TAR Campania (SA), Sez. I, n. 1821, del 6 settembre 2013
Urbanistica.Edificazione lotto intercluso

Nell’ipotesi di lotto intercluso o in altri analoghi casi nei quali la zona risulti totalmente urbanizzata, attraverso la realizzazione delle opere e dei servizi atti a soddisfare i necessari bisogni della collettività, quali strade, spazi di sosta, fognature, reti di distribuzione del gas, dell’acqua e dell’energia elettrica, scuole, ecc., lo strumento urbanistico esecutivo non può ritenersi necessario e non può pertanto essere consentito all’ente locale di trincerarsi dietro l’opposizione di un rifiuto, basato sul solo argomento formale della mancata attuazione della strumentazione urbanistica di dettaglio. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 01821/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01520/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso, numero di registro generale 1520 del 2012, proposto da: 
Di Luccio Antonio, rappresentato e difeso dall’Avv. Antonio Scuderi, con domicilio eletto, in Salerno, alla via Velia, 96;

contro

Comune di Agropoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Attilio Pecora, con domicilio eletto, in Salerno, al Corso Garibaldi, 8, presso l’Avv. Valerio Iorio;

per l’annullamento

- del diniego di permesso di costruire operato con il provvedimento del Responsabile del Servizio Urbanistica ed Edilizia Privata, prot. n. 20842 del 27.7.2012, successivamente ricevuto;

- della comunicazione delle ragioni ostative al rilascio del titolo di cui alla nota del medesimo Responsabile del Servizio, prot. 15346 dell’1.06.2012;

- dell'eventuale scheda urbanistica/edilizia, redatta dal Responsabile del procedimento, di cui non si conoscono gli estremi, con riserva di motivi aggiunti;

- di ogni altro atto presupposto, connesso, collegato e consequenziale, tra cui la nota, prot. 26632 del 20.9.2011;



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Agropoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 6 giugno 2013, il dott. Paolo Severini;

Uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue.



FATTO

Il ricorrente, comproprietario di una residua area di terreno (particella n. 91 del fl. 15 del Comune di Agropoli), ubicata in zona B1 del P. d. F., soggetta ad intervento diretto e destinata alla realizzazione di civili abitazioni, costituente parte residua – ormai completamente interclusa – di un più vasto appezzamento, sul quale, in passato, il Comune di Agropoli aveva rilasciato autonome licenze o concessioni edilizie, rappresentava che, su tale area, da tempo, i proprietari avevano chiesto di poter costruire, e che le loro istanze, spesso esaminate nel merito favorevolmente, erano state poi sempre rinviate, per la sopravvenienza delle norme di salvaguardia dei diversi P. R. G. adottati dal Comune di Agropoli, mai approvati; segnalava che da ultimo – definitivamente annullata, da parte di questo Tribunale, l’adozione del più recente P. R. G. - i (com)proprietari, facendo seguito ad una richiesta di integrazione su una precedente istanza, in data 24.2.2012 avevano rimesso più aggiornata documentazione, depositando anche la relazione storica della particella n. 91 del fl. 15 (richiesta dal Tecnico Comunale, con nota del 20.9.2011), per mezzo della quale era stato dimostrato che, su di essa, residuava ancora una capacità edificatoria di 1.258,16 mc.

Lamentava che, ciò nonostante, il Responsabile dell’Area aveva fatto constare – con nota, prot. 15346 del 1.6.2012 – il proprio negativo giudizio, dando conto dei motivi ostativi al rilascio del permesso; nei termini assegnati, gli interessati avevano fatto tenere (con nota, prot. 17035 del 18.6.2012) le proprie deduzioni, sì da dimostrare l’infondatezza dei rilievi mossi: ma il Responsabile dell’Area aveva ribadito le proprie convinzioni e, con il provvedimento prot. 20842 del 27.7.2012, aveva denegato il permesso di costruire.

Il ricorrente poneva in risalto, inoltre, che da sempre, nelle zone B1, si era agito con intervento diretto ed applicazione dell’indice di fabbricabilità fondiaria (lo stesso tecnico comunale, per esempio, aveva rilasciato – con tali presupposti – i permessi di costruire n. 4121 del 29.4.2010 e n. 4318 del 17.5.2011); particolarmente significativo era poi – per la contiguità con l’area, di comproprietà del ricorrente – il permesso dì costruire n. 4343 del 22.6.2011, rilasciato in favore del Sig. Alfredo Sansivieri, con situazione non analoga, ma addirittura identica a quella in esame: entrambe le aree residuavano da una più vasta zona, a seguito di successivi frazionamenti; ambedue i terreni rimanevano interclusi dalle più remote costruzioni, assentite sempre con titolo diretto; entrambe erano ubicate in zona B1 del P. d. F.; ma mentre per la richiesta dei Sigg.ri Di Luccio, il Responsabile dell’Area aveva ritenuto necessaria la predisposizione di un piano di lottizzazione

e l’utilizzazione – ai fini dei calcoli volumetrici – dell’indice di fabbricabilità territoriale, nel caso del Sig. Sansivieri aveva rilasciato direttamente il permesso di costruire, utilizzando il diverso e più consistente indice di fabbricabilità fondiaria (come, peraltro, lo stesso aveva fatto per tutti gli altri permessi0 in zona B1).

Tanto premesso, il ricorrente articolava le seguenti censure:

- 1) Violazione delle Norme di Attuazione del Vigente P. d. F. del Comune di Agropoli - VIOLAZIONE DI LEGGE (art. 28, l. 1150/1942 e succ. mod. ed integraz. – artt. 10, 11 e 12 d. P. R. 380/01) – Violazione dei principi in materia di lottizzazione convenzionata – ECCESSO DI POTERE (difetto ed erroneità della motivazione – erroneità dei presupposti – carenza di istruttoria – contrasto con i precedenti – disparità di trattamento – iniquità – sproporzione – abnormità – illogicità – perplessità): Il provvedimento impugnato – nel procedere al diniego – compiva un vero e proprio salto logico, non solo in spregio alla normativa urbanistica vigente per il Comune di Agropoli, ma anche rispetto al costante atteggiamento mantenuto, dallo stesso Ente, per la zona B1, ed in particolare anche per l’ambito, insistente in zona S. Marco, consistente nell’assunto che, per poter ulteriormente edificare in zona B1, fosse necessario un piano di lottizzazione, che prevedesse aree, da cedere al Comune e da destinare a standards; se fosse stato valido un tale ragionamento, infatti, il problema andava posto agli albori dell’edificazione del comparto, allorché cioè era possibile, in concreto, procedere alla trasformazione urbanistica mediante il piano di dettaglio; ma dopo aver costantemente fatto edificare mediante titolo diretto, la lottizzazione (ammesso pure, per mera ipotesi, che fosse obbligatoriamente richiesta dal P. d. F.) era una strada di fatto non più percorribile, in presenza di un’unica area residua, per di più di consistenza infima, come quella in contestazione; il tutto in virtù del principio consolidato secondo cui va esclusa – anche quando espressamente richiesta dallo strumento urbanistico – la lottizzazione edilizia, nel caso si tratti di lotto intercluso (od anche nel caso tutte le opere di urbanizzazione siano già state realizzate); il provvedimento si palesava inoltre, secondo il ricorrente, illegittimo anche sotto il profilo del difetto di motivazione, nella parte in cui – a fronte di una edificazione della zona che si può definire compiuta – del tutto genericamente assumeva che l’aumento del numero di abitanti avrebbe imposto la predisposizione del piano di lottizzazione, laddove a fronte di un’area edificata (per la quale il P. d. F. non prevede in via automatica il piano di lottizzazione e per la cui trasformazione l’Amministrazione mai aveva richiesto tale strumento), non poteva genericamente evocarsi il piano di dettaglio, ma andava in concreto – stante il carattere residuale dell’area – spiegata e documentata l’incompatibilità del nuovo insediamento con il livello esistente delle opere di urbanizzazione.

In altri termini, nel provvedimento di diniego andava provato che il tessuto urbanizzativo era inadeguato, al punto tale da non poter assorbire alcun ulteriore carico di abitanti, anche se di appena dieci persone (perché di tanto si tratterebbe, in ragione dei volumi che si intendevano realizzare); al più – opinava il ricorrente – se proprio fosse stata dimostrata la necessità di ulteriori urbanizzazioni – la residualità dell’area e la modesta estensione del terreno avrebbero dovuto imporre il rilascio del permesso di costruire, con le modalità previste dall’art. 12, comma 2°, del d. P. R. 380/01;

- 2) Violazione delle Norme di Attuazione del Vigente P. d. F. del Comune di Agropoli – VIOLAZIONE DI LEGGE (art. 28, l. 1150/1942 e succ. mod. ed integraz. – artt. 10, 11 e 12 d. P. R. 380/2001) – Violazione dei principi in materia di lottizzazione convenzionata – Violazione del Regolamento Edilizio Comunale (art. 23) – ECCESSO DI POTERE (difetto ed erroneità della motivazione – erroneità dei presupposti – carenza di istruttoria – contrasto con i precedenti – disparità di trattamento – iniquità – sproporzione): lo strumento urbanistico vigente nel Comune di Agropoli (P. d. F.) normava la zona in parola come B1, destinata alla realizzazione di civili abitazioni, assegnando ad essa l’indice fondiario di 1,5 mc/mq. e l’indice territoriale di 0,85 mc/mq. (come ridimensionati, per effetto del decreto di approvazione del Presidente della Giunta Regionale), laddove non richiedeva – come invece faceva per le zone C – la preventiva redazione dello strumento attuativo, considerato necessario solo “ove mai si configurino le premesse e le condizioni di cui all’art. 8 della legge 6.8.1967 n. 765”; ai sensi, poi, del Regolamento Edilizio Comunale (art. 23) l’indice di edificabilità fondiaria costituiva la densità volumetrica delle singole aree (fondi) da edificare; mentre l’indice di edificabilità territoriale andava utilizzato, solo nel caso di formazione dello strumento attuativo; sicché, per la zona B, il P. d. F. non prescriveva l’obbligo di lottizzazione convenzionata, ritenendola possibile solo ove concorressero le condizioni, previste dall’art. 18 della L. 765/67, ovvero nel caso mancasse un’adeguata strutturazione urbanizzativa; con la conseguenza che pareva davvero ardua la dimostrazione delle necessarietà dello strumento di dettaglio quando, costantemente, la P. A. aveva agito con interventi diretti, evidentemente ritenendo la zona – sin dall’inizio – dotata di tutti i presupposti, per consentire la trasformazione edilizia, anche senza ricorrere allo strumento di dettaglio; tanto non solo in epoca remota, ma anche nel recentissimo passato (anno 2011), ove lo stesso Tecnico che aveva emesso il diniego aveva rilasciato permessi di costruire diretti (titoli n. 4121/2010 e n. 4318/2011), e ove, nella stessa zona urbanistica B1 e nel medesimo ambito (San Marco), a distanza di meno di 100 metri, aveva rilasciato al Sig. Sansivieri, per un lotto avente di fatto le stesse caratteristiche di quello dei Sigg.ri Di Luccio, il permesso di costruire diretto (n. 4343/2011), utilizzando l’indice di fabbricabilità fondiaria, ritenendo cioè che non fosse necessario alcun piano di lottizzazione; mentre un diverso orientamento avrebbe richiesto una concreta istruttoria in ordine al reale stato dell’area ed una particolareggiata motivazione, tesa a dimostrare l’assoluta necessità del piano di dettaglio, obbligo motivazionale che di certo non si poteva ritenere adeguatamente assolto con il mero richiamo all’aumento di abitanti;

- 3) Violazione delle Norme di Attuazione del Vigente P. d. F. del Comune di Agropoli – VIOLAZIONE DI LEGGE (art. 28, l. 1150/1942 e succ. mod. ed integraz. – artt. 10, 11 e 12 d. P. R. 380/01) – Violazione dei principi in materia di lottizzazione convenzionata – Violazione del Regolamento Edilizio Comunale (art. 23) – ECCESSO DI POTERE (difetto ed erroneità della motivazione – erroneità dei presupposti – carenza di istruttoria – contrasto con i precedenti – disparità di trattamento – iniquità – sproporzione): come ulteriore motivo di diniego, il Responsabile dell’U. T. C. poneva una ventilata inesistenza di volume insediabile sull’area; in particolare, pur non contestando, se non genericamente, l’analitica ricostruzione fatta dal tecnico progettista nella relazione storica sulla particella n. 91, rassegnata al Comune il 24.2.2002, il funzionario assumeva che l’area sarebbe stata già asservita agli altri fabbricati, realizzati sull’originaria particella, ritenendo – inoltre – che il volume andasse calcolato (e questo solo per i Di Luccio) facendo riferimento all’indice territoriale, “in quanto non si è intervenuti con un piano di lottizzazione, ma con licenze dirette”; osservava il ricorrente, che entrambi i rilievi non meritavano apprezzamento, posto che: a) con la relazione storica, il Tecnico progettista aveva operato una minuziosa ricostruzione di tutti i volumi insediati sulle partile n. 91 e 92 di proprietà della Sig.ra Amalia Cianfrone, cui erano succeduti – mortis causa – gli attuali comproprietari, calcolo che non aveva tenuto conto solo della sommatoria dei volumi autorizzati, ma aveva scorporato, di volta in volta, le aree di terreno cedute, che avevano una capacità edificatoria almeno pari (ma spesso superiore) a quanto assentito; in altri termini, i frazionamenti operati per le vendite avevano riguardato porzioni di terreno che consentivano almeno la realizzazione di quanto previsto nelle licenze o concessioni edilizie rilasciate ed in alcuni casi addirittura un volume superiore all’assentito e ceduto; ma di tali volumi aggiuntivi (mai sfruttati), ormai relativi a zone non più di proprietà dei richiedenti, non si era tenuto conto, tant’era vero che il volume riconnesso all’attuale configurazione della partita n. 91 era stato calcolato in 1258,16 mc., in luogo dei circa 1.500 mc., cui si sarebbe potuti pervenire ove si fossero semplicemente detratti, dai volumi complessivamente insediabili sulle originarie partile 91 e 92, quelli, mano a mano assentiti; a fronte di tale rigorosa indagine, le sue risultanze erano state liquidate, dal Responsabile dell'Ufficio, non a seguito di un’articolata istruttoria, ma in base ad una mera supposizione: “Si ritiene che i terreni su cui intervenire siano già stati utilizzati a servizio di altri fabbricati”; b) anche l’altro elemento di computo, ritenuto violato dall’U. T. C., era stato invece correttamente utilizzato; sosteneva il Dirigente che per i calcoli volumetrici si sarebbe dovuto utilizzare l’indice dì fabbricabilità territoriale, in luogo di quello fondiario, perché non si sarebbe intervenuti con un piano di lottizzazione, ma con licenze dirette; ma non si comprendeva perché tale principio – se ritenuto fondato – fosse stato applicato solo nei confronti dei Di Luccio e perché dello stesso ci si fosse dimenticati, ad esempio, negli altri casi analoghi, e soprattutto nel caso Sansivieri; in realtà, osservava il ricorrente, l’indice di fabbricabilità territoriale non può essere applicato, laddove si tratti di intervenire su un’area determinata e circoscritta, vale a dire su un fondo e non su un comparto; per di più, il vigente Regolamento Edilizio (art. 23) forniva piena dimostrazione della legittimità della richiesta avanzata dai Di Luccio e della correttezza del pregresso comportamento costantemente mantenuto dall’Amministrazione; l’articolo richiamato definiva l’indice di fabbricabilità territoriale come rapporto fra il volume realizzabile in una zona urbanistica e la superficie della zona stessa, ed ai presenti fini era particolarmente significativa la successiva disposizione, ov’era chiarito che detto indice “si applica soltanto in sede di attuazione dello strumento urbanistico, nell’ambito degli insediamenti unitari da esso definiti”; era dunque, lo stesso Regolamento Edilizio a confinare l’utilizzo dell’indice di fabbricabilità territoriale, soltanto al caso di redazione dei piani attuativi dello strumento urbanistico e, per di più, negli ambiti degli insediamenti unitari, che lo stesso strumento urbanistico doveva aver definito.

Seguiva il deposito di perizia tecnica asseverata, nell’interesse del ricorrente.

Si costituiva in giudizio il Comune di Agropoli, producendo in giudizio documenti ed una memoria difensiva, in cui erano confutate le argomentazioni di controparte.

Il ricorrente replicava alle considerazioni, contenute in detta memoria, con ulteriore scritto difensivo.

Alla pubblica udienza del 6 giugno 2013, il ricorso era trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il Tribunale ritiene anzitutto necessaria una attenta ricognizione del compendio motivazionale del provvedimento impugnato.

Le ragioni di diniego al rilascio del p. di c. richiesto – tra gli altri – dal ricorrente, sono rappresentate: a) dalla circostanza che per poter edificare ulteriormente nella zona omogenea B1 del vigente P. di F., “con aumento di abitanti”, occorreva “predisporre un piano di lottizzazione” che prevedesse aree da cedere al Comune di Agropoli per poter destinarle a standards urbanistici pubblici”; b) dalla circostanza che l’area oggetto d’intervento (p.lla 91 del fol. 15 del detto Comune) risultava “già essere asservita a servizio di altri fabbricati” (L. E. 197/C, relativa all’edificazione di tre fabbricati, e L. E. 292/D (non 192/D), relativa ad un solo fabbricato); e che “come superficie globale di tutte le costruzioni poste in essere” andava operato il calcolo volumetrico, rapportato all’indice territoriale e non a quello fondiario, “in quanto non si è intervenuti con un piano di lottizzazione, ma con (le) licenze edilizie dirette sopra richiamate”.

A fronte di tali motivi, ostativi all’accoglimento della cennata richiesta di p. di c., il ricorrente ha dedotto tre censure, in sintesi impingenti: la prima, nel difetto di motivazione (affidata ad un mero richiamo all’aumento del numero di abitanti), circa la pretesa necessità del piano di lottizzazione, non imposto dallo strumento urbanistico vigente e non necessario, in ragione del carico insediativo, e tanto in ragione sia della prassi costantemente seguita nella stessa zona dall’U. T. C., espressa nel rilascio di numerose licenze e concessioni edilizie dirette, sia della circostanza che si trattava di lotto intercluso, nonché già dotato delle opere di urbanizzazione; la seconda, nell’eccesso di potere per difetto d’adeguata istruttoria e per disparità di trattamento, ancora in relazione all’intervenuto rilascio, in via diretta, di titoli abilitativi nella stessa zona, in un caso addirittura per un lotto, che presentava caratteristiche identiche a quello del ricorrente; la terza, nell’erroneità della ritenuta necessità di calcolare i volumi realizzabili, tenendo conto dell’indice territoriale e non di quello fondiario, desunta dalla mera circostanza del previo rilascio delle licenze edilizie di cui sopra (197/C e 292/D), ed inoltre nella mancata, analitica, confutazione del calcolo della capacità edificatoria residua, contenuta in una relazione storica, circa i precedenti titoli edilizi, depositata dagli istanti in Comune, a supporto di una precedente istanza, in data 24.02.2012.

Il Collegio ritiene dirimenti le censure di difetto di motivazione e di adeguata istruttoria, evidenziate da parte ricorrente, sotto i seguenti profili:

1) In presenza di una prassi, costantemente seguita, in passato, dallo stesso Ufficio Tecnico Comunale (testimoniata, oltre che dalle asserzioni contenute in ricorso, non negate dall’ente nelle sue difese, e dalla perizia tecnica asseverata, depositata nell’interesse del ricorrente), di rilascio, in via diretta, di titoli abilitativi nella stessa zona, non è sufficiente allegare – come ha fatto il Comune nelle sue difese – che proprio l’aumento del carico insediativo nella zona avrebbe reso, infine, necessaria la previa redazione dello strumento attuativo; come correttamente osservava il ricorrente, era, piuttosto, sin dall’inizio del processo di antropizzazione dell’area che l’adeguatezza della dotazione di standards andava verificata dal Comune, prescrivendo, se del caso, la necessità del piano di dettaglio; ciò risultava confermato dalla circostanza che per la zona B1 – come affermato in ricorso, e non contestato da controparte – non era richiesta, sempre e comunque, la previa redazione dello strumento attuativo, necessaria solo “ove mai si configurino le premesse e le condizioni di cui all’art. 8 della legge 6.8.1967 n. 765”, vale a dire ove fosse mancata un’adeguata dotazione di opere di urbanizzazione; peraltro, circa la situazione urbanizzativa della zona, soccorrevono gli esiti della perizia tecnica asseverata di cui sopra, a mente dei quali:

“Per quanto riguarda le opere di urbanizzazione primaria, si sottolinea che:

1) esiste una strada privata ad uso pubblico a servizio del lotto di progetto, che lambisce un lato della partila 91 e la collega alla viabilità principale di via Montessori;

2) lungo tale strada è presente la condotta fognaria e la rete idrica comunale, la rete per l’erogazione e la distribuzione dell’energia elettrica nazionale per usi domestici e la rete telefonica, con possibilità dí allaccio diretto dell’insediamento di progetto;

3) lungo tale strada esiste la pubblica illuminazione;

4) nelle ipotesi progettuali sono stati previsti spazi interrati e scoperti destinati alla sosta ed al parcheggio degli autoveicoli nonché aree a servizio dell’edificio destinate a verde e a giardino.

Per quanto riguarda le opere di urbanizzazione secondaria, si sottolinea che in linea d’aria:

1) esiste un istituto scolastico a circa 80 mt. di distanza;

2) esiste una chiesa cattolica a circa 160 mt. di distanza;

3) esiste una struttura sportiva ed un oratorio parrocchiale a circa 150 mt. di distanza;

4) esiste la caserma della Guardia di Finanza a circa 200 mt di distanza;

5) esiste un supermercato a circa 200 mt di distanza;

6) esistono locali commerciali per l’intrattenimento e la vendita a meno di 200 mt. di distanza sul lungomare San Marco”.

Per di più, la porzione di terreno, su cui s’intendeva realizzare l’intervento richiesto, costituiva un lotto intercluso: ciò è dimostrato, ancora, dalla suddetta perizia tecnica asseverata, dalla quale si ricava quanto segue: “Il lotto de quo misura complessivamente circa 1179.00 mq, è di forma irregolare, a profilo pianeggiante, completamente libero da insediamenti edilizi e da vegetazione autoctona tipica della zona; esso possiede tutte le caratteristiche del “lotto intercluso” in quanto ricade in un contesto completamente urbanizzato; la particella 91, infatti, è circondata su tutti i lati da lotti di terreno già edificati con immobili per civile abitazione”; ed è noto come, secondo la giurisprudenza: “Nell’ipotesi di lotto intercluso o in altri analoghi casi nei quali la zona risulti totalmente urbanizzata, attraverso la realizzazione delle opere e dei servizi atti a soddisfare i necessari bisogni della collettività – quali strade, spazi di sosta, fognature, reti di distribuzione del gas, dell’acqua e dell’energia elettrica, scuole, ecc. – lo strumento urbanistico esecutivo non può ritenersi necessario e non può pertanto essere consentito all’ente locale di trincerarsi dietro l’opposizione di un rifiuto, basato sul solo argomento formale della mancata attuazione della strumentazione urbanistica di dettaglio” (T. A. R. Campania – Napoli, Sez. IV, 14 settembre 2007, n. 7706). In conclusione, il provvedimento gravato, per andare esente dai rilievi d’illegittimità in esame, avrebbe dovuto fondarsi su un’approfondita istruttoria circa tali profili e avrebbe dovuto spiegare perché, pur trattandosi di zona ormai quasi completamente urbanizzata e di un lotto cd. intercluso, fosse tuttavia ancora necessario uno strumento attuativo, superando la prassi costantemente seguita nell’area – e conforme del resto alle previsioni del P. d. F., che prescindeva in prima battuta dalla presenza di un piano di dettaglio – di rilascio diretto dei titoli abilitativi, in favore dei proprietari dei terreni, ivi compresi. Tale approfondita motivazione non può dirsi certo soddisfatta dal mero accenno all’aumento (del numero) di abitanti, contenuto nel provvedimento impugnato, il quale accenno, di per sé, è del tutto anodino, e si risolve, a ben vedere, in null’altro che nell’esplicitazione del criterio – non certo condivisibile – per cui le conseguenze dell’omessa tempestiva programmazione del carico insediativo nella zona, e del disordinato aumento del carico urbanistico che ne era derivato, dovrebbero gravare, in maniera iniqua, esclusivamente su chi domanda, per ultimo, di costruire nel suo ambito.

2) Lo stesso deficit d’adeguata istruttoria e sufficiente motivazione si riscontra, anche riguardo alla questione, che insieme alla precedente ha fondato l’opposto diniego, dell’asservimento dell’area alla realizzazione di altri fabbricati (vale a dire quelli, oggetto delle licenze edilizie citate sopra), il quale si sarebbe posto come ostativo, postulando l’applicazione dell’indice territoriale e non di quello fondiario, onde calcolare i volumi consentiti sul terreno in oggetto (come sembra doversi desumere dalla, invero non perspicua, esposizione contenuta nel provvedimento gravato). Sempre seguendo la falsariga della, più volte citata, relazione tecnica asseverata in atti, si ricava anzitutto che: “L’intervento di progetto riguarda la costruzione di un fabbricato per civile abitazione sul lotto di terreno ubicato in una traversa di via Montessori di Agropoli (Sa), censito al N. C. T., al Foglio 15, particella 91 e ricadente nella zona omogenea B1 del vigente Programma di Fabbricazione in vigore nel Comune di Agropoli, in cui sono previsti i seguenti parametri urbanistici: ZONA Bl: It = 0,85 mc/mq; If = 1,50 mc/mq; H max = 7,50 mt.”.

E, più avanti: “Nell’attuale configurazione la particella 91 rappresenta il residuo di un lotto di terreno edificabile di maggiore consistenza, identificato in origine con part.lla 91 mano a mano assottigliatosi per effetto di successivi interventi edificatori; risalendo alle mappe di impianto, inoltre, si rileva che la stessa part.lla 91 venne costituita dalla fusione delle originarie partile 14, 15 e 16 del vecchio foglio di impianto n. 15 allorquando nel 1972 vi fu la suddivisione di tale foglio in più parti. Per il dettaglio delle operazioni intervenute sulla originaria part.lla 91 fino all’attuale configurazione e per la determinazione della potenzialità edificatoria ancora posseduta dal lotto di progetto si rimanda alla Relazione Storica allegata all’istanza di Permesso di Costruire prot. n. 5224/5181 del 24/02/2012; da tale relazione emerge che, con l’applicazione dell’indice fondiario di 1,50 mc su mq di superficie disponibile, la potenzialità edificatoria residua della particella 91 è pari a 1.258,16 mc. Gli elaborati progettuali allegati all’istanza di Permesso di Costruire n. 5224/5181 del 24/02/2012 prevedono un intervento con le seguenti caratteristiche: EDIFICIO 1) Superficie di progetto piano terra: 178,56 mq; Altezza piano terra: 3,30 mt.; Volume di progetto piano terra: 589,24 mc. 2) Superficie di progetto piano primo: 191,75 mq.; Altezza piano primo: 3,00 mt.; Volume di progetto piano primo: 575,25 mc.; Volume totale di progetto: 1.164,50 mc; Volume di progetto < Volume consentito; 1.164,50 mc < 1.258,16 mc; PARCHEGGIO: indice per dotazione parcheggi: 1 mq /10 mc.; Volume di progetto: 1164.50 mc. Superficie minima a parcheggi: 116.45 mq.; Superficie a parcheggio di progetto esterna: 37.00 mq.; Superficie a parcheggio di progetto interrata: 123.60 mq.; Superficie totale a parcheggio di progetto: 160.60 mq.; Superficie destinata a parcheggio = 160.60 mq > 116.45 mq = Superficie minima; AREA A VERDE: Il progetto prevede, fatta eccezione per l’area su cui insiste il fabbricato e la viabilità interna, la sistemazione di circa 600 mq. a verde e giardino di pertinenza”.

Quindi gli elaborati tecnici, allegati alla domanda di p. di c., contenevano una dettagliata esposizione della residua potenzialità edificatoria dell’area, compatibili con i volumi di progetto, con gli spazi destinati a parcheggi e con le aree da destinare a verde; ma tale complessa produzione tecnica, tendente ad accreditare la piena compatibilità del progettato intervento con l’indice fondiario, non è stata oggetto di compiuta analisi istruttoria e di convincente confutazione, da parte dell’estensore del provvedimento impugnato, il quale s’è limitato ad osservare: “L’opera oggetto d’intervento risulta asservita a servizio di altri fabbricati”, ma senza spiegare precisamente in quale misura sarebbero stati oltrepassati i limiti volumetrici, realizzabili nella zona.

Ma a ben vedere non è neppure questo il punto cruciale della questione, che è rappresentato piuttosto dalla pretesa, del responsabile dell’Area Assetto ed Utilizzazione del Territorio – Servizio Urbanistica ed Edilizia Privata – del Comune resistente, d’applicare alla specie, anziché il suddetto indice fondiario, il più restrittivo indice territoriale, e tanto, sul presupposto che le precedenti licenze edilizie erano state rilasciate senza un previo piano di lottizzazione, bensì con licenze edilizie dirette.

In tal modo, il suddetto dirigente comunale non solo ha contraddetto la prassi costantemente seguita, anche con riferimento allo specifico punto in esame, dallo stesso Ufficio Tecnico, prassi ancora una volta comprovata dalla relazione tecnica asseverata in atti, nella quale si dimostra che per le analoghe concessioni edilizie rilasciate (direttamente) in quella zona, era stato sempre pacificamente tenuto presente l’indice di fabbricabilità fondiaria, anziché quello territoriale, ma ha fatto malgoverno della stessa disposizione del regolamento edilizio comunale (art. 23) destinata alla distinzione ed alla definizione dei due indici in argomento, secondo la quale, mentre l’indice di fabbricabilità fondiaria è il rapporto (mc/mq) fra il volume realizzabile e l’area da edificare, escluse le sedi viarie anche se private o da cedere al Comune, l’indice di fabbricabilità territoriale è invece costituito dal rapporto fra il volume realizzabile in una zona che lo strumento urbanistico vigente destina ad insediamento abitativo o produttivo, e la superficie della zona stessa, con la fondamentale precisazione, recata dal capoverso della definizione di IFT, secondo la quale detto indice “si applica soltanto in sede di attuazione dello strumento urbanistico, nell’ambito degli insediamenti unitari da esso definiti”. Insomma, dalle citate definizioni si ricava come l’IFT s’applichi esclusivamente nel calcolo dei volumi, complessivamente realizzabili in una ben definita zona urbanistica, “in sede di attuazione dello strumento urbanistico”, laddove per il calcolo del volume, assentibile in relazione ad un ben individuato e specifico intervento edilizio, occorre rifarsi necessariamente all’IFF. Ciò, tanto più che in zona B1 la necessità di uno strumento attuativo, giusta quanto osservato sopra, era soltanto eventuale, e che il diniego, opposto al ricorrente, non conteneva una dettagliata e convincente motivazione delle ragioni per le quali, proprio e soltanto nel caso analizzato, il permesso di costruire non potesse essere rilasciato in via diretta (con il che nessun dubbio poteva, neppure astrattamente, formularsi, circa l’applicabilità, al calcolo dei volumi, dell’IFF, anziché dell’IFT).

In conformità alle superiori considerazioni, il ricorso va pertanto accolto, con annullamento degli atti gravati.

Sussistono peraltro, per la complessità delle questioni affrontate e per l’obiettiva esistenza di contrasti interpretativi, in tema di persistente necessità dello strumento attuativo, in cospetto di zone già ampiamente urbanizzate, eccezionali ragioni per compensare integralmente, tra le parti, le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania – Sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, l’accoglie, nei sensi di cui in parte motiva, e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso, in Salerno, nella camera di consiglio del giorno 6 giugno 2013, con l’intervento dei magistrati:

Antonio Onorato, Presidente

Giovanni Grasso, Consigliere

Paolo Severini, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 06/09/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)