TAR Lombardia (MI), Sez. II, n. 585, del 5 marzo 2014
Urbanistica.Modifica della sagoma e dell’altezza dell’edificio

La modifica della sagoma e dell’altezza dell’edificio è sufficiente a rendere l'intervento edilizio non riconducibile al paradigma normativo della ristrutturazione e all'esonero dall'osservanza delle distanze legali previsto per detto tipo d’interventi. La semplice "ristrutturazione" si verifica ove gli interventi, comportando modificazioni esclusivamente interne, abbiano interessato un edificio del quale sussistano e rimangano inalterate le componenti essenziali, quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali, la copertura, mentre è ravvisabile la "ricostruzione" allorchè dell'edificio preesistente siano venute meno, per evento naturale o per volontaria demolizione, dette componenti, e l'intervento si traduca nell'esatto ripristino delle stesse, operato senza alcuna variazione rispetto alle originarie dimensioni dell'edificio, e, in particolare, senza aumenti della volumetria. In presenza di tali aumenti, si verte, invece, in ipotesi di "nuova costruzione", come tale sottoposta alla disciplina in tema di distanze vigente al momento della medesima. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00585/2014 REG.PROV.COLL.

N. 01132/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1132 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Aldo Cammaroto, rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Monti, presso il cui studio, in Milano, Galleria S. Babila, 4/A, è elettivamente domiciliato;

contro

Comune di Lissone, rappresentato e difeso dall'avv. Valeria Raimondi, domiciliato presso la segreteria del Tar, in Milano, via Corridoni, n. 39;

nei confronti di

Fabrizio Vismara e Marco Fiorese, rappresentati e difesi dall'avv. Cataldo Giuseppe Salerno, domiciliati presso la segreteria del Tar, in Milano, via Corridoni, n. 39; 
Marzio Vismara e Cinzia Vismara, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

con il ricorso principale:

- della nota del Dirigente del Settore Pianificazione del Territorio del Comune di Lissone prot. n. 11383 del 15.03.2013, notificata al ricorrente il 18.03.2013;

con ricorso per motivi aggiunti:

- della nota del Dirigente del Settore Pianificazione del Territorio del Comune di Lissone prot. n. 20411 del 22.05.2013, notificata al ricorrente il 23.05.2013;



Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Lissone, di Fabrizio Vismara e di Marco Fiorese;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2013 la dott.ssa Silvia Cattaneo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. In data 2 maggio 2012, il sig. Marzio Vismara ha presentato al Comune di Lissone una denuncia di inizio attività avente ad oggetto la realizzazione di opere di “demolizione e ricostruzione con diversa sagoma ai sensi della l. reg. Lombardia, n. 4/2012”.

2. Con provvedimento del 4 luglio 2012, il Comune ha inibito l’attività edilizia oggetto della d.i.a., limitatamente all’attività di ricostruzione.

3. Il 25 luglio 2012, il sig. Vismara ha presentato una seconda d.i.a., avente ad oggetto la realizzazione delle opere di ricostruzione.

4. Anche l’attività edilizia prevista da questa seconda d.i.a. è stata inibita dal Comune con provvedimento dell’8.8.2012, provvedimento revocato in data 23 agosto 2012, a seguito della presentazione di integrazioni documentali e progettuali.

5. Il sig. Aldo Cammaroto - proprietario di un’area posta ai confini di quella oggetto dell’intervento edilizio assentito con i due titoli edilizi – con nota del 18 febbraio 2013 ha sollecitato il Comune di Lissone ad esercitare i poteri di vigilanza e sanzionatori sulle due denuncie di inizio attività.

6. Con provvedimento prot. n. 11383 del 15.3.2013, il Comune ha riscontrato l’istanza contestando la sussistenza dei vizi lamentati ed affermando la legittimità dei titoli edilizi.

7. Il sig. Cammaroto insorge avverso tale determinazione, articolando le seguenti doglianze:

I. violazione dell’art. 27, d.P.R. n. 380/2001; eccesso di potere per travisamento e difetto assoluto di motivazione;

II. violazione degli artt. 27, c. 1, lett. e), punto 7- bis) e 42, c. 1, l. reg. Lombardia, n. 12/2005, dell’art. 2, c. 7, lett. a) e c) delle n.t.a. del piano delle regole del p.g.t.; eccesso di potere per difetto di ponderazione e contraddittorietà;

III. violazione dell’art. 5, c. 8, l. reg. Lombardia, n. 12/2005, dell’art. 5, c. 2, l. reg. Lombardia, n. 13/2009 e dell’art. 64, c. 8 e 9 e dell’art. 42, c. 1, l. reg. Lombardia, n. 12/2005;

IV. violazione dell’art. 14, c. 1 delle n.t.a. del piano delle regole del p.g.t. e dell’art. 42, c. 1, l. reg. Lombardia, n. 12/2005; eccesso di potere per difetto di istruttoria, di ponderazione e per travisamento;

V. violazione dell’art. 26, c. 1 delle n.t.a. del piano delle regole del p.g.t. e dell’art. 42, c. 1, l. reg. Lombardia, n. 12/2005; eccesso di potere per difetto di istruttoria, di ponderazione e travisamento;

VI. violazione dell’art. 889, c. 2, c.c. e dell’art. 42, c. 1, l. reg. Lombardia, n. 12/2005; eccesso di potere per difetto di istruttoria, di ponderazione e travisamento.

8. Con ricorso per motivi aggiunti, il ricorrente impugna la nota prot. n. 20411 del 22 maggio 2013 con cui il Comune di Lissone ha riscontrato un’ulteriore istanza di sollecito all’esercizio dei poteri di vigilanza e sanzionatori, presentata alla luce di profili di illegittimità dell’intervento edilizio rilevati a seguito della conoscenza integrale della d.i.a. del 25.7.2012.

9. Queste le doglianze formulate:

I. violazione dell’art. 5, l. reg. Lombardia, n. 4/2012 e degli artt. 63 e 64, l. reg. Lombardia, n. 12/2005; violazione dell’art. 2, c. 2, lett. e) delle n.t.a. del piano delle regole del p.g.t. e dell’art. 42, c. 1, l. reg. Lombardia, n. 12/2005; eccesso di potere per difetto di ponderazione e di motivazione, per perplessità, manifeste contraddittorietà ed illogicità;

II. violazione dell’art. 5, l. reg. Lombardia, n. 4/2012 e degli artt. 63 e 64, l. reg. Lombardia, n. 12/2005; violazione degli art. 2, c. 2, lett. e) e 14, c. 2 delle n.t.a. del piano delle regole del p.g.t. e dell’art. 42, c. 1, l. reg. Lombardia, n. 12/2005; eccesso di potere per difetto di ponderazione e di motivazione, per perplessità, manifeste contraddittorietà ed illogicità.

10. Si è costituito in giudizio il Comune di Lissone, chiedendo il rigetto nel merito del ricorso.

11. Si sono altresì costituiti in giudizio il sig. Fabrizio Vismara ed il sig. Marco Fiorese, deducendo, oltre all'infondatezza nel merito, l’inammissibilità del ricorso principale e dei motivi aggiunti.

12. All’udienza del 5 dicembre 2013, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

13. I controinteressati eccepiscono l’inammissibilità del ricorso principale e dei motivi aggiunti per le seguenti ragioni:

- per mancata impugnazione delle denuncie di inizio attività del 3.5.2012 e del 25.7.2012;

- per mancata impugnazione del provvedimento del 27.8.2012 con cui il Comune di Lissone ha revocato il provvedimento di inibizione dell’attività edilizia oggetto della denuncia di inizio attività presentata il 25.7.2012;

- per la natura meramente confermativa dei provvedimenti impugnati;

- per tardiva sollecitazione dell’amministrazione ad effettuare le verifiche di cui all’art. 19, c. 6 ter, l. n. 241/1990.

13.1 Le eccezioni sono infondate.

13.2 Ai sensi dell’art. 19, c. 6 ter, l. n. 241/1990, la tutela del terzo che si assume leso da un’attività edilizia intrapresa a seguito della presentazione di una denuncia di inizio attività passa attraverso la sollecitazione dell'esercizio delle verifiche spettanti all'amministrazione e, in caso di inerzia, “esclusivamente” attraverso la proposizione dell'azione di cui all'art. 31, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 .

Nell’impianto normativo delineato dalla l. n. 241/1990, la denuncia di inizio attività – in quanto atto di iniziativa privata - non è, dunque, un provvedimento direttamente impugnabile (cfr. T.A.R. Toscana, sez. III , 01/08/2013, n. 1202; T.A.R. Liguria, sez. I, 09/04/2013, n. 611).

13.3 Poiché la lesione del terzo origina dal provvedimento che riscontra la sua istanza o dal silenzio della p.a., ad avviso del Collegio, questi non è onerato di impugnare eventuali atti espressi che l’amministrazione possa avere adottato a seguito della presentazione della d.i.a., come, nel caso di specie, il provvedimento del 27.8.2012 con cui la p.a. ha accertato il superamento delle carenze e dei rilievi lamentati nel precedente provvedimento inibitorio che ha quindi annullato in autotutela.

Tale atto, in caso di accoglimento del ricorso avverso il provvedimento con cui l’amministrazione ha rigettato l’istanza del terzo, sarebbe, invero, travolto con effetto caducante in conseguenza dell’accertamento dell’illegittimità dell’attività edilizia intrapresa a seguito della d.i.a.

13.4 Né i provvedimenti impugnati, con cui la p.a. ha riscontrato le richieste di verifica formulate dal sig. Cammaroto, possono essere qualificati quali atti meramente confermativi del provvedimento del 27.8.2012: essi non contengono alcun riferimento al provvedimento del 27.8.2012 e non ne richiamano il relativo contenuto ma sono stati emessi sulla base di un’autonoma attività istruttoria e sono corredati di una specifica motivazione in ordine ai profili di illegittimità – differenti rispetto a quelli rilevati dalla p.a. con il provvedimento inibitorio - contestati dal ricorrente.

13.5 Non può infine condividersi quanto affermato dai controinteressati circa la tardività con cui il ricorrente avrebbe sollecitato l’amministrazione ad effettuare le verifiche previste all’art. 19, c. 6 ter, l. n. 241/1990 e la conseguente elusione del termine decadenziale per impugnare.

La legge non pone un termine entro il quale il potere dell’amministrazione possa essere sollecitato.

In mancanza di una espressa previsione normativa, il terzo può, dunque, chiedere l’esercizio delle verifiche di cui all’art. 19, c. 6 ter, l. n. 241/1990 senza limiti temporali.

È piuttosto un onere del terzo quello di attivarsi non appena insorga in lui la consapevolezza della lesione che, per giurisprudenza costante, va collocata, in generale, al momento della ultimazione dei lavori.

Invero, ad avviso del Collegio, una tardiva sollecitazione del potere di verifica della legittimità di una d.i.a. (che, comunque non si è verificata nel caso di specie in quanto, a fronte dell’inizio dei lavori in data 3 settembre 2012, la presentazione da parte del ricorrente dell’istanza in data 18.2.2013 non è sicuramente da ritenersi successiva alla percezione della lesione, legata alla ultimazione dei lavori) se non ha conseguenze sul piano processuale, potrebbe semmai averne sul piano procedimentale.

La tutela che l’amministrazione può fornire è, difatti, differente a seconda che il terzo si attivi non appena insorga in lui la consapevolezza della lesione o allorché sia decorso un ampio lasso di tempo dalla fine dei lavori.

L’amministrazione tempestivamente allertata è, difatti, chiamata ad esercitare il potere di vigilanza e, se del caso, ad annullare il titolo abilitativo, senza dovere verificare la sussistenza dei presupposti richiesti per l’esercizio del potere di autotutela e quindi senza che possa opporre al terzo, quale ragione per non annullare il titolo abilitativo, un interesse pubblico attuale e concreto o l’affidamento del privato.

In caso, invece, di tardiva attivazione del terzo e, comunque, di un ampio lasso di tempo decorso dalla ultimazione delle opere, l’amministrazione, pur ove sussistano profili di illegittimità del titolo edilizio, ben dovrà valutare anche la sussistenza delle condizioni per intervenire in autotutela.

14. Si procede con l’esame del merito del ricorso.

15. Il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 5, l. reg. Lombardia, n. 4/2012 e degli artt. 63 e 64, l. reg. Lombardia, n. 12/2005; la violazione degli art. 2, c. 2, lett. e) e 14, c. 2 delle n.t.a. del piano delle regole del p.g.t. e dell’art. 42, c. 1, l. reg. Lombardia, n. 12/2005; l’eccesso di potere per difetto di ponderazione e di motivazione, per perplessità, manifeste contraddittorietà ed illogicità.

In particolare, ad avviso del ricorrente, il mantenimento della parete nord preesistente non è in grado di far configurare come parziali le demolizioni e ricostruzioni di tutte le altre strutture del fabbricato preesistente e, quindi, di escludere la qualificazione dell’intervento quale nuova costruzione. Inoltre, per l’innalzamento della parete nord non è invocabile alcuna preesistenza edilizia ed è quindi soggetto alle prescrizioni relative alle distanze minime dai confini di proprietà e tra fabbricati.

La censura è fondata.

Il 2.5.2012, il sig. Marzio Vismara ha presentato una denuncia di inizio attività avente ad oggetto la realizzazione di un intervento di sostituzione edilizia, ai sensi dell’art. 5 della l. reg. Lombardia, n. 4/2012.

L’attività edilizia, ad eccezione delle opere di demolizione, è stata inibita dall’amministrazione con provvedimento del 4 luglio 2012.

La successiva d.i.a. del 25.7.2012 – in variante alla precedente - ha ad oggetto la realizzazione dei lavori di ricostruzione, con parziale recupero del sottotetto; la relazione tecnica specifica che si tratta di un intervento di sostituzione edilizia ai sensi dell’art. 5, l. reg. Lombardia, n. 4/2012, con incremento del rapporto di copertura del 25%, così come previsto dall’art. 3, l. reg. Lombardia n. 13/2009.

I lavori sono qualificati nella stessa d.i.a. quale intervento di nuova costruzione.

Tale qualificazione è corretta.

Il progetto prevede l’integrale demolizione e ricostruzione del fabbricato preesistente, essendo irrilevante, ad avviso del Collegio, il mantenimento di una parete, oltretutto crollata nel corso dei lavori.

Dalle tavole allegate alla d.i.a. che rappresentano le parti oggetto di demolizioni e le nuove costruzioni sono chiaramente evincibili le differenze di sagoma e di altezza tra il fabbricato preesistente e quello progettato (doc. nn. 12 e 13 del ricorrente).

Le due tavole smentiscono quanto affermato dalla difesa dell’amministrazione resistente circa il mantenimento della sagoma preesistente se non per la porzione relativa al sottotetto recuperato (va conseguentemente escluso che nel caso di specie possa trovare applicazione il principio affermato da questo Tribunale con la sentenza del 10.12.2010 n. 7511 secondo cui è ammissibile la contestuale realizzazione di un intervento di ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione e di recupero a fini abitativi del sottotetto e che possa qualificarsi quale ristrutturazione edilizia anche la realizzazione di un organismo edilizio che presenta modifiche di sagoma e di volumetria dovute al recupero del sottotetto).

La modifica della sagoma e dell’altezza dell’edificio è sufficiente a rendere l'intervento edilizio non riconducibile al paradigma normativo della ristrutturazione e all'esonero dall'osservanza delle distanze legali previsto per detto tipo di interventi (cfr. Cassazione civile, sez. un., 19 ottobre 2011, n. 21578; Consiglio di Stato, sez. IV, 6 ottobre 2011, n. 5490).

Per giurisprudenza costante, invero, “la semplice "ristrutturazione" si verifica ove gli interventi, comportando modificazioni esclusivamente interne, abbiano interessato un edificio del quale sussistano e rimangano inalterate le componenti essenziali, quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali, la copertura, mentre è ravvisabile la "ricostruzione" allorchè dell'edificio preesistente siano venute meno, per evento naturale o per volontaria demolizione, dette componenti, e l'intervento si traduca nell'esatto ripristino delle stesse, operato senza alcuna variazione rispetto alle originarie dimensioni dell'edificio, e, in particolare, senza aumenti della volumetria. In presenza di tali aumenti, si verte, invece, in ipotesi di "nuova costruzione", come tale sottoposta alla disciplina in tema di distanze vigente al momento della medesima” (cfr. fra le tante Cassazione civile, sez. II, 21/05/2012, n. 8015; Consiglio di Stato, sez. V, 11 giugno 2013, n. 3221).

Il provvedimento impugnato è pertanto illegittimo, avendo ritenuto sufficiente, nonostante le modifiche apportate rispetto al fabbricato preesistente, oggetto di demolizione, e la conseguente qualificazione dell’intervento quale nuova costruzione, il mero mantenimento di un muro posto a confine – oltretutto accidentalmente crollato nel corso dei lavori - per non richiedere il rispetto delle norme sulle distanze.

Parimenti illegittima è altresì la previsione della sopraelevazione dello stesso muro senza l’osservanza delle distanze dai confini e tra i fabbricati e in violazione dell’art. 26, c. 1 delle n.t.a. del piano delle regole del p.g.t.

Né alcun rilievo assumono le contestazioni dei controinteressati circa l’abusività di parte dell’edificio del ricorrente in quanto, anche ove provata, residuerebbe comunque l’illegittimità delle denuncie di inizio attività per violazione delle distanze dai confini e dalla parte dell’edificio del sig. Cammaroto non contestata.

16. Per le ragioni esposte il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto.

17. Restano assorbite le ulteriori censure formulate con il ricorso principale e con i motivi aggiunti.

18. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna il Comune di Lissone e i sig.ri Fabrizio Vismara e Marco Fiorese al pagamento, in solido fra loro, a favore del ricorrente, delle spese di giudizio, che liquida in euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2013 con l'intervento dei magistrati:

Angelo De Zotti, Presidente

Giovanni Zucchini, Consigliere

Silvia Cattaneo, Primo Referendario, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 05/03/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)