Non ultimare le opere edili nei termini prescritti da leggi, regolamenti e/o permesso di costruire è reato ?

di MASSIMO GRISANTI

 

Per introdurre l’argomento porto ad esempio un fatto realmente accaduto relativo ad un cantiere edile presente da oltre sette anni nel centro storico (vincolato ai sensi della legge n. 1497/1939) di una importante cittadina della provincia di Siena, installato per la costruzione di un complesso edilizio di circa quindici appartamenti.

 

Per sopraggiunti motivi di ristrettezza economica del costruttore, l’edificio è sempre in corso di costruzione nonostante, anche, il rilascio di un’immotivata proroga al termine di ultimazione dei lavori.

 

Uno dei proprietari confinanti, non sopportando più la presenza di disagi dovuti alle lavorazioni, ma principalmente a causa della perdurante lesione del diritto alla visuale e al decoro dei luoghi, si sta chiedendo se non vi possa essere una tutela penale in relazione alla mancata ultimazione dei lavori di costruzione nei termini prescritti dalle leggi, dai regolamenti comunali e dal permesso di costruire.

 

Ad una sommaria ricerca di giurisprudenza sembra non esservi pronunciamento alcuno della Suprema Corte di Cassazione penale in grado di dare risposta al quesito.

 

Da qui l’interesse a svolgere una disamina della problematica, anche in considerazione dei tempi in cui viviamo, ove le ristrettezze economiche, che si fanno ben sentire, iniziano a mettere in difficoltà le imprese edili, con conseguenti possibili (se non già reali) ricadute in merito al fermo di cantieri in cui sono presenti scheletri eretti o fabbricati in via di ultimazione e relativi macchinari (gru, ponteggi, impianti di betonaggio, ecc.).

Fermo di cantieri che porta anche a lesione del paesaggio e di quell’aspetto esteriore che è protetto dalla Costituzione e dalle leggi.

Senza contare che i cantieri abbandonati possono rivelarsi ricettacolo di carogne di animali (e quindi potenziali nidi di veicolazione di malattie infettive), ricovero di persone sbandate o luogo per lo spaccio di droga; non ultimo fonte di pericolo per la pubblica incolumità (specie per i ragazzi, i quali considerano i cantieri come luogo ideale per taluni giochi) oppure possibili luoghi di delitti.

 

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Orbene, è notorio che la legislazione urbanistica ha il fine di assicurare il corretto e programmato assetto del territorio nonché la pubblica incolumità, oltre a concorrere, insieme alla legislazione dei beni culturali, a proteggere l’ambiente (compreso gli ecosistemi e la salute dell’uomo), il paesaggio e il patrimonio storico-culturale.

 

Considerando, quindi, che l’attività edilizia (branca dell’urbanistica prima, del governo del territorio oggi) va ad incidere su “beni comuni” nonché su valori costituzionalmente protetti, è del tutto evidente che all’indomani della Legge n. 1150/1942 (il cui art. 31 non prevedeva un termine per la fine dei lavori) ed a seguito dell’aumento della sensibilità per i vari interessi protetti il legislatore statale non poteva non preoccuparsi a che tale attività potesse essere autorizzabile imponendo un ragionevole termine per l’ultimazione delle opere.

 

Solo con la Legge n. 10/1977 è stato introdotto, in via generale, l’obbligo di ultimare le opere entro tre anni dal rilascio della concessione edilizia (oggi entro tre anni dall’inizio dei lavori, che deve avvenire entro un anno dal rilascio del permesso di costruire – art. 15 del D.P.R. n. 380/2001).

La Legge n. 10/1977 ha altresì introdotto una “norma penale in bianco”, applicabile alla fase esecutiva dell’opera, che sanziona l’inosservanza di leggi, regolamenti e prescrizioni contenute nella concessione edilizia (permesso di costruire); tale sanzione è oggi contenuta nell’art. 44, comma 1, lettera a) del D.P.R. n. 380/2001.

 

Allo scrivente è del tutto evidente che la sanzione penale in questione è manifestamente applicabile nei casi di mancata ultimazione delle opere nei termini previsti dalla legge (art. 15 del D.P.R. n. 380/2001), dai regolamenti edilizi (ritengo che non vi sia regolamento locale che non contenga una pari disposizione) e riportata, ordinariamente quale obbligo, anche nel permesso di costruire.

 

La sanzione penale non ha solo l’effetto di una più pregnante tutela degli interessi protetti dalle leggi, ma ha altresì il fine di responsabilizzare il titolare del permesso ad una reale, compiuta e veritiera programmazione economica dell’opera.

 

Peraltro non è infrequente che i regolamenti edilizi contengano disposizioni del seguente tenore: “… trascorso il termine della licenza o autorizzazione delle eventuali proroghe, qualora i lavori non fossero completati l’Amministrazione potrà completare a propria cura i lavori stessi, rivalendosi, dell’importo dei medesimi, sulla cauzione, sui beni adiacenti alle opere da eseguire o con contributi di plus-valore.”. A riprova che il termine di ultimazione dell’opera è finalizzato a perseguire gli interessi pubblici coinvolti.

 

Così come sarebbe opportuno che nei regolamenti comunali venisse previsto che il richiedente del titolo abilitativo dimostri la copertura economica dell’attività da intraprendersi, anche sulla scorta di computi metrici attendibili da validarsi da parte delle strutture tecniche comunali.

 

In ragione di quanto esposto, non si comprende il motivo per il quale – per quanto mi consta – gli agenti di Polizia Giudiziaria e i tecnici comunali non provvedano a trasmettere alla competente Autorità Giudiziaria la comunicazione della notizia di reato ogni qualvolta i lavori di costruzione non vengano conclusi nel termine imposto.

Peraltro è oltremodo diffusa l’abitudine dei tecnici comunali di rilasciare la proroga del termine di conclusione dei lavori senza che siano sussistenti le eccezionali condizioni prescritte dal legislatore statale.

 

Si ritiene infine che sia del tutto irrilevante, nella questione, la previsione legislativa che impone di munirsi di un nuovo titolo abilitativo per la parte dell’opera non ultimata, in quanto con tale previsione il legislatore ha voluto unicamente stabilire che occorre una nuova valutazione dell’opera anche al fine di verificare che sia sempre autorizzabile alla luce di eventuali nuove previsioni legislative o di natura regolamentare con le quali i lavori di completamento possono porsi in contrasto.

 

In conclusione, è auspicabile, anche a tutela del patrimonio culturale, che gli addetti alla vigilanza urbanistico-edilizia, le forze di polizia e l’Autorità Giudiziaria penale considerino con la dovuta attenzione la fattispecie penale della mancata conclusione dei lavori nei termini e la conseguente applicazione della sanzione prevista dall’art. 44, comma 1, lett. a) del D.P.R. n. 380/2001.