TAR Lombardia (MI), Sez. II, n. 2513, del 13 novembre 2013
Urbanistica. Atto notorio e abuso edilizio

La produzione di una dichiarazione sostitutiva di atto notorio non può in alcun modo assurgere al rango di prova, seppure presuntiva, sull'epoca di realizzazione dell'abuso, ai fini dell'esenzione ratione temporis dalla necessità di un titolo edilizio quantomeno se trattasi dell’unica prova offerta in assenza di minimi riscontri documentali. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 02513/2013 REG.PROV.COLL.

N. 02496/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2496 del 2012, proposto da: 
- Azienda Agricola “Il Nuovo Bosco” S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Mario Lavatelli, Vincenzo Latorraca e Micaela Chiesa, con domicilio eletto presso Micaela Chiesa in Milano, Corso di Porta Vittoria, 47;

contro

- Comune di Novedrate, rappresentato e difeso dagli avv. Ercole Romano e Andrea Mascetti, con domicilio eletto presso Ercole Romano in Milano, Viale Bianca Maria, 23; 
- Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Milano;

per l'annullamento

- 1) del provvedimento prot. 3551 del 24.5.2012 avente ad oggetto "diniego parziale dell'accertamento di conformità edilizia - pratica n. 02/2011";

- 2) della nota prot. 3504 del 21.5.2012 avente ad oggetto "domanda di accertamento di conformità edilizia pratica n. 07/2011 prot. gen. 5446/2011 del 3/8/2011 controdeduzione alla Vs. nota del 18/4/2012 prot. 2705";

- 3) dell'ordinanza n. 28/2012 del 25.5.2012 e della determinazione prot. 3613/12 allegata;

- 4) del parere della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Milano prot. 4142 del 2.3.2012;

- 5) del parere della Commissione del Paesaggio, seduta dell'8.10.11;

- 6) del provvedimento prot. 3502 del 21.5.2012 avente ad oggetto "parziale diniego dell'accertamento di compatibilità paesaggistica";

- 7) della nota prot. 4639 del 28.6.2012 avente ad oggetto "domanda di accertamento di compatibilità paesaggistica pratica n. 06/2011 - prot. gen. 5447 del 3/8/2011 Vs. note prot. n. 3637 del 28/5/2012 e prot. n. 3650 del 29/5/2012";

- 8) della nota prot. 2198 del 28/3/2012 avente ad oggetto "procedimento domanda di accertamento di conformità edilizia pratica n. 09/2011, prot. gen. 5717/2011 del 16/8/2011, controdeduzioni alle note prot. n. 8491 del 12/12/2011, n. 334 del 16/01/2012, n. 1032 del 14/02/2012 e n. 1596 del 7/3/2012 - diniego definitivo";

- 9) del provvedimento prot. 2278 del 30.3.2012 avente ad oggetto "diniego dell'accertamento di conformità edilizia pratica n. 09/2011";

- 10) della nota prot. 3334 del 15/5/2012 avente ad oggetto "diniego della domanda di accertamento di conformità edilizia pratica n. 09/2011, prot. gen. 5717/2011 del 16/8/2011 - rif. note prot. n. 2486 del 10/4/2012 e n. 2785 del 20/4/2012";

- 11) della nota prot. 3318 del 14.5.2012 avente ad oggetto "procedimento domanda di accertamento di compatibilità paesaggistica pratica n. 08/2011 prot. gen. 5718/2011 del 18/08/2011 controdeduzioni alla Vs nota prot. n. 2485 del 10/04/2012";

- 12) del provvedimento prot. 3319 del 14.5.2012 avente ad oggetto "diniego dell'accertamento di compatibilità paesaggistica";

- 13) del parere della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Milano prot. 4143 del 2.3.2012;

- 14) dell'ordinanza n. 20/2012 del 14.5.2012 e della determinazione allegata a tale ordinanza.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Novedrate;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 maggio 2013 la dott.ssa Concetta Plantamura e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. L’Azienda Agricola “Il nuovo Bosco” s.r.l. (da ora anche solo “Azienda” o “Società”) in data 25-31.07.2012 ha notificato al Comune di Novedrate (da ora anche solo “Comune”) e alla Soprintendenza un ricorso straordinario al Capo dello Stato, volto all’annullamento degli atti in epigrafe meglio specificati.

2. Con atto di opposizione notificato il 18-19/9/2012 il Comune ha chiesto la trasposizione del ricorso straordinario in sede giurisdizionale, affinché lo stesso fosse deciso dal TAR Lombardia, sede di Milano.

3. Con atto depositato presso detto TAR il 24.10.2012 si è costituita l’Azienda, insistendo sulle domande formulate nel ricorso straordinario e notificando avviso ai sensi dell’art. 10 del d.P.R. n. 1199/1971.

4. Con atto depositato presso il medesimo TAR il 3.12.2012 si è costituito il Comune, contestando integralmente le deduzioni avversarie.

5. La ricorrente ha rappresentato, in fatto, di essere una società attiva prevalentemente nel settore zootecnico e operante mediante un’azienda avente un compendio immobiliare di proprietà di circa 236.000 mq, dislocato nei territori dei Comuni di Novedrate e Mariano Comense.

Di recente, essa avrebbe deciso di realizzare un ammodernamento strutturale del complesso fondiario, diretto a conseguire un incremento di produttività, anche attraverso una risistemazione agroforestale dei fondi.

In particolare, la Società ha riferito di aver eseguito una manutenzione straordinaria di un edificio insistente sul mappale 1698 del catasto di Novedrate, in precedenza adibito a stalla e fienile, nonché, una manutenzione di altro vetusto edificio, insistente in area boscata, al mappale 1077 del medesimo comune, adibito a “capanno/roccolo”.

6. Tutt’altra lettura della stessa vicenda viene resa dall’amministrazione comunale che, a seguito di alcuni sopralluoghi, ha ravvisato negli interventi realizzati sugli immobili sopra indicati, quanto al mappale 1077, una “nuova costruzione” e, quanto al mappale 1698, degli ampliamenti e dei cambi di destinazione d’uso.

7. L’Azienda avrebbe, quindi, avviato presso l’amministrazione competente appositi procedimenti di accertamento di conformità degli abusi contestati, terminati, però, con i provvedimenti negativi in epigrafe elencati.

Più in dettaglio, si tratta dei provvedimenti di diniego di accertamento di conformità edilizia (citati sopra sub nn. 1 e 9), dei dinieghi di accertamento di compatibilità paesaggistica (sub nn. 6 e 12) e delle conseguenti ordinanze di demolizione (sub nn. 3 e 14), tutti assunti dal resistente Comune sul presupposto che, gli abusi in questione, riguarderebbero interventi realizzati non soltanto, dopo il 1967, quando era necessario previamente munirsi di un titolo edilizio per edificare, ma anche dopo la data di apposizione del vincolo paesaggistico (identificato con il codice 13130099 nell’elenco dei vincoli del Comune di Novedrate e istituito con deliberazione di Giunta regionale n. 12028 del 25.07.1986).

8. Da ciò l’odierno gravame, affidato a sei motivi, come di seguito rubricati:

8.1. Violazione degli artt. 10 e 10 bis della legge n. 241/1990, dell’art. 97 Cost. e difetto di istruttoria, poiché il Comune non avrebbe esaminato la documentazione fornita dalla Società, a dimostrazione della preesistenza delle superfetazioni, quanto all’edificio sul mappale 1698, e della preesistenza dell’edificio tout court, quanto al mappale 1077. Da ciò il grave vulnus, sia al principio del contraddittorio nei rapporti fra p.a. e destinatario che a quello della trasparenza dell’azione amministrativa.

8.2. Difetto di istruttoria, anche in relazione all’art. 2 della legge n. 241/1990, poiché l’amministrazione avrebbe omesso di prendere in considerazione le risultanze istruttorie fornite dall’interessata.

8.3. Violazione degli artt. 1 e 3 della legge n. 241/1990. Difetto di motivazione e di istruttoria, poiché l’amministrazione si sarebbe limitata ad elencare le ragioni ostative all’accoglimento delle istanze, ignorando la documentazione e le argomentazioni della ricorrente.

8.4. Violazione degli artt. 2135 c.c., 59 e 62 legge regionale n. 12/2005, degli artt. 146 e 167 del d.lgs. n. 42/2004, poiché - nel caso concreto - si sarebbe trattato semplicemente di interventi manutentivi correlati all’attività agricola e, quindi, legittimi. Nessun pregiudizio ai valori paesaggistici protetti dalle surrichiamate norme sarebbe stato arrecato dagli interventi qui in contestazione.

8.5. Violazione dell’art. 62 della legge regionale n. 12/2005, poiché il Comune avrebbe erroneamente qualificato gli interventi, non rilevando che si tratterebbe di semplici interventi manutentivi sul patrimonio edilizio esistente, funzionali all’attività agricola. In tal senso deporrebbe, in particolare, la testimonianza resa dal sig. Piron, sia sulla datazione degli edifici che sulla loro ampiezza.

8.6. Violazione dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, erroneamente richiamato e applicato al caso di specie, ove non sarebbero configurabili né interventi di nuova costruzione né interventi di ristrutturazione con creazione di nuovi volumi. Al più, qui – sempre stando alla ricostruzione dell’istante - la p.a. avrebbe dovuto richiamare l’art. 34 del medesimo decreto.

9. Si è costituito il Comune di Novedrate, controdeducendo con separata memoria alle censure avversarie.

10. Con ordinanza n. 1803, del 21.12.2012, la Sezione ha accolto la formulata domanda cautelare, in vista della definizione nel merito dei plurimi ricorsi innestati sulla medesima vicenda urbanistico-edilizia, per alcuni dei quali era già stata fissata la trattazione nel merito alla medesima, odierna, udienza pubblica.

11. In vista di detta udienza entrambe le parti costituite hanno depositato memorie e repliche.

La ricorrente ha chiesto, in particolare, la sospensione del giudizio o il rinvio della discussione del merito in attesa che, nell’ambito del giudizio penale n. 208/2012, pendente dinanzi al Tribunale di Como, sezione distaccata di Cantù, venga assunta la testimonianza del sig. Antonio Piron, in qualità di collaborante dell’Azienda agricola sin dall’anno 1966.

Tale testimonianza, ad avviso della Società, sarebbe fondamentale anche nel giudizio in epigrafe, essendo il sig. Piron chiamato a confermare la datazione dei manufatti in contestazione in epoca anteriore al 1967. In subordine, l’esponente insiste per l’escussione, come testimoni, del sig. Piron e del sig. Mastore (o di altro rappresentante della soc. SCM geomatica e territorio), quest’ultimo sulle rilevazioni fotografiche aeree e sulle fotogrammetrie. In via di ulteriore subordine, si chiede che il TAR disponga c.t.u. o verificazione per descrivere lo stato dei luoghi ed esaminare la documentazione fotografica in atti.

12. All’udienza del 23 maggio 2013 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

13. I motivi di ricorso non sono fondati.

14. Preliminarmente, osserva il Collegio come, l’odierna impugnazione – che si rivolge contro una pluralità di atti – risulti ammissibile soltanto in relazione a quelli, indicati sopra sub nn. 1, 3, 6, 9, 12 e 14, aventi natura provvedimentale e, dunque, autonomamente lesiva; per la restante parte, quindi, il ricorso medesimo risulta inammissibile, in quanto rivolto avverso atti aventi carattere endoprocedimentale e, dunque, non autonomamente lesivi.

15. Indi, il Collegio ritiene utile osservare, sempre in premessa e al fine di comprendere meglio i termini della controversia in esame, come i provvedimenti di diniego impugnati riguardino due distinte fattispecie di abuso:

- da un lato, gli ampliamenti e il mutamento di destinazione d’uso del fabbricato censito al mappale 1698, precedentemente adibito a stalla e fienile;

- e, dall’altro, la realizzazione di una nuova costruzione (cd. roccolo), in area boscata, censita al mappale 1077.

16. Ebbene, secondo l’impostazione del patrocinio ricorrente, tanto l’ampliamento quanto la nuova costruzione sarebbero stati realizzati, nella loro attuale consistenza, in epoca di molto antecedente l'accertamento, ovvero ben prima del 1966. Per tale via, l’esponente difesa intende conseguire il risultato di poter prescindere dalla dimostrazione della sussistenza di un titolo edilizio a sostegno dei surriferiti manufatti, atteso che, solo con l'entrata in vigore della "legge ponte", n. 765/1967, di modifica dell’art. 31 della legge urbanistica generale n. 1150/1942, è stato generalizzato, dal 1° settembre 1967, l’obbligo, sino ad allora limitato ai centri urbani, di richiedere al Sindaco apposita “licenza edilizia” per l’attività costruttiva.

17. Sennonché, è proprio sulla sussistenza o meno di un adeguato riscontro probatorio delle predette asserzioni che si deve concentrare l’attenzione del Collegio, avendo l’amministrazione negato valenza probatoria alle allegazioni di parte ricorrente.

Queste ultime, a ben vedere, attengono alle riprese aerofotogrammetriche degli anni 1984 – 2009, ad alcune foto risalenti agli anni 2004 e riguardanti le superfetazioni del fabbricato censito al mappale 1698, nonché, alla dichiarazione del sig. Piron Antonio, secondo cui dette superfetazioni esisterebbero già dal 1966 (almeno, stando ai suoi ricordi, di addetto che si “occupava personalmente della cura e alimentazione dei conigli presso l’allevamento presente nell’azienda”).

18. Ebbene, esaminata attentamente la documentazione in atti, il Collegio ritiene che l’amministrazione sia correttamente pervenuta alla conclusione che le allegazioni dell’esponente siano prive di adeguata valenza probatoria, e che, pertanto, la domanda di sospensione del processo in attesa dell’escussione come teste del sig. Piron nel sopramenzionato procedimento penale, sia ultronea ai fini della decisione dell’odierno giudizio.

In effetti, non soltanto gli elementi visualizzati nelle aerofotogrammetrie dell’anno 1984 (quelle più risalenti) risultano talmente poco chiari da non consentire di dimostrare la presenza del cd. roccolo, e, per la stessa ragione, di formulare qualsiasi ipotesi sulla sagoma e volumetria dell’ex fienile, ma, addirittura essi risultano inconferenti, poiché comunque non dimostrano che si tratta di manufatti preesistenti da almeno diciotto anni (tanto è il lasso di tempo che intercorre tra il 1966 – data di asserita realizzazione dei manufatti de quibus - e il 1984 – data delle allegazioni più risalenti nel tempo).

Nè, a quest'ultimo riguardo, risultano utili sia la documentazione fotografica versata in atti da parte ricorrente, in quanto ben successiva all’anno 1966, sia la dichiarazione sostitutiva, resa nel mese di aprile 2012, in quanto non assistita dalle garanzie della prova testimoniale ed effettuata a notevole distanza di tempo dalla data rilevante ai fini probatori (cfr., in tal senso, tra le tante, T.A.R. Toscana, Firenze, Sez. III, Sent. 27-09-2012, n. 1568; id. 26 novembre 2010, n. 6628).

L'onere della prova di fatti assai risalenti, invero, può ritenersi soddisfatto solo quando le prove addotte risultano inconfutabili sulla base degli atti e documenti che, da soli od unitamente ad altri elementi di valutazione, offrono la ragionevole certezza (nella specie) dell'epoca di realizzazione del manufatto.

In tale prospettiva, la produzione di una dichiarazione sostitutiva di atto notorio non può in alcun modo assurgere al rango di prova, seppure presuntiva, sull'epoca di realizzazione dell'abuso, ai fini dell'esenzione ratione temporis dalla necessità di un titolo edilizio (cfr., in termini, anche T.A.R. Liguria, Sez. I, 4 dicembre 2012, n. 1565), quantomeno se trattasi dell’unica prova offerta in assenza di minimi riscontri documentali.

E nella specie non solo difettano altri riscontri documentali attendibili (aerofotogrammetrie, mappe catastali, etc.) in ordine all'epoca di realizzazione del manufatto, ma, come sopra rilevato, alcun valore, anche solo indiziario, può essere attribuito al documento fotografico del 2004 relativo al mappale 1698, di trentasette anni successivo allo spartiacque del 1967 (in disparte ogni considerazione su ciò che emerge dall'esame della citata fotografia, ove si notano materiali di costruzione il cui utilizzo, in epoca così asseritamente risalente, non appare affatto verosimile).

Il quadro fattuale vede, dunque, la netta prevalenza di dati incompatibili con la tesi propugnata dall’esponente circa l'ultimazione delle opere in data anteriore al 1967, il che conduce a respingere, in tale contesto di carenza probatoria, anche la richiesta di c.t.u. (diretta ad accertare l'epoca di realizzazione dei manufatti), in quanto la stessa cesserebbe di svolgere la funzione di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi già acquisiti al processo per diventare un mezzo di prova vero e proprio (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 30 maggio 2013, n. 2974; T.A.R. Umbria Perugia Sez. I, Sent., 30-08-2013, n. 462; T.A.R. Piemonte, Sez. I, 10 maggio 2013, n. 598); analogo motivo induce a disattendere la richiesta di prova testimoniale dei soggetti che hanno reso le dichiarazioni sostitutive (cfr. T.A.R. Lazio, Sez. III, 2 maggio 2013, n. 4383 e, più in generale, sugli argomenti oggi all’esame del Collegio: T.A.R. Brescia, Sez. II, 2 ottobre 2013, n. 814, per cui: “…in linea di principio l'onere della prova circa la data di realizzazione di un immobile abusivo spetta a chi ha commesso l'abuso (Consiglio di Stato, sez. IV - 31/1/2012 n. 478): secondo il principio generale previsto dall'art. 2697 del codice civile, infatti, "Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento", e con riguardo alla realizzazione di opere in tempo utile per poter fruire del condono, ad esempio, si è affermato che è onere del privato fornire la prova sulla data di ultimazione dell'abuso, in quanto la pubblica amministrazione non può di solito materialmente accertare quale fosse la situazione dell'intero suo territorio alla data prevista dalla legge, mentre il privato è normalmente in grado di esibire idonea documentazione comprovante la conclusione dell'opera (Consiglio di Stato, sez. IV - 27/11/2010 n. 8298; si veda anche T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII - 2/7/2010 n. 16569; T.A.R. Lombardia Brescia, sez. I - 8/4/2010 n. 1506)… E' stato altresì sottolineato che tale onere può ritenersi a sufficienza soddisfatto solo quando le prove addotte risultano obiettivamente inconfutabili sulla base di atti e documenti che, da soli o unitamente ad altri elementi probatori, offrono la ragionevole certezza dell'epoca di realizzazione del manufatto, mentre la semplice produzione di una dichiarazione sostitutiva non può in alcun modo assurgere al rango di prova (T.A.R. Liguria, sez. I - 8/3/2012 n. 367). E' stato inoltre puntualizzato che, nel processo civile, alle dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà deve negarsi qualsiasi rilevanza, sia pure indiziaria, qualora costituiscano l'unico elemento esibito in giudizio al fine di provare un elemento costitutivo dell'azione o dell'eccezione, atteso che la parte non può derivare elementi di prova a proprio favore - ai fini del soddisfacimento dell'onere di cui all'art. 2697 c.c. - da proprie dichiarazioni non asseverate da terzi (T.A.R. Lombardia Milano, sez. II - 24/2/2012 n. 617)...”. Cfr., ancora in termini, T.A.R. Lombardia, Brescia, Sezione II, 18/5/2012 n. 838).

A fronte della indimostrata data di realizzazione degli interventi per cui è causa, non può, quindi, fondatamente sostenersi che incombesse sull'Amministrazione l'obbligo di motivare i propri dinieghi e le conseguenti ordinanze repressive (cfr. TAR Toscana, III, n.284 del 2011 e n.457 del 2012).

Osserva, infatti, il Collegio che in base alla già citata e consolidata giurisprudenza, da cui il Collegio medesimo non ravvisa ragioni per discostarsi, "l'onere della prova dell'ultimazione dei lavori grava sul richiedente la sanatoria, in quanto, mentre l'amministrazione comunale non è normalmente in grado di accertare la situazione edilizia di tutto il proprio territorio alla data indicata dalla normativa sul condono, colui che lo richiede può, di regola, procurarsi la documentazione da cui si possa desumere che l'abuso sia stato effettivamente realizzato entro la data prevista" (cfr. Cons. di Stato Sez. VI, Sent. 05-08-2013, n. 4075; id., 24 settembre 2012, n. 5057; id., Sez. IV, 27 dicembre 2011, n. 6873).

19. Orbene, nel caso di specie, dagli atti di causa – a fronte di due distinte domande di accertamento di conformità edilizia (e di altrettante domande di accertamento di conformità paesaggistica), aventi ad oggetto interventi che presuppongono la legittima preesistenza di due manufatti, rispettivamente, sul mappale 1077 e sul mappale 1698 - non risulta, come precedentemente detto, che la ricorrente abbia presentato la documentazione necessaria per attestare che, tanto il manufatto del mappale 1077 quanto le superfetazioni del mappale 1698 siano state realizzate prima dell'anno 1967.

In siffatte evenienze appare del tutto legittima l’azione amministrativa che si è estrinsecata con i provvedimenti in epigrafe specificati (cfr. sul tema sempre da ultimo T.A.R. Umbria Perugia Sez. I, Sent. 30-08-2013, n. 461), assunti sul presupposto che gli interventi realizzati dall’istante si concretizzino in ben altro rispetto alla dichiarata manutenzione straordinaria, ovvero, in una nuova costruzione quanto al mappale 1077 e nella creazione di nuove superfici e volumi quanto al mappale 1698, entrambi incompatibili con la destinazione urbanistica di zona e in contrasto con il regime vincolistico dell’area (a quest’ultimo riguardo, osserva il Collegio che, contrariamente a quanto ipotizzato dall’istante a proposito dell’irrilevanza del vincolo paesaggistico siccome apposto successivamente alla realizzazione del cd. roccolo, in base alla sentenza dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 20 luglio 1999, n. 20, cui si è conformato il successivo orientamento giurisprudenziale, "la domanda di condono deve essere esaminata tenendo conto della normativa vigente al momento della conclusione del procedimento amministrativo. Pertanto, se nel corso del procedimento d'esame della domanda entra in vigore una normativa o è emesso un provvedimento, che determina la sopravvenienza di un vincolo di protezione dell'area in questione, l'autorità competente ad esaminare l'istanza di condono deve acquisire il parere della autorità preposta alla tutela del vincolo sopravvenuto, che deve pronunciarsi tenendo conto del quadro normativo vigente al momento in cui esercita i propri poteri consultivi (tempus regit actum), poiché - con la disposizione o con l'atto amministrativo sopravvenuto - l'area è specificamente sottoposta ad un regime giuridico di protezione, rispetto al quale va valutata l'incidenza dell'abuso commesso". Analogamente cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, Sent., 30-07-2013, n. 3997; id., 31 maggio 2013, n. 3015).

20. Facendo leva sulle considerazioni sin qui esposte, si possono passare in rassegna i singoli motivi di ricorso, osservando quanto segue:

20.1. - sul primo e terzo motivo: è smentita già in punto di fatto, alla luce della documentazione in atti, avuto particolare riguardo alle puntuali note di controdeduzione alle osservazioni di parte ricorrente in epigrafe meglio specificate, l’affermazione che nel caso di specie non vi sarebbe stata una piena ed effettiva partecipazione dell’Azienda al procedimento amministrativo di cui trattasi. Analogamente, non trova alcun riscontro il dedotto difetto di motivazione, avendo l’amministrazione ampiamente rappresentato le ragioni, come sopra illustrate, delle proprie determinazioni.

Ne discende la manifesta infondatezza del primo e del terzo motivo.

20.2. - Sul secondo motivo: risulta analogamente destituita di fondamento la contestazione che fa leva sul difetto di istruttoria atteso che, lungi dal disattendere le allegazioni della Società, l’amministrazione le ha bensì valutate, ma giungendo, come poc’anzi illustrato, alla conclusione dell’assenza di un adeguato sostegno probatorio delle asserzioni dell’istante in ordine alla datazione degli abusi edilizi in questione.

20.3 - Sui motivi quarto, quinto e sesto, da esaminare congiuntamente in quanto strettamente connessi: l’infondatezza delle censure sin qui scrutinate, in uno con le considerazioni espresse in premessa, trae con sé l’infondatezza anche dei predetti motivi, atteso che, in mancanza di prova circa la legittima preesistenza del cd. roccolo (mapp. 1077) e delle superfetazioni (al mapp. 1698), si giunge agevolmente ad escludere che qui siano configurabili delle mere attività manutentive, le quali, di per sé, presuppongono la legittima preesistenza del fabbricato da manutenere. Di contro, come si è detto, nella specie, tanto la creazione del manufatto sul mappale 1077, quanto la realizzazione delle superfetazioni sul mappale 1698, danno luogo ad interventi sine titulo, in aperto contrasto con la disciplina urbanistica e vincolistica dell’area, destituendo di fondamento tutti i motivi sin qui passati in rassegna.

21. Per le suesposte considerazioni, il ricorso in epigrafe specificato deve essere in parte dichiarato inammissibile per difetto di interesse e per il resto respinto.

22. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge in parte, come da motivazione, e per il resto lo dichiara inammissibile.

Condanna la ricorrente a rifondere al Comune intimato le spese di lite, che liquida in complessivi euro 3.000,00, oltre IVA e CPA..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 23 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Angelo De Zotti, Presidente

Stefano Celeste Cozzi, Primo Referendario

Concetta Plantamura, Primo Referendario, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 13/11/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)