Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 4089, del 1 agosto 2014
Urbanistica.Definizione di completamento funzionale

La nozione di "completamento funzionale" è ormai acquisita nella giurisprudenza amministrativa, che ha evidenziato come è necessario che siano state realizzate le opere indispensabili a renderne effettivamente possibile un uso diverso da quello a suo tempo assentito, come nel caso in cui un sottotetto, trasformato in abitazione, venga dotato di luci e vedute e degli impianti di servizio (gas, luce, acqua, telefono, impianti fognari, ecc.), cioè di opere del tutto incompatibili con l'originaria destinazione d'uso, ossia quelle opere che qualifichino in modo inequivoco la nuova e diversa destinazione. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 04089/2014REG.PROV.COLL.

N. 03339/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello n. 3339 del 2009, proposto dal 
Comune di Casarano, in persona del sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Giovanni Pellegrino, ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in Roma, corso del Rinascimento n. 11, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;

contro

Angelo Fabrizio Ferilli, rappresentato e difeso dall’avv. Giovanni Bellisario, ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in Roma, via delle Fornaci n. 38, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, sezione terza, n. 164 del 31 gennaio 2009, resa tra le parti e concernente un provvedimento di diniego di condono edilizio



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 maggio 2014 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti gli avvocati Pellegrino e Belisario;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

Con ricorso iscritto al n. 3339 del 2009, il Comune di Casarano propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, sezione terza, n. 164 del 31 gennaio 2009 con la quale è stato accolto il ricorso proposto da Angelo Fabrizio Ferilli per l'annullamento del provvedimento prot. n. 27267 del 27 dicembre 2007, con cui il Comune di Casarano ha respinto l'istanza di definizione degli illeciti edilizi ai sensi della legge n. 326 del 2003, nonché di tutti gli atti comunque presupposti, connessi o consequenziali.

A sostegno delle doglianze proposte dinanzi al giudice di prime cure, la parte ricorrente aveva premesso di essere proprietario di un terreno, situato a Casarano e contraddistinto al catasto al fg. n. 21, p.lle 985 e 542. Con ordinanza n. 101 del giorno 11 dicembre, il Comune aveva intimato l'immediata sospensione dei lavori realizzati in seguito al rilascio della concessione edilizia n. 332 (avente ad oggetto la realizzazione di una casa di campagna) a causa di una difformità esecutiva della posizione dello scavo rispetto all 'ubicazione della costruzione del progetto approvato.

Il Ferilli, in data 12 febbraio 2001, aveva chiesto al Comune di Casarano il rilascio di un'autorizzazione edilizia in sanatoria, ai sensi dell'art. 13 della legge n. 47 del 1985 per variante in corso d'opera, relativa alla traslazione del fabbricato di cui alla concessione edilizia n. 332/2000.

Con il provvedimento prot. n. 12011 del 4 giugno 2001, l'amministrazione comunale aveva rigettato l'istanza poiché la variante in corso d'opera comporta una localizzazione significativamente diversa dell'edificio in relazione all'area di pertinenza.

Avverso tale determinazione il ricorrente proponeva il ricorso n. 2158/01. A seguito all'accoglimento dell'istanza cautelare proposta dal sig. Ferilli ivi proposta, data con ordinanza n. 1050/01, il Comune di Casarano rilasciava la concessione edilizia n. 10912001 di variante in corso d'opera in sanatoria. al sensi dell'art. 13, l. n. 47/1985. Tale atto è stato, tuttavia, travolto dall'ordinanza n. 1733/2002, con cui il Consiglio di Stato ha annullato l'ordinanza del Tar n. 1050/01. Va peraltro notato che il ricorso n. 2158/01 è stato poi respinto con sentenza n. 159 del 31 gennaio 2009 del T.A.R. di Lecce.

In forza di tale concessione il ricorrente ha realizzato la variante, sino a che, in data 2 novembre 2001, il Comune ha disposto una nuova sospensione dei lavori. Avendo rilevato la realizzazione di una cubatura superiore rispetto a quella autorizzata (circa mc 2.152 a fronte dei 289,88 autorizzati), il Comune di Casarano ha ingiunto, con ordinanza n. 147/2001, la demolizione delle opere abusive accertate.

L'immobile è stato gravato da sequestro penale.

Avverso tale ordinanza di demolizione, il ricorrente ha proposto ricorso davanti al T.A.R. della Puglia, sezione staccata di Lecce, iscritto al n. 749/2002, deciso con sentenza n. 160 del 31 gennaio 2009, di rigetto.

Con istanza del 29 marzo 2002, il sig. Ferilli ha chiesto il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell'art. 13 della legge n. 47/1985. Con provvedimento prot. n. 21793 del giorno 11 novembre 2002, il Comune di Casarano ha respinto l'istanza e con ordinanza di demolizione n. 157 del 14 dicembre 2002 ha ingiunto la demolizione.

Avverso tali atti, il Ferilli ha proposto ricorso n. 88/2003, che, con sentenza n. 161 del 31 gennaio 2009, veniva respinto nella parte in cui lamentava l'illegittimità del diniego di permesso di costruire in sanatoria e dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse nella parte in cui censura la legittimità dell'ordinanza di demolizione.

In data 27 maggio 2004 il, ricorrente, intendendo destinare il manufatto ad attività produttiva, ha presentato un'ulteriore istanza di permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, rigettata dal Comune di Casarano con provvedimento prot. n. 21880 del 20 ottobre 2004. Anche tale atto è stato gravato con ricorso n. 2431/2004, dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse con sentenza n. 163 del 31 gennaio 2009.

Infine, in data 10 dicembre 2004, il ricorrente ha presentato istanza di condono edilizio ai sensi della 1. n. 326/2003, rigettata dal Comune con il provvedimento indicato in epigrafe, non essendo l'edificio ultimato (per mancanza delle tamponature esterne e per essere il solaio latero - cementizio privo del getto in calcestruzzo).

Avverso tale atto il ricorrente sollevava le seguenti censure: violazione ed errata interpretazione dell'art. 43, 1. n. 47/1985; eccesso di potere. Assumeva il ricorrente di non aver potuto completare l'opera edilizia perché assoggettata a sequestro dalla polizia municipale di Casarano (verbale 3037IPM del 27.10.2001) (il procedimento penale si è concluso con sentenza della Corte d'appello di Lecce n. 716/07 del 4;5.2007, che ha pronunciato l'intervenuta prescrizione del reato).

Costituitosi il Comune di Casarano, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva fondate le censure proposte, sottolineando l’illegittimità dell’operato della pubblica amministrazione, in relazione all’esistenza dei presupposti per il rilascio della sanatoria richiesta.

Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto ed in diritto operata dal giudice di prime cure, in relazione alla natura del manufatto realizzato e all’inesistenza di una situazione di impedimento giuridicamente rilevante.

Nel giudizio di appello, si è costituito Angelo Fabrizio Ferilli, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

All’udienza del 19 maggio 2009, l’istanza cautelare veniva accolta con ordinanza n. 2486/2009.

Alla pubblica udienza del 6 maggio 2014, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.

DIRITTO

1. - L’appello è fondato e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati.

2. - Con il primo motivo di ricorso, viene evidenziata l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto applicabile alla fattispecie l’art. 43 della legge n. 47 del 1985, atteso che, nel caso in esame, non vi era un provvedimento amministrativo o giurisdizionale che aveva impedito il completamento dell’opera.

2.1. - La doglianza è fondata.

Come emerge dagli atti, il provvedimento che avrebbe determinato l’impossibilità di completare l’opera de qua è dato dal verbale di sequestro della polizia municipale n. 3037 del 27 ottobre 2001. Tuttavia, emerge come il provvedimento della polizia non sia stato convalidato dal pubblico ministero, che con atto n. 10557 del 31 ottobre 2001 si limitava a sequestrare l’originale “della pratica edilizia che ha portato al rilascio della concessione edilizia n. 109/111 del 18/07/01”.

Peraltro, che il detto verbale non fosse stato convalidato è elemento noto alla stessa parte, che in data 5 febbraio 2002 chiedeva la restituzione del bene.

Occorre evidenziare come, in caso di mancata convalida tempestiva del sequestro probatorio, la giurisprudenza (da ultimo, Cassazione penale, sez. VI, 14 maggio 2010 n. 22283) sia concorde che sussista l’obbligo del pubblico ministero di disporre la restituzione dei beni. Qualora egli non provveda in tal senso, l'interessato, avvalendosi del procedimento di cui all'art. 263 cod. proc. pen., può avanzare domanda di restituzione e successivamente, in caso di diniego, proporre opposizione al GIP. Qualora invece, nell'ipotesi in cui il P.M., nonostante il decorso del termine, convalidi tardivamente il sequestro, l'interessato, a norma dell'art. 355 cod. proc. pen., comma 3 può presentare istanza di riesame, sulla quale il Tribunale deve provvedere, adempiendo all'obbligo imposto dal comma secondo dello stesso articolo, e cioè ordinando la restituzione della cosa sequestrata. Il sequestro non convalidato entro il termine previsto dall'art. 355 c.p.p., comma 2 è inefficace (come espressamente qualificato dalla citata Cassazione penale, sez. VI, 14 maggio 2010 n. 22283).

Nel caso in esame, se da un lato è chiaramente evincibile la mancata coltivazione dell’istanza di restituzione della parte stessa, dall’altro sono parimenti non identificabili i presupposti di applicazione dell’art. 48 della legge n. 47 del 1985, che prevede che “possono ottenere la sanatoria le opere non ultimate per effetto di provvedimenti amministrativi o giurisdizionali limitatamente alle strutture realizzate e ai lavori che siano strettamente necessari alla loro funzionalità”. Infatti, nel caso in esame si assiste unicamente ad una situazione di fatto, ossia la mancata restituzione del bene alla parte, mentre non è individuabile alcun provvedimento idoneo a impedire l’azione della parte qui appellata, né amministrativo (atteso che il verbale della polizia municipale aveva perso efficacia per mancata convalida) né giurisdizionale (in quanto il pubblico ministero non aveva sequestrato l’immobile stesso).

La doglianza va quindi accolta.

3. - Con il secondo motivo di doglianza, viene evidenziato come la struttura in sé non avesse una configurazione funzionale, esterna e interna, tale da potersi ritenere idonea ad un uso determinato.

3.1. - La censura è fondata e va accolta.

La descrizione dei lavori effettuati, contenuta nella relazione tecnica della polizia municipale del giorno 8 novembre 2001, è la seguente: “realizzazione dello scavo a mezza costa, profondo circa m: 2.50 - 3.00 a monte e zero lato valle; realizzazione del piano interrato della superficie di mq. 676.46 (m. 29, 80 x 22.70), con altezza, misurata dal piano calpestio, privo di ogni tipo di pavimento, all'intradosso solaio di m. 3.70, e l'intero piano fuoriusciva dal piano campagna in media di circa m. 1,65 (…); realizzazione al sovrastante piano rialzato di un unico corpo di fabbrica di mq. 292,04 (29.80 x 9.80). Il solaio di copertura costituito da travetti prefabbricati in c.a. e laterizi era stato impalcato e non ancora gettato (…)”

Sulla base di tale ricostruzione, appare palese l’erroneità della ricostruzione della disciplina applicabile data dal primo giudice.

Infatti, il richiamato art. 43 comma 5 della legge n. 47 del 1985 consente il completamento delle sole opere già funzionalmente definite. Si tratta quindi di una situazione già vagliata dalla giurisprudenza (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, 8 novembre 2013 n. 5336) che si realizza quando si è in presenza di “uno stato di avanzamento nella realizzazione tale da consentirne potenzialmente, e salve le sole finiture, la fruizione.

“In altri termini l'organismo edilizio non soltanto deve aver assunto una sua forma stabile nella consistenza planovolumetrica (come per gli edifici, per i quali è richiesta la c.d. ultimazione "al rustico", ossia intelaiatura, copertura e muri di tompagno) sebbene una sua riconoscibile e inequivoca identità funzionale, che ne connoti con assoluta chiarezza la destinazione d'uso.

“La nozione di "completamento funzionale" è ormai acquisita nella giurisprudenza amministrativa, che ha evidenziato come è necessario che siano state realizzate le "...opere indispensabili a renderne effettivamente possibile un uso diverso da quello a suo tempo assentito, come nel caso in cui un sottotetto, trasformato in abitazione, venga dotato di luci e vedute e degli impianti di servizio (gas, luce, acqua, telefono, impianti fognari, ecc.), cioè di opere del tutto incompatibili con l'originaria destinazione d'uso" (Cons. Stato, Sez. V, 14 luglio 1995, n. 1071), ossia quelle opere che qualifichino in modo inequivoco la nuova e diversa destinazione (Cons. Stato, Sez. V, 4 luglio 2002, n. 3679, che ha considerato inverato il completamento funzionale nel caso in cui era stata effettuata "...la divisione dei locali, gli impianti elettrici ed idraulici...").”

Come è evidente, la pochezza strutturale del manufatto sopra descritto impedisce l’individuazione degli elementi costituenti la fattispecie qui esaminata, atteso che l’immobile è in condizioni tali da dubitare persino dell’esistenza di un rustico completato e certamente di escludere quella completezza funzionale voluta dalla norma.

La censura del Comune deve quindi essere condivisa.

4. - Il ricorso può quindi essere accolto, consentendo di non prendere posizione sul terzo motivo di doglianza, dove si lamenta la mancata considerazione dell’esistenza di un vincolo paesaggistico sull’area in questione, anch’esso idoneo a rendere impossibile la richiesta sanatoria, atteso che lo stesso è estraneo alla sentenza gravata, in quanto il primo giudice lo ha considerato irrilevante in quanto valevole come motivazione tardiva del provvedimento gravato. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalle oscillazioni giurisprudenziali sulla questione decisa (così da ultimo, Cassazione civile, sez. un., 30 luglio 2008 n. 20598).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:

1. Accoglie l’appello n. 3339 del 2009 e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, sezione terza, n. 164 del 31 gennaio 2009, respinge il ricorso di primo grado;

2. Compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 6 maggio 2014, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta - con la partecipazione dei signori:

Goffredo Zaccardi, Presidente

Marzio Branca, Consigliere

Nicola Russo, Consigliere

Michele Corradino, Consigliere

Diego Sabatino, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 01/08/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)