TAR Lombardia (BS) Sez. I sent. 859 del 15 aprile 2009
Urbanistica. Perequazione urbanistica

La perequazione urbanistica nella forma del riconoscimento di facoltà edificatorie in cambio della cessione gratuita di aree da destinare alla fruizione collettiva può essere esercitata anche in collegamento con edificazioni singole al di fuori di un piano attuativo. Questo perché anche le edificazioni singole devono concorrere, al pari di quelle di maggiore complessità, al raggiungimento del livello minimo di dotazioni infrastrutturali previsto dal piano dei servizi.
N. 00859/2009 REG.SEN.

N. 01307/2007 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 1307 del 2007, proposto da:
FRANCESCA SRL, rappresentata e difesa dall'avv. Raffaele Breoni, con domicilio eletto presso la segreteria del TAR in Brescia, via Malta 12;


contro

COMUNE DI DESENZANO DEL GARDA, rappresentato e difeso dall'avv. Domenico Bezzi, con domicilio eletto presso il medesimo legale in Brescia, via Cadorna 7;


per l'annullamento

- del permesso di costruire n. 12893 del 30 luglio 2007, nella parte in cui pone alcune prescrizioni alla società ricorrente (obbligo di cessione di un’area per parcheggio pubblico, computo nella volumetria tanto del ristorante accessorio quanto del locale per il custode, divieto di installazione di pannelli fotovoltaici);

- della determinazione del contributo di costruzione, sia con riguardo agli oneri di urbanizzazione sia relativamente al contributo sul costo di costruzione, con la condanna alla restituzione di quanto versato in più dalla ricorrente;

e per la condanna al risarcimento del danno;




Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Desenzano del Garda;

Viste le memorie difensive;

Visti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 novembre 2008 il dott. Mauro Pedron;

Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Considerato quanto segue:




FATTO e DIRITTO

1. La società ricorrente Francesca srl è proprietaria di un complesso alberghiero di nuova costruzione nel Comune di Desenzano del Garda in via Agello 80. Sull’area grava un vincolo paesistico. L’immobile e il terreno pertinenziale sono stati acquistati il 20 novembre 1997 a un’asta pubblica nell’ambito di una procedura di liquidazione coatta amministrativa. L’atto notarile di acquisto è stato poi integrato il 26 maggio 1998 con la precisazione dei mappali interessati. Nell’atto del 20 novembre 1997 è richiamato l’obbligo di “cedere gratuitamente al Comune di Desenzano del Garda le parti dei terreni acquistati come risulta dalla planimetria allegata al citato atto di provenienza sotto la lettera B”.

2. Poiché l’iniziale concessione edilizia n. 6090 del 18 dicembre 1990 era scaduta prima dell’ultimazione dei lavori la ricorrente ne ha chiesto il rinnovo in data 4 novembre 2002. Questa istanza è andata a buon fine e il Comune ha rilasciato il permesso di costruire n. 10841 dell’11 febbraio 2004.

3. In seguito, con istanza presentata il 23 dicembre 2005, la ricorrente ha chiesto l’approvazione di una variante in corso d’opera. In data 19 gennaio 2006 è stata aggiunta la tavola con lo schema di installazione dei pannelli fotovoltaici sul piano di copertura. La commissione edilizia integrata ha espresso nella riunione del 6 febbraio 2006 “parere sospensivo” sia per gli aspetti paesistico-ambientali sia per quelli urbanistico-edilizi. Sotto il primo profilo la commissione ha rilevato che il progetto era privo di alcuni elaborati grafici, sotto il secondo sono state poste diverse prescrizioni, tra cui le seguenti: a) il ristorante deve essere computato nella volumetria complessiva ai sensi dell’art. 4 delle NTA vigenti e dell’art. 7 delle NTA adottate con deliberazione consiliare n. 14 del 7 febbraio 2005; b) l’alloggio del custode è riconducibile alla destinazione alberghiera; c) essendo ancora efficace l’obbligo di cessione gratuita previsto nell’atto notarile del 20 novembre 1997 la realizzazione dell’autorimessa interrata al di sotto dell’area destinata a parcheggio pubblico doveva essere “concordata” con il Comune. Il suddetto parere è stato trasmesso alla ricorrente quale preavviso di diniego ex art. 10-bis della legge 7 agosto 1990 n. 241 con nota del responsabile dell’Area Servizi al Territorio del 21 febbraio 2006. Quest’ultimo peraltro si dissociava dalle conclusioni della commissione relativamente alla necessità di computare il locale bar (ossia il ristorante-bar) nella volumetria complessiva.

4. La ricorrente ha risposto presentando alcune modifiche progettuali. Nella nota del 1 aprile 2006, a firma congiunta del progettista e del legale rappresentante della ricorrente, sono evidenziate tra l’altro le seguenti innovazioni: a) la zona ristorante è ricompresa nella volumetria complessiva come richiesto dal Comune (v. la nuova tavola 3A) ma, si precisa, “al solo fine di concludere l’iter di approvazione della variante”; b) è prevista una diversa collocazione dei pannelli fotovoltaici (distanziati e inclinati) sul piano di copertura; c) è cancellata la parte dell’autorimessa interrata prevista al di sotto dell’area di proprietà comunale.

5. Esaminando le modifiche la commissione edilizia integrata nella riunione dell’8 maggio 2006 ha espresso parere “sospensivo” per gli aspetti paesistico-ambientali e parere favorevole con prescrizioni per quelli urbanistico-edilizi. Sotto il primo profilo sono stati rilevati diversi elementi in contrasto con il vincolo: i balconi (da semplificare e ridurre), i materiali (da razionalizzare), i pannelli fotovoltaici (di cui si ammette la posa sul piano di copertura ma senza alcuna struttura di supporto in legno, per evitare di innalzare ulteriormente un edificio di dimensioni già considerevoli). Sotto il profilo urbanistico-edilizio la commissione ha prescritto il computo dell’alloggio del custode nella volumetria complessiva e si è inoltre espressa negativamente sulla posa dei pannelli fotovoltaici qualificando questo intervento come realizzazione di un nuovo piano.

6. Il 19 maggio 2006 la ricorrente ha presentato nuovi elaborati grafici per superare le obiezioni del Comune. In particolare il progettista ha precisato che un impianto fotovoltaico efficiente richiede per 1 Kw almeno 8 mq di pannelli, i quali devono essere distanziati e sopraelevati per evitare il fenomeno dell’ombreggiamento anche parziale. Poiché collocare i pannelli direttamente sul piano di copertura senza l’uso di un pergolato non consente di mantenere le condizioni necessarie per il corretto funzionamento, la ricorrente, pur non condividendo le considerazioni della commissione edilizia, ha deciso di rinunciare all'impianto fotovoltaico inserendo al suo posto negli elaborati grafici alcune decine di mq di pannelli solari termici e riducendo l’estensione dei pergolati. Altre modifiche riguardano la forma dei balconi e dei parapetti.

7. La commissione edilizia integrata ha formulato nella riunione del 22 maggio 2006 un parere “favorevole condizionato” sia sotto il profilo paesistico-ambientale (prescrivendo una diversa linea per i balconi, il ridimensionamento del pergolato sul piano di copertura, la modifica dei materiali per i serramenti) sia sotto il profilo urbanistico-edilizio (prescrivendo il calcolo dell’alloggio del custode nella volumetria complessiva). Il responsabile dell’Area Servizi al Territorio con nota del 16 giugno 2006 ha trasmesso il suddetto parere sollecitando inoltre la ricorrente a produrre la documentazione mancante già richiesta in precedenza (elaborato relativo agli scarichi fognari, schemi dell’impianto elettrico e dell’impianto termico, elaborati riguardanti la prevenzione dell’inquinamento acustico, relazione sull’eliminazione delle barriere architettoniche, nulla-osta preventivo dei vigili del fuoco, computo metrico estimativo aggiornato, atto di asservimento registrato e trascritto per i locali interrati accessori, impegno a costituire un parcheggio pubblico sull’area individuata dal PRG, deposito di 2 copie complete del progetto per il parere igienico-sanitario, aggiornamento di tutti gli elaborati grafici alle prescrizioni della commissione edilizia integrata).

8. Dopo aver prodotto ulteriori modifiche al progetto in data 5 giugno 2006, la ricorrente ha comunicato al Comune in data 13 settembre 2006 di non ritenere giustificata una formale costituzione (registrata e trascritta) del vincolo sui locali seminterrati accessori prima dell’esecuzione dei lavori, dichiarandosi peraltro disponibile a ottemperare alla richiesta del Comune prima del rilascio del certificato di agibilità. Questo atteggiamento confermava la posizione già assunta in precedenza, In effetti la ricorrente aveva depositato ancora il 20 maggio 2005 una dichiarazione di impegno (datata 26 gennaio 2005) avente ad oggetto la registrazione e la trascrizione di un atto di asservimento per i locali seminterrati dedicati alla ristorazione e alle altre attività complementari. La dichiarazione precisava che il vero e proprio atto di impegno sarebbe stato presentato prima del certificato di agibilità.

9. Il 28 dicembre 2006 la ricorrente ha depositato gran parte della documentazione chiesta dal Comune con la nota del 16 giugno 2006. In seguito, il 20 aprile 2007, la ricorrente ha prodotto anche l’elaborato relativo agli scarichi fognari e il computo metrico estimativo. Contestualmente ha fatto pervenire agli uffici tecnici le proprie valutazioni sul calcolo della superficie lorda di pavimento (SLP). Nelle suddette valutazioni si rinnova la contestazione circa la pretesa del Comune di computare l’alloggio del custode, si sostiene la necessità di sottrarre l’area occupata dai cavedi, ed è rideterminata l’area del locale posto al piano copertura. In totale secondo la ricorrente la SLP sarebbe pari a 1.509,10 mq (ossia il valore indicato nella tavola 3A più la contestata inclusione dell’alloggio del custode). Il 2 maggio 2007 la ricorrente ha depositato altra documentazione integrativa, e il 1 giugno 2007 ha prodotto una nuova dichiarazione di disponibilità a cedere una porzione di area per la realizzazione del parcheggio pubblico, a condizione che la richiesta di variante del 23 dicembre 2005 fosse approvata e che il parcheggio pubblico fosse ricondotto alle dimensioni originarie (2.002 mq di cui 560 mq reperiti a carico della ricorrente). Questa seconda condizione si collegava all’analoga osservazione presentata dalla ricorrente il 4 maggio 2005 nei confronti del PRG adottato con deliberazione consiliare n. 14 del 7 febbraio 2005, il quale aveva previsto un parcheggio più ampio implicante il sacrificio di circa 1.400 mq di superficie di proprietà della ricorrente. L’osservazione (protocollata al n. 385) è stata per questa parte sostanzialmente accolta dal Comune con deliberazione n. 50 del 3-7 luglio 2006, che ha ridimensionato il parcheggio. L’iter di approvazione del nuovo PRG si è poi definitivamente concluso con la deliberazione consiliare n. 33 del 29 marzo 2007 (efficace dalla pubblicazione sul BUR in data 16 maggio 2007).

10. Il responsabile dell’Area Servizi al Territorio ha comunicato alla ricorrente in data 16 luglio 2007 il contenuto del permesso di costruire n. 12893 chiedendo il versamento del contributo di costruzione per complessivi € 45.294,81 (precisamente € 18.562,42 per urbanizzazione primaria, € 15.491,79 per urbanizzazione secondaria, € 11.240,60 quale contributo sul costo di costruzione). Dopo il deposito da parte della ricorrente delle fatture e delle fideiussioni il Comune ha rilasciato in data 30 luglio 2007 il permesso di costruire.

11. Il 31 luglio 2007 la ricorrente ha chiesto al Comune di rivedere la decisione di includere il ristorante nella volumetria complessiva, in quanto i servizi di bar e ristorante sono qualificati come accessori dell’attività alberghiera direttamente dall’art. 2 comma 1 della LR 28 aprile 1997 n. 12. A fronte della risposta negativa degli uffici comunali (basata sul fatto che l’art. 7 delle nuove NTA, a differenza dell’art. 4 delle vecchie NTA, distingue tra piano interrato e piano seminterrato) la ricorrente ha replicato il 20 settembre 2007 sostenendo che la presentazione della dichiarazione di impegno all’asservimento del seminterrato datata 26 gennaio 2005 (v. sopra al punto 8) avrebbe cristallizzato la deroga al computo della SLP, e quindi della volumetria, secondo la disciplina dell’art. 4 delle NTA dell’epoca, rendendo irrilevante la nuova disciplina (efficace in salvaguardia dal 7 febbraio 2005 e definitivamente dal 16 maggio 2007).

12. Contro le limitazioni introdotte dal Comune nel permesso di costruire n. 12893 del 30 luglio 2007 rispetto al progetto presentato, e contro la determinazione del contributo di costruzione, la ricorrente ha presentato impugnazione con atto notificato il 13 novembre 2007 e depositato il 29 novembre 2007. Le censure possono essere sintetizzate nei punti seguenti: a) mancanza di un titolo vincolante che imponga la cessione al Comune dell’area destinata a parcheggio pubblico dal PRG; b) violazione dell’art. 2 comma 1 della LR 12/1997 e dell’art. 4 delle NTA vigenti all’epoca dei fatti per quanto riguarda il computo nella SLP e nella volumetria del seminterrato adibito a ristorante; c) violazione dell’art. 22 ultimo comma delle NTA per quanto riguarda il computo dell’alloggio del custode nella volumetria alberghiera complessiva; d) illogicità del divieto di collocare pannelli fotovoltaici su un apposito pergolato; e) violazione dell’art. 48 comma 4 della LR 11 marzo 2005 n. 12, in quanto il contributo sul costo di costruzione è stato calcolato con riferimento non al costo effettivo ma al costo teorico determinato in base al prezziario della Camera di Commercio; f) irragionevolezza, in quanto ai fini del calcolo del contributo sul costo di costruzione non è stato scorporato il costo della piscina non realizzata; g) irragionevolezza, in quanto ai fini del calcolo degli oneri di urbanizzazione non è stata scorporata la SLP relativa alle attività accessorie; h) irragionevolezza per mancato scomputo dagli oneri di urbanizzazione del costo dello spostamento della fognatura comunale. In aggiunta la ricorrente ha chiesto la condanna del Comune al risarcimento del danno. Le voci di danno rilevanti consisterebbero nelle conseguenze negative derivanti dall’eccesiva durata del procedimento e dalla mancata installazione dei pannelli fotovoltaici. Il Comune si è costituito in giudizio chiedendo la reiezione delle domande della ricorrente.

13. Con il primo motivo si sostiene che il Comune avrebbe illegittimamente imposto la cessione di un’area destinata a parcheggio pubblico dal PRG nonostante la mancanza di un titolo vincolante per la ricorrente.

14. La tesi non appare condivisibile. In via generale si osserva che la perequazione urbanistica nella forma del riconoscimento di facoltà edificatorie in cambio della cessione gratuita di aree da destinare alla fruizione collettiva può essere esercitata anche in collegamento con edificazioni singole al di fuori di un piano attuativo. Questo perché anche le edificazioni singole devono concorrere, al pari di quelle di maggiore complessità, al raggiungimento del livello minimo di dotazioni infrastrutturali previsto dal piano dei servizi. In proposito dispone l’art. 9 comma 3 della LR 12/2005, il quale estende ai piani attuativi la stessa dotazione minima di aree per attrezzature pubbliche e di interesse generale prevista dal piano dei servizi per le altre parti del territorio, con questo implicando che tutti i proprietari, all’interno e all’esterno dei piani attuativi, sono assoggettati all’obbligo di contribuire al reperimento delle aree destinate a standard pubblico (v. TAR Brescia 13 luglio 2005 n. 749; TAR Brescia 16 maggio 2006 n. 567). L’assoggettamento si deve intendere proporzionato all’ampiezza delle aree di proprietà e all’impatto dell’intervento edilizio. Nel caso in esame, dove si discute di un albergo, la cessione dell’area a parcheggio appare proporzionata, in quanto da un lato non ostacola il raggiungimento dell’obiettivo edificatorio della ricorrente e dall’altro è giustificata dal fatto che l’aumento dell’esigenza di parcheggi è strettamente correlato all’avvio dell’attività alberghiera.

15. In aggiunta, con riferimento al caso specifico, si deve sottolineare che la ricorrente aveva contrattato l’acquisto dell’immobile essendo informata dell’esistenza dell’obbligo di cedere l’area a parcheggio (v. sopra al punto 1). Tale obbligo non può quindi essere messo in discussione. Non è necessario che vi fosse una specifica pattuizione sulla cessione tra il Comune e la società dante causa della ricorrente. Normalmente gli obblighi di questa natura sono assunti mediante atti unilaterali di impegno e confluiscono, con gli altri elementi della fattispecie, nel permesso di costruire: quest’ultimo svolge una funzione di sintesi rappresentando il titolo sia delle facoltà edificatorie sia degli obblighi dei privati. Nel corso della procedura chi subentra nella posizione del soggetto che ha chiesto il permesso di costruire acquista le aspettative edificatorie maturate fino a quel momento (comprese quelle definite da atti unilaterali) e non può pretendere di modificare la posizione espressa dall’amministrazione nei confronti del dante causa. La decisione del Comune di subordinare il rilascio del permesso di costruire alla cessione dell’area non costituisce quindi una forzatura. La ricorrente ha poi dimostrato, con la dichiarazione di impegno del 1 giugno 2007, di volersi adattare a questa situazione dopo aver cercato (e ottenuto) di limitare quanto più possibile il proprio onere (v. sopra al punto 9).

16. Con il secondo motivo si sostiene che la pretesa del Comune di computare il seminterrato adibito a ristorante nella SLP, e quindi nella volumetria, violerebbe l’art. 2 comma 1 della LR 12/1997 e l’art. 4 delle NTA vigenti all’epoca dei fatti. La ricorrente si basa sulla definizione delle attività accessorie a quelle alberghiere effettuata ai fini della classificazione delle aziende alberghiere dall’art. 2 comma 1 della LR 12/1997 (v. ora l’art. 22 comma 1 della LR 16 luglio 2007 n. 15). Tra queste attività rientrano gli “eventuali servizi di bar e ristorante”. Una volta attribuita al ristorante la qualifica di servizio accessorio si chiede l’applicazione dell’art. 4 delle NTA vigenti al momento del rinnovo della concessione edilizia (v. sopra al punto 2), il quale esclude dal computo della SLP le parti interrate o seminterrate che siano state vincolate ad attività accessorie a quella alberghiera mediante un atto di asservimento registrato e trascritto.

17. La tesi non può essere condivisa. In primo luogo si osserva che la definizione delle attività accessorie data dalla legislazione regionale con finalità classificatorie non implica che sul piano urbanistico l’abbinamento di attività alberghiere e attività di ristorazione veda sempre le prime come principali e le seconde come accessorie. Il vincolo di accessorietà deve comunque essere valutato in concreto sulla base della prevalenza economica. Diversamente vi sarebbe sovrapposizione di un criterio legale alla situazione effettiva con il rischio di risultati urbanistici irragionevoli. Più in dettaglio occorre riconoscere che sul problema del computo della SLP e della volumetria la stessa amministrazione ha manifestato inizialmente opinioni opposte (v. sopra al punto 3). In effetti se si ritiene, come ha evidentemente fatto il responsabile dell’Area Servizi al Territorio nella nota del 21 febbraio 2006, che l’attività di ristorazione sia meramente ausiliaria di quella alberghiera, è possibile applicare la deroga dell’art. 4 delle NTA previa sottoscrizione dell’atto di asservimento. Tuttavia quando il permesso di costruire è stato rilasciato (30 luglio 2007) questa norma era ormai stata sostituita dal nuovo art. 7 delle NTA, il quale introduce un limite ulteriore consentendo la deroga soltanto per i locali interrati e non più anche per i seminterrati come il ristorante in questione (v. sopra al punto 11). In salvaguardia l’art. 7 delle NTA era in vigore dal 7 febbraio 2005. Poiché la valutazione circa il computo della SLP e della volumetria si è svolta all’interno dell’esame della variante presentata il 23 dicembre 2005 non vi sono elementi che colleghino l’aspettativa della ricorrente alla più favorevole disciplina anteriore. Il fatto che la prima concessione edilizia fosse del 1990 e il rinnovo del 2004 non cambia questa conclusione, in quanto nelle costruzioni complesse che si sviluppano e trasformano attraverso più titoli edilizi, o varianti degli stessi, l’aggancio alla disciplina urbanistica iniziale è cedevole rispetto all’esigenza di valutare nel suo complesso la sistemazione finale dell’immobile. A maggior ragione il riferimento alla normativa sopravvenuta è necessario quando il titolo edilizio originario sia decaduto per decorso del tempo e siano insorte nel periodo intermedio nuove esigenze architettoniche e funzionali.

18. La previsione dell’art. 7 delle NTA non può essere estesa ai seminterrati in via interpretativa. L’esclusione dei locali interrati dal computo della SLP e della volumetria costituisce una deroga al principio che impone di misurare l’impatto di un’edificazione tenendo conto di tutte le superfici utili, in modo che gli indici edilizi previsti per ciascuna zona riflettano con trasparenza l’effettiva utilizzazione del territorio. La scelta di includere i seminterrati nel computo complessivo appare quindi ragionevole, in quanto dà rilievo a volumi che oltre a produrre utilità economica incidono sul contesto elevando l’altezza complessiva fuori terra dell’edificio. Si tratta di volumi che se fossero traslati all’esterno sotto forma di facoltà edificatorie residue garantirebbero un doppio vantaggio al proprietario senza il bilanciamento di un qualche interesse pubblico.

19. Con il terzo motivo si lamenta la violazione dell’art. 22 ultimo comma delle NTA, che consentirebbe di escludere l’alloggio del custode dalla volumetria alberghiera complessiva. La ricorrente afferma che questa sarebbe l’unica lettura possibile della norma.

20. La tesi non appare condivisibile. L’art. 22 delle NTA si limita a consentire nelle zone destinate agli alberghi (edificate e inedificate) la realizzazione di un alloggio di servizio di non più di 95 mq netti, senza specificare che si tratta di una facoltà edificatoria aggiuntiva rispetto agli indici edilizi complessivi. Come si è visto sopra al punto 18 l’esclusione di una particolare tipologia di locali dal computo della SLP e della volumetria, avendo natura eccezionale, deve essere espressamente prevista, in particolare quando si tratti di locali che non sono affatto neutri sotto il profilo del peso insediativo. In mancanza di una deroga espressa si deve ritenere che la finalità della norma in questione sia unicamente quella di garantire la possibilità, entro certi limiti, di realizzare volumetria residenziale in immobili che in aderenza alla destinazione di zona dovrebbero ospitare soltanto locali funzionali all’attività alberghiera.

21. Con il quarto motivo si censura per illogicità il divieto di collocare pannelli fotovoltaici sul piano di copertura mediante un apposito pergolato. Il Comune replica al riguardo che in realtà la scelta di non installare un impianto fotovoltaico sarebbe riconducibile unicamente alla ricorrente, la quale negli elaborati grafici depositati il 19 maggio 2006 ha sostituito la previsione iniziale con un impianto solare termico (v. sopra al punto 6).

22. Questo motivo di ricorso appare condivisibile. Occorre premettere che il comportamento della ricorrente non può essere qualificato come acquiescenza. L’utilizzazione da parte della commissione edilizia integrata di pareri sospensivi (ossia negativi ma non definitivi, in quanto assimilabili a preavvisi di diniego ex art. 10-bis della legge 241/1990) e di pareri favorevoli condizionati (v. sopra ai punti 3-5-7) si può considerare ammissibile come strumento di formazione progressiva della decisione finale sul progetto esaminato. Si tratta di un modulo collaborativo che si adatta bene alle progettazioni complesse ma non implica una serie di accordi successivi tra l’amministrazione e il privato. Il passaggio a un livello successivo di valutazione non significa che sulle questioni già esaminate sia intervenuto un incontro di volontà ma esprime semplicemente un maggiore grado di precisazione della volontà dell’amministrazione. Il privato ha interesse a modificare il progetto secondo le indicazioni ricevute per determinare il pronunciamento definitivo dell’amministrazione ma conserva la facoltà di contestare il provvedimento finale nelle parti non condivise. Pertanto il fatto che la ricorrente abbia cancellato dal progetto l’impianto fotovoltaico non impedisce la proposizione del ricorso su questo aspetto. Non era neppure necessario che l’impugnazione avvenisse al momento della formulazione del parere negativo, in quanto solo con l’emissione del permesso di costruire la situazione si è cristallizzata ed è risultato chiaro alla ricorrente il quadro delle proprie facoltà edificatorie, con riferimento alle quali ha così potuto essere valutato anche il rilievo della perdita di questa specifica aspettativa.

23. Quanto alla fondatezza della richiesta di installare l’impianto fotovoltaico si osserva che questo tipo di tecnologia è oggetto di un particolare favore legislativo (v. art. 4 comma 1-bis del DPR 6 giugno 2001 n. 380) e dunque il diniego dell’amministrazione deve essere basato sulla precisa individuazione di interessi pubblici prevalenti. Nel caso in esame questa dimostrazione non è vi è stata (v. sopra al punto 5). Sotto il profilo urbanistico-edilizio l’equiparazione dell’impianto fotovoltaico a un nuovo piano è impropria e staccata dalla realtà, perché mette in relazione elementi non comparabili né per la consistenza, né per le dimensioni né per la funzione. La necessità di inclinare i pannelli, allo stato attuale della tecnologia, richiede la collocazione di una struttura di sostegno, che risulta sopraelevata rispetto al piano di copertura ma non è equiparabile a un nuovo piano edificato. Sotto il profilo paesistico-ambientale l’osservazione della commissione ha un maggiore grado di pertinenza, in quanto la posa dei pannelli su un reticolo di travi in legno sulla copertura di un edificio crea un impatto visivo che può interferire con il vincolo. Tuttavia occorre sottolineare che i valori estetici d’insieme tutelati dal vincolo devono essere valutati tenendo presente la natura e la finalità degli impianti tecnologici. L’uso di pannelli fotovoltaici è attualmente considerato desiderabile per il contributo alla produzione di energia elettrica senza inconvenienti ambientali. Questo modifica anche (almeno in parte) il giudizio estetico. Pertanto la presenza di pannelli sulla copertura degli edifici, pur innovando la tipologia e la morfologia della copertura, non deve essere percepita esclusivamente come un fattore di disturbo visivo. Prima di negare l’installazione di un impianto fotovoltaico, in mancanza di alternative tecnologiche disponibili sul mercato, deve quindi essere data prova dell’assoluta incongruenza delle opere rispetto alle peculiarità del paesaggio, cosa che in concreto non è avvenuta.

24. Con il quinto motivo si lamenta il fatto che in violazione dell’art. 48 comma 4 della LR 12/2005 il contributo sul costo di costruzione sia stato calcolato con riferimento non al costo effettivo ma al costo teorico determinato in base al prezziario della Camera di Commercio. Nel computo metrico estimativo inviato il 20 aprile 2007 la ricorrente ha calcolato da un lato il costo totale secondo il prezziario della Camera di Commercio (€ 112.406) e dall’altro il costo effettivo che tiene conto dell’organizzazione aziendale e della possibilità di realizzare economie (€ 78.684). Il primo costo è stato effettivamente utilizzato dal Comune per stabilire il contributo in € 11.240,60 applicando l’aliquota del 10% stabilita ancora con deliberazione consiliare n. 76 del 29 ottobre 1991. Per ottenere il costo effettivo la ricorrente ha invece stimato una riduzione del 30% del prezziario estrapolando tale percentuale dal confronto tra alcune voci di costo ed estendendola poi a tutte le altre voci.

25. Questi argomenti non possono essere condivisi. Innanzitutto non è corretta la premessa, perché in base all’art. 48 commi 1 e 2 della LR 12/2005 il costo di costruzione per i nuovi edifici non corrisponde alla spesa effettiva ma è definito dalla Regione con riferimento ai costi massimi ammissibili per l'edilizia agevolata ed è adeguato autonomamente dai comuni sulla base della variazione accertata dall'ISTAT. In tale contesto il concetto di “costo documentato di costruzione” previsto dal successivo comma 4 per gli interventi con destinazione commerciale e turistico-alberghiero-ricettiva non è rappresentato dal costo che i privati ritengono di dover sostenere per effetto dei propri rapporti con gli appaltatori o con i fornitori ma costituisce un costo standard, omogeneo sul territorio comunale, e definito secondo criteri certi. Il prezziario della Camera di Commercio è utile a questo scopo, come le altre banche dati provenienti da organismi affidabili. Di “costo reale degli interventi” si parla solo nel comma 6 a proposito degli interventi di ristrutturazione edilizia non comportanti demolizione e ricostruzione, ma anche in questo caso non può essere esclusa la possibilità di una direttiva regionale o comunale di omogeneizzazione delle voci di costo.

26. L’esigenza di uniformare il costo di costruzione deriva dalla natura di questa prestazione patrimoniale, che deve essere ascritta alla categoria dei tributi locali (v. CS Sez. V 15 dicembre 2005 n. 7140; Tar Brescia 3 dicembre 2007 n. 1268). Il prelievo non si basa infatti, come nel caso degli oneri di urbanizzazione, sui costi collettivi derivanti dall’insediamento di un nuovo edificio ma sull’aumento di ricchezza determinato dall’intervento edilizio. Tale aumento si misura in modo oggettivo in relazione al risultato e non a partire dall’incidenza sul patrimonio dei privati: il costo di costruzione è quindi la misura della ricchezza prodotta, non della spesa di chi ha effettuato l’intervento. Diversamente si creerebbero disparità tra i cittadini in conseguenza delle condizioni soggettive di ciascuno (a vantaggio dei soggetti che disponendo di un’organizzazione aziendale o di rapporti particolari con altri soggetti sono in grado di eliminare o ridurre alcune spese).

27. Fermo quanto esposto sopra ai punti 25-26, si osserva che l’operazione di calcolo del costo di costruzione effettuata dalla ricorrente non può essere condivisa neppure nel metodo, in quanto se lo scopo perseguito era di ottenere la spesa effettiva la verifica doveva essere effettuata su ogni singola voce di costo. La ricorrente ha invece effettuato una generalizzazione della media del risparmio calcolato su 13 voci senza dare alcuna dimostrazione della congruenza di questa percentuale rispetto alla parte residua dei costi.

28. Con il sesto motivo la ricorrente afferma che sarebbe irragionevole calcolare il contributo sul costo di costruzione senza scorporare la piscina sul piano di copertura, opera presente nel progetto originario ma non realizzata perché sostituita da una piscina al piano terra. In questo modo il Comune avrebbe conseguito un indebito vantaggio, in quanto ha già ottenuto il pagamento dalla dante causa della ricorrente del contributo sul costo di costruzione comprensivo della piscina inizialmente prevista sul piano di copertura.

29. La tesi appare parzialmente condivisibile. Essendo subentrata nella posizione della dante causa, la ricorrente può avvalersi dell’attività posta in essere dalla stessa (oltre che subirne le limitazioni, come si è visto sopra al punto 15). Nello specifico può esigere che il costo della piscina al piano terra sia compensato, in tutto o in parte, con il costo della piscina sul piano di copertura già utilizzato in precedenza come base di calcolo per definire il contributo sul costo di costruzione. Questo riguarda tuttavia solo il costo di costruzione della piscina vera e propria sul piano di copertura e non quello dei pilastri rinforzati e delle altre opere accessorie, che essendo al servizio dell’intero edificio devono rimanere al loro posto e non possono essere oggetto di rivisitazione nei calcoli. Il costo di costruzione della piscina del piano di copertura deve poi essere ridotto dell’importo corrispondente alla struttura che sulla copertura ha sostituito la suddetta piscina.

30. Con il settimo motivo si lamenta il fatto che dalla base di calcolo degli oneri di urbanizzazione non sia stata scorporata la SLP relativa alle attività accessorie. Questa argomentazione è sostanzialmente corrispondente a quella del secondo e terzo motivo, dove il problema era osservato dalla prospettiva della consumazione della SLP e della volumetria ammissibile, e dunque deve essere respinta per le medesime ragioni già viste sopra ai punti 16-20. In sintesi, dovendo i locali accessori essere computati nella SLP e nella volumetria complessiva, è corretto anche il loro inserimento nella base di calcolo degli oneri di urbanizzazione, in quanto si tratta di edificazioni che accrescono le esigenze di infrastrutturazione del territorio.

31. Con l’ottavo motivo si sostiene che dagli oneri di urbanizzazione dovrebbe essere scomputato il costo dello spostamento della fognatura comunale. La realizzazione della fognatura era un obbligo previsto dalla concessione edilizia del 1990, e il relativo costo è stato detratto dagli oneri di urbanizzazione. Ora è necessario spostare le tubazioni perché interferiscono con il parcheggio interrato del nuovo progetto. Gli oneri dello spostamento sono consistenti, in quanto è necessario demolire e ricostruire un marciapiede e una pista ciclabile realizzati dal Comune su una striscia di terreno che la ricorrente afferma essere di sua proprietà.

32. La tesi non può essere condivisa. Dal ricorso non risulta che la ricorrente abbia proposto azioni a tutela della proprietà asseritamente usurpata dal Comune per la realizzazione del marciapiede e della pista ciclabile. Sotto questo profilo la situazione si deve quindi considerare consolidata a favore del Comune. Di conseguenza la richiesta comunale di far demolire e ricostruire a cura e spese della ricorrente le opere pubbliche esistenti appare giustificata. L’intervento è principalmente nell’interesse della ricorrente, perché consente la realizzazione del parcheggio interrato. In effetti l’occasione che ha determinato la necessità dello spostamento della fognatura è stata determinata dal progetto in variante presentato dalla ricorrente, e rispetto a questa circostanza non è possibile imputare al Comune alcuna negligenza, neppure dimostrando che gli uffici comunali conoscevano le intenzioni della ricorrente quando sono stati approvati i lavori del marciapiede e della pista ciclabile, perché le richieste di autorizzazione delle edificazioni private non garantiscono automaticamente un diritto di prevenzione rispetto all’esecuzione di opere pubbliche.

33. Per quanto riguarda la parte impugnatoria del ricorso sono quindi accolti i motivi riguardanti l’impianto fotovoltaico (v. sopra ai punti 21-23) e il mancato scorporo dal costo di costruzione della piscina originariamente progettata sul piano di copertura (v. sopra ai punti 28-29). Di conseguenza il permesso di costruire è annullato sotto questi profili. Dal primo annullamento discende la possibilità per la ricorrente di realizzare il suddetto impianto, fermo restando il potere del Comune di imporre prescrizioni puntuali strettamente collegate alla tutela del vincolo paesistico. Dal secondo annullamento deriva l’obbligo per il Comune di ridefinire il costo di costruzione secondo i criteri indicati al punto 29 e di calcolare su questa base il contributo effettivamente dovuto. La differenza dovrà essere restituita alla ricorrente con gli interessi legali dalla comunicazione della presente sentenza, previa acquisizione della prova documentale dell’effettivo pagamento, da parte della dante causa, del contributo in relazione anche al costo della piscina progettata sul piano di copertura.

34. La domanda di risarcimento danni può essere accolta solo parzialmente. Non appare condivisibile la tesi della ricorrente secondo cui il procedimento di rilascio del permesso di costruire avrebbe avuto una durata abnorme. In realtà si è trattato di valutare un progetto complesso, ed è stato necessario l’esame di molti dettagli. La stessa ricorrente ha poi contribuito alla dilatazione dei tempi presentando solo su sollecitazione del Comune e comunque in ritardo parte della documentazione richiesta (v. sopra ai punti 7 e 9). Può invece essere accolta la domanda di risarcimento relativa al danno causato dalla mancata installazione dell’impianto fotovoltaico. Per quanto riguarda l’elemento soggettivo si osserva che le considerazioni svolte dal Comune per bloccare il progetto, in particolare sotto l’aspetto urbanistico-edilizio, sono del tutto inappropriate (v. sopra al punto 23), e anche la valutazione paesistico-ambientale si è limitata a rilevare il potenziale contrasto con il vincolo senza operare un esame di compatibilità in concreto, come sarebbe stato invece necessario secondo i principi della materia. Quanto all’elemento oggettivo, è quantificabile il danno direttamente collegato alla mancata produzione di energia elettrica, mentre è descritto solo in termini generici e pertanto non è precisamente individuabile né risarcibile il danno collegato alla perdita di immagine (impossibilità di sfruttare nel marketing la qualità di edificio ecocompatibile). Considerata la complessità del calcolo, per la liquidazione della somma dovuta è necessario seguire la procedura di cui all’art. 35 comma 2 del Dlgs. 31 marzo 1998 n. 80. Le parti dovranno quindi raggiungere un accordo entro 90 giorni dalla comunicazione della presente sentenza seguendo i criteri esposti di seguito:

a) i mancati introiti sono definiti tenendo conto dell’energia media annua prodotta da impianti fotovoltaici aventi caratteristiche analoghe a quelle dell’impianto progettato;

b) le tariffe incentivanti a cui occorre fare riferimento sono quelle previste dal DM 28 luglio 2005, come modificato dal DM 6 febbraio 2006, essendo questa la disciplina applicabile all’epoca dei fatti;

c) in via equitativa la durata della perdita risarcibile decorre dal 1 ottobre 2007 (ossia circa due mesi dopo il rilascio del permesso di costruire, per tenere conto dei tempi di installazione e attivazione dell’impianto) e terminerà alla data in cui inizieranno a essere erogati dall’autorità competente gli incentivi per l’impianto realizzato. È onere della ricorrente (e condizione per conservare il diritto al risarcimento per la durata sopra indicata) chiedere tempestivamente l’applicazione dei suddetti incentivi;

d) per il periodo pregresso le somme calcolate secondo quanto stabilito alle lettere precedenti devono essere rivalutate annualmente. Sulle somme così rivalutate sono calcolati per ciascun anno gli interessi legali fino al momento del saldo.

35. Per il carattere parziale dell’accoglimento del ricorso e per la complessità di alcune questioni è possibile disporre l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione staccata di Brescia, definitivamente pronunciando, accoglie parzialmente il ricorso come precisato in motivazione.

Le spese sono integralmente compensate tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 12 novembre 2008 con l'intervento dei Magistrati:



Giuseppe Petruzzelli, Presidente

Mario Mosconi, Consigliere

Mauro Pedron, Primo Referendario, Estensore







L'ESTENSORE IL PRESIDENTE






DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 15/04/2009

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO