TAR Campania (NA) Sez. VIII n.1493 del 8 marzo 2018
Urbanistica.Realizzazione azienda agricola

La realizzazione di una intera azienda agricola comporta, infatti, una trasformazione complessiva del territorio, al di là delle singole opere che la compongono, che deve essere valutata unitariamente quanto agli effetti di ordine urbanistico-edilizio, senza che assuma rilevanza la possibile esistenza di interventi minori che, presi singolarmente, non necessitano di titolo abilitativo

Pubblicato il 08/03/2018

N. 01493/2018 REG.PROV.COLL.

N. 02692/2013 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2692 del 2013, proposto da:
Vincenzo Barone, Concetta Immacolata Molitierno e Domenico Barone, rappresentati e difesi dall'avvocato Luigi Maria D'Angiolella, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, viale Gramsci, 16;

contro

Comune di Villa Literno non costituito in giudizio;

per l'annullamento

dell’ordinanza n. 3/2013, recante l’ingiunzione di demolizione del manufatto edilizio riferito ad un'azienda zootecnica destinata ad allevamento bufalino, nonché, per quanto dovesse occorrere, di tutti gli atti richiamati nella medesima ordinanza, ivi compresa la relazione di sopralluogo prot. n. 433/U.T.U. del 19.03.2013 e ogni eventuale altro atto connesso o conseguente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2018 il dott. Fabrizio D'Alessandri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il Comune di Villa Literno, con ordinanza n. 3/2013, ha ingiunto alle parti ricorrenti la demolizione di opere abusive.

In particolare, l’ordine di demolizione ha indicato la presenza di una azienda realizzata in assenza di titoli abilitativi edilizi comprendente le seguenti opere edilizie: “fabbricato destinato alla conduzione dell'azienda bufalina (alloggio custode), capannoni per il ricovero di macchine agricole ed attrezzature in genere, sala mungitura, paddock per il ricovero degli animali, stalla per i vitellini, due corsie di alimentazioni, letamaio e depositi. Tutte le strutture suddette sono prospicienti un piazzale completamente pavimentato in cemento e recintato con muratura in c.a. In una posizione a parte si rileva l'esistenza di due corsie di alimentazione, di cui una realizzata in aderenza al lato ovest della casa colonica e l'altra poco distante, sempre verso ovest, realizzato sulla particella 5426 del foglio 46 del comune di Villa Literno. Esse presentano una struttura portante sia verticale che orizzontale in acciaio coperte con lamiere zincate, il tutto su basamento in conglomerato cementizio. Oltre alle predette strutture, su di un'altra particella, part. n° 326, è stato realizzato un silos con pareti in cemento armato dello spessore non inferiore a cm 20 ed un’altezza di circa 2.00 m completamente pavimentato”.

L’ordinanza in questione ha, altresì, indicato che per alcune delle opere sono intervenuti dei provvedimenti sanzionatori demolitori e, in particolare, l’ordinanza n° 13 del 24/02/2003 e n° 27 del 19/09/2008, e che è stata presentata una istanza di permesso di costruire in sanatoria, rigettata con il provvedimento n° 513/UTU del 25/02/2009. E’ anche intervenuto un provvedimento di acquisizione per la “corsia di alimentazione”.

La medesima ordinanza ha motivato il provvedimento demolitorio impugnato con la circostanza che la costruzione dell'intera azienda è avvenuta in assenza di qualsiasi titolo abilitativo e della relativa denuncia dei calcoli strutturali, nonché di ogni altro tipo di adempimento e di quanto previsto in materia nelle zone dichiarate sismiche, in violazione dell'art. 93, comma 1, e art. 94, commi 1 e 4, del D.P.R. n°380/2001; del D.P.R. n°380/01; della Legge n°1086/71; della Legge n°64/74; della Legge Regione Campania n°9/83 ed s.m.i.

Ha, altresì, indicato che ai fini urbanistici, rispetto al Piano Urbanistico Comunale vigente (approvato con Decreto del Commissario Straordinario della Provincia di Caserta n°11/Comm del 15/03/2010, e pubblicato sul B.U.R.C. n°26 del 06/04/2010), i terreni e l'azienda zootecnica in questione, sono classificati in Zona Omogenea "PA - di Protezione Ambientale" in conformità della Deliberazione G.R. n° 2033 Del 13.12.2006, nella quale è vietata qualsiasi attività edilizia e pertanto anche la sanatoria ai sensi dell’art. 36 DPR 380/2001.

La zona è sottoposta al vincolo sismico (tutto il territorio di Villa Literno è dichiarato sismico di II categoria con deliberazione di Giunta Regionale della Campania n°5447 del 7 novembre 2002) e a vincolo ambientale in quanto l'area è interna al nuovo perimetro della riserva naturale Foce Volturno/Costa Licola (inserimento dell'area Soglitelle di Villa Literno) giusta delibera di Giunta n. 2033 del 13.12.2006.

Parte ricorrente, con ricorso notificato il 30.5.2013, ha impugnato l’ordinanza di demolizione n. 3/2013 nonché, per quanto dovesse occorrere, tutti gli atti richiamati nella medesima ordinanza, ivi compresa la relazione di sopralluogo prot. n. 433/U.T.U. del 19.03.2013 e ogni eventuale altro atto connesso o conseguente, chiedendone l’annullamento.

Il Comune di Villa Literno non si è costituito in giudizio.

DIRITTO

1) Il ricorso si palesa infondato.

2) Parte ricorrente ha lamentato che le opere di realizzazione dell’azienda agricola sono state effettuate negli anni ’80 quando ancora il Comune di Villa Literno non aveva il P.U.C. e sull’area era consentita l’edificazione per opere simili a quelle effettuate, né vi era il vincolo di inedificabilità, apposto solo successivamente dal sopravvenuto Piano urbanistico.

Inoltre, sempre secondo la parte ricorrente, per alcune delle opere in questione non sarebbe stato richiesto alcun titolo abilitativo edilizio perché non comportanti volumetria e, quindi, soggette al regime di attività di edilizia libera. Il Comune non avrebbe eseguito una compiuta istruttoria in ordine a tale aspetto e non avrebbe motivato sufficientemente il provvedimento, non descrivendo specificamente le opere abusive, con l’esatta allocazione, dimensioni e tutti gli elementi necessari per la corretta individuazione, né sarebbe stato indicato se la struttura sarebbe o meno paesaggisticamente compatibile con il contesto in cui è inserita. Inoltre non sarebbe stato effettuato un accertamento tecnico sulla fattibilità dell’intervento di ripristino e sulla sua utilità, e sarebbe altresì mancato un giudizio di comparazione tra l’interesse pubblico e quello privato tenuto conto del notevole lasso di tempo trascorso dalla realizzazione degli abusi all’adozione della misura sanzionatoria. Ancora, parte ricorrente ha dedotto come, a suo dire, anche secondo la normativa vincolistica sopravvenuta (L.R. n. 33/1993) sarebbe stato possibile realizzare le opere in questione, in quanto inerenti ad attività produttiva compatibile e, ancora, che il decreto regionale presidenziale n. 377/2003, istitutivo dell'Ente Riserve Naturali "Foce Volturno-Costa di Licola" e "Lago Falciano" (in cui l'area in questione rientra), consentirebbe "gli interventi connessi con la normale conduzione delle attività agro-silvo-pastorali" così, dunque, implicitamente ammettendo lo svolgimento di tali attività nell’ambito del quale rientrerebbero le opere realizzate dalla parte ricorrente. Infine, parte ricorrente ha censurato l’omessa possibilità di partecipazione procedimentale.

3) Le censure non possono trovare accoglimento.

Al di là della questione dei vincoli di natura ambientale-paesaggistica, rispetto ai quali peraltro parte ricorrente non ha specificamente provato la preesistenza degli interventi, non appare contestato che la totalità delle opere costituenti l’azienda agricola sia priva di titolo abilitativo.

Considerata la natura ed entità degli interventi, non pare dubitabile che il titolo edilizio necessario fosse costituito dal permesso di costruire.

La descrizione delle opere contenuta nel provvedimento, come nella stessa perizia tecnica depositata da parte ricorrente, non lascia dubbi in proposito, comprendendo un fabbricato, capannoni per il ricovero di macchine agricole ed attrezzature in genere, sala mungitura, paddock per il ricovero degli animali, stalla per i vitellini, due corsie di alimentazioni, letamaio e depositi.

Né può avere rilevanza, anche qualora fosse veritiera, la circostanza ventilata da parte ricorrente che alcune delle opere sarebbero state realizzabili in regime di attività edilizia libera. In primo luogo, infatti, le opere liberamente realizzabili sarebbero solo una piccola parte ma, soprattutto, deve applicarsi il principio secondo cui, nel vagliare un intervento edilizio consistente in una pluralità di opere, come qui accaduto, l’Amministrazione deve comunque operare una valutazione globale delle stesse, atteso che la considerazione atomistica dei singoli interventi non consente di comprendere l'effettiva portata dell'operazione (T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 03 dicembre 2010 , n. 26787; T.A.R Campania, Napoli, sezione VI, 16 aprile 2010, n. 1993; 25 febbraio 2010, n. 1155; 9 novembre 2009, n. 7053; T.A.R. Lombardia, Milano, sezione II, 11 marzo 2010, n. 584). La realizzazione di una intera azienda agricola comporta, infatti, una trasformazione complessiva del territorio, al di là delle singole opere che la compongono, che deve essere valutata unitariamente quanto agli effetti di ordine urbanistico-edilizio, senza che assuma rilevanza la possibile esistenza di interventi minori che, presi singolarmente, non necessitano di titolo abilitativo.

Pur a prescindere, quindi, da ogni altra considerazione, l’assenza del permesso di costruire giustifica in pieno l’ordine di demolizione.

Non possono accogliersi, inoltre, le censure inerenti alla carenza di istruttoria e motivazione, in quanto non è contestata l’esistenza delle opere e le stesse sono state sufficientemente individuate nel provvedimento, né possono sorgere dubbi rispetto agli abusi da rimuovere.

Inoltre, l'abusività di un'opera edilizia costituisce già di per sé presupposto per l'applicazione della prescritta sanzione demolitoria (Consiglio Stato, sez. V, 30 novembre 2000, n. 6357) e, per costante giurisprudenza, la diffida a demolire manufatti abusivi è atto vincolato (ex multis, C.d.S., VI, 28 giugno 2004, n. 4743; C.d.S., sez. V, 10 luglio 2003, n. 4107; T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, 4 febbraio 2003, n. 617; 15 luglio 2003, n. 8246) e come tale non necessita di una puntuale valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né di un bilanciamento di questo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né di una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione (Cons. Stato Sez. VI, 28-01-2013, n. 496; Cons. Stato Sez. IV, 28-12-2012, n. 6702).

Quanto alla censura relativa al passaggio di un notevole lasso di tempo dalla realizzazione dell’abuso all’adozione del provvedimento sanzionatorio, il Collegio ribadisce l’orientamento secondo cui non può ammettersi l'esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare (Cons. Stato, Sez. VI, 21 ottobre 2013, n. 5088; Cons. Stato, Sez. VI, 4 ottobre 2013, n. 4907), anche per non avere l'interessato titolo a dolersi del fatto che l'Amministrazione non abbia emanato in data antecedente i dovuti atti repressivi (Cons. Stato, VI, 31 maggio 2013, n. 3010; Cons. Stato, VI, 11 maggio 2011, n. 2781).

In particolare, nel caso di abusi edilizi vi è un soggetto che pone in essere un comportamento contrastante con le prescrizioni dell’ordinamento, confidando nell’omissione dei controlli o comunque nella persistente inerzia dell’amministrazione nell’esercizio del potere di vigilanza. In questi casi il fattore tempo non agisce qui in sinergia con l’apparente legittimità dell’azione amministrativa favorevole, a tutela di un’aspettativa conforme alle statuizioni amministrative pregresse (Cons. Stato, Sez. VI, 21 ottobre 2013, n. 5088; Cons. Stato, Sez. VI, 4 ottobre 2013, n. 4907; Cons. Stato, IV, 4 maggio 2012, n. 2592).

Al riguardo il Collegio rileva come di affidamento meritevole di tutela si possa parlare solo ove il privato, il quale abbia correttamente ed in senso compiuto reso nota la propria posizione all’Amministrazione, venga indotto da un provvedimento della stessa Amministrazione a ritenere come legittimo il suo operato, non già nel caso, come quello di specie, in cui si commetta un illecito a tutta insaputa della stessa (Cons. Stato, Sez. IV, 15 settembre 2009, n. 5509).

Tale orientamento ha, peraltro, ormai trovato l’autorevole avallo dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato secondo la quale il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso. Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino (Cons. Stato, Ad. Plen., 17 ottobre 2017 n. 9).

Quanto alla censura dell’omissione della partecipazione procedimentale, il Collegio evidenzia l’orientamento giurisprudenziale secondo cui in ragione del contenuto rigidamente vincolato che li caratterizza, gli atti sanzionatori in materia edilizia, tra cui l'ordine di demolizione di costruzione abusiva, non devono essere preceduti dalla comunicazione d'avvio del relativo procedimento (Consiglio Stato, sez. VI, 24 settembre 2010, n. 7129). In ogni caso, in considerazione delle espresse ragioni di rigetto degli altri motivi di ricorso, si ritiene sarebbe comunque applicabile al caso in esame il disposto dell’art.21 octies della legge n.241/90, ai sensi del quale non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti, vertendosi in ambito provvedimentale vincolato e risultando che il contenuto dispositivo del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

Il Collegio, infine, rileva come parte ricorrente non abbia nemmeno censurato la parte di motivazione del provvedimento inerente al mancato rispetto della normativa antisismica.

4) Per le suesposte ragioni il ricorso va rigettato.

Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

La mancata costituzione del Comune non consente una pronuncia sulle spese di giudizio secondo il criterio della soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Nulla spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 14 febbraio 2018 con l'intervento dei magistrati:

Italo Caso, Presidente

Michelangelo Maria Liguori, Consigliere

Fabrizio D'Alessandri, Consigliere, Estensore