TAR Sicilia (PA) Sez. II n,. 1029 del 12 aprile 2019
Urbanistica.Demolizione e silenzio dell'amministrazione

Costituisce principio giurisprudenziale indiscusso quello secondo cui al dovere di concludere il procedimento, previsto dall’art. 2, comma 1, l. n. 241/1990, si accompagna l’art. 21-quater della legge medesima, il quale dispone che “i provvedimenti amministrativi efficaci sono eseguiti immediatamente”, sicché l’applicazione congiunta delle due disposizioni configura, in esplicazione del principio di esecutorietà dei provvedimenti amministrativi – ossia, della loro idoneità ad essere eseguiti, direttamente e coattivamente, dall’amministrazione senza necessità di precostituire un titolo esecutivo giudiziale – un potere-dovere dell’amministrazione di portare ad effettiva attuazione i propri provvedimenti emessi al termine del procedimento. Il sopra richiamato art. 21 quater va dunque interpretato in connessione con le disposizioni del testo unico n. 380 del 2001 sull’obbligo di eseguire l’ordinanza di demolizione entro il termine di novanta giorni successivi alla sua notifica, decorso il quale l’amministrazione ha lo specifico dovere di emanare gli atti conseguenti e di porre in essere – a spese dell’inadempiente – l’attività materiale di adeguamento dello stato di fatto a quello di diritto Ne deriva che a fronte di un’istanza volta a sollecitare l’esercizio dei poteri repressivi in materia edilizia, è consentito all’interessato di ricorrere avverso il silenzio del Comune (segmalazione INg. M. FEDERICI)


Pubblicato il 12/04/2019

N. 01029/2019 REG.PROV.COLL.

N. 02322/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2322 del 2018, proposto dal Condominio di via Pietro Novelli n. 14 di Palermo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Diego Fecarotti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Diego Marcello Fecarotti in Palermo, viale Lazio n. 36;

contro

Comune di Palermo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Natale, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, piazza Marina n. 39;

nei confronti

Vetrano Rosa, non costituita in giudizio;

per la declaratoria di illegittimità

del silenzio serbato dal Comune di Palermo sull'istanza inoltrata via p.e.c. in data 20 febbraio 2018, con la quale il ricorrente condominio ha chiesto all'Amministrazione resistente di esercitare i propri poteri sanzionatori e repressivi al fine di eliminare le opere e i manufatti abusivi realizzati dalla signora Vetrano Rosa in corrispondenza dell'unità immobiliare posta al terzo piano dello stabile di via Pietro Novelli n. 14 (quarta elevazione dello stabile), dando seguito e attuazione all'Ordinanza di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi n. 7/OD emessa dal Dirigente dell'Area Tecnica della Riqualificazione Urbana e delle Infrastrutture del Comune di Palermo in data 29/4/2015, nonché per la condanna dell'amministrazione resistente all'adozione dei provvedimenti richiesti


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Palermo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 23 gennaio 2019 il dott. Francesco Mulieri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il presente gravame il Condominio ricorrente espone che:

- la signora Vetrano Rosa realizzava - senza valido titolo concessorio e senza autorizzazione del condominio - alcune opere e manufatti abusivi in corrispondenza dell’unità immobiliare di sua proprietà posta al piano terzo dello stabile di via Pietro Novelli n. 14 (quarta elevazione dello stabile - individuata catastalmente al foglio 136 particella 51 del N.C.E.U. di Palermo), costituita in origine da tre vani più accessori, superiore ammezzato con stanza e soprastante terrazzo scoperto;

- l’Area Tecnica della Riqualificazione Urbana e delle Infrastrutture del Comune di Palermo, che aveva inizialmente autorizzato il mantenimento delle opere di che trattasi, con ordinanza n. 29/OD del 12/07/2005, emetteva l’ordinanza n. 7/OD del 29/4/2015, con la quale, nel procedere alla revoca della detta precedente autorizzazione, ordinava alla proprietaria “la demolizione di tutte le opere realizzate abusivamente ed il ripristino dello stato dei luoghi, giusto parere definitivo n. 16374 del 9/3/2015 espresso dall’Ufficio del Genio Civile, entro novanta giorni dalla notifica della presente, con avvertenza che in caso di inottemperanza si procederà alla demolizione coattiva”;

- avverso la suddetta ordinanza di demolizione, la Sig.ra Vetrano Rosa proponeva ricorso (recante R.G. n. 2498/2015) innanzi a questo T.A.R. che, con ordinanza n. 930 del 9/9/2015, respingeva l’istanza cautelare della ricorrente;

- tale ultima ordinanza cautelare non è stato oggetto di appello innanzi al C.G.A. e, pertanto, l’ordinanza di demolizione n. 7/OD del 29/04/2015 ha continuato e continua a dispiegare legittimamente la propria efficacia;

- l’interessata non ha, però, in alcun modo dato esecuzione alla sopra citata ordinanza di demolizione né ha provveduto a ripristinare lo stato dei luoghi approntando le necessarie opere provvisionali e anzi avrebbe realizzato ulteriori interventi di completamento e di definizione del manufatto abusivo in palese contrasto e violazione del suddetto provvedimento repressivo adottato dal Comune di Palermo che, da parte sua, non avrebbe sino ad oggi provveduto ad esercitare i propri ulteriori poteri repressivi.

Con il ricorso in epigrafe, ritualmente notificato e depositato, il Condominio ricorrente chiede che sia accertata ai sensi e per gli effetti degli artt. 31 e 117 c.p.a. l’illegittimità del silenzio serbato dal Comune di Palermo sull’istanza inoltrata in data 20 febbraio 2018, con la quale ha chiesto al predetto Comune di esercitare i poteri sanzionatori e repressivi al fine di eliminare i manufatti di che trattasi ed ogni pregiudizio per la proprietà e le strutture condominiali.

Secondo la parte ricorrente sussisterebbero tutti i presupposti in presenza dei quali l’art. 2 della L. n. 241/1990 riconnette la formazione del c.d. silenzio-inadempimento. Il Comune di Palermo, infatti, avrebbe dovuto concludere il procedimento avviato a seguito dell’istanza inoltrata in data 20 febbraio 2018 mediante un provvedimento espresso e ciò anche in esecuzione dei provvedimenti già in precedenza adottati dalla stessa Amministrazione resistente; l’Amministrazione comunale, invece, sarebbe rimasta totalmente inerte, pur a fronte di una precisa e circostanziata richiesta finalizzata all’attivazione dei propri poteri sanzionatori per il ripristino della legalità violata dai manufatti realizzati dalla controinteressata contravvenendo agli strumenti urbanistici, alle prescrizioni attuative del P.P.E. del Centro Storico della Città di Palermo ed in palese violazione della normativa antisismica.

Per resistere al ricorso si è costituito il Comune di Palermo sostenendo che il Condominio di via Pietro Novelli 14, sarebbe privo di soggettività giuridica in subjecta materia e non sarebbe titolare “di un diritto soggettivo qualificato nei confronti della P.A.”.

La controinteressata Vetrano Rosa, sebbene ritualmente intimata, non si è costituita in giudizio.

Alla Camera di Consiglio del 4.10.2017, su richiesta dei difensori, presenti come da verbale, il ricorso è stato introitato per la decisione.

DIRITTO

Il Collegio in via preliminare esamina l’eccezione di difetto di legittimazione sollevata dal Comune di Palermo, che si è limitato genericamente ad eccepire la mancanza di soggettività giuridica del Condominio ricorrente, per rilevarne l’infondatezza.

È sufficiente in proposito osservare che se è vero che la giurisprudenza è costante nel qualificare il condominio non come un soggetto giuridico dotato di propria personalità distinta da quella di coloro che ne fanno parte, bensì come un “ente di gestione” (Cass. civ. Sez. II, 02/08/2005, n. 16141), è anche vero che tale ente agisce tramite la figura dell’amministratore che esegue le deliberazioni dell’assemblea ovvero a compie atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio (art. 1130 Cod. civ.)

In materia di azioni processuali, il potere decisionale spetta solo ed esclusivamente all’assemblea, la quale deve deliberare se agire in giudizio, se resistere e se impugnare i provvedimenti in cui il condominio risulta soccombente. L’amministratore di condominio - in base al disposto dell’art. 1131, commi 2 e 3, c.c. – potrebbe anche costituirsi in giudizio (o impugnare la sentenza sfavorevole) senza previa autorizzazione a tanto dell’assemblea. Lo stesso, tuttavia, in una tale eventualità, dovrà ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell'assemblea, per evitare pronuncia di inammissibilità dell’atto di costituzione ovvero di impugnazione (Cass., sez. II, 18/09/2013, n. 21395).

Nel caso di specie, parte ricorrente ha depositato la delibera del 21 giugno 2018 con cui l’amministratore (prof. Ing. Giovanni Rizzo) è stato autorizzato dall’assemblea a promuovere il presente giudizio. Risulta, pertanto, incontrovertibile la volontà dell’ente di gestione della cosa comune di proporre il ricorso ai sensi degli artt. 31 e 117 c.p.a., volto ad ottenere, a difesa della proprietà comune, l’attivazione dei poteri sanzionatori del Comune per il ripristino della legalità violata dai manufatti realizzati dalla controinteressata, stante la sua posizione differenziata di stabile collegamento con i predetti manufatti ed il grave pregiudizio alle strutture condominiali.

Quanto alla possibilità per la parte ricorrente di esperire un siffatto ricorso, il Collegio - pur in presenza di giurisprudenza che ritiene che restino esclusi dalla sfera applicativa del silenzio-inadempimento gli obblighi di eseguire che richiedono, per il loro assolvimento, un’attività materiale e non provvedimentale, ovvero “mista” (cfr. T.A.R. Campania, sez. VI, 8 marzo 2011 n. 1337) - ritiene di aderire al diverso orientamento che ne ammette, invece, l’esperibilità atteso che, a mente dell’art. 21 quater della L. n. 241 del 1990, interpretato in connessione con le disposizioni del D.P.R. n. 380 del 2001 sull’obbligo di eseguire l’ordinanza di demolizione (entro il termine di novanta giorni successivi alla sua notifica), deve ritenersi consentito al G.A. di sanzionare l’inerzia del Comune in ordine alla doverosa emanazione degli atti conseguenti all’ordinata demolizione e di porre in essere - a spese dell’inadempiente – l’attività materiale di adeguamento dello stato di fatto a quello di diritto (v., in un caso del tutto analogo al presente, TAR Sicilia, Palermo, sez. II, 05/02/2018 n. 306; cfr. altresì Cons. Stato, sez. VI, 10 maggio 2013, n. 2565; T.A.R. Catanzaro, sez. I, 21 ottobre 2013 n. 984).

Ed invero costituisce principio giurisprudenziale indiscusso quello secondo cui al dovere di concludere il procedimento, previsto dall’art. 2, comma 1, l. n. 241/1990, si accompagna l’art. 21-quater della legge medesima, il quale dispone che “i provvedimenti amministrativi efficaci sono eseguiti immediatamente”, sicché l’applicazione congiunta delle due disposizioni configura, in esplicazione del principio di esecutorietà dei provvedimenti amministrativi – ossia, della loro idoneità ad essere eseguiti, direttamente e coattivamente, dall’amministrazione senza necessità di precostituire un titolo esecutivo giudiziale – un potere-dovere dell’amministrazione di portare ad effettiva attuazione i propri provvedimenti emessi al termine del procedimento.

Il sopra richiamato art. 21 quater va dunque interpretato in connessione con le disposizioni del testo unico n. 380 del 2001 sull’obbligo di eseguire l’ordinanza di demolizione entro il termine di novanta giorni successivi alla sua notifica, decorso il quale l’amministrazione ha lo specifico dovere di emanare gli atti conseguenti e di porre in essere – a spese dell’inadempiente – l’attività materiale di adeguamento dello stato di fatto a quello di diritto” (Consiglio di Stato, VI, 10 maggio 2013, n. 2565).

Ne deriva che a fronte di un’istanza volta a sollecitare l’esercizio dei poteri repressivi in materia edilizia, è consentito all’interessato di ricorrere avverso il silenzio del Comune.

Nel caso di specie, l’inerzia serbata dal Comune di Palermo nell’esecuzione dell’ordinanza di demolizione n. 7/OD del 29/4/2015 non appare giustificata dalla circostanza che avverso il provvedimento sanzionatorio sia pendente il ricorso innanzi a questo Tribunale perché la domanda di sospensione cautelare dell’esecuzione è stata respinta e, dunque, il suddetto provvedimento e gli atti conseguenti sono pienamente efficaci; né può conferire legittimità alla protratta inerzia la scelta soprassessoria di rinvio dell’adozione della deliberazione di cui l’art. 31 del D.P.R. 380/2001, condizionandola alla definizione, con la decisione di merito, del predetto ricorso (TAR Sicilia, Palermo, sez. II, 05/02/2018 n. 306).

L’art. 31 del D.P.R. 380/2001 recita: “L’opera acquisita è demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell'abuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali”.

Come è evincibile dalla norma, in mancanza dell’adozione di tale “eventuale” deliberazione, il responsabile del competente ufficio comunale è “tenuto” a dare esecuzione ai provvedimenti repressivi in precedenza adottati posto che la demolizione costituisce atto dovuto (da parte del responsabile o dirigente del competente ufficio comunale) e, inoltre, rigorosamente vincolato.

Per le esposte ragioni deve essere accolto il ricorso in epigrafe e va, perciò, dichiarato l’obbligo del Comune di Palermo di portare a compimento il procedimento repressivo degli abusi edilizi sfociato nella citata ingiunzione di demolizione mediante l’adozione di tutti gli atti e le operazioni materiali all’uopo occorrenti entro trenta (30) giorni dalla comunicazione in via amministrativa, o dalla notificazione a cura di parte se anteriore, della presente sentenza.

In caso di perdurante inerzia, decorso tale termine, provvederà all’adozione dei provvedimenti indicati il Commissario ad acta che sin d’ora viene nominato nella persona del Prefetto di Palermo, con facoltà di subdelega a funzionario dello stesso Ufficio territoriale del Governo, entro l’ulteriore termine di trenta (30) giorni, su istanza degli interessati.

Le spese del giudizio possono andare compensate in ragione della natura della controversia e degli interessi a questa sottesi.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, dispone nei sensi e secondo le modalità di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 23 gennaio 2019 con l'intervento dei magistrati:

Cosimo Di Paola, Presidente

Francesco Mulieri, Primo Referendario, Estensore

Raffaella Sara Russo, Referendario