo la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, la nozione di “strutture realizzate”, necessitanti di lavori di completamento funzionale, postula che i manufatti “abbiano acquistato una fisionomia tale da renderne riconoscibile il disegno progettuale e la destinazionee debbano solo essere completati ai fini della loro funzionalità” (Cons. Stato, VI, 27 giugno 2008, n. 3286; V, 24 febbraio 1999, n. 192), pertanto, l’art. 43 cit., nella parte in cui prevede il completamento di opere, va inteso nel senso che deve trattarsi di semplici lavori strutturalmente necessari alla funzionalità di quanto già edificato e non anche di integrazione delle dette opere con interventi edilizi che danno luogo di per sé a nuove strutture (Cons. Stato, IV, 30 giugno 2005, n. 3542; V, 19 ottobre 2011, n. 5625).

Il detto precedente di questa VI sezione n. 3286/2008, invocato dall’appellante, ha ritenuto sanabile la struttura priva delle tamponature esterne (non così quello della IV sezione n. 3542/2005).

1.3 Il Collegio è dell’avviso che debba darsi continuità al precedente di questa Sezione.

Come ivi evidenziato, infatti, la norma non impiega la dizione di costruzioni o opere “ultimate”, cioè un manufatto completo almeno al rustico, privo solo delle finiture, ma la diversa nozione di “strutture realizzate”. Come in quel precedente, si deve ritenere che la realizzazione delle strutture può dirsi verificata anche se difettano le tamponature esterne, nei termini in cui questo risultato consenta comunque - come qui appare - di percepire la concreta fisionomia del manufatto e la sua destinazione: cioè di identificare nei tratti essenziali l’opera da straordinariamente sanare e completare.

2. Come osserva l’appellante, inoltre, non è pertinente il riferimento, operato dal giudice di primo grado, all’art. 35, comma 13, l. n. 47 del 1985, a norma della quale il presentatore di domanda di sanatoria può completare le opere abusive purché abbia notificato al comune “il proprio intendimento”, e abbia inoltre presentato alla stessa autorità perizia giurata o documentazione avente data certa “in ordine allo stato dei lavori abusivi”.

Questo onere comunicativo concerne però una fattispecie di sanatoria diversa da quella qui in contestazione, vale a dire quella generale di cui all’art. 31 della medesima l. n. 47 del 1985, concernente “le costruzioni e di altre opere che risultino essere state ultimate” alla data ultima di condonabilità. Le quali costruzioni o altre opere sono quelle di cui stato realizzato il rustico ed occorra ancora provvedere alle relative finiture. Per contro, nel presente caso viene in rilievo la diversa fattispecie, eccezionale, di edifici di cui sia stata realizzata la sola struttura portante e non siano state ultimate a causa di provvedimenti amministrativi o giurisdizionali di sequestro.

3. Pertanto, in accoglimento dell’appello, la sentenza impugnata deve essere riformata, dovendosi accogliere il ricorso originario con conseguente annullamento degli atti con esso impugnati.

Le spese del doppio grado di giudizio possono essere integralmente compensate in considerazione del contrasto di giurisprudenza sopra esaminato.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado, annullando gli atti con esso impugnati.

Spese del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 dicembre 2013 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini, Presidente

Maurizio Meschino, Consigliere

Roberto Giovagnoli, Consigliere

Vito Carella, Consigliere

Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 09/01/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)