TAR Campania (NA) Sez. II n. 5737 del 2 ottobre 2018
Urbanistica.Cessione di cubatura e contiguità dei fondi

La legittimità della cessione di cubatura richiede non solo l’omogeneità d’area territoriale, ma anche la contiguità dei fondi, e che, se la giurisprudenza ha riconosciuto utilizzabili asservimenti riferiti ad aree anche se non contigue sul piano fisico, purché vicine in modo significativo, in concreto essa ha chiarito che deve ritenersi significativa già una distanza tra loro di oltre 300 metri, derivandone la non idoneità e, in definitiva, l’irrilevanza dell’atto di asservimento


Pubblicato il 02/10/2018

N. 05737/2018 REG.PROV.COLL.

N. 01288/2009 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1288 del 2009, proposto da
Immobiliare Aprovitola S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Nicolina Abate, con la quale domicilia presso l’avv. Fabio Pascucci in Napoli, Viale della Costituzione, isola G1;

contro

Comune di Giugliano in Campania, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

a) del provvedimento del Comune di Giugliano in Campania a firma del Dirigente del Servizio Controllo Edilizia Privata n. 09/N/08, prot. n. 53541, del 4/12/08, con il quale è stato negato il rilascio di permesso a costruire ex art. 36 del DPR n. 380/01 per opere realizzate in parziale difformità rispetto al permesso a costruire n. 2/05; b) della relazione istruttoria prot. n. 4694/SAT del 27/10/08, a firma del tecnico responsabile del procedimento;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza di smaltimento del giorno 17 luglio 2018 il dott. Francesco Guarracino e uditi per le parti i difensori presenti come specificato nel verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Col ricorso in esame la Immobiliare Aprovitola S.p.a. ha impugnato il provvedimento N.09/N./08, prot. n. 53541 del 4 dicembre 2008, con cui il Comune di Giugliano in Campania le ha negato il rilascio del permesso di costruire per accertamento di conformità, ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/01, per opere realizzate in difformità dal permesso di costruire n. 2/05, precedentemente rilasciato per la costruzione di sette edifici, da adibirsi ad uso residence, in via Madonna del Pantano su suolo censito nel NCEU al foglio n. 55/D, p.lla 3183 (ex p.lle 2900 e 2902).

Come precisato nella relazione tecnica descrittiva di accompagnamento alla richiesta di permesso, la domanda di sanatoria riguardava l’intero complesso, avendo la società istante realizzato un ottavo edificio in assenza di permesso di costruire ed apportato ampliamenti plano-volumetrici ai restanti sette.

Il Comune di Giugliano in Campania, ritualmente intimato, non si è costituito in giudizio.

La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza di smaltimento del 17 luglio 2018.

DIRITTO

Il diniego del permesso di costruire in sanatoria è stato giustificato col contrasto dell’intervento con le norme tecniche di attuazione del vigente piano regolatore generale, per le seguenti motivazioni:

«al P.d.C. vengono accorpati al fine di raggiungere la cubatura necessari[a] lotti non contigui ma distanti qualche chilometro, pertanto neanche ragionevolmente vicini al fondo oggetto di edificazione. Inoltre la variante non sana in alcun modo il cambio di destinazione d’uso rilevata.

Pertanto permangono e aumenti considerevoli di volumetria e superfice in contrasto con l’art. 32 comma 1 lett. b e c del DPR 380/01 smi, essendo stati gli immobili alienati come civile abitazione in contrasto con la zona omogenea G3, in contrasto con la lett. a comma 1 dell’art. 32 citato»

Con un unico complesso motivo di censura la società ricorrente sostiene:

- quanto al primo punto, di aver asservito all'area interessata, per sanare l'incremento di volumetria realizzato, fondi limitrofi con l’identica destinazione urbanistica G3 generando una superficie utile edificabile di mq.14.554 (per effetto dall'intervenuto asservimento alle p.lle n. 2900, n. 2902 e n.475 delle particelle n.2042, n.2044, n.2050 e n.2051, per una superficie edificatoria totale rideterminata in mq.14.754, cui sottrarre mq 200 previsti per viabilità di progetto); a questo riguardo, l’assenza di contiguità fisica non ne impedirebbe l'accorpamento urbanistico, non essendo richiesta la diretta ed immediata vicinanza, ma l'appartenenza alla medesima zona omogenea, così come definita dalla disciplina urbanistica vigente.

- quanto al secondo punto, di non aver affatto chiesto di sanare un cambio di destinazione d'uso mai attuato (posto che dagli atti di vendita risulterebbe che gli immobili sono stati alienati con la destinazione originaria impressa dal permesso di costruire, cioè residence), ma solo di sanare, grazie all’accorpamento urbanistico, l'incremento di volumetria determinatosi in fase costruttiva.

Il ricorso non merita accoglimento.

La società ricorrente non contesta la circostanza di fatto che i fondi asserviti distano tra loro qualche chilometro, ma ne sostiene l’irrilevanza opinando sufficiente che tra gli stessi vi sia omogeneità di destinazione urbanistica.

In senso contrario, però, va osservato che per condiviso indirizzo interpretativo la legittimità della cessione di cubatura richiede non solo l’omogeneità d’area territoriale, ma anche la contiguità dei fondi, e che, se la giurisprudenza ha riconosciuto utilizzabili asservimenti riferiti ad aree anche se non contigue sul piano fisico, purché vicine in modo significativo, in concreto essa ha chiarito che deve ritenersi significativa già una distanza tra loro di oltre 300 metri, derivandone la non idoneità e, in definitiva, l’irrilevanza dell’atto di asservimento (cfr. C.d.S., sez. VI, 14 aprile 2016, n. 1515).

Applicando tali principi al caso in esame, dunque, è dirimente che i fondi asserviti, pur situati nello stesso contesto territoriale, sono distanti tra loro qualche chilometro e, pertanto, privi del requisito della contiguità.

Tanto basta al rigetto del ricorso, poiché quando una determinazione amministrativa si fonda su una pluralità di ragioni ciascuna delle quali di per sé idonea a supportarla in modo autonomo, come avviene nel caso in esame, è sufficiente che anche una sola di esse resista alle censure mosse in sede giurisdizionale perché il provvedimento nel suo complesso sfugga all'annullamento (ex multis, cfr. C.d.S., Sez. V, 6 marzo 2013, n. 1373; sez. VI, 27 febbraio 2012, n. 1081 sez. VI, 29 marzo 2011 , n. 1897). Ciò, infatti, comporta la carenza d’interesse della parte ricorrente all'esame delle ulteriori doglianze, posto che, se anche si rivelassero fondate, il loro accoglimento non sarebbe, comunque, idoneo a soddisfare il suo interesse ad ottenere l'annullamento del provvedimento impugnato (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 5 maggio 2017, n. 2421).

Per queste ragioni, in conclusione, il ricorso deve essere respinto.

Nulla va disposto per le spese processuali, non essendo costituita l’amministrazione intimata.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe (n. 1288/09), lo respinge.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 17 luglio 2018 con l'intervento dei magistrati:

Gabriele Nunziata, Presidente

Francesco Guarracino, Consigliere, Estensore

Brunella Bruno, Consigliere