TAR Toscana Sez.III n. 1098 del 26 luglio 2018
Urbanistica.Modifica destinazione uso e oneri concessori

Il mutamento di destinazione d'uso, anche senza realizzazione di nuove opere, da industriale a commerciale, integra il passaggio da una categoria funzionale autonoma all’altra, tra loro non omogenee, che determina un incremento del carico urbanistico, facendo soggiacere pertanto la parte istante all'onere di sopportare gli oneri concessori conseguenti all'aggravio del carico urbanistico. L'incremento del carico urbanistico, ancorchè discendente da un mutamento di destinazione d'uso senza opere, è dunque presupposto sufficiente a determinare la debenza degli oneri concessori, rapportati agli oneri di urbanizzazione e al costo di costruzione, in considerazione del vantaggio economico che ritrae il richiedente e dell'aggravio urbanistico insito nella destinazione commerciale rispetto all'iniziale destinazione industriale


Pubblicato il 26/07/2018
N. 01098/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00683/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 683 del 2006, integrato da motivi aggiunti, proposto da
S.I.L. s.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Francesca Bignami e Andrea Fantappiè, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Firenze, via Palestro, 3;
contro

Comune di Prato, rappresentato e difeso dagli avvocati Elena Bartalesi, Paola Tognini e Stefania Logli, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Monica Dominici in Firenze, via XXIV Maggio, n. 14;
nei confronti

Consorzio Macrolotto Industriale n. 2 di Prato, non costituito in giudizio;
per l'annullamento

- della comunicazione P.G. 6892 del 30.01.2006 del Dirigente del Servizio Istanze Edilizie del Comune di Prato, notificata alla ricorrente il 20.02.2006;

- della comunicazione prot. P.G. 17024 del 09.03.2006 del dirigente del Servizio Istanze Edilizie del Comune di Prato, successivamente notificata alla ricorrente;

- di tutti gli atti ad esse presupposti, conseguenti e comunque connessi;

e per l’annullamento, chiesto con motivi aggiunti:

- della comunicazione P.G. 58236/8D del 9.5.2011 del Dirigente del Servizio Edilizia e Attività Economiche del Comune di Prato notificata alla ricorrente il 20.5.2011;

- dell'ordinanza ingiunzione ex art. 2 R.D. 1404/1910 n. 639, notificata il 6.7.2011.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Prato;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 luglio 2018 il dott. Gianluca Bellucci e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il Comune di Prato, con concessione edilizia del 9.4.2003, ha autorizzato la società Microtex alla costruzione di un edificio industriale.

In data 26.11.2004 la società S.I.L. s.r.l. ha acquistato in leasing finanziario dalla Microtex alcuni terreni facenti parte della lottizzazione denominata “secondo Macrolotto Industriale”, compreso il terreno interessato dalla suddetta concessione edilizia, la quale è stata volturata in capo alla società S.I.L. medesima.

In data 9.3.2005 quest’ultima ha presentato al Comune di Prato la comunicazione di variante in corso d’opera e di ultimazione dei lavori (documento n. 5 allegato al gravame) e il certificato di agibilità.

Ad esito di sopralluogo effettuato dalla Polizia Municipale del Comune di Prato nel luglio e nel settembre 2005 (documento n. 3 depositato in giudizio dall’Amministrazione), è emerso che l’edificio realizzato non era utilizzato per la produzione di merci o servizi (come invece faceva pensare la natura industriale prevista nel titolo edilizio rilasciato, avente ad oggetto “nuova costruzione di edificio industriale”) ma come deposito commerciale (in particolare, come magazzino dato in affitto a Esselunga per lo stoccaggio di merce, soprattutto carta e acqua, e dal quale avvenivano trasferimenti delle merci ai negozi della stessa catena commerciale o all’altro magazzino situato in località Osmannoro).

Il Servizio Edilizia del Comune, con nota del 9.11.2005 (documento n. 4 depositato in giudizio dall’Ente), ha fatto presente alla SIL s.r.l. che l’attuale destinazione d’uso dell’immobile era quella del deposito commerciale, che rilevava l’applicazione dell’art. 125, comma 3, della L.R. n. 1/2005 e che era avviato il procedimento di rideterminazione degli oneri concessori riguardanti la concessione edilizia del 9.4.2003.

L’interessata ha prodotto in data 12.1.2006 il computo metrico estimativo e la pianta dei locali.

Il Comune, con provvedimento del 9.3.2006 (posto a rettifica della determinazione del 30.1.2006), ha determinato il contributo dovuto a conguaglio per oneri di urbanizzazione primaria (euro 68.671) e per costo di costruzione (euro 157.987), stabilendo come scadenza di pagamento il 14.4.2006.

Avverso gli atti di determinazione del conguaglio richiesto dal Comune la ricorrente è insorta deducendo:

1) Violazione degli artt. 16, 17 e 19 del d.p.r. n. 380/2001, degli artt. 120 ss. della L.R. n. 1/2005, del regolamento edilizio; eccesso di potere per falso presupposto in fatto e in diritto; violazione dei principi in tema di oneri concessori; difetto di istruttoria ed errore di calcolo.

L’Ente non ha computato, a favore dell’interessata, l’eccedenza di importo per oneri di urbanizzazione secondaria pagata in relazione alla concessione edilizia del 2003 (euro 18.265). Tale importo avrebbe dovuto essere scomputato dalla determinazione degli oneri di urbanizzazione primaria, tanto più che lo scomputo della quota di contributo in caso di realizzazione diretta di opere di urbanizzazione deve essere effettuato senza distinguere tra opere di urbanizzazione primaria e secondaria.

2) Violazione degli artt. 16, 17 e 19 del d.p.r. n. 380/2001, della L.R. n. 39/1994, degli artt. 58, 59 e 120 ss. della L.R. n. 1/2005, dell’art. 15 del regolamento urbanistico e del regolamento edilizio; eccesso di potere per falso presupposto in fatto e in diritto; difetto di istruttoria; contraddittorietà tra atti.

In assenza di un piano comunale di distribuzione e localizzazione delle funzioni, prescritto dall’art. 3 della L.R. n. 39/1994 e dall’art. 58 della L.R. n. 1/2005, il cambiamento di destinazione d’uso senza opere è sempre ammissibile e non implica pagamento dei costi di costruzione.

L’imposizione del costo di costruzione collide con la programmazione generale del Comune di Prato, visto che l’allegato Y del regolamento edilizio (documento n. 11 allegato all’impugnativa) prevede la non debenza del contributo di costruzione in caso di variazione di funzioni ricomprese nelle destinazioni principali definite dall’art. 15, comma 4, del regolamento urbanistico, e visto che quest’ultima norma include nella categoria delle attività industriali e artigianali anche i magazzini e i depositi coperti e scoperti (documento n. 12).

3) Ulteriore violazione degli artt. 16, 17 e 19 del d.p.r. n. 380/2001, della L.R. n. 39/1994, degli artt. 58, 59, 133 e 120 ss. della L.R. n. 1/2005, dell’art. 15 del regolamento urbanistico e del regolamento edilizio; eccesso di potere per falso presupposto in fatto e in diritto; difetto di istruttoria; ulteriore contraddittorietà tra atti; ingiustizia manifesta e disparità di trattamento.

Nel caso di specie non si ha un maggior carico urbanistico, in quanto la variazione di destinazione d’uso è rimasta all’interno della stessa categoria generale prefissata dal Comune (come risulta dall’art. 15 del regolamento urbanistico) e la corresponsione degli oneri di urbanizzazione è regolamentata dalle convenzioni di lottizzazione del Macrolotto (le quali pongono gli oneri di urbanizzazione a carico del Consorzio, mentre il singolo consorziato è tenuto soltanto ai contributi consortili). Sotto il profilo della disparità di trattamento, nelle comunicazioni indirizzate ai consorziati per la realizzazione di nuovi edifici il Comune ha chiesto il contributo consortile e non gli oneri di urbanizzazione (documento n. 9).

4) Violazione dei principi costituzionali in tema di buona amministrazione (art. 97 della Costituzione) e dei principi di legalità dell’azione amministrativa (art. 1 della legge n. 241/1990); eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria; violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990.

In pendenza del gravame il Comune di Prato, con lettera raccomandata del 9.5.2011, ha chiesto alla ricorrente di fornire gli estremi dell’eventuale pagamento, avvertendo che in difetto si sarebbe proceduto alla riscossione coattiva maggiorata della sanzione per omesso versamento nella misura del 40%, ai sensi dell’art. 128, comma 1 lett. c, della L.R. n. 1/2005, e degli interessi di mora.

In assenza di risposta l’Amministrazione, con ordinanza notificata in data 6.7.2011 ai sensi del R.D. n. 639/1910, ha ingiunto il pagamento degli importi indicati nella nota del 9.3.2006, oltre ad interessi e sanzione.

Avverso i due atti sopravvenuti la ricorrente è insorta con motivi aggiunti, incentrati sulle seguenti censure:

5) Illegittimità derivata dall’illegittimità dei provvedimenti impugnati con il ricorso introduttivo.

6) Violazione degli artt. 58, 59 e 119 ss. della L.R. n. 1/2005, dell’art. 15 del regolamento urbanistico e del regolamento edilizio; violazione degli artt. 3 e 4 della disciplina della distribuzione e della localizzazione delle funzioni (come da allegato al PRG); eccesso di potere per falso presupposto in fatto e in diritto; difetto di istruttoria; contraddittorietà tra atti.

A conferma di quanto già dedotto col secondo motivo del ricorso principale, l’esponente osserva che il piano di distribuzione delle funzioni è stato approvato con la sopraggiunta deliberazione n. 168 del 23.10.2008; la nuova normativa locale sulla distribuzione delle funzioni ricomprende, all’art. 3, i depositi della produzione nella destinazione d’uso industriale e artigianale, e individua quali attività compatibili con le attività industriali, all’art. 4 n. 4, il commercio all’ingrosso e i depositi commerciali.

7) Violazione della L.R. n. 39/1994, degli artt. 58, 59, e 119 ss. della L.R. n. 1/2005, della convenzione di lottizzazione, delle NTA del Consorzio Macrolotto; eccesso di potere per sviamento, falso presupposto in fatto e in diritto; contraddittorietà tra atti.

Nel confermare il terzo motivo del ricorso principale la ricorrente osserva che l’art. 10, lett. e, delle NTA del Macrolotto n. 2 di Prato, approvato con deliberazione n. 298 del 22.12.1998 (documento n. 19), prevede una destinazione mista, comprendente la destinazione produttiva, direzionale e commerciale, localizzata dal successivo art. 16 su lotti a destinazione produttiva e interessati dal vincolo dell’elettrodotto (comprendenti l’area della ricorrente). Da ciò l’interessata desume che all’interno della destinazione mista (costituente un’unica categoria urbanistica) non è ipotizzabile mutamento di destinazione d’uso e, quindi, nemmeno la richiesta di ulteriori costi di costruzione e oneri di urbanizzazione ed un maggior carico urbanistico (in quanto il carico urbanistico era stato già determinato a monte, allorquando il Comune ha stabilito che gli immobili a destinazione mista potessero variare indifferentemente la loro destinazione).

8) Prescrizione quinquennale dei diritti vantati dal Comune: artt. 119 ss., artt. 120, 121, 125, 126 e 128 della L.R. n. 1/2005; artt. 16 ss. e 42 del d.p.r. n. 380/2001; art. 28 della legge n. 689/1981; artt. 2934, 2935, 2936 e 2943 cod. civ..

La prescrizione quinquennale valevole per gli oneri di urbanizzazione e per il costo di costruzione decorre dal momento del ritiro del permesso di costruire oppure (per quanto concerne il costo di costruzione) dopo 60 giorni dall’ultimazione dell’opera o dal momento del certificato di agibilità (datato 9.3.2005). In ogni caso, la prescrizione è maturata per decorso del termine ultraquinquennale al momento dell’emissione dell’ingiunzione di pagamento. Né rilevano eventi interruttivi, giacché dall’ultimo provvedimento adottato prima dell’ingiunzione (notificato il 3.4.2006) alla comunicazione preliminare notificata il 20.5.2011 sono comunque decorsi più di 5 anni.

9) Violazione degli artt. 3 e 7 della legge n. 241/1990; violazione dei principi in materia di giusto procedimento, di affidamento e di certezza del diritto; eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità, sviamento e ingiustizia manifesta; violazione dei principi generali di buon andamento e imparzialità ex art. 97 della Costituzione.

E’ stato violato il principio del contraddittorio e, alla luce della destinazione mista attribuita dalle NTA del Consorzio Macrolotto, del legittimo affidamento.

Si è costituito in giudizio il Comune di Prato.

Con ordinanza n. 941 dell’8.9.2011 è stata respinta l’istanza cautelare.

All’udienza del 12 luglio 2018 la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

1. In via preliminare occorre soffermarsi sulle questioni in rito.

Il Comune di Prato ha eccepito l’inammissibilità, per difetto di giurisdizione, della quarta e della quinta censura proposta con i motivi aggiunti, trattandosi da un lato di questioni dedotte dalla ricorrente in relazione alla validità formale dell’impugnata ingiunzione e non di contestazioni del momento autoritativo del rapporto tra pubblica amministrazione e privato, e dall’altro della attuale persistenza del credito per decorso del termine di prescrizione, appartenente alla cognizione del giudice civile.

L’eccezione è infondata.

Come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza (fra le più recenti, T.A.R. di Cagliari, Sez. II, n. 555/2016, Cass. Civ. Sez. Un., n. 15209/2015 e T.A.R. Lombardia, Milano, IV, n. 389/2014), la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia urbanistica ed edilizia (art. 134, primo comma, lett. f, c.p.a.) comprende anche la riscossione, mediante cartella di pagamento o ingiunzione ex art. 2 del regio decreto n. 639/2010, degli oneri di urbanizzazione con applicazione delle relative sanzioni, restando esclusa dall'ambito di cognizione di tale giudice la sola procedura esecutiva in senso stretto, che ha inizio con il pignoramento o, quanto ai beni mobili registrati, con l'eventuale provvedimento di fermo (TAR Sicilia, Catania, II, 11.10.2016, n. 2531; TAR Campania, Salerno, II, 4.4.2008, n. 474). La giurisdizione amministrativa non viene meno a seguito dell'emissione dell'ingiunzione di pagamento ai sensi dell'articolo 2 del R.D. n. 639 del 1910, in quanto, “in materia di opposizione all'ingiunzione per la riscossione di entrate patrimoniali dello Stato, la disposizione di cui all'art. 3 del R.D. 14 aprile 1910, n. 639 non reca deroga alle norme regolatrici della giurisdizione nel vigente ordinamento giuridico e, pertanto, non può essere invocata per ricondurre nella sfera di competenza giurisdizionale del giudice ordinario vertenze che, con riguardo alla natura dei rapporti dedotti ed alla normativa ad essi relativa, debbano essere riservate alla cognizione di altro giudice” (Cons. Stato, VI, 29.11.2005, n. 6748).

Pertanto, anche i vizi formali dell’ingiunzione di pagamento e la sussistenza di fatti estintivi del credito sottostante all’ingiunzione stessa rientrano nella cognizione esclusiva del giudice amministrativo.

Ciò premesso, entrando nel merito della trattazione del ricorso e dei motivi aggiunti, valgono le seguenti considerazioni.

2. Con la prima doglianza la ricorrente lamenta il mancato scomputo, nell’impugnata determinazione avente ad oggetto il conguaglio dovuto, dell’eccedenza di importo per oneri di urbanizzazione secondaria conteggiata in relazione alla concessione edilizia del 2003 (euro 18.265,6).

Il rilievo è fondato.

Premesso che in forza della concessione edilizia sono stati addebitati dal Comune oneri di urbanizzazione secondaria per euro 99.156,11, superiori a quelli dovuti in relazione alla attuale destinazione d’uso (euro 80.890,51), il Collegio osserva quanto segue.

Gli oneri di urbanizzazione secondaria furono originariamente scomputati a fronte della realizzazione, da parte del lottizzante, di una strada di allacciamento alla viabilità primaria (si veda l’art. 3 della convenzione, costituente il documento n. 13 allegato al ricorso), ovvero di un’opera funzionale sia alla destinazione industriale che a quella commerciale.

Non vale pertanto a giustificare l’atto impugnato l’indirizzo interpretativo, invocato dalla difesa del Comune di Prato, secondo cui la quota corrisposta di oneri di urbanizzazione concernenti la destinazione originaria può essere detratta da quanto dovuto attualmente solo nella parte in cui attiene ad opere di urbanizzazione fruibili anche nell’ambito della nuova destinazione, in quanto nel caso di specie le opere di urbanizzazione realizzate in forza dello scomputo degli oneri di urbanizzazione secondaria sono fruibili anche per la nuova destinazione.

In ogni caso, vale la regola della scomputabilità del valore corrispondente alle opere di urbanizzazione primaria realizzate dal lottizzante dall'importo dovuto a titolo di oneri di urbanizzazione secondaria, attesa la comune natura giuridica degli oneri di cui trattasi (TAR Toscana, III, 11.8.2004, n. 3181), talché l’eccedenza dell’importo già corrisposta nella forma di oneri di urbanizzazione secondaria scomputati mediante la realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione (primarie e/o secondarie) prescinde dalla tipologia delle opere stesse. Pertanto, l’eccedenza di oneri di urbanizzazione secondaria può essere detratta dall’importo degli oneri di urbanizzazione primaria attualmente dovuti in relazione alla mutata destinazione d’uso.

3. Con il secondo mezzo l’istante sostiene che, in assenza di piano di distribuzione e localizzazione delle funzioni, il cambiamento di destinazione d’uso senza opere è sempre consentito e non richiede il pagamento del costo di costruzione, come si evince anche dall’allegato Y del regolamento edilizio, in virtù del quale tale costo non è esigibile in caso di variazione di funzioni incluse all’interno della categoria delle attività industriali e artigianali, comprendente i magazzini e i depositi coperti e scoperti.

La censura è infondata.

Il fatto che in assenza del piano di distribuzione delle funzioni sia sempre consentito il mutamento di destinazione senza opere non incide sull’obbligo di pagare oneri di urbanizzazione e costo di costruzione, obbligo che consegue al diverso (maggiore) carico urbanistico derivante dalla nuova destinazione dell’immobile.

Rileva al riguardo l’art. 125, comma 3, della L.R. n. 1/2005, che assoggetta l’interessato agli oneri di urbanizzazione e al costo di costruzione propri della nuova destinazione, anche se impressa senza opere, a fronte del maggior carico urbanistico della stessa.

Orbene, l’art. 19 del d.p.r. n. 380/2001 (già art. 10 della legge n. 10/1977) e l’art. 125, comma 1, della L.R. n. 1/2005 riconoscono il beneficio dell’esonero dal costo di costruzione per gli immobili adibiti all’attività industriale. Quest’ultima è contraddistinta da funzioni strettamente produttive o da attività ad esse collegate. Rilevano al riguardo il profilo oggettivo (costituito dagli elementi tecnico organizzativi) ed il profilo soggettivo (concernente il soggetto che svolge l’attività economica nell’immobile); pertanto il fabbricato in questione, detenuto in affitto da Esselunga s.p.a. (che notoriamente non è un soggetto titolare di attività industriale) e utilizzato dalla stessa come magazzino di merci da trasferire ai negozi della catena commerciale o all’altro magazzino in località Osmannoro (si vedano la relazione della Polizia Municipale del 14.7.2005 e la nota del Commissario della Polizia Municipale del 24.9.2005 – documento n. 3 depositato in giudizio dal Comune-), non è assimilabile all’edificio industriale ma all’edificio a destinazione commerciale, in quanto l'attività del soggetto che vi svolge, con autonomia, un'attività di gestione dei magazzini di beni finiti, prodotti da altra azienda, regolando il flusso ed il deflusso delle scorte sulla base di valutazioni legate al ciclo di commercializzazione del bene prodotto, è attratta nell'ambito dell'intermediazione commerciale (Cons. Stato, V, 27.12.2001, n. 6411).

Nel caso di specie, mancando qualsiasi collegamento o accessorietà tra il magazzino cui fa riferimento l’impugnata determinazione e l’attività produttiva (Cons. Stato, V, 13.7.1994, n. 752) e trattandosi di magazzino funzionale all’attività commerciale di Esselunga, non può trovare applicazione l’esenzione dal costo di costruzione, costituente beneficio eccezionalmente ancorato alla destinazione industriale e non esteso, dal legislatore, agli immobili commerciali.

Occorre altresì considerare che, ai sensi dell’art. 59 della L.R. n. 1/2005, costituiscono categorie urbanistiche non assimilabili tra loro la destinazione industriale e quella commerciale.

Pertanto il mutamento di destinazione d'uso, anche senza realizzazione di nuove opere, da industriale a commerciale, integra il passaggio da una categoria funzionale autonoma all’altra, tra loro non omogenee, che determina un incremento del carico urbanistico, facendo soggiacere pertanto la parte istante all'onere di sopportare gli oneri concessori conseguenti all'aggravio del carico urbanistico. L'incremento del carico urbanistico, ancorchè discendente da un mutamento di destinazione d'uso senza opere, è dunque presupposto sufficiente a determinare la debenza degli oneri concessori, rapportati agli oneri di urbanizzazione e al costo di costruzione, in considerazione del vantaggio economico che ritrae il richiedente e dell'aggravio urbanistico insito nella destinazione commerciale rispetto all'iniziale destinazione industriale (TAR Lazio, Roma, II, 19.9.2017, n. 9818).

In siffatto contesto l’art. 15, comma 4, del regolamento urbanistico, laddove colloca nella medesima categoria le industrie, i magazzini e i depositi, non può che riguardare i depositi a servizio di attività industriale, funzionali al ciclo produttivo e non a quello commerciale, talchè il mutamento di destinazione da industriale a magazzino funzionale all’attività commerciale comporta il passaggio da un immobile che non era soggetto al pagamento del costo di costruzione ad un immobile commerciale, invece tenuto ex lege al pagamento di tale contributo e degli oneri di urbanizzazione corrispondenti alla nuova destinazione (Cons. Stato, IV, 23.6.2015, n. 3145).

4. Con la terza censura la società istante sostiene che nel caso di specie non si è determinato un maggior carico urbanistico, in quanto la variazione d’uso dell’immobile è ricaduta all’interno della stessa categoria generale prefissata nel regolamento urbanistico; aggiunge che il conguaglio degli oneri di urbanizzazione, cui fa riferimento l’atto impugnato, era dovuto, ai sensi della convenzione di lottizzazione, dal Consorzio e non dal singolo consorziato. Sotto quest’ultimo profilo la ricorrente lamenta la disparità di trattamento.

I rilievi sono infondati.

Il cambio di destinazione d’uso è stato realizzato dalla deducente (che ha presentato, il 9.3.2005, la variante al permesso di costruire ed ha comunicato, il 31.1.2005, la variazione di titolarità della concessione edilizia), e non dal Consorzio lottizzante Macrolotto Industriale n. 2 di Prato. Pertanto, è appropriata la richiesta del conguaglio rivolta al ricorrente (ovvero al soggetto che ha attuato l’intervento modificativo della destinazione d’uso) anziché al Consorzio (che aveva a suo tempo lottizzato l’area per scopi prevalentemente industriali).

Né può rilevare la dedotta disparità di trattamento (peraltro sfornita di adeguato supporto probatorio in ordine alla sussistenza di caso analogo a quello in questione e trattato diversamente dal Comune), essendo l’Amministrazione vincolata ad individuare nella ricorrente il soggetto tenuto al pagamento degli oneri concessori a conguaglio.

Per il resto rileva nel caso di specie, come visto, la trasformazione della categoria di destinazione dell’immobile in una diversa categoria, non assimilabile all’originaria e contraddistinta da un maggior carico urbanistico, il quale comporta maggiori oneri di urbanizzazione, oltre al costo di costruzione originariamente non dovuto.

5. Con la quarta doglianza l’esponente lamenta sia il difetto di motivazione in ordine alle cause dell’asserito cambio di destinazione d’uso, sia la mancata messa a disposizione del verbale della Polizia Municipale richiamato nell’impugnata determinazione.

La censura non è condivisibile.

La contestata determinazione appare esaurientemente motivata, in quanto richiama la comunicazione di avvio del procedimento (che rimarca il cambio d’uso da industriale a deposito commerciale e richiama l’art. 125, comma 3, della L.R. n. 1/2005: documento n. 4 depositato in giudizio dal Comune) e dà contezza dei presupposti di fatto e di diritto, in linea con l’art. 3 della legge n. 241/1990.

In particolare, nella comunicazione di avvio del procedimento l’Amministrazione non si è limitata a richiamare il verbale della Polizia Municipale del 14.7.2005 e la segnalazione della stessa in data 7.10.2005, ma ne ha anche riassunto i contenuti, ed ha indicato alla ricorrente il percorso logico che ha portato alla determinazione dei conguagli richiesti. Sempre in ossequio all’obbligo di motivazione, il Comune, nel conteggio conclusivo, ha posto a raffronto la tariffa a metro quadrato prevista per la destinazione attuale e quella prevista per la precedente destinazione, dando contezza del calcolo che ha portato alla quantificazione del conguaglio richiesto.

6. Con la quinta censura (corrispondente al primo rilievo dedotto con i motivi aggiunti) la ricorrente deduce l’illegittimità derivata dell’ingiunzione di pagamento.

La doglianza è parzialmente fondata, stante la fondatezza del primo motivo del ricorso principale.

7. Con la seconda censura proposta con i motivi aggiunti la deducente osserva che il piano di distribuzione delle funzioni è stato adottato dal Comune di Prato solo con deliberazione del 23.10.2008; aggiunge che il suddetto piano ricomprende i depositi della produzione nella destinazione industriale e artigianale e qualifica il commercio all’ingrosso e i depositi commerciali come compatibili con le attività industriali.

La doglianza non può essere accolta.

Il predetto piano delle funzioni, in quanto successivo agli atti impugnati, non può trovare applicazione nella controversia in esame.

D’altro canto esso non può stabilire i carichi urbanistici propri di ciascuna destinazione d’uso, in quanto gli stessi derivano dalla diversificazione tra categorie dettata dal legislatore (art. 59 della L.R. n. 1/2005, che qualifica la destinazione industriale e artigianale come categoria a sé stante, distinta dalla categoria riguardante la destinazione commerciale e da quella che identifica il commercio all’ingrosso e i relativi depositi). La circostanza poi che detto piano definisca come compatibili con le attività industriali il commercio all’ingrosso e i depositi commerciali significa che è ammessa la localizzazione nella stessa zona delle due diverse destinazioni, ma non che il carico urbanistico e il conseguente quantum del costo di costruzione e degli oneri di urbanizzazione siano identici.

8. Con la terza censura proposta con i motivi aggiunti (settima doglianza tra quelle complessivamente dedotte), la società istante evidenzia che l’art. 10, lett. e, delle NTA del Macrolotto n. 2 di Prato (variante organica alla lottizzazione), approvato con deliberazione n. 298 del 22.12.1998, prevede una destinazione mista, la quale include la destinazione produttiva, direzionale e commerciale e ricade, in forza del successivo art. 16, anche sull’area della ricorrente; da ciò l’interessata desume che non sia ipotizzabile un mutamento di destinazione d’uso (ricadendo l’uso commerciale all’interno della destinazione mista) e quindi nemmeno il conguaglio preteso dall’Amministrazione.

A prescindere dall’eccezione di inammissibilità sollevata in relazione al predetto motivo (pagina 17 della memoria difensiva depositata in giudizio dal Comune il 1.9.2011), lo stesso non può essere accolto.

Rilevano, come elementi di raffronto, gli oneri di urbanizzazione e il costo di costruzione relativi alle opere originariamente autorizzate con la concessione edilizia e la destinazione d’uso (nel caso di specie, l’originaria destinazione industriale, secondo quanto precisato nella concessione edilizia del 2003). La prevista destinazione mista opera sul piano delle destinazioni assentibili in una stessa zona o nello stesso fabbricato, fermo restando che la destinazione in concreto realizzata ha un distinto carico urbanistico individuato dall’art. 59 della L.R. n. 1/2005: il carico urbanistico della destinazione commerciale, ai sensi della suddetta norma legislativa, è necessariamente diverso da quello della destinazione industriale, tant’è vero che la destinazione d’uso è esente dal costo di costruzione solo se si tratti di destinazione industriale (art. 19 del d.p.r. n. 380/2001 e art. 125, comma 1, della L.R. n. 1/2005) e non anche se si tratti di destinazione commerciale (TAR Piemonte, II, 15.3.2017, n. 371), come riscontrato dal Comune con la determinazione oggetto del ricorso introduttivo, che indica in zero il costo di costruzione relativo alla destinazione originariamente assentita.

L’invocato art. 10 della variante organica alla lottizzazione (documento n. 17 depositato in giudizio dal Comune) regolamenta l’edificabilità nei singoli lotti e le destinazioni insediabili in uno stesso edificio, ma non può sostituirsi al legislatore nel distinguere tra loro le categorie d’uso funzionalmente autonome, cosicchè la destinazione industriale non può essere parificata alla destinazione commerciale ai fini del computo di oneri di urbanizzazione e costo di costruzione, trattandosi di categorie diversificate tra loro dal legislatore.

Peraltro, l’art. 16, ultimo comma, delle NTA della variante organica alla lottizzazione prevede l’onere di individuare, al momento del rilascio della concessione edilizia, le aree da cedere per parcheggi pubblici propri degli edifici commerciali, in tal modo riconoscendo a quest’ultimi un maggiore e peculiare carico urbanistico.

9. Con la quarta censura in cui si articolano i motivi aggiunti (ottava doglianza, considerando anche quelle dedotte in via principale) l’esponente ha eccepito la prescrizione quinquennale degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione.

Il rilievo è infondato.

I crediti dell’Ente relativi agli oneri di urbanizzazione e al costo di costruzione, in assenza di diversa disposizione normativa, soggiacciono al termine prescrizionale ordinario di dieci anni ex art. 2946 c.c. (ex multis: TAR Puglia, Bari, III, 9 maggio 2018, n. 678; TAR. Sicilia, Palermo, Sez. II, 11 giugno 2014 n. 1493, 11 febbraio 2014 n. 412 e 16 ottobre 2014 2013 n. 1888; TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 14 gennaio 2011, n. 152). Il "dies a quo", in generale, decorre dal rilascio del titolo edilizio, e, quindi, dal momento in cui sono esattamente noti tutti gli elementi utili alla determinazione dell'entità del contributo.

Nel caso di specie anche considerando, ai fini del decorso del termine di prescrizione, la comunicazione di variante in corso d’opera, datata 9.3.2005, l’impugnata ingiunzione, notificata il 6.7.2011, risulta tempestiva. In ogni caso, ad avviso del Collegio, il dies a quo è in realtà successivo al 9.3.2005, ovvero è dato dal giorno 14.4.2006 (indicato nell’impugnata determinazione come scadenza di pagamento del conguaglio dovuto), in quanto la ricorrente non ha indicato, nella citata variante, la nuova destinazione d’uso, di cui l’Ente ha avuto contezza solo in sede di successivo sopralluogo della Polizia Municipale.

10. Con la stessa censura la società istante ha eccepito la prescrizione delle sanzioni per ritardato o omesso pagamento e dei correlati interessi.

Il rilievo deve essere respinto.

Se è vero che per le sanzioni la prescrizione è quinquennale ai sensi dell’art. 28 della legge n. 689/1981, è altrettanto vero che il decorso del termine di prescrizione risente dell’art. 128, comma 4, della L.R. n. 1/2005, ai sensi del quale il Comune può procedere alla riscossione coattiva solo una volta decorso il termine previsto dal comma 1, lett. c, della stessa norma.

Pertanto, considerato che il Comune, con la determinazione oggetto del ricorso principale, ha assegnato alla ricorrente il termine del 14.4.2006 entro cui pagare i conguagli per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione, e considerato che solo il decorso di ulteriori 240 giorni (previsti dall’art. 128, comma 1, della L.R. n. 1/2005) legittima il Comune stesso a ricorrere all’ingiunzione di pagamento, ne deriva che il dies a quo del termine di prescrizione ricade allo scadere del 240° giorno successivo al termine ultimo di pagamento del contributo per costo di costruzione e degli oneri di urbanizzazione imposto alla società istante.

Pertanto, al momento della notifica dell’impugnata ingiunzione, il credito relativo alla sanzione non era ancora prescritto.

La conclusione non cambia assumendo come giorno di riferimento, cui aggiungere i 240 giorni, la data di adozione della prima determinazione del conguaglio dovuto.

11. Con l’ultima censura l’istante deduce l’inosservanza del principio del contraddittorio e di partecipazione al procedimento; aggiunge che ingiungere il pagamento a notevole distanza di tempo dalla maturazione dell’asserito credito, a fronte di norme speciali contemplanti una destinazione indifferenziata per l’immobile de quo, lede l’affidamento del privato.

La doglianza non ha pregio.

L’impugnata ingiunzione è atto vincolato nell’an e nel contenuto, conseguenziale alla determinazione impugnata in via principale ed al mancato pagamento della ricorrente, talché l’interessata da un lato doveva essere consapevole, in base al chiaro precetto legislativo, che il mancato pagamento dei conguagli avrebbe avuto come esito la notificazione dell’ingiunzione di pagamento, dall’altro rileva la circostanza che la stessa era stata messa in condizione di partecipare al procedimento a seguito della comunicazione di avvio del procedimento di determinazione dell’importo dovuto (si veda la nota del 9.11.2005, costituente il documento n. 4 depositato in giudizio dal Comune).

In ogni caso l’Amministrazione, prima di emanare l’ordinanza ingiunzione, ha informato la ricorrente, con missiva del 9.5.2011, che il mancato pagamento avrebbe comportato l’attivazione del procedimento di riscossione coattiva ai sensi dell’art. 128, commi 1 e 4, della L.R. n. 1/2005, in tal modo prospettando il successivo avvio del procedimento medesimo e mettendo l’interessata in grado di interloquire preventivamente con l’ente pubblico procedente.

Né è ipotizzabile un particolare affidamento del privato, in quanto la diversità e l’autonomia delle categorie d’uso costituite dalla destinazione industriale da un lato e dalla destinazione commerciale dall’altra emerge, come visto, dal dettato legislativo.

In conclusione, il ricorso ed i motivi aggiunti vanno in parte accolti (in relazione alla prima censura dedotta col ricorso principale, che allude ad un vizio rilevante anche come illegittimità derivata per quanto riguarda gli atti impugnati con i motivi aggiunti) e respinti per il resto.

La ricorrente è quindi tenuta, in forza degli atti impugnati con il ricorso principale e con i motivi aggiunti, a corrispondere i conguagli dovuti, detratto l’importo di cui al primo motivo di ricorso (euro 18.265,6) e i relativi accessori.

Sussistono, comunque, giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio, fermo restando l’importo liquidato con l’ordinanza cautelare, valutate la non totale soccombenza della ricorrente e la particolarità delle questioni dedotte.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza), definitivamente pronunciando, in parte accoglie e in parte respinge il ricorso principale e i motivi aggiunti, nei sensi di cui in motivazione.

Spese compensate, fatto salvo quanto liquidato con l’ordinanza cautelare.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 12 luglio 2018 con l'intervento dei magistrati:

Rosaria Trizzino, Presidente

Bernardo Massari, Consigliere

Gianluca Bellucci, Consigliere, Estensore



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Gianluca Bellucci Rosaria Trizzino