TAR Campania (NA), Sez. VIII, n. 3520, del 2 luglio 2015
Urbanistica.La piscina e annessi vani tecnici non risultano rilevanti ai fini della violazione delle distanze legali.

La piscina e annessi vani tecnici non risultano rilevanti ai fini della violazione delle distanze legali trattandosi di opere interrate o che comunque non si innalzano oltre il livello del terreno, con conseguente inconfigurabilità di un corpo edilizio idoneo a creare dannose intercapedini e a pregiudicare la salubrità dell’ambiente collocato tra gli edifici. Infatti, essendo la normativa dettata in materia di distanze legali diretta ad evitare la formazione di strette e dannose intercapedini per evidenti ragioni di igiene, areazione e luminosità, ne deriva che la suddetta normativa è inapplicabile relativamente ad un manufatto completamente interrato quale una piscina, in quanto i piani interrati devono ritenersi esonerati dal rispetto delle distanze legali.  In tal senso si è espressa anche la Corte di Cassazione affermando che ai fini dell'osservanza delle norme in materia di distanze legali, stabilite dall'art. 873 c.c. e dalle norme dei regolamenti locali integrativi della disciplina codicistica, deve ritenersi costruzione qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della solidità, stabilità e immobilizzazione rispetto al suolo, anche mediante appoggio o incorporazione o collegamento fisso a un corpo di fabbrica contestualmente realizzato o preesistente; e ciò indipendentemente dal livello di posa ed elevazione dell'opera stessa, dai caratteri del suo sviluppo aereo, dall'uniformità e continuità della massa, dal materiale impiegato per la sua realizzazione, dalla sua destinazione. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).

N. 03520/2015 REG.PROV.COLL.

N. 03740/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3740 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Giovanni Pio Del Vecchio, Pasqualino Del Vecchio, Maria Pia Del Vecchio, rappresentati e difesi dall'avv. Pietro Mercone, con domicilio eletto con l’avv. Pietro Mercone in Napoli, presso la Segreteria del T.A.R.; 

contro

Comune di Pignataro Maggiore, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Giancarlo Fumo, con domicilio eletto presso l’avv. Antonio Romano in Napoli, piazza Trieste e Trento, 48; 

nei confronti di

Luigi Argenziano, rappresentato e difeso dagli avv.ti Silvestro Mercone e Pasquale Mercone, con domicilio eletto con l’avv. Silvestro Mercone in Napoli, Via Toledo, 106 presso l’avv. Matarazzo; 

per l'annullamento

del permesso di costruire n. 7/2009 per la realizzazione di una piscina e relative pertinenze.

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Pignataro Maggiore e di Luigi Argenziano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 aprile 2015 la dott.ssa Francesca Petrucciani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato il 5 giugno 2009 e depositato il 3 luglio 2009 Maria Pia, Pasqualino e Giovanni Pio del Vecchio hanno impugnato il permesso di costruire in sanatoria n. 7/2009 rilasciato dal Comune di Pignataro Maggiore a Luigi Argenziano.

I ricorrenti hanno esposto di essere comproprietari del terreno composto dalle particelle 84 e 122 del Foglio 5 del Comune di Pignataro Maggiore, confinante con il suolo di proprietà di Luigi Argenziano; quest’ultimo aveva avviato in assenza di permesso di costruire i lavori per la realizzazione di una piscina, un pergolato ed altri locali e, a seguito dell’esposto presentato dai ricorrenti e del sopralluogo dei tecnici comunali, aveva richiesto ed ottenuto il permesso di costruire in sanatoria impugnato.

A sostegno del ricorso sono state formulate le seguenti censure:

1. eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza di motivazione, violazione dell’art. 36 D.P.R. 380/2001, non avendo l’Amministrazione esaminato i presupposti per la sanatoria;

2. eccesso di potere per difetto di istruttoria e violazione del giusto procedimento, in quanto il controinteressato aveva presentato domanda di permesso di costruire quando le opere erano già in corso, chiedendone poi la trasformazione in domanda di sanatoria, senza che fosse presentata o richiesta dall’Amministrazione alcuna integrazione documentale in ordine al periodo di realizzazione delle opere o alla conformità al PRG;

3. violazione del P.R.G. del comune di Pignataro Maggiore, eccesso di potere per carenza di istruttoria, in quanto l’intervento, ricadente in zona “E2” del P.R.G., non rispettava la distanza minima di m. 15 dai confini e di m. 30 dalle strade pubbliche;

4. eccesso di potere per sviamento, violazione delle norme di attuazione del P.R.G., violazione della L.R. 14/82, in quanto i locali tecnici e la piscina non rispettavano le distanze legali previste per la zona.

Si sono costituiti il Comune di Pignataro Maggiore e Luigi Argenziano resistendo al ricorso.

Con motivi aggiunti depositati il 7 agosto 2014 i ricorrenti hanno dedotto, avverso il medesimo atto impugnato con il ricorso principale, le ulteriori censure di difetto di istruttoria, violazione del Piano Stralcio per l’assetto idrogeologico, violazione della L. 183/89, violazione dell’art. 3 delle norme di salvaguardia del P.S.A.I., in quanto le opere interessavano un terreno collocato in zona R4 – a rischio molto elevato del Piano per l’assetto idrogeologico e non era stata sentita l’Autorità di Bacino.

Alla pubblica udienza del 3 dicembre 2014 è stata disposta istruttoria al fine di acquisire dall’Amministrazione comunale intimata una relazione, corredata dalle copie di tutti gli atti del procedimento, in ordine all’individuazione delle opere oggetto del permesso di costruire impugnato, ai sopralluoghi effettuati e alla disciplina urbanistica ed edilizia applicabile alle opere assentite e nella zona di riferimento, anche con riguardo alla distanze tra gli edifici, dai confini e dalle strade.

Alla successiva udienza del 18 marzo 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Può prescindersi dall’esame dell’eccezione di tardività del ricorso essendo lo stesso infondato nel merito.

Con riferimento al primo motivo, incentrato sul difetto di istruttoria e motivazione in ordine alla sussistenza dei presupposti per la sanatoria, deve infatti rilevarsi che, a seguito della segnalazione dei ricorrenti, il Servizio Tecnico comunale e il Comando di Polizia del Comune di Pignataro Maggiore hanno effettuato un sopralluogo in data 19.2.2009, rilevando la realizzazione di un muro di recinzione in cemento armato, di una piscina allo stato grezzo e di quattro pilastri in mattoni, di cui due sulla sommità del muro al confine con via Viariello San Giorgio.

All’esito del sopralluogo i tecnici del Comune hanno redatto relazione istruttoria evidenziando che le opere in questione risultavano difformi dalla d.i.a. presentata in data 31.10.2006 per la recinzione del fondo e dal progetto oggetto della richiesta di permesso di costruire di data 12.12.2008; la relazione però si sofferma altresì sulla eventuale sanabilità delle opere concludendo che sia la piscina, che i locali tecnici interrati di pertinenza della stessa, che il pergolato con il piazzale in calcestruzzo dovevano ritenersi sanabili in quanto conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente.

L’istruttoria è stata quindi effettuata correttamente con riferimento a tutti gli aspetti rilevanti nella fattispecie al fine della sanatoria, anche tenuto conto della connotazione vincolata del potere esercitabile nella specie dall’Amministrazione comunale.

Sulla base di tali considerazioni deve essere respinto anche il secondo motivo, vertente sulla circostanza che la domanda di permesso di costruire sarebbe stata commutata in domanda di sanatoria senza che fosse stata presentata o richiesta alcuna integrazione documentale.

Quanto alle distanze minime dal confine e dalla strada comunale, oggetto del terzo e quarto motivo di ricorso, l’istruttoria svolta nel corso del giudizio ha evidenziato l’insussistenza delle violazioni lamentate.

Il Servizio Tecnico comunale ha precisato, in particolare, che le zone E2, quale quella in cui insistono le opere in contestazione, sono disciplinate dall’art. 22 delle norme tecniche di attuazione del P.R.G., e destinate “prevalentemente ad attività agricola”; in tale quadro risulta consentita la realizzazione di opere costituenti pertinenze o impianti tecnologici al servizio di edifici già esistenti, quale può essere considerata la piscina di modeste dimensioni al servizio del fabbricato del controinteressato.

Con riferimento ai locali al servizio della piscina, inoltre, nella relazione dei tecnici comunali si rileva che gli stessi sono completamente interrati e che i locali interrati, ai sensi dell’art. 25 del Regolamento Edilizio comunale, non sono considerati a fini volumetrici se hanno un’altezza inferiore a m. 2,50.

È stato chiarito altresì che l’art. 22 citato non prevede per le zone E2 distanze minime né dai confini, né dalle strade vicinali, né può essere applicata la distanza minima di m. 10 dalle strade vicinali di tipo “F” prevista dall’art. 26 del D.P.R. 495/92 trattandosi di area ricompresa nel perimetro del centro abitato; l’intervento risulta invece rispettoso delle distanze previste dal codice civile (la cui violazione non è stata peraltro nemmeno contestata).

In ogni caso, poi, entrambe le opere (piscina e annessi vani tecnici) non risultano rilevanti ai fini della violazione delle distanze legali trattandosi di opere interrate o che comunque non si innalzano oltre il livello del terreno, con conseguente inconfigurabilità di un corpo edilizio idoneo a creare dannose intercapedini e a pregiudicare la salubrità dell’ambiente collocato tra gli edifici.

Infatti, essendo la normativa dettata in materia di distanze legali diretta ad evitare la formazione di strette e dannose intercapedini per evidenti ragioni di igiene, areazione e luminosità, ne deriva che la suddetta normativa è inapplicabile relativamente ad un manufatto completamente interrato quale una piscina (T.A.R. Lombardia, Milano, 20 dicembre 1988 n. 428), in quanto i piani interrati devono ritenersi esonerati dal rispetto delle distanze legali (T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III 30 dicembre 2014 n. 3200).

In tal senso si è espressa anche la Corte di Cassazione affermando che “Ai fini dell'osservanza delle norme in materia di distanze legali, stabilite dall'art. 873 c.c. e dalle norme dei regolamenti locali integrativi della disciplina codicistica, deve ritenersi costruzione qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della solidità, stabilità e immobilizzazione rispetto al suolo, anche mediante appoggio o incorporazione o collegamento fisso a un corpo di fabbrica contestualmente realizzato o preesistente; e ciò indipendentemente dal livello di posa ed elevazione dell'opera stessa, dai caratteri del suo sviluppo aereo, dall'uniformità e continuità della massa, dal materiale impiegato per la sua realizzazione, dalla sua destinazione” (Cassazione civile sez. II 6 maggio 2014 n. 9679).

Infine deve rilevarsi che il pergolato non è ricompreso tra le opere sanate in quanto il permesso impugnato contiene l’espressa prescrizione dell’esclusione di tale opera ed il controinteressato ha rinunciato alla sua realizzazione.

In conclusione il ricorso va respinto.

I motivi aggiunti devono invece essere dichiarati irricevibili in quanto tardivi.

Il fatto che l’inserimento del fondo in questione nella zona R4 a rischio idrogeologico elevato sia stato attestato dal Comune, su richiesta dei ricorrenti, in data 22.7.2014, non è infatti idoneo a comportare la rimessione in termini dei ricorrenti per la formulazione del relativo motivo di impugnazione.

Da un lato, infatti, non vi è alcun nuovo atto lesivo oggetto di impugnazione dopo il permesso in sanatoria oggetto del ricorso principale; dall’altro l’inserimento del fondo in zona a rischio del Piano Stralcio per l’assetto idrogeologico, con l’approvazione del Piano intervenuta nel 2006, ben poteva essere conosciuta dai ricorrenti all’epoca della proposizione del ricorso principale, essendo il Piano citato pubblicato a norma di legge; ed infatti l’attestazione in questione è stata rilasciata dal Comune a seguito della richiesta formulata dai ricorrenti in data 11.7.2014, ma gli stessi ben avrebbero potuto effettuare tale accertamento al momento della conoscenza del rilascio del titolo impugnato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, respinge il ricorso principale e dichiara irricevibili i motivi aggiunti;

condanna i ricorrenti alla rifusione in favore del Comune di Pignataro Maggiore e dei controinteressati delle spese di lite, che si liquidano in complessivi euro 2.000 oltre accessori di legge per ciascuna di dette parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 8 aprile 2015 con l'intervento dei magistrati:

Ferdinando Minichini, Presidente

Michelangelo Maria Liguori, Consigliere

Francesca Petrucciani, Primo Referendario, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 02/07/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)